La diramazione del web magazine MAT2020, per una nuova informazione musicale quotidiana
giovedì 29 febbraio 2024
Febbraio 1980: usciva "Civilian", ultimo album dei Gentle Giant
mercoledì 28 febbraio 2024
Merak – “Sopho(s)more”, commento di Alberto Sgarlato
Merak –
“Sopho(s)more” (2024)
di Alberto Sgarlato
Era il 2022 quando i liguri Merak, in attività da circa un anno, debuttavano
ufficialmente con il primo EP intitolato “Gnothi Sauton” (citazione
greca del Tempio di Apollo a Delfi, letteralmente: “Conosci te stesso”). Alla
fine di gennaio 2024, superati i necessari assestamenti legati a un cambio di
formazione, la band sceglie un intreccio tra la già usata lingua greca e
l’inglese come titolo per il secondo EP: un gioco di incastri di parole,
infatti, dà vita al termine “Sopho(s)more”.
Non facile da spiegare: sophomore, in inglese, è lo studente del secondo anno
(e qui abbiamo il riferimento all’opera seconda). Ma così spezzato diventa un
gioco tra “more” (accrescitivo in inglese) e “sophos”, che in greco significa
“saggio”, quindi un riferimento a un sound oggi evolutosi in una direzione più
matura e profonda.
Fra alla voce, PG alla chitarra, Tom al basso e il nuovo ingresso Ale alla batteria (all’anagrafe Francesca Anselmo, Piergiorgio Bertoli, Tommaso Matta e Alessandro Isola) presentano così queste cinque tracce “più sagge”, frutto del calderone di influenze maturate dai musicisti non solo come band, ma nei precedenti trascorsi musicali dei singoli componenti.
Partiamo subito con “Anynothing” (scelta anche dalla band come singolo di lancio) e subito restiamo colpiti da un drumming tribale, marziale e solenne al tempo stesso, sopra il quale il riff chitarristico e i vocalizzi evocano le lande cosmiche della neo-psichedelia di band come Sun Dial, Bevis Frond o Mandragora. Queste dilatazioni, però, nel brano si avvicendano rapidamente ad accelerazioni più legate alle origini punk della formazione. Il ponte centrale estremamente etereo ci porta addirittura verso la new-wave di Joy Division o Siouxsie and the Banshees.
“Easy day” regala delicati
profumi semi-acustici nell’intro, ancora tra new-wave e tocchi shoegaze.
L’alone della neopsichedelia è sempre ben presente (qualcuno ricorda per
esempio i Rain Parade?) e non mancano eleganti ricami di organo a transistor
(un Farfisa? Un Vox? Un altro modello?) che riportano alla memoria i Pink Floyd
degli esordi, quando Syd Barrett era al timone. Ciliegina sulla torta, un solo
chitarristico ineccepibile nella sua essenzialità formale. Brano ben scritto,
squisitamente arrangiato e di rara eleganza che, dopo la grinta tra hard e punk
della traccia di apertura, mette ben in chiaro la varietà della tavolozza
stilistica della formazione.
Ancora drumming tribale in apertura di “Era
Aurea”, brano che spiazza, dopo due tracce in inglese, per la scelta
del cantato in italiano. E il cambio di rotta si rivela azzeccatissimo! In un
istante rivivono, in quelle note, prima rarefatte, poi più sanguigne e
rabbiose, la cupa new-wave cantautorale dei Diaframma, il combat-folk degli
esordi degli Ustmamò e l’alternative rock del Consorzio Suonatori Indipendenti.
E ancora una volta la band dimostra non solo
di padroneggiare diversi linguaggi, ma di saperli fare suoi con gusto, con
classe, mai derivativi e senza afflato nostalgico, ma al contrario, “rivivendo”
ogni corrente secondo la propria estetica e la propria forte personalità.
“Sugarcandy mountain” ci
riporta alle coordinate iniziali: rarefazioni psichedeliche, riff hard, cambi
di tempo e di atmosfera repentini e – altra sorpresa! - un poderoso groove
bassistico di gusto quasi dub, a ricordare anche i trascorsi tra punk e reggae
di alcuni componenti della band. Questo cocktail di ingredienti dà vita a una
cavalcata ipnotica, tutta da ballare in stato di trance. Se avete amato Ozric
Tentacles, Hawkwind e Magic Mushroom Band, qui avrete di che divertirvi!
