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mercoledì 30 novembre 2022

Three for the road, un nuovo progetto musicale


Three for the road

Live @ Quarto Pianeta festival, Genova.

 

Una nuova avventura musicale…

Three for the road, nasce dall'incontro di tre personalità artistiche e culturali differenti.

Un viaggio sonoro dall'Africa al blues, passando attraverso il delta, il gospel ed il linguaggio dell'improvvisazione jazz.

 


Claudio Bellato: voce, chitarre, lap steel 

Cheikh Sadibou Fall: voce, kora, djembè 

Leo Saracino: batteria e percussioni 

Alessandro Mazzitelli: sound enginer




martedì 29 novembre 2022

Ricordando Gerorge Harrison


Il 29 novembre 2001 ci lasciava George Harrison, nato a Liverpool il 25 febbraio del 1943, è stato un cantautore, polistrumentista, compositore, attore, produttore cinematografico e discografico, un quarto di Beatles… che altro aggiungere!

Per non dimenticare…
 Wazza







“Guerra”, il nuovo video dei WeFly, di Alberto Sgarlato


“Guerra”, il nuovo video dei WeFly

Sonorità vicine al nu-metal per questa interessante formazione di giovanissimi musicisti 

di Alberto Sgarlato


Loro si chiamano WeFly e per una fase delle loro vite sono stati celebri come “la band più giovane d’Italia”. Questa vicenda ha inizio a Ortovero, piccolo borgo arroccato alle spalle di Albenga, nell’entroterra ligure, sulla direttrice che congiunge le province di Savona e Imperia. Una di quelle belle storie di paese, dove ci si conosce fin da bambini e si cresce tutti insieme.

Per i piccoli WeFly la “folgorazione” arriva al concerto di Nek, proprio ad Albenga, nell’estate del 2011. In quel periodo Filippo Neviani aveva scelto la cittadina ligure proprio come “data zero” di un tour concepito per riscoprire le sue radici: niente palchi faraonici, niente light-show elaborati, niente stadi oceanici, niente formazioni numerose. Sul palco solo lui con la sua voce inconfondibile e il suo basso, due chitarristi, un batterista e stop. Quell’impatto sonoro fu quello che spinse i ragazzini di Ortovero a dire “fondiamo una band”.

Da quel 2012 in cui, ufficialmente, i WeFly hanno iniziato a girare, sono arrivate tante soddisfazioni: gli album intitolati “Crescere” e “Un cuore che sa”, i numerosi singoli, le partecipazioni a molti contest musicali nazionali, le collaborazioni di prestigio con nomi del calibro di Iskra Menarini (corista storica di Lucio Dalla) e Miriam Masala (resa nota dal talent-show “Amici” di Maria De Filippi), ma soprattutto un rapporto costante con il loro pubblico attraverso videomessaggi regolarmente pubblicati sui social network.

E arriviamo così al decennale di carriera: il 20 novembre 2022, infatti, con una grande festa presso l’Enoteca Regionale di Ortovero, è stato presentato il nuovo video della band, intitolato “Guerra”.

Il sound nel tempo si è fatto più sanguigno, più hard, rispetto all’elegante e raffinato synth-pop degli esordi, all’epoca già molto maturo nonostante la giovane età dei componenti. Oggi gli intrecci delle due chitarre, i ricami del pianoforte, le parti vocali alternate al rap richiamano in parte al nu-metal di gruppi come Linkin Park ed Evanescence. La profondità del testo, invece, non tradisce le origini in parte cantautorali della band. Il brano prende spunto ovviamente dai recenti fatti in Ucraina, ma diventa una riflessione su come le guerre, tutte le guerre, siano un male atroce per l’intera umanità.

La formazione è quella storica: Alessandra Moscato voce e chitarra, Matteo De Furia batteria, chitarra e voce, Crystal Sorgi basso, Matteo “Zak” Zaccarello tastiere e rap, con l’innesto recente del nuovo chitarrista Alessio Nicolò.

