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venerdì 28 febbraio 2025

NÉOS SAINT JUST/Jenny Sorrenti & Tullio Angelini, di Franco Vassia



 NÉOS SAINT JUST/Jenny Sorrenti & Tullio Angelini

di Franco Vassia


Néos Saint Just più che una nuova testimonianza discografica è un vero e proprio labirinto di specchi che – volutamente – ha azzerato le distanze che lo separano dalle linee guida a suo tempo tracciate da Saint Just (1973) e da La casa del lago (1974), album che risentivano e amplificavano fortemente i fermenti e gli umori di quella straordinaria epoca. Così come ha scartato anche dalla linea solista di Suspiro (1976), di Jenny Sorrenti (1979) e di Medieval Zone (2001) dove, tra le righe, era facilissimo cogliere gli umori di Enya, di Loreena McKennitt e del nuovo corso del folk progressivo.

Nel percorso minimalista che attraversa l’opera, dove è notevolissimo il contributo di Tullio Angelini, Jenny indossa come sempre gli abiti della musa, della vestale, ma questa volta, con la sua straordinaria voce – ancora una volta sottratta al coro degli angeli – per accompagnarci lungo corridoi infiniti e introdurci in inebrianti stanze colme di liricità e ubriache di magia e di attraversare i sogni color mandarino cari ai Corrieri Cosmici.

Non diventare mai l’ombra di cose che devono avvenire/ma realtà di cose che già siamo”. Un passo tratto da Sentire davvero…, non è che il manifesto di testi davvero ricchi di denuncia e di rabbia che danzano contro l’indifferenza ma che, di contro, sono anche invocazioni gravide d’amore.
Un album che certamente spiazzerà gli amanti ancora persi al frantumarsi delle onde sulle scogliere inglesi e sulle coste americane, poiché Néos Saint Just ne rappresenta invece un punto estremo di congiunzione: un salto lunghissimo che, scavalcando i continenti, raccoglie tendenze, stili, inclinazioni e sensazioni davvero universali.

La mente m’inganna/non è indulgente/E’ malvagia, informe, smarrita… Lei ti imprigiona come dentro uno specchio e tu rimani lì/hai paura” (The Mirror Inside Me).

In Néos Saint Just Jenny raccoglie tutte le sue ansie, le sue paure: le abbraccia e, attraversando il labirinto di specchi, lo frantuma per portarci al di fuori, verso l’aria pura.


TRACKLIST

1) Pneumatos (5:58)

2) Sentire davvero... (5:32)

3) In the presence of the entity (4:06)

4) The mirror inside me (6:23)

5) Hidden Things (3:16)

6) Psyché  (3:56)

7) Meraviglia (3:03)


Gli ospiti sono:

CLIVE BELL (polistrumentista ed esperto suonatore di shakuhachi): Khene

SYLVIA HALLETT (una delle più eclettiche violiniste inglesi): violino

ALESSANDRO PIZZIN (che ha "reinventato" la musica dei The Residents sotto il suo moniker Alieno deBootes): tastiere

ROBIN RIMBAUD alias Scanner (collaboratore di Michael Nyman, Laurie Anderson, Wayne MacGregor): elettronica

ROBERTO SCARPA (pianista, tastierista e compositore italiano): pianoforte

KENNY WOLLESEN (batterista già con Tom Waits e John Zorn, tra gli altri): vibrafono elettrico.

che naturalmente accompagno in questo lavoro

JENNY SORRENTI: tastiere, pianoforte, voce

TULLIO ANGELINI: loops e elettronica


Vannuccio Zanella

www.mprecords.it

www.gtmusic.it




The Who in Italia nel febbraio 1967

Rarissima foto dei "Who" al Piper di Roma (26 febbraio 1967)

Quasi sconosciuti in Italia, nel febbraio del 1967 arrivano The Who, per la loro prima tournèe nella nostra penisola.
Presentati come i "Mods, giovani e ribelli", tengono quattro date, a partire da Torino - il 23 -concludendo al Piper di Roma il 26 febbraio.

Una vera forza della natura che sconvolge i presenti, non abituati a tanta energia.

Per la prima volta in Italia si parla di "Swinging London"!
... di tutto un Pop

Wazza



Queste le date...

