ha
compiuto gli anni il 31 luglio Tiziano
Ricci,
bassista e violoncellista, dal 1988 al 2015 motore ritmico del Banco Del Mutuo Soccorso.
Diplomato al conservatorio di Perugia, inizia giovanissimo in vari
gruppi locali; nel 1977 con il suo gruppo, i "Bingo", apre il
concerto dei Gentle Giant all'Altro Mondo di Rimini.
Il "professore", oltre al Banco, ha collaborato anche con
Umberto Bindi, Ornella Vanoni e Fabio Concato.
Dall 1997 è violoncellista dell'orchestra sinfonica della Repubblica di
San Marino.
Ha
compiuto gli anni il 28 luglio Simon
Kirke,
batterista inglese, noto per aver fatto parte di due "storiche" band
di hard-rock-blues, i Free e i Bad Company.
Simon
inizia giovanissimo a suonare blues nei club londinesi; dopo
l'incontro con Paul Rodgers darà vita a Free, che hanno un grande successo: la
loro hit, "All right now",
è uno dei brani rock più popolari al mondo.
Dopo la
breve vita dei Free, nel 1974 forma una specie di "supergruppo", i
Bad Company, firmando un contratto con la casa discografica dei Led Zeppelin.
Dischi
d'oro, tour mondiali dollari a vagoni...
Ha
registrato tre album da solista… spesso suona con la band di Ringo Starr,
"All Stars Band", ed è impegnato nel recupero degli adolescenti dediti
all’uso delle droghe.
Matteo Dainese, in collaborazione con Tommaso Casasola e Cristiano Deison, ha ideato ARTURA,un
progetto basato su innovazione e tecnologia come DRONE,che
èanche
lo strumento di registrazione, e lo “Space Echo”, un effetto con cui sono stati
processati i vari brani, e l’utilizzo di drum machine, sintetizzatori vari crea
una atmosfera aerea, quasi un mondo virtuale visto dagli occhi di un drone
sorvolante l’umanità, con uno sguardo freddo e distaccato.
Deliziosamente disarmonico questo
lavoro è un caleidoscopio di sonorità echeggianti, riverberanti, con tempi
dilatati, perpetui, che creano una dimensione particolare, psichedelica, con la
contrapposizione di un “basso narrante”.
Atmosfere rarefatte - situazioni orientaleggianti,
futuribili, alla Blade Runner - sapientemente
dosate nei tempi e nei modi, percussioni arabeggianti, effetti elettronici
ancestrali coinvolgono l’ascoltatore come sirene ammaliatrici.
Eleganti boleri si fanno portatori
di maggior carica emotiva, il tutto condito da effetti sintetizzati, ma è il
tempo articolato nei vari brani la vera trovata di questo bel lavoro, studiato
ed elaborato, con i fiati a rafforzare l’impatto sonoro, una giostra
coinvolgente che affascina per la semplicità strumentale (i suoni della
batteria elettronica ad esempio sono molto lineari quasi elementari) anche se
molto elaborati.
Un videogioco sonoro che riesce a
costruire impalcature interessanti nelle quali inserire nuovi spunti e nuove
armonie.
Lineup:
Matteo Dainese aka il Cane: Drums, Drum Machine,
Percussion, Space Echo, Voice, Bass Guitar, Guitars,Piano
La Stella Rossa Del Kinotto -"La Stella Rossa Del Kinotto": anche
In Molise si fa Prog
Intervista radiofonica di Max Rock Polis
Ogni regione italiana non sfugge a
questa regola di tradizione, dovunque si vada si può sempre trovare qualcuno
che faccia musica Prog, con passione e bravura. Anche il piccolo Molise ha il
suo gruppo Prog composto da giovani artisti anche professionisti musicali, con
collaborazioni di rilievo. Ce ne parla il loro cantante Giuseppe.
Eccoci qua con Giuseppe Bianchi
cantante dei La Stella Rossa Del Kinotto. Siamo contenti che voi siate qui con
noi. Gruppo Prog del Molise, mi sa che non siete così tanti da quelle parti a
fare Prog.
“Ciao, grazie per averci ospitato. No
no, siamo in pochi, esistiamo, in barba a quello che si dice in giro [ride ndr].”