Certo, oggi dopo dieci anni non saranno più la band più giovane d’Italia, ma il tempo è stato decisamente galantuomo: sono maturati nel talento e nella creatività pur mantenendo la freschezza, la sincerità e la genuinità degli esordi. Insomma: sono come un ottimo vino che invecchiando migliora. E forse non è un caso che la presentazione del nuovo video sia avvenuta proprio in un’enoteca…





sabato 26 novembre 2022

:Bolverk:-"Uaar", commento di Fabio Rossi


Commento di Fabio Rossi 

Artista: :Bolverk:

Album: Uaar

Genere: Melodic Black Metal

Anno: 2022

Casa discografica: WormHoleDeath

 

Tracklist

1. Death The Whore
2. Uaar
3. Time For Chaos
4. Svovelpredikant

5. Secterian Bloodshed
6. Prevail In Silence
7. Bride Of Christ

8. From The Depths (solo su CD)

 

Line Up

Christopher “Rammr” Rakkestad: bass

Lucass Edquist: drums

Bjørn “Narrenschiff” Holter: vocals

Thomas Bolverk: guitars

 


Formatisi nel 2020, i norvegesi :Bolverkesordiscono nel mercato discografico con l’album intitolato Uaar uscito nel maggio di quest’anno. I quattro componenti provengono da pregresse esperienze che confluiscono nello stile proposto nel nuovo progetto. Il moniker della band deriva dalla mitologia norrena (era uno dei nomi di Odino) ed ha un significato di qualcosa di “grande”, “robusto” e “informe” che ben si adatta alla musica del gruppo; Uaar, invece, è strettamente connesso con il 2020, giacché nel vecchio dialetto norvegese vuol dire “anno orribile” ed era utilizzato nei periodi di grave carestia. Fatta questa doverosa digressione etimologica, passiamo alle sette note. Il genere prescelto è il black metal di stampo melodico che si dipana nelle varie composizioni abbracciando un ampio campo d’azione che parte dalle influenze dei conterranei Sólstafir, per quanto attiene il lato triste e melodico, e arriva alla primitiva brutalità dei Marduk. L’album necessita di molteplici ascolti per essere apprezzato nella sua globalità essendo i brani piuttosto articolati.

La traccia che mi è rimasta subito impressa è la micidiale Svovelpredikant, munita di un tema principale trascinante e dove spiccano il ritmo forsennato della batteria di Edquist e il vocalism abrasivo di Holter. Il mid tempo posto alla base della potente Secterian Bloodshed costituisce un altro caposaldo di questo lavoro. Il black metal la fa da padrone nella nichilista title track dove il ritmo indemoniato si alterna a sezioni più pacate e siffatta versatilità la rende di pregevole fattura. Tale peculiarità, comunque, si trova spesso sparsa nel disco come nella meravigliosa From The Depths, presente, purtroppo, solo su CD ed è una scelta che non condivido proprio, e nell’adrenalinica Time For Chaos, la cui potenza dal vivo può essere ammirata nel seguente video:



Una musica fieramente di stampo scandinavo dove le influenze dei Bathory, Satyricon, Mayhem, oltre dei gruppi precitati, appaiono piuttosto evidenti. Un ottimo esordio, forse non memorabile a causa di alcuni momenti meno convincenti, ma i :Bolverk: appaiono ben determinati tanto è vero che hanno già pronto del materiale che confluirà nel successore di Uaar previsto per la tarda primavera del 2023. Viste le premesse, attendiamo con trepidazione!

 


 


venerdì 25 novembre 2022

Genesis: le foto storiche reperite da Wazza

 Pop Magazine novembre 1973

 Articolo della rivista tedesca Pop Magazine sul tour 1973


 

Ologram - "La Nebbia", commento di Luca Paoli


Ologram - La Nebbia

 (autoproduzione) 2022

Di Luca Paoli

 

Il musicista siracusano Dario Giannì, già fondatore della band Ydra, ex Anèma e Hydra Project, esce sul mercato discografico col progetto Ologram e con l’album “La Nebbia”.

L’interessante menù del disco si compone di otto tracce, tra cui due strumentali (Intro e Il Ritorno) e sei cantate.

