Banco del Mutuo Soccorso al
Palabanco di Brescia 30 marzo 2017
di Daniele Raimondi
Alle
ore 21:50 si apre il palco e la mente corre: “Voglio solo dire una cosa, lo dico dopo 30 anni, senza nessuna
retorica, il Rock è pieno di Rockstar, ma di un solo Banco del Mutuo Soccorso”
(Francesco Di Giacomo).
Il
Banco, un suono organico che scorre su un piano
sonoro, una melodia che rischiara e rivela la superficie, complici di emozioni
e classici senza tempo, una geniale intuizione. Sul palco “con tutte le
tastiere del mondo” Vittorio Nocenzi,
lo accompagnano, Filippo Marcheggiani
(chitarra), Nicola Di Già
(chitarra), Marco Capozzi (basso), Augusto Zanonzini (batteria) e Tony D'Alessio (voce), guest Viola Nocenzi (cori). In scaletta,
brani che appartengono a quel genere musicale che sta a cuore ai fans,
raggiungono vette sublimi o ammalianti melodie, dove le tastiere, le vibranti
corde e una possente batteria, mantengono un rapporto strettissimo, per
eleganza stilistica e raffinatezza di tocco, di estrema vivacità e ricchezza
tematica, che si sviluppa in un’ampia effusione sonora. In apertura: "Metamorfosi" a seguire "Cento mani e cento occhi", "Il ragno", "La conquista della posizione eretta",
"Canto nomade per un prigioniero
politico", "Canto di
primavera", "Paolo Pà",
"Roma-Tokyo", "L'evoluzione", "R.I.P.", "Moby Dick" e chiusura con "Traccia 1". Con tutto il pubblico in piedi ad applaudire, la
Band, torna su palco ed ecco le prime note di "Non mi rompete" con l’auddience che l’accompagna. Un Vittorio
ispirato, che le intemperie del tempo non hanno frenato, a ruota libera,
racconta storie ed aneddoti e di come, un giorno, sono nate certe partiture.
Filippo, a tutto palco, sempre prezioso, un musicista da mettere in “banca”.
Nicola si inserisce puntuale e le corde le fa vibrare. Marco, schivo alle luci
della ribalta, un manico che impone il ritmo. Augusto si sente il martello
possente e con un assolo da lunghi applausi. Ora, mi sia permessa una nota
d’applauso a Tony D'Alessio (voce), non è cosa facile sostituire Francesco, ma
con una grande espressività, il senso melodico e l’estensione vocale, lo pone
al servizio della musica ricca di verve, ma anche di momenti riflessivi. Sul
palco, con autorevolezza e senza sbavature, una ricchezza di architetture
musicali, dense di straordinari passaggi, incastonati con il giusto rilievo, in
primo piano. Una fusione, dalle travolgenti, alle affascinanti e melodiche
partiture, con il Banco che si muove con disinvoltura tra suggestioni varie e
le influenze del rock progressivo, il live, si svolge nel perimetro di un
affresco storico musicale, ben conosciuto e definito. Gran successo e tutto il
numeroso pubblico in piedi ad attribuire un lungo applauso, un bagno di folla
con strette di mano, foto e autografi. Grazie Vittorio, per quello che hai
seminato e quello che seminerai ancora, un patrimonio da conservare, con una
Band che guarda al futuro, un motivo in più per festeggiare.
Un amore immenso per il cinema, una passione
sconfinata per la sperimentazione e la ricerca di nuovi linguaggi, una fede
profonda nei principi della filosofia degli opposti: queste le fondamenta su
cui poggia "See the Zen Key", il primo disco solista di Simone Sessa.
Otto tracce dedicate ad altrettanti registi che hanno segnato la formazione
artistica e culturale dell'autore, più un nono omaggio ad Orson Welles (nel
titolo dell'album).