E ci congediamo sulle note di “Alone”, che riparte dalle sonorità “tribal-punk-wave” della traccia di apertura, con momenti più duri e altri più impalpabili e sognanti, quasi a chiudere un cerchio. E il cerchio è tracciato perfettamente, non ha sbavature, non ha imperfezioni, ma è il disegno di un team di progettisti (i quattro componenti dei Merak) perfettamente focalizzati sui loro ruoli e obiettivi.
La registrazione è avvenuta a giugno 2023, in
presa diretta, presso lo studio di Luca “Nash” Nasciuti (Nash's studio), a
Genova. Nash si è occupato del pre-mixaggio e dell'editing; in seguito, il
lavoro è stato mixato e masterizzato in forma finale da Filippo Buono presso il
Monolith Recording Studio di Vitulano (Benevento).
Nota di plauso, infine, per tutta la
splendida veste grafica: dal disegno di copertina, che evoca gli anni d’oro del
fumetto “alternativo” italiano, alle foto dei quattro musicisti all’interno del
booklet, fino al retro che, tra gli abbinamenti dei colori e dei caratteri
scelti, ci riporta a un’estetica squisitamente “seventies”.
martedì 27 febbraio 2024
"Physical Graffiti": era il 24 febbraio del 1975
Usciva il 24 febbraio 1975 "Physical Graffiti", sesto album dei Led Zeppelin...
lunedì 26 febbraio 2024
Ricordando Danilo Rustici a tre anni dalla sua scomparsa
“La scomparsa di Danilo è per me
davvero un grande dolore. Danilo era per me come un fratello e anche di più.
Tra noi due c’è sempre stato un legame affettivo e professionale che ha creato
non solo questa fratellanza, ma anche un connubio artistico di grande valore.
Gli Osanna sono nati grazie a noi due che con caparbietà, e controtendenza al
periodo in cui i gruppi elaboravano solo cover del grande rock anglosassone,
abbiamo gettato le basi per inventarci un nostro percorso originale, con brani
scritti da noi con tematiche culturali e musicali di grande valore artistico”.
Lino Vairetti
Sono già passati tre anni (26 febbraio
2021) dalla scomparsa di Danilo Rustici,
il geniale chitarrista degli Osanna.
Ha fatto parte anche degli “Uno” e dei “Nova” insieme al fratello Corrado.
Per non dimenticare!
Wazza
Uno dei migliori chitarristi rock
progressivi ci ha lasciato un anno fa: Danilo Rustici.
Un nome importante all’interno di una scena che fiorì fortemente in Italia e nel mondo, quella della musica progressive e hard rock. Rustici ne fu un riferimento, perché capace di fondere i due stili e, insieme agli Osanna, fu un pioniere di quello che venne chiamato “hard prog” e “progressive metal”!
Danilo e Lino Vairetti, portarono
versatilità e distacco dagli stereotipi, unendo ciò che sembrava impossibile: la
sottigliezza e l’aggressività all’identità sonora di Osanna.
I suoi riff di chitarra e la voce
melodica e graffiante di Vairetti hanno permesso di costituire un capitolo a parte nella
storia del rock italiano e mondiale.
Danilo Rustici ha lasciato un vuoto e la sua dipartita ha rappresentato una grande perdita per tutti gli amanti del rock, ma restano la sua musica, il suo lavoro, le sue creazioni… gli Osanna!
The Who in Italia nel febbraio 1967
Ricordando l'entrata nel BANCO di Rodolfo Maltese, che oggi avrebbe compiuto gli anni
Oggi Rodolfo Maltese avrebbe compiuto gli anni.
Wazza lo ricorda con l'articolo di Ciao 2001 che testimoniava
il passaggio di consegne con Marcello Todaro.
Buon compleanno Rudy!
domenica 25 febbraio 2024
Peter Gabriel: accadeva il 25 febbraio 1977
Veniva rilasciato il 25 febbraio 1977 il
primo album solista di Peter Gabriel dopo l’uscita dai Genesis.