Le liriche del concept ci raccontano del viaggio dell’uomo alla ricerca del significato della propria vita… la nebbia certo rende più faticoso e misterioso questo percorso.

Sul versante musicale Dario Giannì propone un rock progressivo moderno ma con le radici ben piantate negli anni ’70, con i giusti riferimenti a Genesis, Pink Floyd, Premiata Forneria Marconi e Banco Del Mutuo Soccorso ma anche nel Neo Prog dei Marillions, Porupine Trees, It Bites e Pain Of Salvation.

La Formazione comprende, oltre a Dario Giannì al basso, Fabio Speranza alla voce, Roberto Giannì alle tastiere, Lorenzo Giannì alle chitarre, Giovanni Spadaro alla batteria e parecchi ospiti che danno il loro contributo nelle varie tracce.

Il viaggio incomincia con lo strumentale “Intro”, con il mare e la sirena di una nave… forse un porto? Dopo una prima parte appannaggio delle tastiere entrano delle percussioni che portano verso oriente.

Il racconto prosegue con la seguente “La Nebbia”, che intitola anche il disco ed è la prima traccia cantata dove è già possibile ammirare le doti canore di Fabio Speranza e, musicalmente, siamo già nel prog, quello vero, indurito dal bel lavoro di chitarra hard di Lorenzo Giannì.

Vetro Di Rame”, sempre con la voce di Speranza, racconta di storie fantasiose e piene d’inventiva, con il supporto di un sound vintage dove si possono apprezzare gli assoli strumentali e cambi di tempo che sono nel dna del genere … ottimo il supporto agli archi di Matteo Blundo.

Il mare che stiamo navigando è il “Mediterraneo”, ed è anche il prossimo brano, dove la forma canzone prende il sopravvento… ma attenzione le onde minacciose sono dietro l’angolo!

Il brano successivo, “Strane Voci”, vede impegnato al canto Andrea Campisi che si adatta molto bene al sound grezzo e duro del brano.

Cristiano Sipione presta la sua voce per “Straniero” e “Una Rotta Verso Est”, dove sono evidenti le analogie vocali col grande Bernardo Lanzetti.

Il viaggio si conclude con l’altro dei due strumentali, “Il Ritorno”, brano nel quale è possibile, ancora una volta, apprezzare l’abilità compositiva e strumentale di questi musicisti.

 

Un altro gioiellino prog tutto italiano da ascoltare e riascoltare più volte e da custodire gelosamente perché la musica di qualità esiste nel nostro Paese, basta essere curiosi ed andarla a cercare.

Molto bene Dario Giannì, ti aspetto al varco col secondo capitolo di Ologram!


TRACKLIST

 

1 - Intro

2 - La Nebbia 05:58

3 - Vetro di rame

4 - Mediterraneo

5 - Strane voci 05:34

6 - Straniero

7- Una rotta verso est

8- Il ritorno

 

Alle registrazioni collaborano vari musicisti del panorama siracusano

Dario Giannì - bass guitar/ fretless bass

keyboards, Mellotron, Moog, Fender Rhodes, hammond, Arp 2600

Lorenzo Giannì-electric and acoustic guitars/moog solo trak 7

Matteo Ceretto-drums track 2/5/7

Giuseppe Arrabito - drums track 4/6/8

Matteo Blundo - violino /viola track1/2/4/6

Fabio Speranza - vocals track 2/3/4

Cristiano Sipione - vocals track 6/7

Andrea Campisi - vocals track 5

Danilo Fontana - drums track 3

Marco Blandini vocals track 4

Roberto Giannì moog solo trak 2

Mixed   by Roberto Giannì

At Pulp Project Recording Studio

artwork;Vittoria Gallo

Music-Dario Giannì

Lyrics- Lorenzo Gianni

Lyrics tarck 5/7 Dario Giannì

Il disco è disponibile dal 15 settembre nelle migliori piattaforme Spotify, Amazon ecc…

E dal 28 ottobre 2022 in formato fisico


LA BAND DAL VIVO





giovedì 24 novembre 2022

L’Estate di San Martino-"Kim", commento di Fabio Rossi

 