Tutti i suoni che si possono ascoltare su
questo disco hanno una sola ed unica origine: una chitarra elettrica il cui
suono è stato in diversi casi processato tramite una serie di pedali analogici
e digitali. Non sono stati utilizzati altri strumenti, non ci sono basi
campionate, non ci sono sample di provenienza varia. Le composizioni si basano
su una serie di loop sovrapposti con ingressi differenziati e sono arrangiate
in maniera tale da essere eseguibili dal vivo in maniera fedele e con l'ausilio
di alcune loop station, senza la facile scorciatoia di sample o basi pre-registrate.
Negli spettacoli dal vivo l'autore si avvale della collaborazione di un
videomaker, creando un'interazione tra musica e immagini ispirata alla stessa
concezione del disco: per entrambi si alternano momenti composti e parti
improvvisate.
(Nu-jazz/Cinematic/Drone/Minimal/Experimental)
Simone Sessa
Chitarrista/compositore laureato in chitarra al Conservatorio di
Salerno ed attivo da diversi anni sia nell'ambito dell'attività live/studio
che in quello dell'insegnamento. Ha studiato chitarra moderna con Enzo Amazio
ed Umberto Fiorentino; chitarra classica con Giancarlo Sanduzzi e Sergio
Cantella; solfeggio, teoria musicale ed armonia con Claudio Borrelli.
Attualmente sta approfondendo il repertorio chitarristico (dalla musica
rinascimentale a quella contemporanea) sotto la guida del M°Dario Vannini, docente
di chitarra al Conservatorio di Lucca. Oltre alla fondamentale e decisiva
esperienza con il "Crossroads Improring" (collettivo di musicisti
napoletani dediti alla sperimentazione nell'ambito dell'improvvisazione
radicale), Simone Sessa ha collezionato esperienze nei più disparati ambiti
musicali, giungendo ad una sorta di sintesi e di superamento dei generi, ben
evidenti in questa sua opera prima.
All the tracks are composed and arranged by Simone Sessa, except “The Hater”
and “Escape from Michael Myers” composed by Simone Sessa and arranged by
Simone Sessa and Valerio Middione
Recording & Mixing: Valerio Middione @ KU Studio (Napoli)
Mastering: Antonio Ruggiero @ Absolute Mastering Studio (Napoli)
Karnataka + Il Rumore Bianco live al Club Il Giardino - Lugagnano
(VR)25/03/2017
di Marco Pessina
Reportage fotografico di Renzo De Grandi
Partita anche
quest'anno nel glorioso Club veronese la rassegna dedicata al rock progressivo,
che lo staff del locale mette in scena ormai da diversi anni, riscuotendo i
favori di un pubblico sempre più appassionato, che si riversa al Club da ogni
parte del nord Italia. Tale appuntamento annuale é da considerarsi unico nel
suo genere, almeno nel nostro paese. Per la partenza sono state scelte due band,
una d'oltremanica e una nostrana, quanto mai diverse tra di loro ma
estremamente interessanti. I britannici Karnataka, alfieri del neo prog di stampo
sinfonico e i veronesi Il Rumore Bianco, giovani virgulti che pescano
tratti musicali molto diversi nel loro insieme e quindi difficilmente
catalogabili. Tocca proprio a loro aprire la serata in un set dedicato al loro
primo album.
Dopo l'EP d'esordio MEDIOCRAZIA, recentemente é uscito ANTROPOCENE,
ed é su questo lavoro che la band ha impostato il proprio set d'apertura. Il
locale é pieno, ma per questo genere di show non é più una novità ormai. Bella
la prova del sestetto veronese che comprende: THOMAS PESSINA (tastiere), MICHELE
ZANOTTI (chitarra e sax), ALESSANDRO
DANZI (basso), fondatori della band e quindi membri di vecchia data.
Completano la line up: ALESSANDRO ZARA (voce), GIACOMO BANALI (chitarra) e PIETRO PIZZOLI (batteria). Nei 50
minuti a loro disposizione, i sei ragazzi veronesi hanno ben impressionato il
folto pubblico presente in sala e sono stati salutati da calorosi applausi.