Album senza titolo, dai fans
ribattezzato "Car", per via della Lancia Flavia usata da Storm Thorgerson
per la copertina.
Il singolo “Solsbury Hill” entrò nella top 20 della classifica inglese.
Di tutto un Pop…
Wazza
Quando uscì il primo disco a suo
nome, Peter Gabriel aveva appena compiuto 27 anni: accadde il 25 febbraio 1977.
Ne aveva appena tra 20 e 24 quando pubblicò la manciata di dischi con cui i
Genesis – la band di cui era cantante, leader e ispiratore principale –
divennero celebri in tutto il mondo, e che sarebbero rimasti la base del loro
culto futuro. Nel 1974 era uscito The lamb lies down on Broadway, il
doppio concept album ritenuto la sintesi finale delle aspirazioni letterarie e
teatrali di Gabriel con i Genesis: dopo il tour per promuoverlo, Gabriel aveva
deciso che la band gli stava stretta e di lasciare che si arrangiassero senza
di lui, e con il batterista Phil Collins promosso a cantante (loro peraltro
erano anche un po’ stufi della sua ingombrante presenza e si arrangiarono
piuttosto bene, con una carriera di enorme successo ancora per quasi due
decenni).
Il simbolo più palese di
un’inclinazione di Gabriel a far da solo e intorno a sé stesso è rimasta la
scelta unica di dare ai suoi successivi primi quattro dischi da solo sempre lo
stesso nome, “Peter Gabriel”, costringendo giornalisti e fans a rinominarli
autonomamente citando i numeri da uno a quattro, o le immagini sulle copertine.
Il primo, quello che uscì oggi quarant’anni fa, mostrava una foto di Gabriel
dietro il lunotto coperto di pioggia di un’automobile (che era una Lancia
Flavia posseduta da Storm Thogerson, celebre art director di molte leggendarie
copertine di dischi rock). Dentro ci suonarono il chitarrista e polistrumentista
dei King Crimson Robert Fripp e il bassista Tony Levin, che sarebbe diventato
uno dei musicisti più fedeli nelle band successive di Gabriel. C’erano nove
canzoni, piuttosto varie e discontinue, con arrangiamenti in parte discendenti
da quelli di The lamb lies down on Broadway e in parte ancora più
creativi, ricchi ed eclettici.
Tra le nove canzoni, due divennero dei classici del repertorio di Gabriel. La prima è “Solsbury Hill” che molte interpretazioni legano anche alla separazione dai Genesis.
“Solsbury Hill” ebbe anche un
notevole successo da classifica, arrivando tra le prime venti nelle classifiche
britanniche, e venendo ripresa in diverse cover nei decenni successivi.
L’altro grande pezzo del disco è
quello che chiudeva il lato B, e che Gabriel rifece e modificò spesso nel
tempo, dicendosi insoddisfatto dell’arrangiamento della prima versione. Si
chiama “Here comes the flood” e l’esplosione del refrain fu in effetti
una delle cose che lo resero notevole, allora, mentre nelle versioni successive
Gabriel lo ridimensionò a un andamento più omogeneo e quieto.
sabato 24 febbraio 2024
Black Sabbath in Italia nel febbraio del 1973
Con la nomea di "famigerato ed oscuro gruppo" (Ciao 2001 -25-febbraio 1973), i Black Sabbath arrivano per la prima volta in Italia... Bologna, Brescia, Vicenza, e data conclusiva a Roma - Palazzo dello Sport, 23 febbraio 1973: sarà l'inizio di un grande feeling con il pubblico italiano.
Di tutto un Pop…
Wazza
Prima del concerto a Roma, oltre ai Sabbath si riconosce Fiorella Gentile (Ciao 2001)
venerdì 23 febbraio 2024
23 febbraio 1975: Battiato, Magma e As Ra Tempel
Il 23 febbraio 1975 Franco Battiato, allora sperimentatore di musica d’avanguardia, veniva chiamato a rappresentare l’Italia all’European Rock Festival a Londra, insieme ai francesi Magma e ai tedeschi As Ra Tempel.