Il Prog è una nostra grande
tradizione. Partiamo con la domanda classica che incuriosisce: La Stella Rossa
Del Kinotto, con la kappa: com'è che vi chiamate proprio così?
“Guarda, la storia è un pò complicata.
All'inizio ci chiamavamo solo Stella Rossa, siamo nati il 10 maggio del
2006, allora andavamo al liceo tutti quanti, e partecipammo a un contest
che aveva per tema la prevenzione contro l'abuso delle bevande alcoliche tra i
giovani. In pratica eravamo un pò matti, poi ci siamo calmati, siamo saliti
tutti quanti ubriachi sul palco. Ci hanno squalificato, abbiamo fatto una bella
figuraccia [ride. ndr] e quindi dal concerto successivo abbiamo aggiunto del
kinotto, che è una bevanda analcolica, per dare un senso di sobrietà.
Questo è un fatto vero realmente accaduto, poi c'è un piccolo particolare: il
nome Stella Rossa Del Kinotto ce l'ha suggerito un barista di Campobasso
che aveva il locale di fronte alla sala prove dove siamo nati. “Come vi
chiamate?” “Stella Rossa”. “Ah, è più bello stella rossa del
kinotto”. Aggiudicato!”
Poi ci avete messo la kappa alla
Skiantos, perché fa veramente figo.
“[ride, ndt] Era l'epoca che
ascoltavamo “Ci piacciono le sbarbine”, “Italiano terrone che amo”,
queste cose qui.”
Andate a dare il like ai La
Stella Rossa Del Kinotto e a vedere il loro video. Avete fatto uscire un video
molto bello per “Requie(m)” con questa emme tra parentesi. Ce ne vuoi
parlare?
“Sì, “Requie(m)” è una storia
molto triste, è ambientata nella zona portuale di Londra negli anni '50, la
storia molto triste di una prostituta che muore di parto. Nel videoclip, con la
regia del nostro bassista Alessio Di Lallo, abbiamo cercato di
attualizzare questa storia parlando sempre degli ultimi, parlando quindi ad
esempio di quelli che soffrono di casi di malasanità, quelli che hanno l'ospedale
sempre troppo lontano, quelli che sono arrivati tardi e che quindi per questo
non ce l'hanno fatta. Solo che nel nostro video gli ultimi si organizzano e
mostrano una realtà più complessa di quello che sembrerebbe, ovvero un paese,
il nostro, in cui le risorse economiche vengono sottratte alla sanità pubblica
per ingrassare i profitti della sanità privata accreditata. È questo il tema
centrale del nostro videoclip, con cui abbiamo voluto dire e mandare il
messaggio che la sanità pubblica è garanzia per i diritti delle donne, i
diritti di tutti. Io ci ho messo dei mio soprattutto nel finale, una sorta di
momento lirico, di momento operistico che è la punta più alta della
progressione del pezzo. “
Stella Rossa fa intuire infatti
l'impegno sul sociale e sul politico, a parte l'ultima canzone che è un po' un divertissement.
“Ma sai, noi siamo nati nel 2006,
questo album “La Stella Rossa Del Kinotto”, di otto tracce, raccoglie
alcune delle canzoni che abbiamo scritto dal 2006 ad oggi, e abbiamo concluso con
una bonus track molto particolare, molto grottesca “Due di picche”.
Per il resto ci sono trattati dei temi molto importanti come il rifiuto della
guerra, questo del video di “Requie(m)”, la nostra interpretazione della
follia, cose un pò così.”
Il vostro stile è particolare, la tua
è una voce da Folk emiliano e la usi in modo peculiare. Anche la vostra prima
canzone è fatta in un modo particolare.
“L'album inizia con un'intuizione del
nostro organista, Giuseppe Reale, che è anche il fondatore della band e
il nostro compositore. Lui scrisse una ballata medievale parlando di un amore
interrotto da una guerra, e decise di iniziare questa ballata con una danza
estratta dal “Libro rosso di Montserrat”. Questo libro è un manoscritto
risalente al quindicesimo secolo nel quale sono contenuti danze, canti profani,
non sacri, che in quei tempi venivano utilizzate per intrattenere i pellegrini
che arrivavano nel monastero di Montserrat vicino Barcellona. Naturalmente non
è l'unica contaminazione che c'è nel nostro album, però l'album comincia con
questa particolare danza medievale, suonata dalla chitarra classica di Luca
De Cesare e dal violino di Alessandro Oliva.”
