mercoledì 21 marzo 2018

Il giorno 21 dedicato a Big Francesco



"Migliaia di candele possono essere accese da una singola candela e la luce di quella candela non ne sarà diminuita. La felicità non diminuisce mai quando viene condivisa."
(Buddha)


21 Marzo

Buon viaggio Capitano. Ci sarai sempre!
Wazza

Ricordo da "Rock.it

La furia progressive fortemente debitrice del jazz rock del John Mc Laughlin di Devotion (lalbum) che apre il brano e lascia poi spazio a climi più meditativi in cui riaffiora uneco lontana del melodramma italiano funge da base perfetta per un testo fortemente antimilitarista e pacifista che dipinge uno scenario di guerre lontane, comunque pre-polvere da sparo, che risulta sempre attuale nella sua drammaticità.

Ma quella dellimpegno è solo una delle facciate di Francesco Di Giacomo, un ribelle con i neuroni sempre in corto circuito”, come lo ha definito Lucio Salvini. Nel disco successivo, Darwin, ambizioso concept dedicato allevoluzionismo, registrato e uscito in quello stesso 1972 dalla vorticosa creatività, spicca un brano che è emblematico di un altro lato di Di Giacomo: 750.000 anni fa-Lamore?

Tra musica, testo e superba interpretazione, sentitissima, di Francesco Di Giacomo, il brano è un intensissimo capolavoro che scava nellinteriorità nella zona di confine tra desiderio sessuale e dubbi sulla propria avvenenza e seduttività. Dai tempi in cui eravamo “uno scimmione senza ragion” non è cambiato nulla e la magia delle parole e della voce di Di Giacomo rende credibile tanto la storia quanto il verso conclusivo appena citato.

C’è un terzo brano che sento di dover citare del Banco del Mutuo Soccorso, forse il suo più famoso, primo a essere edito anche in 45 giri, nel gennaio 1973, come apripista del terzo album Io sono nato libero (il cui titolo fu suggerito da Lucio Salvini), ed è Non mi rompete.

Elogio del sonno come fuga dalla realtà, tanto più se si tratta di una realtà drammatica come quella di cui parla il resto del disco (Canto nomade per un prigioniero politico è ispirata alla fine di Salvador Allende dopo il colpo di Stato fascista in Cile; La città sottile parla del disagio dellurbanesimo”, secondo quanto ha dichiarato Vittorio Nocenzi a Classic Rock 5; (“Dopo niente più è lo stesso” riprende i temi dell’antimilitarismo di R.I.P.), “Non mi rompete” non solo definisce inconsapevolmente l’intera parabola progressive e hippy, nonché laurea stagione dei Festival Pop italiani, di cui sembra lideale colonna sonora con la sua ariosa ansia di libertà, ma - per i tempi - fu pure una canzone estremamente coraggiosa. Ha dichiarato infatti Di Giacomo:

Ricordo che, dopo luscita di questa canzone, mi arrivò una lettera di una ragazza che chiedeva: Perché i compagni lottano in fabbrica e tu scrivi Non mi rompete?” In quel momento ho capito che avevo fatto gol, nel senso che i compagni lottano nelle fabbriche e io sono con loro, ma la sera posso avere 5 minuti per stare per i cazzi miei? Momenti come questi, 5 minuti di relax, non sono dispersivi, anzi, il recupero della lucidità e delle proprie sensazioni credo sia fondamentale anche perché già è difficile arrivare alla fine della propria giornata.

Il brano era stato composto diversi anni prima, nel 1969, come ha raccontato Vittorio Nocenzi a Classic Rock 5:

Scrissi questo pezzo a diciotto anni e poi lo misi in un cassetto. Pensavo: è troppo semplice, sono solo due accordi! Da giovani si può commettere lerrore di credere che la complessità sia sinonimo di qualità. Solo con il passare degli anni un artista comprende che sintesi non significa semplicistico”. La scrissi una domenica mattina, guardando le cave di Peperino dalla finestra di una vecchia casa medievale di Marino, il paese in cui sono nato.

Poi arrivò Di Giacomo:

Era dedicata a un momento particolare, serio, di grandi fermenti. Era il 1973. Lho scritta in un momento di totale disancoramento da tutto quello che cera intorno. Volevo stare per conto mio. Lho scritta sotto a un pianoforte, con Vittorio Nocenzi che suonava sopra. Io stavo sotto al pianoforte, cercando di dormire. E poi me la sono trovata scritta.

Non stupisce che sia stata tra i brani ripescati e reinterpretati per il disco del debutto internazionale, quel Banco di cui parlavo allinizio. Tra i fans ci si divide ancora tra chi preferisce la furiosa schitarrata di Todaro nel passaggio alla seconda parte della canzone e chi il tocco più morbido del nuovo chitarrista Rodolfo Maltese.

A me piace immaginarlo così, ora: nel vento suggerito dai vocalizzi finali, libero per sempre dagli scocciatori. Che non debba più fare come quella volta al Festival di Villa Pamphilij a Roma, il 27 maggio 1972, quando si rivolse a uno spettatore che continuava a gettare zolle di terra sul palco a ogni cambio palco: Possibile che in questa città non si possa mai fare nulla, senza lo stronzo di turno? E quello smise. Addio, Francesco. (Da: rockit.it)

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