        23-02-1967: Torino, Palasport
        24-02-1967: Bologna, Palsport
  25-02-1967: Milan, Palalido
26-02-1967: Rome, Palaeur





giovedì 27 febbraio 2025

Ifsounds – "Live In Teatro", di Luca Paoli

 


Ifsounds – Live In Teatro (Autoprodotto, 2025)

Di Luca Paoli

 


Gli Ifsounds sono una band italiana di rock progressivo nata negli anni '90 in Molise. Fondata da Dario Lastella (chitarra) e Claudio Lapenna (tastiere e voce), la band ha iniziato eseguendo cover di grandi artisti rock per poi sviluppare un proprio stile. Dopo il primo periodo sotto il nome "If", nel 2009 hanno adottato il nome attuale. Tra i loro album più importanti ci sono Morpho Nestira (2008), Apeirophobia (2010), Red Apple (2012), Reset (2015) e MMXX (2023), un disco che racconta attraverso la musica le difficoltà del 2020.

Il loro primo album dal vivo, Live in Teatro, è stato registrato il 14 dicembre 2024 al Teatro "Antonio Di Iorio" di Atessa e pubblicato a febbraio 2025, senza ritocchi in studio. Questa scelta rende il disco una fotografia sincera del loro concerto, con pregi e imperfezioni che esaltano l’energia dell’esibizione. La scaletta comprende l’esecuzione del loro ultimo album in studio, MMXX e brani storici, tratti dagli altri album prodotti, alternando sonorità rock, jazz ed elettronica.

La band, composta da Ilaria Carlucci e Pierluca "Runal" De Liberato alle voci, Lino Mesina alla batteria, Italo Miscione al basso, Dario Lastella alla chitarra e Lino Giugliano alle tastiere, dimostra grande affiatamento. La scelta di eseguire interamente l’album MMXX dal vivo evidenzia la volontà di dare risalto a questo ottimo lavoro recente ma non mancano altri brani presi dal loro repertorio, compreso gli If.

Il concerto inizia con “MMXX”, una suite di oltre 23 minuti ricca di suggestioni … viaggio emozionante attraverso il loro mondo musicale e si chiude con “MMXXII”, un brano di quasi nove minuti. Nel mezzo, trovano spazio pezzi come “The Collector”, “Red Apple” e “Stendhal Syndrome”, che mostrano le diverse sfaccettature della loro musica, spaziando da momenti più melodici ad altri più aggressivi.

Un altro aspetto interessante di Live in Teatro è il booklet, che include testi in italiano e inglese e foto del concerto, un dettaglio non comune negli album dal vivo. Tuttavia, chi non conosce bene la band potrebbe trovare difficile seguire il continuo alternarsi di stili e atmosfere, mentre i fan di lunga data apprezzeranno questa varietà.

Live in Teatro è più di un semplice live album: è un ritratto autentico della band, che unisce passato e presente senza perdere la propria identità.

Per chi non conosce ancora gli Ifsounds, il consiglio è di ascoltare questo disco, che mostra tutte le anime della band che su di un palco ci sa stare molto bene e poi di andare ad acquistare i loro meravigliosi album in studio. Tutti gli amanti del prog non possono farsi sfuggire l’ascolto di questo disco che, al momento, è disponibile in formato digitale in tutte le più importanti piattaforme di streaming.







mercoledì 26 febbraio 2025

Ricordando Danilo Rustici a quattro anni dalla sua scomparsa

La scomparsa di Danilo è per me davvero un grande dolore. Danilo era per me come un fratello e anche di più. Tra noi due c’è sempre stato un legame affettivo e professionale che ha creato non solo questa fratellanza, ma anche un connubio artistico di grande valore. Gli Osanna sono nati grazie a noi due che con caparbietà, e controtendenza al periodo in cui i gruppi elaboravano solo cover del grande rock anglosassone, abbiamo gettato le basi per inventarci un nostro percorso originale, con brani scritti da noi con tematiche culturali e musicali di grande valore artistico”.

Lino Vairetti

Sono già passati quattro anni (26 febbraio 2021) dalla scomparsa di Danilo Rustici, il geniale chitarrista degli Osanna.

Ha fatto parte anche degli “Uno” e dei “Nova” insieme al fratello Corrado.

Per non dimenticare!

Wazza

Osanna di Suddance 1977 - 78 - Fabrizio D'Angelo, Massimo Guarino, Enzo Petrone, Lino Vairetti, Danilo Rustici


Uno dei migliori chitarristi rock progressivi ci ha lasciato un anno fa: Danilo Rustici.

Un nome importante all’interno di una scena che fiorì fortemente in Italia e nel mondo, quella della musica progressive e hard rock. Rustici ne fu un riferimento, perché capace di fondere i due stili e, insieme agli Osanna, fu un pioniere di quello che venne chiamato “hard prog” e “progressive metal”!