Un grande riconoscimento per l’artista siciliano, che in quegli anni veniva spesso ricoperto dai fischi, nei vari festival pop, da un pubblico non abituato a pezzi lunghi 40’ minuti di solo improvvisazione musicale.
Di Tutto un Pop…
Wazza
(estratto intervista)
“Questo è vero. Anche all'estero
comunque piaceva molto. Io ho fatto da spalla nel 1975 a Stomu Yamashita, che
faceva il Buddha Theatre. Nel '75 sono stato chiamato a rappresentare l'Italia
alla Roundhouse di Londra per l'European Rock Festival a cui partecipavano i
Magma, i Tangerine Dream, gli Ash Ra Tempel, il meglio della scena sperimentale
di quel periodo insomma. Ma io avevo deciso che quello che facevo era troppo
commerciale e che proprio per quell'importante occasione avrei cambiato rotta:
avrei fatto metà concerto con le cose che sapevo che piacevano al pubblico e
metà invece sui miei esperimenti 'd'attacco'. Alle prove ho fatto come al
solito Propriedad Proibida e alla fine il direttore mi si avvicina e mi dice:
'You are the number one!'. Era proprio stupito e felice. Alla sera arrivarono
circa quattromila persone, di cui duemila ubriache. Io facevo tutto da solo,
non avevo nessuno che mi accompagnasse. Avevo i capelli lunghi, molto lunghi,
una camicia militare, la barba non rasata e come strumenti un giradischi che
usavo in maniera 'distruttiva' molto tempo prima dei dj hip hop con lo
'scratch', una radio sulle onde corte e una televisione come 'noise'. Quando ho
cominciato a suonare all'inizio nessuno diceva niente perché pensavano che
fossi il tecnico dell'artista italiano, che stava tarando gli strumenti. Ma
dopo dieci minuti hanno incominciato a gridarmi 'Go home!', mentre altri
dicevano 'More!'. Era scoppiato l'inferno! Dopo un po' me ne sono andato e
mentre scendevo le scale ho rivisto il direttore che, offeso, ha girato la
faccia dall'altra parte bofonchiando qualcosa tipo 'Mi hai tradito!' e non mi
ha neanche salutato. Pazienza".
Banco del Mutuo Soccorso: il 23 febbraio del 1976 usciva il primo album (colonna sonora) strumentale, "Garofano Rosso"
Racconti sottoBanco
“La prima volta che scrissi una colonna sonora
per un film fu per Il Garofano rosso tratto dal libro di Vittorini, ed ero un
po’ spaventato dai limiti di durata imposti dal regista, ma la scoperta
fantastica fu che era invece uno spunto alla ricerca e questa nuova concezione
del limite mi è rimasta per tutta la vita”.
(Vittorio Nocenzi)
Usciva il 23 febbraio 1976 l’album “Garofano Rosso”, colonna sonora dell’omonimo film di Luigi Faccini, tratto da un romanzo di Elio Vittorini. Prima colonna sonora per il Banco del Mutuo Soccorso e primo album strumentale, che apriva una nuova epoca nell’evoluzione del gruppo.
Andatevelo a risentire!
Wazza
Interprete: Banco del Mutuo Soccorso
· Etichetta: VIRGIN
· Catalogo: MPIT 1005
· Data di pubblicazione: Febbraio 1989
· Matrici: MPIT 1005-A/MPIT 1005-B
· Supporto: vinile 33 giri
· Tipo audio: Stereo
· Dimensioni: 30 cm.