Il tempo di
spostare gli strumenti e tocca agli headliner della serata e cioè i KARNATAKA,
nell'ambito del loro tour europeo "SECRETS OF ANGELS IS A TRIUMPHANT WORK".
La giunonica HAILEY GRIFFITHS con la
sua splendida voce e con il suo fisico prorompente fa la sua comparsa in scena
dopo un lungo brano strumentale, accompagnata da IAN JONES membro fondatore della band al basso. Completano la line
up JIMMY PALLAGROSI (batteria), il
chitarrista di chiare origini italiane ENRICO
PINNA e il tastierista CAGRI
TOZLUOGLU.
Forti della loro
ventennale esperienza ci presentano uno show che comprende l'esecuzione di due
album interi, tratti dalla loro mezza dozzina di pubblicazioni. THE GATHERING
LIGHT del 2001 nella prima parte, dove la band si scatena con un suono più hard
che sinfonico. La GRIFFITHS salterà in continuazione durante tutto il set,
dimostrando un grande controllo della voce che non avrà mai tentennamenti di sorta
durante tutto il concerto.
La parte del "leone" la fa PINNA con i
suoi prolungati assoli, assecondato da PALLAGROSI, un autentico martello, forse
anche troppo per qualche purista del genere. IONES e TOZLUOGLU fanno da
contorno, con quest'ultimo spesso sovrastato dai suoni lancinanti della
chitarra. Applausi convinti alla fine della prima parte. Un breve stop e si
riparte con quello che é il lavoro più recente del quintetto britannico e che
dà il nome al tour. Album datato 2015. Nella seconda parte ci sono momenti un
attimo più intimi, dove la GRIFFITHS dà un saggio delle sue doti vocali ben
assecondate da movenze sinuose, ora verso i compagni della band, ora verso il
pubblico. Il tempo passa veloce e subito dopo la mezzanotte, PINNA presenta
l'ultimo pezzo, ma ci tranquillizza dicendoci che dura venti minuti. Si tratta
della title track dell'album, che a nostro avviso é il brano migliore della
serata, con il suo inizio celtico ed il suo crescendo ricco di cambi di ritmo e
dove finalmente sentiamo la tastiera di TOZLUOGLU che si sbizzarrisce in
notevoli svisate ricche di tappeti di note tipici del progressive autentico.
Lunghi applausi finali da parte del folto pubblico ad accompagnare la band che
lascia il proscenio soddisfatta.
Una buona serata
di musica e, come si diceva una volta, buona la prima.
per chi
era presente fisicamente… e chi virtualmente, recensione concerto del Banco
del Mutuo Soccorso a Velletri
Buona
lettura.
E ora il
Banco del Mutuo Soccorso, arriva a Brescia… bello carico!
Giovedi 30 marzo - Palabanco
di Brescia
Avvisate
che il patrimonio musicale e culturale del Banco è ancora una meraviglia per occhi
ed orecchie...
Nessuna
giustificazione per gli assenti!
Wazza
Articolo
diRocco Della Corte
Tutto esaurito al Teatro Artemisio "Gian Maria
Volontè" per la data zero del Banco del Mutuo Soccorso
Grande
successo di pubblico per la data zero del Tour "45 anni liberi" del
Banco del Mutuo Soccorso al Teatro Artemisio "Gian Maria Volontè" di
Velletri.
VELLETRI
- Una serata di altissima qualità all'insegna della musica progressive rock con
la celebre band del Banco del Mutuo Soccorso, che ad oltre quaranta anni dalla
sua fondazione continua a riempire le piazze e i teatri strappando applausi con
le proprie esibizioni, strumentali e vocali, inimitabili.