Danilo e Lino Vairetti, portarono versatilità e distacco dagli stereotipi, unendo ciò che sembrava impossibile: la sottigliezza e l’aggressività all’identità sonora di Osanna.

UNO - LONDRA 1974 - MARZO 1974

I suoi riff di chitarra e la voce melodica e graffiante di Vairetti hanno permesso di costituire un capitolo a parte nella storia del rock italiano e mondiale.

Danilo Rustici ha lasciato un vuoto e la sua dipartita ha rappresentato una grande perdita per tutti gli amanti del rock, ma restano la sua musica, il suo lavoro, le sue creazioni… gli Osanna!







Un pensiero per Rudy…


Rodolfo Maltese, l’unico uomo al mondo che ha toccato il culo della luna

(Francesco di Giacomo)

Un pensiero per Rudy…

Wazza

 

A volte gli Angeli hanno bisogno di una diversa voce sentimentale, non solo di un’ugola capace di appassionarsi a un’estensione ma anche di un ruolo musicale da contrapporre allo sbaglio del caos: loro lo sanno che per la conversione incide di più una musica elevata che non i residuati brandelli della teologia.

È per questo che gli Angeli, a volte, cambiano le intonazioni degli uomini, alzandone le frequenze oltre il limite dei suoni. È un lavoro su ordinazione, e per quanto ne sappiamo svolto per raggiungere un senso migliore.

A Francesco l’hanno portato via di soprassalto; stava fischiettando e non pensava di essere un moribondo.

A Rodolfo gli hanno lasciato tutto il tempo per tremare, riempiendolo alla fine di materia secca.

Ma Dio, che ha una sua saggezza terribile, secondo noi da sterminatore, agisce per il primato della Creazione. Così mai Francesco avrebbe creduto di essere amato per reazione da Dio; mai Rodolfo avrebbe sospettato di ricevere nelle sue carni quel pericoloso dono.

Francesco era un non credente, un indispensabile comunista, e aveva l’onestà di non pentirsi di essere terreno: diceva di non avere alcuna corrispondenza con quello là. La sua realtà era talmente elevata da diventare una vocazione.

Rodolfo aveva una fede nuda e sapeva di appartenere a un cerchio vasto; non aveva nessuna inibizione a parlare di Anima perché era un bisogno dei vivi, pur trovandola in una lontananza assoluta rispetto all’uomo.

Francesco e Rodolfo avevano la stessa quiete profonda nelle parole. Una disciplina nell’amore infinitamente minuziosa. Un preciso suono, una nota alzata, erano sempre un viaggio al centro della vita. E portavano maestosi e liberi i loro messaggi di resistenza sociale. Francesco apriva la sua voce fin dove non ce la faceva nessuno, con un canto che era una massa di sangue, perché voleva farci preoccupare della deriva pubblica e della terribile perdizione in cui è stata infilata l’umanità. Rodolfo chiedeva alle corde musicali di protestare, di lamentarsi, di schernire quei fragili e comodi tappeti melodici.

Chi, come me, li ha frequentati non perderà mai neanche una loro riflessione: sulla vita, la tristezza, l’amicizia, la società, il piacere. Loro erano due Uomini al servizio dell’intelletto.

Adesso sono di nuovo insieme per un altro inizio: da eremiti liberi. Non aspettano più gli uomini, hanno iniziato le nuove esercitazioni nell’armonia celeste, e si lasciano baciare dai sacramenti del silenzioso infinito: due sposi vergini.

Dopo penseranno come riprendere a suonare, a non farci mancare la purissima bellezza nel cuore.

La loro morte è una pausa. Eccoli, in luce.

Michele Caccamo




Peter Gabriel: accadeva il 25 febbraio 1977

Veniva rilasciato il 25 febbraio 1977 il primo album solista di Peter Gabriel dopo l’uscita dai Genesis.

Album senza titolo, dai fans ribattezzato "Car", per via della Lancia Flavia usata da Storm Thorgerson per la copertina.

Il singolo “Solsbury Hill” entrò nella top 20 della classifica inglese.

