Compie gli anni oggi, 27
giugno, Ettore Vigo, tastierista, compositore,
fondatore dei Delirium (a seguire una bella intevista per conoscerlo meglio...)
Happy Birthday Ettore!
Wazza
Intervista
a Ettore Vigo
Di Claudio
Calzoni
Oggi entriamo nella
storia di una delle eccellenze italiane, la Musica.
Incontro il Maestro
Ettore Vigo a Torino, in via Bertola, davanti al numero 34, sede ormai
abbandonata della famosa casa discografica Fonit Cetra, una delle più grandi
italiane, nata nel 1957 dalla fusione della Cetra, di proprietà della Rai e attiva
sin dagli anni Trenta e la Fon.It. milanese, nata nel 1911. La Fonit Cetra è
stata chiusa nel 1998 assorbita dalla Dischi Ricordi. Il Maestro,
riconoscibilissimo, è un vero signore della musica, oltre ad essere un
simpaticissimo amico. Quest’uomo è uno dei fondatori dei Delirium - uno dei più
importanti gruppi musicali della scena del “pop” italiana - che qui, proprio
qui, venivano ad incidere i loro dischi. La sede della Casa Discografica era in
uno stabile dallo stile moderno, vicino al Palazzo della Luce, già conosciuto
dai nostri lettori. Ora, uno dei luoghi in cui si è scritta, suonata e
registrata moltissima musica italiana è occupato anche da alcuni uffici della
Regione Piemonte. Il pensiero che all’inizio degli anni Settanta molti tra i
più importanti e celebrati gruppi rock e pop frequentassero questi luoghi mi
emoziona a dovere. Ammetto di non essere imparziale, ma la musica di quegli
anni era per me, ragazzo, una vera fonte di crescita culturale. Del resto,
molti dei brani pensati dai musicisti eccentrici, cappelloni e ribelli di
allora venivano qui arrangiati da musicisti classici di chiara fama e
registrati con la grande orchestra della casa discografica. Incontrare il
Maestro, per me, è come incontrare un pezzo di Storia.
1973:
i Delirium al Bar Atù
dietro
al banco Renzo Naso, che ha gentilmente concesso la foto
Conosciamoci meglio
chi è il maestro Ettore Vigo? Ci racconti un po’ della sua storia.
Sono nato nel 1942
a Genova. Mia mamma era casalinga, mio papà ferroviere. Mi sono avvicinato
presto alla musica, studiando il pianoforte. Poi la passione per il Jazz ha
preso il sopravvento. Ho suonato in tutto il mondo, fondato il gruppo dei
Delirium e frequentando la scena pop italiana sino ad oggi. Ora vivo in
collina, ad Arquata Scrivia, nella pace della campagna. Compongo musiche,
studio sempre e mi diverto con la mia splendida famiglia.
Ci racconta un po' di
storia dei Delirium, il gruppo che lei ha fondato negli anni Sessanta e che è
ancora in attività?
Ho iniziato a
suonare per locali da solo, un repertorio di classici americani. Ma Genova è
città di mare e nei locali arrivava forte il vento della musica brasiliana.
Decisi di formare un trio, piano, contrabbasso e batteria, per poter suonare e
comporre anche un po’ di samba e bossanova. La Genova musicale allora era una
fucina di artisti, si viveva, si parlava e si faceva musica tutti assieme, per
cui formare gruppi era all’ordine del giorno e gli impresari dei locali
sapevano come farci impegnare al massimo. Nel lontano 1966 entrai a fare parte
di un gruppo che dal 1962 si esibiva nelle balere e nei night della città: I
Sagittari. Scoperti da Gian Piero Reverberi dopo qualche incisione con l’etichetta
del mitico Natalino Otto, e l’ingresso del giovane Ivano Fossati, il gruppo
cambiò il nome in Delirium. Arrivammo al successo con i dischi “Canto di
Osanna”, “Jesahel”, “Haum” e l’album “Dolce Acqua”. Successo vero,
interplanetario. Partito militare, Ivano decise di continuare la sua attività
musicale come cantautore. Arrivato dall’Inghilterra nei Delirium cominciò a
suonare il flauto ed il sax “il folletto” Martin Frederick Grice, e la nostra
musica divenne “prog” a tutti gli effetti. Registrammo ancora due dischi, “Lo
scemo e il villaggio” e “Viaggio negli arcipelaghi del Tempo”, che sono rimasti
nella storia del “progressive” italiano.
Ora il gruppo si è
riformato con la presenza di giovani e bravissimi musicisti, prendendo il nome
di Delirium IPG (Italian Progressive Group). Nonostante l’età abbiamo ancora
molte cose da dire musicalmente e il contatto con il pubblico è sempre
piacevole.