L'esponente
storico Vittorio Nocenzi ha esordito ringraziando il pubblico di Velletri e
sottolineando il legame emotivo che lo lega alla città castellana: "Quando
abbiamo deciso di organizzare il tour avevamo bisogno di cominciarlo da un
luogo simbolico, e Velletri in tal senso è davvero una città speciale. Qui ho
frequentato le scuole, qui ho conosciuto mia moglie e sono nati i miei figli,
qui c'era un fermento culturale in quei magici anni Sessanta e Settanta che
nessun'altra città di provincia poteva vantare. Per questo ci tengo a
ringraziare il maestro Claudio Micheli per averci invitato a tenere qui il
primo concerto, non poteva esserci luogo migliore che questo storico
Teatro". Nocenzi ha ricordato il premio del Tarocco d'Oro che si svolgeva
tra gli istituti superiori veliterni proprio al Teatro Artemisio, la sua vita
da "pendolare" da Marino a Velletri, alcuni personaggi proverbiali,
il tutto nel suo consueto stile aneddotico e colloquiale.
Claudio Micheli e Vittorio Nocenzi
L'attuale
formazione del Banco, che comprende Tony D'Alessio (voce), Filippo Marcheggiani
(chitarra), Nicola Di Già (chitarra), Marco Capozzi (basso), Augusto Zanonzini
(batteria), oltre a Vittorio Nocenzi al piano e alle tastiere, ha incantato la
folta platea, che ha risposto con applausi calorosi ed incitamenti continui.
Tanta partecipazione per un tuffo nel passato, iniziato con
"Metamorfosi" e proseguito con "Cento mani e cento occhi",
"Il ragno", "La conquista della posizione eretta",
"Canto nomade per un prigioniero politico", "Canto di
primavera", "Paolo Pà", "Roma-Tokyo",
"L'evoluzione", "R.I.P.", "Moby Dick",
"Traccia", ultimo pezzo previsto in scaletta. Ma a grande richiesta,
dopo il saluto e il bagno di applausi, il gruppo è dovuto tornare in scena e ha
eseguito la celebre "Non mi rompete" culminata con unastanding ovationed un ideale abbraccio tra pubblico e
band, visti i tantissimi fans che hanno letteralmente preso d'assalto i
musicisti scesi dal palco per una foto ricordo, una stretta di mano o un
aneddoto.
Qualità
sempre garantita con il Banco del Mutuo Soccorso, che nonostante il
rinnovamento dei suoi componenti supera sempre l'esame di gradimento del
pubblico: da segnalare la grande personalità del cantante Tony D'Alessio, che
ha la non indifferente responsabilità di ricoprire il ruolo
dell'indimenticabile Francesco Di Giacomo, più volte ricordato da Vittorio
Nocenzi negli intermezzi parlati che hanno introdotto questa o quella canzone.
Un pezzo di storia della musica italiana quello che si è esibito a Velletri,
tanto da suscitare l'ironia dello stesso Vittorio che ha dichiarato di aver
"fatto sin troppi dischi" ma di voler comunque continuare a lavorare
per il suo "conto aperto con il Padre Eterno". Il prossimo lavoro che
uscirà tra qualche mese, infatti, sarà addirittura un triplo album di cui però
non sono state ancora svelate né le tematiche né i titoli. Prossima tappa del
tour a Brescia la prossima settimana, il 30 marzo alle ore 20,00. Al termine
dell'evento soddisfatto il Direttore Artistico del Teatro e della Fondazione
Arte & Cultura, Claudio Micheli, che ha riportato, orgoglioso, le proprie
emozioni al nostro Giornale: "Non poteva essere una serata più perfetta...
non immaginavo un successo così enorme di pubblico e di performance del Banco.
La gioia di avere avuto il debutto del tour della band nel nostro Teatro è
stata grandissima, mi sono commosso per le parole di Vittorio Nocenzi rivolte
al pubblico, alla città ed al sottoscritto... Il teatro completamente esaurito
ha fatto il resto: acustica perfetta, fonica di primo livello, serata
entusiasmante.