Di tutto un Pop…

Wazza

Quando uscì il primo disco a suo nome, Peter Gabriel aveva appena compiuto 27 anni: accadde il 25 febbraio 1977. Ne aveva appena tra 20 e 24 quando pubblicò la manciata di dischi con cui i Genesis – la band di cui era cantante, leader e ispiratore principale – divennero celebri in tutto il mondo, e che sarebbero rimasti la base del loro culto futuro. Nel 1974 era uscito The lamb lies down on Broadway, il doppio concept album ritenuto la sintesi finale delle aspirazioni letterarie e teatrali di Gabriel con i Genesis: dopo il tour per promuoverlo, Gabriel aveva deciso che la band gli stava stretta e di lasciare che si arrangiassero senza di lui, e con il batterista Phil Collins promosso a cantante (loro peraltro erano anche un po’ stufi della sua ingombrante presenza e si arrangiarono piuttosto bene, con una carriera di enorme successo ancora per quasi due decenni).

Il simbolo più palese di un’inclinazione di Gabriel a far da solo e intorno a sé stesso è rimasta la scelta unica di dare ai suoi successivi primi quattro dischi da solo sempre lo stesso nome, “Peter Gabriel”, costringendo giornalisti e fans a rinominarli autonomamente citando i numeri da uno a quattro, o le immagini sulle copertine. Il primo, quello che uscì oggi quarant’anni fa, mostrava una foto di Gabriel dietro il lunotto coperto di pioggia di un’automobile (che era una Lancia Flavia posseduta da Storm Thogerson, celebre art director di molte leggendarie copertine di dischi rock). Dentro ci suonarono il chitarrista e polistrumentista dei King Crimson Robert Fripp e il bassista Tony Levin, che sarebbe diventato uno dei musicisti più fedeli nelle band successive di Gabriel. C’erano nove canzoni, piuttosto varie e discontinue, con arrangiamenti in parte discendenti da quelli di The lamb lies down on Broadway e in parte ancora più creativi, ricchi ed eclettici.

Tra le nove canzoni, due divennero dei classici del repertorio di Gabriel. La prima è “Solsbury Hill” che molte interpretazioni legano anche alla separazione dai Genesis.

Solsbury Hill” ebbe anche un notevole successo da classifica, arrivando tra le prime venti nelle classifiche britanniche, e venendo ripresa in diverse cover nei decenni successivi.

L’altro grande pezzo del disco è quello che chiudeva il lato B, e che Gabriel rifece e modificò spesso nel tempo, dicendosi insoddisfatto dell’arrangiamento della prima versione. Si chiama “Here comes the flood” e l’esplosione del refrain fu in effetti una delle cose che lo resero notevole, allora, mentre nelle versioni successive Gabriel lo ridimensionò a un andamento più omogeneo e quieto.





martedì 25 febbraio 2025

RocKalendario del secolo scorso – Febbraio, di Riccardo Storti



RocKalendario del secolo scorso – Febbraio

Di Riccardo Storti 


1955 – La cantante R&B di Chicago LaVern Baker ottiene il suo primo successo con Tweedle Dee, hit che raggiunge quarto posto nella classifica R&B e il quattordicesimo nella classifica Pop sotto l'etichetta Atlantic Records. La Baker non è proprio giovanissima, visto che ha 26 anni, però la sua canzone fa breccia tra i giovani fan che si stanno avvicinando al Rock and Roll e anche tra il pubblico bianco, vista l’entrata nella classifica Pop, non le manca un buon credito. 

Lei ha una voce potente, possiede mestiere e capacità improvvisative quasi jazzistiche. Una curiosità: nel 1969, dopo avere divorziato dal comico Slappy White, si unì all’USO per tirare su il morale alle truppe americane in Vietnam: lì contrasse una polmonite che non l’abbandonò per tutta la vita. Nonostante le precarie condizioni di salute, la Baker non si fece intimidire dalle circostanze: durante la convalescenza presso la base navale statunitense di Subic Bay, nelle Filippine, un amico le consigliò di rimanere come direttrice degli spettacoli presso il club per sottufficiali dello staff del Corpo dei Marines. Stette lì per 22 anni, tornando negli Stati Uniti dopo la chiusura della base nel 1991; morirà sei anni più tardi, a 67 anni, a causa di problemi cardiovascolari. 

1965 – 24 febbraio. Ciak, si gira: iniziano le riprese di Help! I Beatles, dopo il successo di Hard Day’s (in italiano Tutti per uno), recitano e cantano per una nuova pellicola. Pare che il regista Richard Lester potesse contare su un budget piuttosto generoso da parte della produzione, così con gli sceneggiatori si sbizzarrì nel dare vita ad un plot ricco di colpi di scena, avventura, comicità e azione, tutto intorno ad un anello magico finito per sbaglio tra le dita di Ringo Starr. 