Fidatevi: un Progressive particolare,
con contaminazioni di una certa italianità, una certa regionalità. Andate su
Youtube a vedere “Requie(m)”. Ma per comprare questo album “La Stella
Rossa Del Kinotto”?
“Allora, sono due giorni che è uscito
il nostro videoclip su Youtube sul nostro canale “Tele Kinottorosso” e
potete ascoltarci lì intanto. Sì, è la nostra web tv dove abbiamo fatto anche
dei cortometraggi, programmi radiofonici, insomma dalla prossima settimana
saremo su tutti gli store digitali, si potrà acquistare online. Se
volete una copia fisica del CD del nostro album potete scriverci, contattarci
direttamente attraverso la pagina FACEBOOKe vi daremo indicazioni più dettagliate.”
So che siete molto prolifici, siete
usciti col primo album ma siete avanti col secondo. Nominiamo e salutiamo i
tuoi compagni di viaggio.
“Abbiamo iniziato a lavorare al
secondo album, sì. Abbiamo alla batteria Armin Siros, che è un
insegnante di batteria di origini iraniane, però campobassano e vive a Roma. Al
basso elettrico Alessio Di Lallo, che abbiamo detto è anche il regista
del videoclip di “Requie(m)” e il fondatore della band assieme a Giuseppe
Reale, che è il compositore di tutte queste melodie. Tra l'altro Alessio è
un architetto e Giuseppe un neurologo che vive e lavora a Roma, è una specie di
Enzo Jannacci: un medico musicista. Poi alla chitarra elettrica c'è Gianluca
Vergalito, che è un musicista professionista come il batterista, anche lui
di Campobasso e compositore dei nostro pezzi. Tra l'altro su Soundcloud trovate
un suo pezzo bellissimo, “Diario di un amore lontano”, che Guido
Marangoni di metal.it ha paragonato ai primi King Crimson. Poi alla chitarra
classica c'è un maestro di chitarrista che è Luca De Cesare e infine per
il disco siamo riusciti a collaborate con un fantastico violinista della
provincia di Campobasso, Alessandro Oliva, che è stato primo violinista
per l'orchestra sinfonica della Galizia in Spagna, l'orchestra sinfonica di
Mantova, l'orchestra de L'Aquila. È un professionista nel campo delta musica
classica con cui è stato un onore e un piacere collaborare. Il violino che
sentite in “Requie(m)” è il suo, per me personalmente è sognante.”
Nominiamo “Rovine” ma siamo ai
saluti finali. Grazie di aver partecipato Giuseppe, Stella rosa del kinotto.
“Allora io ti ringrazio a nome di
tutti di averci ospitato, “Rovine” è una canzone di nove minuti dove ci
sono gli assoli di Giuseppe, Gianluca e Armin, ci teniamo tanto, l'abbiamo
scritta nel 2008. Grazie mille, ciao.”
Compie gli anni oggi, 21
luglio,Cat Stevens, un altro musicista che ha fatto da colonna sonora alla mia vita!
Happy
Birthday…
Wazza
Nato da
padre greco cipriota e madre svedese il giovane Steven cresce influenzato dalla
musica popolaregreca che si suonava sopra il
ristorante del padre e dalla pittura appresa dallo zio quando, per
un breve periodo, si trasferì in Svezia con la madre.
Imbraccia
ben presto la chitarra e, verso la fine degli anni ’60, esordisce con gli albumMatthew and Son e New Masters.
Proprio in quel periodo adotta il nome d’arte Cat Stevens perché un’amica gli fece notare come i
suoi occhi ricordassero quelli di un gatto.
Poco dopo
si ammala di tubercolosi e trascorre un lungo periodo in
ospedale, dove decide di lasciarsi crescere barba e capelli per poi ritornare,
nel 1970, con due fantastici album quali Mona Bone Jakon e Tea
for theTillerman, a
cui segue Teaser
and the Firecat, del 1971.
Alcune
delle canzoni contenute in questi dischi vengono usate per il film Harold e Maude.
Tra i musicisti che hanno partecipato alle sue
canzoni non vanno dimenticati Peter Gabriel al flauto (Genesis)
e Rick Wakeman al pianoforte (Yes).