Ho
in mente - ha poi svelato Micheli - per il 21 ottobre una performance unica, e
cioè Vittorio e Gianni Nocenzi insieme all'Artemisio con due pianoforti a coda
che eseguiranno loro musiche e naturalmente arrangiamenti delle musiche del
Banco quale prima assoluta. Il nostro Teatro e i cultori della grande musica
meritano questi eventi... per me questo è fare Cultura e, quale direttore
artistico della Fondazione, lo farò sempre con entusiasmo e passione. Intanto
grazie a tutti gli intervenuti al concerto del Banco - ha concluso il direttore
- i quali, senza ombra di dubbio, dopo stasera potranno dire: 'io c'ero' ".
Ilsold outdel Teatro Artemisio Gian Maria
Volontè dimostra che gli eventi di qualità richiamano sempre pubblico, da
Velletri e non solo, e in questo caso ci sono state tante componenti emotive:
commozione, nostalgia ma anche e soprattutto tanta vitalità per una musica
davvero immortale.
“Intuitive Maps”,
mappe intuitive intese sia in senso geografico che musicale: questo nuovo cd
celebra una doppia ricorrenza: i10 annidel progettoUnfolk, ma anche i25 annidella labelM.P.
& Records. Registrato in parte a Leicester su invito dell’amico
Kevin Hewick, e in parte a Venezia rappresenta la logica evoluzione del suono
Unfolk inglobando influenze world music e jazz, passando attraverso la
psichedelia e l’elettronica. Alessandro Monti e' membro fondatore e
autorevole autore dell'influente gruppo di Prog Rock "QUANAH PARKER".
Le prime 500 copie del CD sono in tiratura limitata con
sovracoperta del libretto (di 16 pagine) in carta traslucida.
Il dettaglio dei brani:
1
- “ESP Sutra”:
i suoni acustici di voce e chitarra sono i punti di partenza di questa
introduzione creata da Camomatic (già collaboratore di Unfolk nell’omonimo
disco e in “Venetian Book Of The Dead”). La breve elaborazione elettronica
trasfigura una composizione ancora inedita “A musician’s guide to oblivion”
creando una porta verso una nuova dimensione.
2
- “The Seventh Orbit”: il primo di
una serie di brani registrati a Leicester: porta il titolo di “settima orbita”
con un riferimento spaziale nel titolo ma anche per la presenza costante del
n.7; infatti ci sono voluti 7 musicisti per interpretarlo, 7 tentativi per
approdare ad un mix definitivo e il tutto é stato completato il 7° giorno della
settimana! Grande contributo vocale di Elisabetta Montino che improvvisando
cita dei versi casuali da alcune poesie da lei scelte.
3
- “Mbuyu Na Mkonge parts 1-3”: In
swahili il titolo significa “baobab e agave”: descrive le immense distese di
alberi che scorrono viaggiando nel paesaggio africano. E’ un brano diviso in 3
parti che riapparirà in varie sezioni del cd e che é stato composto con l’amico
Alessandro Pizzin (Ruins, Hakkah, Wind Collectors, ecc.), con cui condivido
l’amore insospettabile per certe atmosfere ibride tra elettronica e afrobeat.
Questi pezzi sono stati una sorta di rivelazione anche per noi!
4
- “The Theatre Of Eternal Snows”:
Brano interamente improvvisato e registrato alla performance mensile
“Quadelectronic”, aperta a tutti i musicisti creativi che da anni si tiene ai
Quad studios di Leicester. Il titolo che ho personalmente scelto fa riferimento
al celebre gruppo degli anni ’60 di La Monte Young, padre del minimalismo
americano; con un gioco di parole ho voluto dedicarlo alle montagne
dell’Himalaya che compaiono nel retro di copertina.
5
- “Church Of Anthrax” :L’unica
“cover” mai registrata dal collettivo Unfolk: un omaggio a due musicisti fondamentali
della scena rock e colta, John Cale & Terry Riley; registrato dal vivo in
studio: il secondo e ultimo take é quello che si ascolta.
6
- “New Rhodes Tapestry”: Nato da un
pezzo apparso sulla pagina Soundcloud di Jim Tetlow e che é stato completamente
riarrangiato dal collettivo per l’occasione.