Rivisto oggi, si capisce lontano un miglio che questo musicarello “in grande” sia stato soprattutto un mega-spot promozionale per i Fab Four che, sicuramente, si saranno divertiti a girare in variate location (dalle Bahamas alle Alpi austriache).

1975 – Sotto la regia di Alessandro Colombini della Produzioni Associati, la band meneghina Maxophone entra negli studi della Ricordi di Milano per cominciare le incisioni del loro primo album omonimo. Mai miglior sintesi di stile si è verificata in un album di progressive italiano (se si escludono i capolavori prodotti dalle band più note). 

Maxophone condensa influenze e prestiti ma li ridefinisce secondo una dettagliata scrittura musicale di insieme, tale da definire questo album un prodotto sicuramente esemplare nel suo genere. Se un neofita ci chiedesse cosa sia stato il progressive rock italiano degli anni Settanta, basterà indicargli Maxophone come un modello chiaro e (con)vincente. Musica classica di fattura cameristica, jazz tradizionale e contaminato (dal Dixieland alla fusion), rock sinfonico, canzone d’autore, blues, gospel. Cosa volere di più?

Ma a febbraio di quest’anno sono usciti anche: Fly by Night (Rush), High Voltage (AC/DC), Rock’n Roll (John Lennon), Physical Graffiti (Led Zeppelin), Song for America (Kansas) e Visions of Emerald Beyond (Mahavishnu Orchestra).   

1985 – L’11 febbraio gli Smiths pubblicano Meat is Murder. Va detto che l’esordio dell’album omonimo (editato nel 1984), non aveva soddisfatto al massimo la band di Manchester: lo stesso Morrissey si era sentito frainteso dal pubblico, segno che, probabilmente, dal suo punto di vista, fosse necessaria una svolta, o almeno, un tentativo di comunicare in maniera più netta il proprio messaggio. 

Meat is Murder sarà proprio questo: già il titolo – che potremmo tradurre “Carne da macello” – richiama alla battaglia animalista e vegetariana dello stesso Morrissey; si tratta di un album fortemente politico che non rinuncia a critiche verso il sistema scolastico (The Headmaster Ritual) e che denuncia il clima di violenze delle periferie urbane (Rusholme Ruffians), il disagio sociale ed esistenziale (I Want the One I Can't Have), la manipolazione del sistema (That Joke Isn't Funny Anymore), la diseguaglianza (Nowhere Fast, in cui non manca una critica alla monarchia britannica). Quando passa dal pubblico al privato, Morrissey ci narra di amori disperati, appesantiti dall’incomunicabilità e dalla solitudine (Well I Wonder) o di violenze domestiche in cui le vittime più segnate sono i bambini (Barbarism Begins at Home). Il sound, grazie soprattutto alle originali invenzioni della chitarra di Marr, spaziano dal punk al funk, sfiorando il rockabilly, il country, il dark e la folk ballad. La vera New Wave.

Altre uscite di febbraio: l’esordio di Whitney Houston, Vulture Culture (Alan Parsons Project), No Jacket Required (Phil Collins) e Songs from the Big Chair (Tears for Fears).


1995 – È il 1° febbraio. Richy James Edwards, chitarrista e paroliere della band gallese Manic Street Preachers, sparisce misteriosamente. Dopo quattordici giorni, la sua auto verrà ritrovata in prossimità delle rive del Severn (tra Galles e Inghilterra), ma di lui nessuna traccia. La famiglia aveva già avuto modo di dichiararlo legalmente morto dal 2002, però, non soddisfatta delle indagini della Polizia britannica, e sulle ali di una speranza mai sopita, aspetterà fino al 2008. 

Il ragazzo era entrato nella band agli inizi degli anni Novanta e, nonostante il talento, mostrò subito di essere schiavo di una serie di problemi legati ad una personalità assai fragile. Edwards era un po' il Syd Barrett dei Manics, per di più alternava momenti di autolesionismo a psicosi di ogni tipo, nonché comportamenti pubblici piuttosto trasgressivi. Eppure, con Edwards la band dette alle stampe 3 album accattivanti (Generation Terrorists, Gold Against the Soul e The Holy Bible), capaci di miscelare aggressività punk, ruvidezze hard e inaspettate melodie orecchiabili su liriche pregnanti.