Nel 1977rischia
di annegare e si salva quasi per miracolo. Dopo questo episodio Cat
Stevens si converte totalmente all’islamismo tanto
da mutare il suo nome d’arte, e
di conseguenza la sua successiva discografia, in Yusuf Islam.
"Ho notato che anche le persone che affermano
che tutto è già scritto e che non possiamo far nulla per cambiare il destino,
si guardano intorno prima di attraversare la strada."
(Stephen Hawking)
Ci sarai
sempre… Buon viaggio Capitano
Wazza
«In quegli anni tutti erano
convinti di cambiare il mondo e non sapevamo che il mondo avrebbe cambiato noi,
come spesso accade. Di fondo però c'era una grande forza-spinta utopistica,
volevamo far capire che la musica fa capire, risolve, non è solo estetica.
Purtroppo però dal prog, spesso, è uscita fuori non solo una maniera di
esprimersi ma anche un modo. Quando il modo diventa moda, è la fine. Quando c'è
solo la forma, il contenuto è finito e anche quel desiderio di travalicare gli
stili del blues e del rock, perché questo è il prog, andare sempre oltre e non
fermarsi a certi schemi».
Arturo Stalteri, “Low and Loud”. Piano e forte al pianoforte
Trascrizione
dell’intervista radio realizzata da Max Rock Polis
Ci sono artisti venuti dagli anni d'oro del progressive italiano,
non hanno mai smesso di suonare e, anzi, hanno trovato la loro strada
differente e di successo in un genere affascinante come il “crossover”, che
conta pochi esponenti all'attivo. Sarà perché bisogna essere davvero molto
bravi e ispirati? Cerchiamo di capirlo con l'amico Arturo
Stalteri, uno di loro, dalla straordinaria cultura musicale.
C'è qui con me Arturo Stalteri. Un grande album questo “Low and
Loud”, convincente, presentato nelle varie Feltrinelli in Italia.
“Buonasera a tutti, ben ritrovati. Sì il lavoro è uscito il 19
gennaio, freschissimo di stampa. Dopo Roma andrò a Milano, Torino, Brindisi,
Genova. La presentazione è abbastanza pressante e impegnativa, come è giusto
che sia.”
Andare a dare il like alle sue due pagine Facebook: la
personale e quella del suo fan club, dove potrete vedere tutte le volte che il maestro
sarà a giro. Tu sei un grande professionista della musica da circa 40 anni. Se
avete in mente la canzone di Rino Gaetano “Ma il cielo è sempre più blu”,
Arturo è quello che lì suona il pianoforte. Hai fatto veramente grandi
collaborazioni, anche con Battiato.
“E lì già era il '76, quindi questo fa capire quanti anni siano
passati, ero adolescente.”
Ma il nostro scopo adesso è presentare il tuo “Low and loud”,
album che può avere diverse traduzioni.
“Sì, è vero, io volevo chiamarlo piano forte perché è un
omaggio al pianoforte, però in italiano non mi entusiasmava, ed esiste anche un
disco di Suzanne Ciani che si chiama così. Mi sono detto “come sarebbe in
inglese? Sarebbe soft and loud,” ma non mi suonava bene, invece “Low and
loud” mi suona meglio. Low è più il termine basso come suono, come
frequenza, ma è più bello e mi fa pensare a un disco di David Bowie degli anni
'70 che io adoro che si chiama appunto “Low”. Quindi mi sono preso
questa licenza poetica, anche perché il disco sfrutta un pò queste frequenze
sommerse che abbiamo trattato, che abbiamo tirato fuori in post produzione. È
un gioco di parole, una firma di libertà, non la traduzione letterale.”
Parliamo di “Tristes vagues”.
“Sì “Tristes vagues” è un pezzo che amo tantissimo. L'ho
chiamato così in francese, volevo chiamarlo onde malinconiche, però in
francese non mi suonava bene, allora ho detto “Tristes vagues”, anche se
non penso che le onde siano tristi. Però il mare per me è triste d'estate,
quando è invaso da una selva di bagnanti insopportabili, ma l'inverno diventa
più bello, quindi è più pensato per un mare invernale.”
Abbiamo detto che sono dodici canzoni: otto tue e quattro cover.