7
- “Pashupatinath Temple/Ruins Of Kathmandu”
: La prima sensazione ho provato arrivando a Kathmandu, é di essere giunto in
inferno: per le strade la gente camminava con mascherine per l’aria
irrespirabile causata da milioni di moto… terra e sabbia ovunque… mucche che
cercavano qualcosa nei rifiuti tra il caos del traffico… il fiume che
attraversava la città formato da escrementi e spazzatura putrida… falò
improvvisati per la strada dove si bruciava di tutto, anche materie tossiche,
come se il progresso imprevisto avesse trovato impreparata la popolazione; ma
volgendo lo sguardo più in là, si scorgeva l’imponente visione dell’Himalaya,
una contraddizione a cielo aperto, come se inferno e paradiso fossero poi la
stessa cosa e forse é proprio così. Ricordo però un luogo e un momento magico
che resteranno stampati nella mia memoria: Il Tempio di Pashupatinath, un luogo
sacro dove avvenivano le cremazioni dei morti. Dopo l’accoglienza di Hanuman (il
dio scimmia in persona) ho potuto assistere ad un rituale toccante che
accompagnava le cerimonie: un uomo leggeva le scritture suonando una
percussione ed un piccolo strumento a fiato dal suono celestiale (vedi immagine
nel booklet); una musica di una semplicità disarmante ma la cosa più vicina
alla spiritualità che io abbia mai conosciuto. Purtroppo dopo il terremoto che
ha distrutto gran parte di quei luoghi, le cremazioni sono avvenute un po’
ovunque tra le macerie di quelle piccole case e le immagini di quei posti
completamente distrutti mi hanno colpito al cuore. Questo lungo brano é il mio
umile modo per ricordare. La performance é basata su una parte iterativa di
arpa sintetizzata, con parti create al momento dai musicisti; poche
sovraincisioni sono bastate a completarne un’ipotetica struttura. Nel mixare il
lavoro con Bebo Baldan ho optato per un approccio creativo isolando le parti
migliori di 3 takes; l’arrangiamento finale é stato influenzato dall’approccio
etnico di Don Cherry e dalle idee visionarie del produttore Teo Macero (nei
dischi di Miles Davis dei primi anni ’70). Magnifico l’apporto degli amici di
Leicester: Jim Tetlow, Chris Conway & Kevin Hewick. Nota postuma: ho
iniziato a lavorare a questo brano molto prima del recente terremoto che ha
colpito il centro Italia. Con questo brano vorrei ricordare non solo le vittime
nepalesi, ma anche quelle del mio paese.
8
- “L’Ora Del Biscotto Metafisico” :
Un brano totalmente improvvisato che appare stranamente “composto”. Eseguito in
duo con Alessandro Pizzin dà un’idea reale delle mappe “intuitive” del titolo:
durante un momento di pausa abbiamo semplicemente acceso il registratore e
suonato… il pezzo é uscito da solo e gìà compiuto. Ho avuto la conferma che la
musica é pura spiritualità che sembra esistere prima e dopo la sua creazione,
trascendendo gli stessi esecutori che sono semplici “decoders”. A mio parere é
il miglior finale possibile per questo lavoro. Il curioso titolo é un
riferimento all’opera di Giorgio De Chirico, artista che ho personalmente
incontrato da bambino per le strade di Roma.
Il
cd del 10° Anniversario Unfolk “Intuitive Maps” viene pubblicato da M.P. &
Records (www.mprecords.it) e distribuito da G.T. Music (www.gtmusic.it)
(nonchè Burning Shed in UK); come comunicato dalla label la data di uscita e'
il 20 marzo, giorno dell’equinozio di primavera e di ultimo quarto di luna.
"
Non ti preoccupare, qui siamo tutti artisti. La differenza è
nella barba"
(Francesco
di Giacomo - ad una fan che gli chiedeva l'autografo...)