Circa la sua scomparsa, si sono scatenate le ipotesi più disparate: c’è chi ha parlato di suicidio (con un corpo mai ritrovato nel Severn) e chi di scomparsa volontaria (con avvistamenti in India e alle Canarie). Aveva 27 anni (il numero maledetto che ritorna…).

 

 

 

 

 

 






lunedì 24 febbraio 2025

"Physical Graffiti": era il 24 febbraio del 1975


Usciva il 24 febbraio 1975 "Physical Graffiti", sesto album dei Led Zeppelin...
Di tutto un Pop…
Wazza


"Physical Graffiti", ovvero i Led Zeppelin al culmine della carriera e della creatività. Con questo capolavoro i Led infatti portano a termine quella maturazione artistica iniziata da "III" e proseguita con "Houses of the Holy", arrivando a creare l'unico album doppio della loro discografia in cui sono sapientemente miscelati vari generi musicali, dall'hard rock fino al funky, passando per il blues e per sonorità orientaleggianti, con picchi di espressività e intensità veramente altissimi.

Album che si apre con "Custard Pie", un hard-rock dalle sonorità ruvide, per poi passare al rock più "pulito" di "The Rover", brano del '70, in cui Page piazza un riff dei suoi e uno dei suoi assoli di più perfetta costruzione. Segue "In My Time Of Dying", uno standard blues, a cui la batteria rovente di Bonham, il canto drammatico di Plant e la sadica chitarra di Page danno un'intensità emotiva spaventosa facendone un baluardo dei Led. Si continua con la smorfiosa "Houses Of The Holy", risalente al '73, con un pesantissimo brano funky, "Trampled Under Foot", con Jones che spicca alla tastiera e con Plant che canta le analogie tra la meccanica dell'automobile e l'atto sessuale, per arrivare all'apoteosi di "Physical Graffiti": "Kashmir". L'imponente batteria di Bonzo, il lento e maestoso riff di Page e di Jones, sempre alla tastiera, e il racconto di un viaggio epico di un Plant in grande forma, fanno di questo brano un viaggio mistico tra le sonorità orientali e gli danno un livello di espressività e di emotività altissimo.



Qualche immagine...















domenica 23 febbraio 2025

UN GIRO DI VALZER PER RICORDARE ARTURO VITALE, DI FRANCO VASSIA


La Musica di Arturo

Arti & Mestieri

(reunion formazione originale del ’74) and Friends

Teatro Agnelli di Torino

Sabato 22 febbraio 2025


Una serata speciale dedicata al genio musicale di Arturo Vitale, membro storico degli Arti & Mestieri. I componenti originali della band (1974), insieme a numerosi amici musicisti che hanno condiviso con lui momenti unici, si sono riuniti per eseguire i brani che portano la firma inconfondibile di Arturo. Un omaggio vibrante al suo talento, alla sua visione artistica e al suo contributo al mondo della musica


Riappropriarsi della musica 50 anni dopo con la formazione originale degli Anni '70. Fantastico concerto ieri sera - al Teatro Agnelli di Torino - degli ARTI E MESTIERI per ricordare Arturo Vitale, il loro compagno scomparso il 18 gennaio dello scorso anno. Gran finale con Gigi VenegoniFurio ChiricoGiovanni VigliarMarco GallesiBeppe CrovellaAlfredo PonissiLautaro Acosta.

E ancora: Piero MortaraRoberto Puggioni e tutti i musicisti che continuano ad onorare il cammino del prestigioso combo torinese.

Franco Vassia



 



Banco del Mutuo Soccorso: il 23 febbraio del 1976 usciva il primo album (colonna sonora) strumentale, "Garofano Rosso"


Racconti sottoBanco


“La prima volta che scrissi una colonna sonora per un film fu per Il Garofano rosso tratto dal libro di Vittorini, ed ero un po’ spaventato dai limiti di durata imposti dal regista, ma la scoperta fantastica fu che era invece uno spunto alla ricerca e questa nuova concezione del limite mi è rimasta per tutta la vita”.

(Vittorio Nocenzi)


Usciva il 23 febbraio 1976 l’album “Garofano Rosso”, colonna sonora dell’omonimo film di Luigi Faccini, tratto da un romanzo di Elio Vittorini. Prima colonna sonora per il Banco del Mutuo Soccorso e primo album strumentale, che apriva una nuova epoca nell’evoluzione del gruppo.

Andatevelo a risentire!