Commento di Fabio Rossi

Artista: L’Estate di San Martino

Album: Kim

Genere: Rock Progressivo

Anno: 2022

Casa discografica: AMS Records


Tracklist

1 Cretto
2 Sul prato
3 Inanna + Coda Innana
4 Gocce
5 Libera + Coda Libera

6 Il Ciclope
7 Il monaco Pierre
8 Immaginami
9 Caleidoscopio
10 Tewar (+ 3 ghost tracks)


Line Up

Massimo Baracchi: bass, bass pedals

Luca Castellani: electric guitar

Marco Pentiricci: flute, saxophone, harp

Andrea Pieroni: vocals

Riccardo Regi: guitars

Sergio Servadio: drums

Stefano Tofi: keyboards

Mauro Formica: bass (7,8)


Gli amanti del Rock Progressivo di matrice italiana possono gioire perché la storica band L’Estate di San Martino, in attivo dal 1975, è tornata alla ribalta con un album nuovo di zecca intitolato Kim.

Nella line up attuale, dove figura il polistrumentista Marco Pentiricci, uno dei fondatori del gruppo, giova segnalare la presenza del cantante Andrea Pieroni, il quale costituisce uno degli elementi più interessanti di questo nuovo lavoro. Dotato di un vocalism espressivo - un po’ mi ha rammentato quello del compianto Vittorio De Scalzi dei New Trolls - Pieroni ha fornito un contributo basilare alla svolta stilistica della formazione perugina. Kim, infatti, si differenzia dal precedente ESM#40, uscito ben sette anni fa, perché si allontana dall’approccio acustico per abbracciare nettamente quello elettrico, proponendo un prog moderno con spazi concessi all’elettronica. Siamo al cospetto di un concept album che tratta una problematica seria che, purtroppo, anni fa ho dovuto affrontare in prima persona: la lotta contro il tumore. L’ispirazione è nata da un fatto di cronaca realmente accaduto nel 2011.

Nella speranza di tornare in vita, una ragazza americana ha chiesto di essere ibernata per potersi “risvegliare” allorquando la scienza sarebbe stata in grado di sconfiggere non solo il cosiddetto “brutto male”, ma la morte stessa. Kim Suozzi, un istante dopo il suo decesso, è stata adagiata in una vasca di ghiaccio a 200 gradi sottozero.

Un’utopia dettata dall’amore incondizionato verso le possibilità dell’uomo e, comunque la si possa pensare specie dal punto di vista religioso, si tratta di una storia davvero commovente.

Kim, non poteva essere altrimenti, è uscito in formato LP e CD l’11 novembre 2022, nel giorno in cui si celebra San Martino, protettore dei pellegrini e dei viandanti. Quasi un’ora di musica sopraffina e variegata con graditi riferimenti al sound dei Genesis (Il Ciclope/Gocce), King Crimson (Il Monaco Pierre) e del Banco del Mutuo Soccorso (Libera + Coda Libera). Sia ben intesi, non si tratta di banale scopiazzatura, ma di composizioni eccellenti associabili alle sonorità delle precitate magnifiche band. Colpisce la piacevole vena pop di Immaginami...

... il jazz rock posto in chiusura di Sul Prato...

... il tribale incipit di Innana + Coda Innana, mentre l’elettronica la fa da padrone nella melodiosa strumentale Cretto. La versatilità di Caleidoscopio e la particolare struttura di Tewar (di spicco le tre ghost tracks, la prima inizia al minuto due e cinquanta secondi, presenti solo nella versione in CD) sono altri punti di forza di un disco che di diritto si colloca tra le migliori produzioni progressive italiane uscite quest’anno. La “musica colta” non tramonta mai.

mercoledì 23 novembre 2022

Racconti sottoBanco: un aneddoto di Gianni Nocenzi raccontato da Wazza


Racconti sottoBanco … la giornata merita questo brano con aneddoto 

di Gianni Nocenzi

 