“Quattro, ma in effetti una è più una rivisitazione molto mia di
un pezzo di Bach, le altre sono delle cover, dei pezzi che ho rispettato,
almeno nell'incedere melodico, ma poi li ho fatti un pò miei. Parlo dei Rolling
Stones, di Rino Gaetano, di Pachelbel che è stato un grande artista della fine
del seicento. Non Bach, ovviamente, che è stato il più grande di tutti e lo è
tuttora, secondo me.”
Hai anche rifatto “Lady Jane”, appunto degli Stones.
“Sì, e pensa che quel pezzo è del '66, ha 51 anni ed era un brano
un pò inusuale per loro, perché era un pezzo che ha respirato la musica inglese
del '600: c'è il clavicembalo, il dulcimer, la chitarra acustica e la celesta,
quindi proprio formazione anti Rock per eccellenza. Dimostra quanto gli Stones
potessero fare altro oltre appunto al Rock, che sanno fare meravigliosamente.”
Questo ovviamente è solo l'ultimo tuo di una lunga serie di lavori
solisti al pianoforte che tu hai fatto. Volendo dare una definizione per far
capire, diamogli “crossover”, ma senza rinchiuderlo lì perché è qualcosa di
diverso.
“Però in effetti io mi muovo come altri personaggi di oggi, che
sono tutti amici, da Allevi a Einaudi a Cacciapaglia, in questo ambito di
artisti che vengono dalla musica classica, che non hanno seguito le tendenze
più estreme della musica contemporanea e sono rimasti melodici. Forse sono
anche dei post romantici, che vengono dal minimalismo che ci ha stregato un pò
tutti.”
Poi c'è un'altra cover di Rino Gaetano, che gli appassionati
conoscono bene:“Agapito Malteni il ferroviere”.
“Viene dal primo disco di Rino. Io ancora non lo conoscevo a quei
tempi, però era un pezzo che spesso dal vivo suonavamo. Facemmo pochi concerti
insieme, però era uno dei nostri cavalli di battaglia.”
Lo diciamo: un certo Vincenzo che tutti conoscono affidò i Pierrot
Lunaire a Rino. Disse loro “mettetevi accanto a questo ragazzo,
arrangiategli un po' di pezzi.”.
“Sì infatti, Vincenzo Micocci era quello della It, il produttore
che lanciò Venditti, De Gregori, tantissimi personaggi e noi come Pierrot Lunaire
eravamo un po' come una sorta di gruppo esterno. Incidemmo per lui ma non
eravamo nella sua linea, fu un caso che si interessò alla nostra musica. Quando
Rino incise il primo disco Micocci ascoltò questo nuovo pezzo che era “Il
cielo è sempre più blu” e ci chiese di dargli una mano per arrangiarlo. In
realtà poi Rino non aveva alcun bisogno di noi, perché aveva le idee
chiarissime: in studio inventò tutto lui. Io feci solo questo riff iniziale che
comunque volle lui, quindi voglio dire quanto Rino fosse brano non solo come
autore di musica e di testi, ma anche nel vestire le proprie canzoni.”
Con te non è possibile non fare questi tuffi nel passato. Ma se ti
si chiedessero quali siano le differenze compositiva tra questo disco e quello
precedente, “Préludes”?
“Poche. Ci sono differenze tra questi due dischi e i miei
precedenti, nel senso che nei precedenti io elaboravo moltissimo i temi,
tendevo a sviluppare. Questo è un retaggio che ho dalla musica classica, li
rendevo non dico più macchinosi ma più complessi. Negli ultimi anni, forse
conquista della maturità, ho imparato invece a lasciare i temi un pò più
liberi, un pò più semplici nel lasciare che le idee rimangano quelle che sono e
senza volerle per forza infarcire di troppe modulazioni. La differenza con i
preludi è che i preludi sono ventidue, quindi son tutti pezzi molto brevi, qui
sono solamente dodici, quindi sono pezzi più lunghi per cui mi sono lasciato
anche più andare nel ripetere alcune melodie e sono tornato a un certo
minimalismo, in certi momenti.”
Ricordiamo, se qualcuno volesse i tuoi CD, non solo l'ultimo “Low
and loud” ma anche i tuoi precedenti come potrebbe fare, dove li potrebbe
trovare?