Ci
sarai sempre . Buon viaggio Capitano
Wazza
Ricordo
di Roberto Maccelli, amico e fotografo del Banco, da molti anni
Io
non ho grandi ricordi del Banco forse perché questa vecchia memoria
ha nascosto quei ricordi sotto cataste di giorni bui e lunghe guerre
ma so di certo una cosa. Loro sono stati il secondo concerto rock
live della mia vita, i primi furono gli EL&P al Flaminio nel 1973
se non erro, poi vennero loro a Roma pochi anni dopo. Come tanti in
quegli anni ognuno di noi aveva un complessino rock dove si
strimpellava per feste tra amici e a me toccava il ruolo di
chitarrista/cantante. Pantaloni bianchi attillatissimi a zampa
d'elefante, espadrillas nere, camicetta finto raso viola con chiusura
lampo anziché bottoni strettissima e capelli fini alle spalle.
Provasse mio figlio a uscire di casa oggi così lo prenderei a calci
fino a Timbuctu! E si cantava il Banco con "Non mi
rompete..." poi solo dischi loro e qualche canzone
registrata sui vecchi nastri. Passano gli anni e me li ritrovo una
sera per caso all'ippodromo delle Capannelle a Roma nel 2002 mi pare
e chiaramente m'imbuco. Da lì comincio a seguirli fotograficamente
appena posso e comincio a conoscerli più da vicino e mi accorgo che
malgrado il loro successo ogni volta che ci scambio due parole mi
sembra di stare a chiacchierare con gli amici d'infanzia dove puoi
dire anche un battuta cazzara che tutti ridono guardandoti con una
pena infinita. Poi arriva la lunga notte di Fabio Fazio e quella
laconica frase. Lì forse per la prima volta in vita mia ho capito
cos'è il dolore per un amico che se ne va, un dolore che non riesci
a spiegartelo. Cosa vuoi che sia... alla fine è morto un cantante
così come successo per altri e così come succederà in futuro!
No
mi spiace non è così, in quell'annuncio televisivo si è rotto
qualcosa di così personale, intimo, ancestrale, che non so spiegare
neanche quando mia moglie mi dice: "… ma questo non è
quel cantante... ma che fai piangi?".
Sì,
lo ammetto, piango, come piango adesso che sto scrivendo queste
poche righe da una hall di un albergo delle zone terremotate e
capisco che forse l'uomo Francesco è più forte di un 7mo grado
della Scala Richter. Da quel giorno nella mia agenda personale c'è
la foto che che ci siamo fatti insieme quella sera d'estate e mi
segue in ogni angolo d'Italia che giro per lavoro e ogni volta che
la guardo è una stretta al cuore.
Sarai
sempre in uno dei miei quattro angoli del cuore.
Toni aspri e decisi che si alternano a deliziosi
fraseggi caratterizzano quest’album de Glincolti (Roberts Colbertaldo, Andrea
Zardo, Alberto Piccolo, Alex Donanzan eAlessandro
Brunetta ), Ad occhi aperti, dove riff sostenuti e chitarre urlanti la fanno da padrone, ma
anche melodie armoniose che ottemperano ad una sonorità molto accattivante e di
piacevole ascolto. Accordi e svariate di alto livello e virtuosismo rendono
fluido il plot musicale, talvolta oscillante tra il jazz e il funky, talvolta
tra il Prog e il Rock in una felicissima amalgama di generi.
Alcuni brani richiamano le sonorità spagnoleggianti di
Paco de Lucia e Al di Meola, altre John
McLaughlin, altre addirittura Alan
Parson o Carlos Santana.
Lascio a voi il piacere di riscoprire le attinenze e
le sonorità comuni dei grandi gruppi che hanno nutrito musicalmente questo
validissimo gruppo!
Ma oltre alla bravura musicale c’è anche un corredo di
originalità e di estro assolutamente non comune nei gruppi che attingono ad
repertorio moderno o per certi versi sperimentale.
Repentini cambiamenti di atmosfere e rocamboleschi
controtempi ne fanno un album sui
generis, ossia assolutamente “ non
commerciale” come si diceva una volta, svincolato da ogni stereotipo
preconfezionato, obbediente soltanto al proprio gusto estetico e assolutamente
libero di esprimere la propria arte.