·
Facciate: 2
Note: Data matrici: 3 Febbraio / Colonna sonora originale del film omonimo (Luigi Faccini, 1975), salvo i primi due brani, non utilizzati per il film / Copertina in carta martellata - Disegno di Mimmo Mellino / Nota di presentazione all'opera a firma del gruppo sul retro copertina / Registrato da Giorgio Loviscek e mixato da Peter Kaukonen presso il Chantalain Studio di Roma nel Novembre 1975 / Tutti i brani sono strumentali; Francesco Di Giacomo, voce solista del gruppo, è qui accreditato per la documentazione ai brani, non partecipandovi direttamente / Produzione esecutiva: David Zard / Distribuito da Dischi Ricordi - Milano / Formazione: Pierluigi Calderoni - batteria, percussioni; Renato D'Angelo - basso, contrabbasso, chitarra acustica; Francesco Di Giacomo - voce; Rodolfo Maltese - chitarre, tromba, corno; Gianni Nocenzi - pianoforte, piano elettrico, sintetizzatore, clarinetto; Vittorio Nocenzi - organo, sintetizzatori, vibrafono
BRANI
Lato A
ZOBEIDA
Autori: Vittorio Nocenzi
FUNERALE
Autori: Vittorio Nocenzi
10 GIUGNO 1924
Autori: Gianni Nocenzi
QUASI SALTARELLO
Autori: Vittorio Nocenzi
ESTERNO NOTTE (CASA DI GIOVANNA)
Autori: Vittorio Nocenzi Edizioni: Traccia
Music
GAROFANO ROSSO
Autori: Vittorio Nocenzi
Lato B
SUGGESTIONI DI UN RITORNO IN CAMPAGNA
Autori: Rodolfo Maltese, Vittorio Nocenzi,
Gianni Nocenzi
PASSEGGIATA IN BICICLETTA E CORTEO DEI
DIMOSTRANTI
Autori: Gianni Nocenzi, Vittorio Nocenzi
TEMA DI GIOVANNA
Autori: Vittorio Nocenzi
SIRACUSA: APPUNTI D'EPOCA
Autori: Vittorio Nocenzi
NOTTURNO BREVE
Autori: Vittorio Nocenzi
LASCIANDO LA CASA ANTICA
Autori: Rodolfo Maltese, Vittorio Nocenzi,
Gianni Nocenzi
(dalla rete)
È incomprensibile come "Garofano
Rosso" sia l'album del BMS più sconosciuto e meno apprezzato di tutta la
loro copiosa produzione.
Era il 1975 ed il prog cominciava a declinare sotto le sciabolate della disco-music e del motto "It's Time to Land". I dischi degli alfieri del genere si dimostravano più ricchi di tecnica e ripetitività che di idee. Nel grigiore generale, che poi coglierà anche il BMS, il gruppo romano viene invitato a comporre ed eseguire la colonna sonora del film "Garofano Rosso", il cui valore fu tale che nessuno ricorda né il nome del regista, né che abbia superato i cinque giorni di programmazione in una sala cinematografica.
Per una strana legge di compensazione, invece,
la musica è di tale spessore che ne uscì l'album prog italiano migliore di
tutti i tempi. So di fare un'affermazione azzardata, e che da molti non sarà
condivisa, ma per me è proprio così. Se non fosse per la ritmica,
"Garofano Rosso" potrebbe benissimo essere un album di
classica-contemporanea, molto sofisticato e ben costruito.
In questo ricorda, come idea di struttura e non come musica, il leggendario "Islands" dei King Crimson che è un altro disco difficilmente catalogabile come rock (anche se progressive). In "Garofano Rosso" si nota subito l'abbondante uso dei fiati, rafforzati dai synthes di Vittorio Nocenzi, lo scarso utilizzo della chitarra elettrica, a favore di quella acustica e un fluido e classico uso del pianoforte a coda, più adatto alle atmosfere cameristiche che alle grandi platee giovanili.
Un lavoro maturo e da veri musicisti, per una volta liberati da alcuni vincoli comportamentali imposti dall'industria discografica. Su tutti i brani, primeggia "Suggestioni di un ritorno in campagna". Si tratta di una vera e propria mini-sinfonia che spazia dalla classica più filologica a quella contemporanea, non disdegnando un'occhiatina al jazz e superbamente introdotta dal laconico pianoforte di Gianni Nocenzi, il quale, poi, si ripeterà nel pezzo "Tema di Giovanna" (quasi un a-solo), sino a spingersi a toni decisamente drammatici e carichi di lirismo. Notevoli anche "Zobeida", "Funerale" e "Quasi saltarello", un pezzo questo dove il Banco tende la mano all'etno-folk popolare (il Saltarello è una danza del centro-sud).