“Nelle Feltrinelli ora sono distribuiti molto bene, anche
quest'ultimo lo sto vendendo moltissimo anche tra le novità esposte e mi fa
piacere. Però ovviamente tutti i vari siti da Amazon a Ibs a Mondadori, ai siti
stranieri:insomma sono facilmente reperibile. Una cosa che mi fa piacere è
anche che i dischi incisi più di 20 anni fa continuano a essere ristampati e
questo insomma dimostra che c'è ancora un interesse a compare musica anche del
passato.”
Addirittura hanno ristampato in vinile il tuo primo, l'omonimo del
Pierrot Lunaire.
“Esatto, il primo, e hanno ristampato anche il mio secondo disco
come solista, “E il pavone parlò alla Luna” che si trovava solo in
versione molto limitata. Ultimamente lo ha fatto la Cinedelic in una confezione
scintillante, e anche molto cara devo dire: 25 Euro. Però è vinile pesante, è
abbastanza bello anche dal punto di vista estetico.”
Quando c'è qualità, storia, energia non starei tanto a guardare in
faccia ai 15 o 25 Euro. Questa musica non stanca mai, per quanto sia “solo”
piano: è emozionante, più la ascolti e più la scopri.
“Questo mi fa piacere, io cerco semplicemente di essere onesto,
sincero. Compongo e scrivo quello che mi viene da suonare senza cercare di
pensare a un riscontro, poi se raggiunge qualcuno mi fa piacere. Mi diceva
Giovanni Allevi, che io stimo, è un amico, anche se sembra quasi diventato
sport nazionale parlarne male, che lui ha comunque una grande fortuna. Lui
scrive delle cose e per qualche motivo arrivano alla gente. Questo è vero, da
una parte è un pregio perché gli permette di essere molto popolare e da
un'altra gli attira anche le ire dei più, diciamo, rigorosi. Tutto sommato alla
fine qualsiasi cosa farai Ci sarà sempre qualcuno che verrà a parlare male di
te. Però l'importante, lo ripeto, è essere sinceri: se sbagli almeno lo fai con
le tue reali possibilità e non cercando di fare un'operazione commerciale.”
Chiaramente non esiste l'autore universale, osannato da tutti…
“Certamente, pensa che alcune sinfonie di Beethoven vennero
considerate, ai tempi, della musica solamente per fare baccano. “Beethoven è
pronto per il manicomio” scrivevano alcuni giornali, e adesso è considerato
un classico per eccellenza. O Stravinskij, Debussy: è lo stesso. Senza volersi
paragonare ovviamente a questi meravigliosi artisti del passato a cui io non
posso assolutamente avvicinarmi neanche lontanamente.”
Diciamo però che tu e gli altri del crossover state portando
avanti una certa evoluzione. È una classica da anni 2000, proiettata verso il
futuro.
“Sì credo di sì, nel nostro piccolo cerchiamo di dare il nostro
contributo. Certo è fatta da artisti che hanno ascoltato la musica degli ultimi
40 anni quindi ovviamente che hanno sentito da Michael Jackson a Phlilip Glass
a Charrino quindi indubbiamente c'è una scuola dietro che credo poi, spero
almeno, emerga all'interno delle nostre composizioni.”
Parliamo de “La vertigine del tempo”.
“Eh, grande cruccio: il tempo che scorre. Il pezzo più lungo del
disco, il tempo che mi angoscia perché è una sorta di predatore che ci aspetta
al varco e che ci porterà verso questo buco nero dal quale non so se emergeremo
mai. Sono un pò nichilista in questo senso [ride, ndr].”
Non è l'unico pezzo ispirato a tuoi pensieri, a tue letture. Ad
esempio ce n'è uno ispirato a Tolkien.
“Sì, quello che abbiamo ascoltato in apertura, “Un viaggio
inaspettato”. Tolkien è un mio grande amore da quando ero veramente
adolescente: quando lessi “Il signore degli anelli” per la prima volta
avevo 16 anni, poi l'ho letto altre tre, quattro volte. Mi piace pensare a quell'atmosfera,
a quei personaggi, a quel che diciamo e anche a qualche pensiero abbastanza
triste, perché quello è un libro molto nero, molto scuro, in cui in realtà il
male vince sul bene, anche se per qualche motivo sembra che il bene abbia
vinto, ma non è così. Mi ha sempre accompagnato nella mia vita e non è un caso
che sia un artista che credo abbia influenzato il maggior numero di dischi, di
musica non solo Rock, mai pubblicati pensando a un libro. Quindi senza dubbio è
molto evocativo.”