Wazza

 


Interprete: Banco del Mutuo Soccorso 

·         Etichetta: VIRGIN 

·         Catalogo: MPIT 1005

·         Data di pubblicazione: Febbraio 1989 

·         Matrici: MPIT 1005-A/MPIT 1005-B

·         Supporto: vinile 33 giri 

·         Tipo audio: Stereo

·         Dimensioni: 30 cm. 

·         Facciate: 2

 

Note: Data matrici: 3 Febbraio / Colonna sonora originale del film omonimo (Luigi Faccini, 1975), salvo i primi due brani, non utilizzati per il film / Copertina in carta martellata - Disegno di Mimmo Mellino / Nota di presentazione all'opera a firma del gruppo sul retro copertina / Registrato da Giorgio Loviscek e mixato da Peter Kaukonen presso il Chantalain Studio di Roma nel Novembre 1975 / Tutti i brani sono strumentali; Francesco Di Giacomo, voce solista del gruppo, è qui accreditato per la documentazione ai brani, non partecipandovi direttamente / Produzione esecutiva: David Zard / Distribuito da Dischi Ricordi - Milano / Formazione: Pierluigi Calderoni - batteria, percussioni; Renato D'Angelo - basso, contrabbasso, chitarra acustica; Francesco Di Giacomo - voce; Rodolfo Maltese - chitarre, tromba, corno; Gianni Nocenzi - pianoforte, piano elettrico, sintetizzatore, clarinetto; Vittorio Nocenzi - organo, sintetizzatori, vibrafono


BRANI

Lato A

 

ZOBEIDA

Autori: Vittorio Nocenzi

FUNERALE

Autori: Vittorio Nocenzi

10 GIUGNO 1924

Autori: Gianni Nocenzi

QUASI SALTARELLO

Autori: Vittorio Nocenzi

ESTERNO NOTTE (CASA DI GIOVANNA)

Autori: Vittorio Nocenzi Edizioni: Traccia Music

GAROFANO ROSSO

Autori: Vittorio Nocenzi

 

Lato B

 

SUGGESTIONI DI UN RITORNO IN CAMPAGNA

Autori: Rodolfo Maltese, Vittorio Nocenzi, Gianni Nocenzi

PASSEGGIATA IN BICICLETTA E CORTEO DEI DIMOSTRANTI

Autori: Gianni Nocenzi, Vittorio Nocenzi

TEMA DI GIOVANNA

Autori: Vittorio Nocenzi

SIRACUSA: APPUNTI D'EPOCA

Autori: Vittorio Nocenzi

NOTTURNO BREVE

Autori: Vittorio Nocenzi

LASCIANDO LA CASA ANTICA

Autori: Rodolfo Maltese, Vittorio Nocenzi, Gianni Nocenzi

 

È incomprensibile come "Garofano Rosso" sia l'album del BMS più sconosciuto e meno apprezzato di tutta la loro copiosa produzione.

Era il 1975 ed il prog cominciava a declinare sotto le sciabolate della disco-music e del motto "It's Time to Land". I dischi degli alfieri del genere si dimostravano più ricchi di tecnica e ripetitività che di idee. Nel grigiore generale, che poi coglierà anche il BMS, il gruppo romano viene invitato a comporre ed eseguire la colonna sonora del film "Garofano Rosso", il cui valore fu tale che nessuno ricorda né il nome del regista, né che abbia superato i cinque giorni di programmazione in una sala cinematografica.

Per una strana legge di compensazione, invece, la musica è di tale spessore che ne uscì l'album prog italiano migliore di tutti i tempi. So di fare un'affermazione azzardata, e che da molti non sarà condivisa, ma per me è proprio così. Se non fosse per la ritmica, "Garofano Rosso" potrebbe benissimo essere un album di classica-contemporanea, molto sofisticato e ben costruito.

In questo ricorda, come idea di struttura e non come musica, il leggendario "Islands" dei King Crimson che è un altro disco difficilmente catalogabile come rock (anche se progressive). In "Garofano Rosso" si nota subito l'abbondante uso dei fiati, rafforzati dai synthes di Vittorio Nocenzi, lo scarso utilizzo della chitarra elettrica, a favore di quella acustica e un fluido e classico uso del pianoforte a coda, più adatto alle atmosfere cameristiche che alle grandi platee giovanili.