Per concludere, “Garofano Rosso” è l'album più sottovalutato della produzione del BMS e di tutto il prog italiano. Probabilmente non fu oggetto dell'attenzione che meritava, perché si trattò del primo disco del gruppo inciso per un'etichetta straniera (la Manticore di Greg Lake) e, forse, fu osteggiato proprio per questo. Da segnalare che in tutto il lavoro non c'è traccia della voce di Francesco Di Giacomo, che, per una volta, si fece signorilmente da parte per favorire un po' di sperimentazione ai due cervelli del Banco, e cioè i fratelli Nocenzi.
Una pellicola cinematografica caratteristica. Si combinano tanti elementi: storia, fascino della città, passione amorosa e per la politica. Il garofano rosso (1976), regia di Luigi Faccini, è un film icona di Siracusa, in cui si riscontrano tante prospettive. Tratto dall’omonimo romanzo di Elio Vittorini, si raccontano i sogni e le utopie di un giovane studente.
Trama del film
Alessio Mainardi (Miguel Bosé) è un giovane di buona famiglia, la quale possiede dei terreni nell’entroterra siciliano. Studia al ginnasio di Siracusa e al contempo vive in una pensione familiare con un altro giovane, Tarquinio Masseo. I due diventano buoni amici e parlano soprattutto di donne da cui sono attratti e di politica. È appena accaduto l’omicidio di Giacomo Matteotti e perciò i fascisti irrompono sempre più a Siracusa, con aggressioni e pestaggi. Mainardi è affascinato da questa ideologia reazionaria che prende più piede, ma col tempo tende sempre più a ravvedersi. Crede che l’amico Tarquinio abbia fatto breccia su Giovanna, il suo amore non corrisposto.
Alessio è pure invaghito di un’altra donna,
Zobeide (Elsa Martinelli), che scopre essere una prostituta. Il giovane
continua ad inseguire le sue utopie, rinnovandole sempre.
Significato attorno a Il garofano rosso
Dal sentimento non ricambiato di Alessio prende nome la storia. Secondo una leggenda, un giovane si innamorò perdutamente di Diana la quale non lo corrispondeva e fece perfino il voto della verginità. Il giovane morì di disperazione e dalle sue lacrime nacquero garofani rossi. Un fiore che può indicare la libertà, quella propulsione interiore che porta ad accostarti alla bellezza.
Alessio Mainardi è un giovane in cerca di prospettive. È richiamato dal contesto natio, equivalente a tutto ciò che è agreste. Al contempo, volge gli orizzonti verso la città, luogo di conoscenze e scambi culturali. Trova in Tarquinio Masseo un punto di riferimento, seppure con dei momenti di divergenze. Alessio è un giovane che tende a formarsi a livello politico, culturale e sentimentale.
Un contesto storico di grande fermento. Ma
purtroppo ogni anelito di libertà è represso perché il fascismo, dopo essere
penetrato nelle istituzioni, tende sempre più a radicarsi a livello sociale.
Suggestioni della pellicola cinematografica
La colonna sonora è del gruppo Banco del Mutuo Soccorso. Una musica introspettiva che richiama la ricerca del sé compiuta da Alessio Mainardi. La scena in cui questi assiste alla sfilata comunista è girata in via delle Vergini. Altre scene trovano ambientazione nei pressi di piazza Duomo, compresa quella in cui Alessio entra ed esce da scuola. Diversi momenti trovano ripresa, poi, lungo le varie viuzze di Ortigia. Il garofano rosso è, quindi, una pellicola che rievoca un luogo così caratteristico e a misura di essere umano quale è Siracusa. Luigi Faccini, il regista, riesce a catturare tutto questo. Egli nel film si occupa pure della sceneggiatura.
Il garofano rosso è una pellicola dagli
ingredienti peculiari. Storia, arte, introspezione, passione, senso di
giustizia convergono nel film. Esso, però, non è molto conosciuto soprattutto
tra le giovani generazioni. Le righe qui riportate sono quindi un modo per
ricordare certe pellicole cinematografiche preziose.