Anche nel tuo precedente CD c'è “Eowyn”.
“Sì, c'è un mio disco intero dedicato a lui: si chiama “Rings”.
Poi un altro degli anni '70 “Early rings”, e ci sarà forse un brano
anche nel prossimo [ride, ndr].”
Hai scritto pure “Gli artigli di Cat Woman”, un altro
richiamo letterario.
“Ah, amo Cat Woman: è un personaggio meraviglioso, che metà è bene
e metà è male come dice Batman “io e te siamo uguali per questo”.”
Ma esiste un processo compositivo su cui tu ti basi per fare i
dischi o è più un “stamani mi sono svegliato con un motivetto in testa e ho
provato a metterlo in note”?
“Guarda, questa seconda cosa che hai detto è accaduta pochissime
volte: per un notturno, per un pezzo che stava su “Syriarise”, un vecchio
disco [suo album del 1992, ndr]. La maggior parte delle volte non è così, o
almeno non è così per me, nel senso che di solito i pezzi nascono sulla
tastiera. Io studio chiaramente ogni giorno perché la tecnica va affinata, mi
piace riprendere alcuni pezzi anche classici e spesso mi lascio anche andare,
cioè improvviso e registro quel che suono. Quando poi vado a riascoltare, trovo
spesso qualche cellula tematica che mi sembra bella, che vale la pena di
sviluppare, e da lì poi nascono i pezzi. Quindi l'idea dell'ispirazione
improvvisa che ti prende e corri al pianoforte non mi appartiene, però
sicuramente ad altri sì.”
Per fare questi pezzi al pianoforte ci vuole sicuramente
esercizio.
“Secondo me un'altra cosa importante è ascoltare tanta musica,
cosa che io faccio, perché comunque è un nutrimento. Anche se tu fai la tua
musica è importante quello che tu hai ascoltato, cioè Beethoven senza Bach non
sarebbe mai esistito. È la stessa cosa per noi, cioè la musica che abbiamo
ascoltato in qualche modo rientra in quello che poi proponiamo, ovviamente
filtrata attraverso una personalità che debba dare anche un'impronta più unica,
più originale.”
La tua “Mon jardin” è una poesia in musica, che ti culla.
“È quello che volevo. Mi fa pensare a una persona che ogni mattina
esce da casa, va nel suo giardino e si perde, coltiva le rose. Io odio i
giardini, nel senso che avevo dei fiori a casa e sono morti tutti [ride, ndr],
però mi piace l'idea di dimenticare un pò il tempo, gli anni, ed essere perduti
in questo orto, in questo giardino. La musica è una sorta di mio giardino
privato, questo mio “Jardin clos” come direbbe Wim Mertens che ha inciso
un disco molto bello, per me di grande ispirazione, almeno fino a qualche tempo
fa molto presente.”
In questo e in altri CD si può
ritrovare tanta ispirazione e ti lascia qualcosa dentro: è ciò che riesce a
fare un uomo col suo pianoforte. L'ultima canzone che sentiremo è “Dionisio
si diverte”, un pezzo allegro, rapido.
“Hai ragione, “Dionisio si diverte” è nato per caso, su commissione
in realtà perché qualche anno fa ho suonato per una rassegna dedicata proprio a
questo dio dell'ebbrezza, della natura, che rappresenta un po' anche gli
istinti naturali dell'uomo, che molto spesso noi frustriamo e cerchiamo di
imbrigliare, quindi poi si scatenano in maniera molto più pericolosa. L'ho
voluto mettere in questo disco.”
Ultima domanda. Visto che Arturo ha fondato insieme a Chiocchio
nei primi anni '70 un gruppo Prog, i Pierrot Lunaire, ti viene voglia di
tornare a certe sonorità in questi anni '10 che c'è un revival?
“Fino ad adesso non è successo, nel senso che per me appartiene a
un passato che non rinnego, che mi ha dato molto ma che non mi appartiene più.