Che regalo che mi hai fatto Aldo!!!! Non la sentivo da decenni ma mi sono tornate alla mente e al cuore, subito, tutte le emozioni di quando l'ho scritta. Ero in una mansarda a basso costo sui tetti di Parigi nel Quartiere Latino, con tutta la città ai miei piedi e c'era nell'aria quell'odore caratteristico che annuncia l'arrivo della pioggia. Tornato in Italia, quando presentai il brano al gruppo (stavamo preparando BANCO (Moby Dick) il mio ultimo lavoro con la band, descrissi il tutto a Francesco che lo tradusse nel bellissimo testo che conosciamo. Decenni dopo vedendo di notte una trasmissione in B/N su Gilles Deleuze e le sue lezioni alla IV università di Parigi, ho trovato riscontro alla 'vista dall'alto', la vista 'conica' che Deleuze in qualche modo descrive come scoperta del Barocco (un regard sur la ville). E poi il grande Toto che convinsi a mettere due note con il Fender (abbiamo registrato nel suo studio). Insomma, grazie Aldone!



Pioverà, pioverà

La città sotto di me

Vista da qui è un riassunto

Pioverà, tra un po'

Cambierà, si cambierà

La città sotto di me

Risplenderà nei dettagli

Si scioglierà nelle vie

Ma tu che strada farai?

(Occhi di cane in allarme che sanno già che pioverà)

Ma tu che strada farai?

(Cambiano faccia i colori, i rumori e poi, poi pioverà)

Da che parte verrai?

(Da qualche parte la pioggia ti troverà prima di me)

Questa città sotto un lampo

Pioverà, tra un po' 

Cambierà la città

Lentamente si scioglierà nelle vie

(È certo che pioverà)

Cambiano faccia i colori, i rumori e poi, tu arriverai

(È certo che pioverà)

Da qualche parte la pioggia ti troverà prima di me

E la città si distenderà nei dettagli

Pioverà (pioverà, pioverà)

 

Banco è l'undicesimo album in studio del Banco del Mutuo Soccorso (accreditati solamente come Banco), pubblicato nel 1983 dalla CBS Records.

Il lavoro, un concept album sul tema del viaggio, è quello che ottiene maggior successo nelle vendite, grazie al traino del singolo Moby Dick.

Lontano da è il secondo brano del gruppo in cui si sente la chitarra del musicista Mark Knopfler, chitarra e voce dei Dire Straits.

 

Credits

Writer(s): Vittorio Nocenzi, Francesco Di Giacomo, Gianni Nocenzi, Giovanni Nocenzi





martedì 22 novembre 2022

NARADA BURTON GREENE -“A Music Cooperative in Isolation”-Commento di Andrea Pintelli


 

NARADA BURTON GREENE

“A Music Cooperative in Isolation”

 Commento di Andrea Pintelli

 

La benemerita Dark Companion Records ha da poco rilasciato “A Music Cooperative in Isolation”, di Narada Burton Green, leggenda dell’avant-jazz. Un disco complesso, stratificato, a cui è possibile accedere appieno dopo diversi ascolti. Siccome il tempo è un investimento, facendo vostro questo lavoro, vi regalerete un quanto di vita che profumerà di ricchezza. È un bene, quindi, che non sia per tutti, ma solo per coloro che scelgono approfonditamente senza subire.

 

Burton Greene scriveva nel maggio 2021: "In questo periodo difficile di Covid e la grave riduzione dei concerti e delle opportunità di produzione discografica, sono felice di essere in contatto con Dark Companion Records e Max Marchini. Max sembra essere una persona rara che mette in primo piano la qualità della musica contemporanea che produce, rispetto alle considerazioni finanziarie, un investimento sempre complicato e quasi mai promettente in termini di ritorno economico. Passiamo alla musica qui: poco prima che arrivasse il Covid, l'anno scorso ho avuto la fortuna di avere un pianoforte da sogno: un modello Yamaha abbastanza recente, che mi ha ispirato ad effettuare molte registrazioni qui sulla mia casa galleggiante ad Amsterdam, nel relativo isolamento periodo dell'anno passato. Soli, duetti e trii. Questi sono stati realizzati con ottimi musicisti con cui lavoro da anni: il percussionista Roberto Haliffi (Libia, Italia, Amsterdam), il compositore/flautista Tilo Baumheier (Germania meridionale, Amsterdam) e il compositore/bassista Renato Ferreira (San Paolo Brasile, Amsterdam, Roma).”