Insomma un album per palati (anzi timpani) fini, per
chi ha voglia di ascoltare una ventata di novità e di ottima musica.
Un po’ di storia…
Glincolti nascono da un garage come un germoglio
spunta da una crepa d'asfalto.
Coltivando fin da giovani la passione nel ascoltare, suonare e poi comporre,
pezzo dopo pezzo gli innamoratissimi Roberts Colbertaldo e Alessandro Tedesco
esplodono con l'arrivo del pirata della musica Andrea Zardo. Nascono Glincolti.
Era il lontano 2007. Dopo aver quasi completato il loro primo album, dalla
porta di quel piccolo garage entra il chitarrista Federico (Jek) Jacono. La band
si distingue fin da subito con spezzoni melodico strumentali, carichi di
espressività, in grado di sostituire brillantemente anche la voce.
Registrano il loro primo album tra la primavera e l'estate del 2009:
-"VISTI & IMPREVISTI" by Go Down Records, 30 Ott 2010 (Compact
Disc) GOD044
Personnel: Alessandro Tedesco (guitar), Federico "Jek" Iacono
(guitar), Andrea Zardo (bass), Roberts Colbertaldo (drums)
"Visti & Imprevisti"
… autoproduzione, con dei rimandi al progressive e al funk, caratterizzata da
chitarre taglienti e riff anni 70 arricchiti dalla potente, ma raffinata,
sezione ritmica.
2 anni di tour e stagioni concertistiche, alla fine del 2010 entra nel gruppo
un quinto elemento: Alessandro (Bruno) Brunetta, polistrumentista che si
destreggia tra sassofono, clarinetto, armonica e tastiere. Amante del rhythm
& blues e del funk rock, Bruno regala alla band un tocco decisamente più
caldo e armonico.
Il 2011 è segnato dall'abbandono al progetto di
Federico (Jek) Jacono, entra così a far parte dell'equipaggio il chitarrista
Alberto Piccolo. Musicista poliedrico dalle reminiscenze blues, con il suo
bottleneck sa conferire al sound di gruppo un colore ancora più melodico ed
autentico.
All'inizio del 2012 viene inciso negli studi Go Down Records a Savignano sul
Rubicone il loro secondo lavoro, omonimo:
-"GLINCOLTI" by Go Down Records, 8 Apr 2012
(Compact Disc, Vinile) GOD058
Personnel: Alessandro Tedesco (guitar), Alberto Piccolo (guitar), Alessandro
"Bruno" Brunetta (sax,keyboards,harmonica,clarinet), Andrea Zardo
(bass), Roberts Colbertaldo (Drums)
Questo è un album decisamente sofisticato e colorito che racchiude in sè molti
stili musicali, anche accavallati all'interno dello stesso pezzo, un disco
sostenuto da una sezione ritmica asciutta ed efficace, cavalcata da chitarre
imbizzarrite e da un sassofono assai articolato ed originale e che vede uno
special guest di tutto rispetto, Enrico Gabrielli (Calibro 35, Afterhours,
Mariposa) che generosamente regala le sue note e suggestioni al flauto
traverso, organo, clarinetto basso e percussioni.
Tra il 2013 e il 2014 lasciano il progetto Alessandro
Tedesco e Alessandro Brunetta per seguire direzioni diverse.
Carichi di nuova linfa e rinato feeling viscerale, le
incalzanti sezioni ritmiche di Roberts, i riff penetranti di Andrea e la
furiosa quanto ipnotica chitarra di Alberto, Glincolti danno vita a dicembre
2016 al loro terzo album : ad occhi aperti. Dopo le registrazioni il gruppo si
amplia con l'arrivo del chitarrista Alex Donanzan (Malus Antler) e del
polistrumentista Alessandro Brunetta (Calibro 35, Dente, Sig Solo)
per l'apertura della stagione concertistica.