Però nel prossimo disco, perché io purtroppo ho questo dramma che appena finisco
un disco mi viene già in mente quello che farò dopo [ride, ndr], al 90 per
cento ci sarà un omaggio a un grandissimo del Progressive che studiavo: Keith
Emerson, che per me è stato un genio del pianoforte e non solo. Riletto nel mio
stile ma col dovuto rispetto nei confronti di un artista che al pianoforte era
straordinario, lo posso dire. Forse pochi si rendono conto di quanto fosse
bravo, considerando che non aveva fatto mai il conservatorio, cioè ha studiato
privatamente e suonava Prokofiev e Bartok come pochi.”
Arturo non ci darà tempi dispari ma i suoi sono grandi CD. Andate
sul suo profilo e sulla fan page a prendervi “Low and loud”. Un
grosso ringraziamento per esser venuto qui e break a leg per il futuro.
“E io ti rispondo con viva il lupo all'italiana [ride,
ndr]. Un saluto a tutti!.”
Era
l'estate del 1971 quando l'ormai ex
Beatles sente il bisogno di riformare una band. Raduna nel suo eremo in Scozia Denny
Seiwell (già batterista nel suo album solista Ram), l'ex chitarrista dei Moody
Blues Denny Lane, ed insieme alla moglie Linda, dà vita ai Wings.
Il primo
album, "Wild Life", fu bocciato
dalla critica, ma due anni dopo, nel 1973, la band fece il "botto"
con “Band on the Run”, che rimase in
classifica per ben due anni!
Dopo la
morte di Lennon (per paura che potesse succedere anche a lui…) Paul
McCartneydecise di non tenere più
concerti dal vivo; la cosa fece arrabbiare Danny Lane, e nel 1981 il gruppo si
sciolse...
Spesso ci si riempie la bocca con nomi altisonati di
batteristi, soprattutto anglo/americani, solisti o appartenenti a gruppi
famosi.
Ma esistono quei drummers che stanno nell'ombra, detti
"session man", che la gente non conosce, ma che sono dei veri e
propri talenti.
Uno su tutti Ellade Bandini, maestro di batteria e percussioni,
professionista a 17 anni, ha praticamente suonato con tutti!
Compie gli anni oggi, 17 luglio…
Buon Compleanno Maestro!
Wazza
Bandini, nella sua lunga carriera, ha collaborato anche con
moltissimi altri musicisti e artisti italiani:Francesco Guccini, Claudio Lolli(nell'albumNove pezzi facili ), Roberto
Vecchioni, Paolo Conte, Fabio Concato,Vinicio Capossela,Fabrizio De
André ,Angelo Branduardi,Mina (il debutto avvenne conL'importante
è finire ), Pino Presti, Victor Bach, Adriano Celentano,Bruno Lauzi,Dik Dik,Equipe 84 ,Nomadi(nell'albumMa noi no ),
Antonello Venditti,Ron, Biagio Antonacci,
Ornella Vanoni, Claudio Villa, Mario Del Monaco,Edoardo Bennato,Renato Rascel,Luigi Proietti,Little Tony, Bobby Solo, Fiordaliso, Betty
Curtis,Ricky Gianco, Gian Pieretti, Milva,
Zucchero, Maurizio Geri, Loredana Bertè,Renato Zero,Fiorella Mannoia, Eros
Ramazzotti, I Giganti, Luigi Maieron, Teresa De Sio, Enzo Jannacci,Umberto Bindi,Cristiano De Andrè,Fred Bongusto, Raffaella Carrà, Massimo
Ranieri,Gino Paoli, Alessandro Ducoli, Adriano
Pappalardo, Sergio Endrigo,Mal, Michele
Maisano,Michele Pecora, Nino D'Angelo, Franck
Pourcel, Wallace Collection, The Renegades,Antonella Serà, Franco Simone, Peppino Gagliardi, Nicola Di Bari,
Decibel, Enrico Ruggeri, Musicanova, Milly Carlucci, Pino Donaggio, Pino Calvi,
Fausto Papetti, Dori Ghezzi, I Leoni,Circus 2000, I Bruzi, Anonima sound, Gigliola Cinquetti, Sandro Giacobbe,
Alunni del sole,Gino Paoli, Enrico
Ruggeri, I Decibel,Ivano Fossati, Santa
Esmeralda, Alan Sorrenti, Marco Ferradini .