 

Il disco si apre con “Cluster Fantasy”, traccia lunga e articolata, dissonante ma prospera di improvvisazioni armoniche, nell’intercedere del pianoforte ricco di immagini ora assolute, ora astratte. Un mondo a parte dove nascere e rinascere ogni volta, dove la madre fantasia accoglie le proprie creature. “What’s Next”, denso intersecarsi tra un riflessivo flauto e un percussivo pianoforte, un altrove dominato dalla dinamicità dell’idea riprodotta in toni folli e quintali di sensazioni d’ignoto. Appunto, e dopo? “Interplay”, duetto tra piano e percussioni, trova nella comunicazione quasi telepatica fra Burton e Roberto il suo zenit; contrapposizione fra esplosioni e leggiadrie, impulsività e soffi, in un moto ondoso verso ogni direzione possibile. “A Lifelong Mystery Parts 1 & 2”, ossia due parti di un esperimento univoco, vissuto dal contrabbasso ad archetto come protagonista e il pianoforte come coadiuvante al servizio del mistero. Profonde oscurità e improvvisi squarci di luce, in un alternarsi di emozioni che coinvolgono e restano. Siate sempre pronti a ciò che arriva. “Buddhist Garden”, ispirata liberamente alle opere d’arte (buddiste e non) che l’amico musicista Alan Silva esponeva nel giardino di casa sua a Le Mans, è di rimando pacifica e onirica, ovviamente meditativa ma oltremodo spontanea. Quindi guidata dall’alto, ma stravissuta in terra. “Back Into It Again!” a chiudere il cerchio, riprende le atmosfere della prima traccia, quasi una prosecuzione, dove il ritmo e l’evoluzione emergono con forza. Una successione pressoché infinita di pensieri e modelli che avvolgono. Occorre non avere preconcetti per affrontare i cammini. “A Music Cooperative in Isolation” è uno di questi.

 

Ecco il pensiero di Max Marchini, scritto lo scorso settembre: “Per me Dark Companion è l'autostrada attraverso la quale realizzare i sogni musicali. Quando Greg Lake mi ha spinto a intraprendere questo viaggio, ho pensato quali fossero i musicisti che ammiravo di più e ho semplicemente chiesto loro se fossero interessati a farne parte di questa avventura: Lino Capra Vaccina, Keith Tippett, John Greaves, Jeanette Sollén, Annie Barbazza, Markus Stockhausen, lo stesso Greg, Jemaur Tayle, Paul Roland, Ron Geesin, Michael Kressner e molti altri, e tutti - ciascuno nella propria semantica - non solo hanno generosamente accettato, ma sono entrati a far parte di quella che oggi è una vera e propria famiglia, di cui sono profondamente orgoglioso. Per una questione di scelta non guardiamo indietro al glorioso passato, ma vogliamo concentrarci sul presente: quindi è stato naturale per me chiamare la leggenda del jazz Burton Greene, e chiedigli se sarebbe interessato a unirsi a noi. Era davvero entusiasta di far parte di questa famiglia. Abbiamo trascorso serate su skype a parlare di musica, al chiaro di luna e in allegria. Sfortunatamente non potremo più andare oltre nei nostri progetti, se non tramite questa nostra primo lavoro in comune.  Era un musicista di immenso talento, umile, vulcanico e una persona meravigliosa. Vorrei dedicare questo album alla nostra amica Patty Waters, che ha suonato e registrato con Burton, la cui voce è una benedizione e un'ispirazione per tutti noi, sperando che sarà il prossimo membro della nostra famiglia in crescita. Addio Burton.”

 

Burton Greene era nato a Chicago, Illinois, il 14 giugno 1937. Ci ha lasciati il 28 giugno 2021. Questo è l’ultimo tassello della sua importante carriera. Che possa riposare in pace.

Abbracci diffusi. 