Un lavoro maturo e da veri musicisti, per una volta liberati da alcuni vincoli comportamentali imposti dall'industria discografica. Su tutti i brani, primeggia "Suggestioni di un ritorno in campagna". Si tratta di una vera e propria mini-sinfonia che spazia dalla classica più filologica a quella contemporanea, non disdegnando un'occhiatina al jazz e superbamente introdotta dal laconico pianoforte di Gianni Nocenzi, il quale, poi, si ripeterà nel pezzo "Tema di Giovanna" (quasi un a-solo), sino a spingersi a toni decisamente drammatici e carichi di lirismo. Notevoli anche "Zobeida", "Funerale" e "Quasi saltarello", un pezzo questo dove il Banco tende la mano all'etno-folk popolare (il Saltarello è una danza del centro-sud).

Per concludere, “Garofano Rosso” è l'album più sottovalutato della produzione del BMS e di tutto il prog italiano. Probabilmente non fu oggetto dell'attenzione che meritava, perché si trattò del primo disco del gruppo inciso per un'etichetta straniera (la Manticore di Greg Lake) e, forse, fu osteggiato proprio per questo. Da segnalare che in tutto il lavoro non c'è traccia della voce di Francesco Di Giacomo, che, per una volta, si fece signorilmente da parte per favorire un po' di sperimentazione ai due cervelli del Banco, e cioè i fratelli Nocenzi.

Una pellicola cinematografica caratteristica. Si combinano tanti elementi: storia, fascino della città, passione amorosa e per la politica. Il garofano rosso (1976), regia di Luigi Faccini, è un film icona di Siracusa, in cui si riscontrano tante prospettive. Tratto dall’omonimo romanzo di Elio Vittorini, si raccontano i sogni e le utopie di un giovane studente.


Trama del film 

Alessio Mainardi (Miguel Bosé) è un giovane di buona famiglia, la quale possiede dei terreni nell’entroterra siciliano. Studia al ginnasio di Siracusa e al contempo vive in una pensione familiare con un altro giovane, Tarquinio Masseo. I due diventano buoni amici e parlano soprattutto di donne da cui sono attratti e di politica. È appena accaduto l’omicidio di Giacomo Matteotti e perciò i fascisti irrompono sempre più a Siracusa, con aggressioni e pestaggi. Mainardi è affascinato da questa ideologia reazionaria che prende più piede, ma col tempo tende sempre più a ravvedersi. Crede che l’amico Tarquinio abbia fatto breccia su Giovanna, il suo amore non corrisposto.

Alessio è pure invaghito di un’altra donna, Zobeide (Elsa Martinelli), che scopre essere una prostituta. Il giovane continua ad inseguire le sue utopie, rinnovandole sempre.

 


Significato attorno a Il garofano rosso

Dal sentimento non ricambiato di Alessio prende nome la storia. Secondo una leggenda, un giovane si innamorò perdutamente di Diana la quale non lo corrispondeva e fece perfino il voto della verginità. Il giovane morì di disperazione e dalle sue lacrime nacquero garofani rossi. Un fiore che può indicare la libertà, quella propulsione interiore che porta ad accostarti alla bellezza.

Alessio Mainardi è un giovane in cerca di prospettive. È richiamato dal contesto natio, equivalente a tutto ciò che è agreste. Al contempo, volge gli orizzonti verso la città, luogo di conoscenze e scambi culturali. Trova in Tarquinio Masseo un punto di riferimento, seppure con dei momenti di divergenze. Alessio è un giovane che tende a formarsi a livello politico, culturale e sentimentale.

Un contesto storico di grande fermento. Ma purtroppo ogni anelito di libertà è represso perché il fascismo, dopo essere penetrato nelle istituzioni, tende sempre più a radicarsi a livello sociale.

 

Suggestioni della pellicola cinematografica

La colonna sonora è del gruppo Banco del Mutuo Soccorso. Una musica introspettiva che richiama la ricerca del sé compiuta da Alessio Mainardi. La scena in cui questi assiste alla sfilata comunista è girata in via delle Vergini. Altre scene trovano ambientazione nei pressi di piazza Duomo, compresa quella in cui Alessio entra ed esce da scuola. Diversi momenti trovano ripresa, poi, lungo le varie viuzze di Ortigia. Il garofano rosso è, quindi, una pellicola che rievoca un luogo così caratteristico e a misura di essere umano quale è Siracusa. Luigi Faccini, il regista, riesce a catturare tutto questo. Egli nel film si occupa pure della sceneggiatura.

Il garofano rosso è una pellicola dagli ingredienti peculiari. Storia, arte, introspezione, passione, senso di giustizia convergono nel film. Esso, però, non è molto conosciuto soprattutto tra le giovani generazioni. Le righe qui riportate sono quindi un modo per ricordare certe pellicole cinematografiche preziose.