Tracklist:

1 - Cluster Fantasy

2 - What’s Next

3 - Interplay

4 - A Lifelong Mystery Parts 1 & 2

5 - Buddhist Garden

6 - Back Into It Again!

Registrazioni effettuate ad Amsterdam durante il lockdown, da maggio 2020 a febbraio 2021, presso la casa galleggiante di Burton Greene. Disco pubblicato il 28 ottobre 2022 e prodotto da Max Marchini.





lunedì 21 novembre 2022

Il giorno 21 dedicato a Francesco, di Wazza


 

21 Novembre 


L'utopia è là, all'orizzonte. 

Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. 

Faccio dieci passi passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi. 

Per quanto cammini, mai la raggiungerò. 

A cosa serve l'utopia? 

Serve a questo: a camminare. 

(Eduardo Galeano)


Ci sarai sempre. Buon viaggio Capitano!

Wazza



sabato 19 novembre 2022

Steve Hackett in concerto a Bologna il 14 novembre 2022: Valerio Gabrielli ci racconta come è andata (parole, immagini e video)

 


STEVE HACKETT – Foxtrot at Fifty + Hackett Highlight Tour
14 Novembre 2022
Teatro delle Celebrazioni – Bologna

Commento di Valerio Gabrielli



E siamo ancora qui…

Mi sono perso il tour della scorsa estate con Genesis Revisited Second’s out ma questo non me lo potevo perdere, anche perché sono sempre più rare le occasioni di sentire quella che per me è buona musica. Tutti invecchiamo, meno male, compresi i nostri eroi, e quindi quando c’è la possibilità di sentirli comodamente sistemati a teatro cerchiamo di non farcela scappare.
Con il biglietto numerato acquistato mesi fa non c’è stato bisogno di arrivare troppo tempo prima e alla 20,30 varco la soglia “del Celebrazioni”.
Nella hall strapiena intravedo subito i miei amici Genesiani irriducibili Dodo e Albo e scorgo anche il mio amico Alberto Pietropoli, spettacolare sax della Bononia Sound Machine, che non incontravo dalla sera del Rock in Trattoria con Alex Carpani e Dave Jackson.

Finiti i convenevoli, i timidi abbracci (il Covid ci ha cambiato un po’ le abitudini) ci si va a sedere. Non posso fare a meno di notare che l’età media è elevata e i capelli, qualora ci fossero ancora, sono tendenti al grigio/bianco. A volte mi viene da guardare le persone ai concerti con gli occhi di chi ha vent’anni ma poi ritorno subito sulla terra e realizzo che nemmeno io ho più capelli, ho rughe dove ci passano trattori e borse sotto agli occhi che ci si può fare la spesa.
Ho volutamente acquistato i biglietti nell’ultima fila della balconata superiore proprio per non avere nessuno dietro e poter fare foto in completa tranquillità. Come sempre ho il dubbio che mi controllino il borsello e mi impediscano di entrare con la mia reflex, ma ormai da tanti anni non lo fanno più ed entro tranquillamente.

Il teatro non è enorme e quindi si vede benissimo il palco. Teatro non grande ma tutti i 966 posti erano occupati.

Inizio puntualissimo alle 21:00:00 con Ace of Wands e la scaletta già anticipata nel pomeriggio da Athos procede via via precisa. Spectral mornings, Every day e Camino Royale trasportano il fantastico migliaio in un mondo di note perfette, con una precisione maniacale che stupisce. Ritengo che gli album solisti di Hackett siano ben lontani dalle armonie Genesiane e spesso ci trovo vere e proprie tracce di fusion, ma la perfezione delle esecuzioni mi fa superare anche la mia scarsa passione per quel filone. Ho visto di recente concerti di Dave Weckl/Mike Stern e della Steve Gadd Band dove la fusion la vendono a quintali, ma quando sento suonare strumenti a questi livelli passo sopra a tutto. Cinquant’anni fa facevo il cameriere in una sala di liscio dove passavano tutte le più grandi orchestre d’Italia e rimanevo incantato dalla bravura di clarinettisti, fisarmonicisti ecc… evidentemente il saper suonare bene uno strumento è sempre stato un obbiettivo da raggiungere ma che non ho mai raggiunto…

Torniamo “al Celebrazioni” dove la sezione Hackett Highlight si conclude con Shadow of the Hierophant, e mentre preparo il cellulare per registrare Watcher of the Sky, il buon vecchio Steve annuncia che ci sarà una pausa di circa venti minuti per poi ricominciare con l’esecuzione di Foxtrot. Si riaccendono le luci e vedo attorno a me visi un po’ spaesati, facce che non si aspettavano questo stop. Non me l’aspettavo nemmeno io, ci rimango male. Penso a come sarebbe stato se in Blade Runner, nel bel mezzo del discorso di Roy dove parla di Bastioni di Orione e di Porte di Tannhäuser ci fosse una bella interruzione dove si fa pubblicità ad un dentifricio od un assorbente. Pazienza, capisco che 71 anni sulla groppa sono tanti e che ci sia bisogno di una piccola ricarica prima del rush finale. Alcuni vicini di seduta ne approfittano per andare a fumare una sigaretta, altri per dare soddisfazione alla vescica. Del resto, anche James Taylor che vidi anni fa a Cattolica suonò trenta minuti, poi trenta minuti di pausa e altri trenta minuti di musica… non fu molto piacevole.
Venti minuti e le luci spengono, faretti bianchi iniziano a ruotare vorticosamente attorno a Roger King, le note gravi delle tastiere riempiono l’aria, Watcher of the Sky prende forma e Nad Sylvan inizia il racconto...

Inutile descrivere questo brano, è un pezzo di storia e chi è lì lo conosce come le sue tasche. Time Table e poi quelli che devono essere buttati fuori entro venerdì…
Can-utility and the Coastliners fa da preludio al quel capolavoro che è Horizons che Hackett esegue magistralmente con la sua chitarra acustica.
Adesso ci mettiamo comodi perché la “Cena è pronta” e per i prossimi 23 minuti non vogliamo essere disturbati. Non è un brano musicale ma un caleidoscopio di emozioni e vibrazioni dove dolcissime frasi musicali si alternano a ritmi ossessivi, dove non sembra esserci una via d’uscita e dove arriva sempre un flauto magico a rasserenare tutto. Raramente ho sentito suite così lunghe e così piacevoli.

Qualche minuto di pausa, il solito teatrino del “fuori,fuori” ed ecco che ritornano.

Firth of Fifth...

... un assolo di batteria da far tremare le vene ai polsi ed il gran finale con Los Endos, che sembra essere stato scritto apposta per chiudere i concerti.


Considerazioni finali:

Steve Hackett è impressionante nella sua perfezione. L’età si fa sentire anche se credo che nella sua carriera non abbia fatto più di venti metri sul palco. L’ho trovato leggermente più curvo sulla schiena, ma sicuramente è la Fernandes che pesa di più…

Roger King (che ieri ha compiuto gli anni ed è stato omaggiato sul palco con mini-torta e candeline) merita un monumento nel museo svizzero della precisione.
Nad Sylvan a volte leggermente sottotono, ma è una caratteristica che gli riconosco fin dalla prima volta che l’ho sentito live.
Rob Townsend istrionico pluristrumentista sempre puntuale.
Jonas Reingold un impressionante basso, di una potenza spaventosa. Spesso guardavo bene che non fossero in due a suonare perché mi sembrava impossibile che uno da solo potesse fare tutto quel lavoro. Titolo di merito il basso Rickenbacker che ho sempre adorato, con quel suo inconfondibile suono metallico.
Tengo per ultimo il mio strumento preferito, la batteria.
Ho sempre avuto un debole per Gary O’Toole ma si sa, i musicisti vanno, i musicisti vengono e Gary ha fatto scelte diverse. La volta scorsa Craig Blundell non mi aveva convinto anche a causa di un paio di evidenti cappelle che ho visto e sentito.

La performance di ieri sera mi ha fatto cambiare idea e mi è piaciuto molto.
Alla prossima.


REPORTAGE FOTOGRAFICO DI VALERIO...