Che cosa era la musica
“prog”? Spesso si parla di eccellenze italiane nel mondo, quanto importante è
ancora il “progressive” italiano nel mondo?
La denominazione
Prog è nata nei paesi anglosassoni alla fine degli anni Sessanta, per definire
un nuovo modo di fare musica, combinando vari generi come, pop, pop jazz, rock
e anche classica e popolare, spesso utilizzando tempi ritmici dispari per
«impreziosire» le armonie e le performance soliste. Spaziare fra i vari generi
è ed è stato molto stimolante. Guardando la reazione del pubblico dei nostri
concerti in Francia, Germania e Ucraina vi posso assicurare che il pop italiano
è ancora seguitissimo in tutta Europa. Non per nulla i dischi originali dei
gruppi italiani dei primi anni Settanta sono tra i più richiesti al mondo. La
vera sorpresa però è stato il successo della nostra tournée in Giappone di due
anni fa. Indubbiamente siamo stati trattati come delle star internazionali.
Nello specifico i
Delirium hanno avuto successo e popolarità universale, ci può raccontare le
sensazioni di quegli anni?
A ripensare adesso
a quei tempi mi accorgo di come fosse normale vivere tra la realtà ed il sogno.
Ci si muoveva tra uomini che sono poi diventati veri miti della musica
italiana, si suonava e cantava con persone che nel tempo avrebbero raggiunto il
successo. Nei Sagittari e nei Delirium oltre a me, suonava e cantava Ivano Fossati
che poi ha avuto una splendida carriera di cantautore. Il batterista Peppino di
Santo e il bassista Marcello Reale arrivavano dal gruppo di Nico Di Palo, che
avrebbe poi suonato nei New Trolls. I Sagittari erano prodotti da Gian Piero
Reverberi e Dino Cabano, il bassista, tentò la strada del cantante solista
insieme a Lucio Dalla cantando “Il Cielo” al Festival delle Rose nel 1967. Sul
palco di Sanremo, insieme a noi cinque e tra le donzelle del coro si vedono
Oscar Prudente, autore della musica di “Jesahel” e Mario Lavezzi, che ci farà
poi incidere una sua canzone, “È l’ora”, con testo di Mogol. Oltre alla musica
la popolarità ci aveva portato perfino a fare le comparse in un film di Franco
Franchi e Ciccio Ingrassia. Ancora oggi incontro persone che mi raccontano di
come le serate Sanremesi del 1972 abbiano stravolto il loro rapporto con la
musica, spesso con la poesia, con la cultura. Noi ci ispiravamo agli hippie, al
movimento nuovo, pacifico e rivoluzionario che il vento del ‘68 aveva portato
in Europa, intanto studiavamo musica, tempi ritmici diversi, strumenti sempre
più complessi ed elettronici.
Torino fa parte dei
suoi ricordi?
A Torino venivamo
spesso a suonare come Sagittari nei locali alla moda, come il Fortino e il Le
Roy. In città, in via Bertola, aveva sede la nostra casa discografica.
La realizzazione
del nostro primo album, Dolce Acqua, risale alla fine del 1971. La Cetra
(allora non era ancora Fonit) era fornita di una sala di registrazione enorme,
contenente due pianoforti a coda, un organo hammond B3, un organo a canne e
altri mille strumenti. Si registrava però con un magnetofono da un pollice,
cioè 8 tracce: base ritmica e piano, poi premixaggio e aggiunta di chitarre,
premix e aggiunta di cori, premix e aggiunta di voci. Insomma, un gran lavoro
manuale che ora viene fatto in digitale al computer e allora costava ore di
lavoro certosino. Qualche brano
strumentale, come To Satcmo Bird and other friends (dolore), e Movimento I
(egoismo), lo abbiamo registrato in diretta senza sovraincisioni, così come
alcuni brani degli album successivi: troppo bello! Ricordo le manovre del
fonico Danilo, quando doveva tagliare la coda o qualche rumore iniziale nei
brani, faceva girare a mano il nastro e tagliava nel punto esatto, eliminava il
difetto, poi incollava i due lembi del nastro con uno speciale adesivo (anche
ora si fa copia e incolla, ma è molto più facile!) Insomma, Torino per me
rimane una città in cui ho lavorato e vissuto molto e da cui, forse, non ho
ricevuto abbastanza.
E Genova?
Genova è stata ed è
ancora una fucina di talenti, in particolare, nel mondo cantautoriale e nel
mondo pop e prog… citerei ad esempio New Trolls, Nuova Idea, Mattia Bazar,
Museo Rosenbach, cantautori come Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco, Umberto Bindi,
Gino Paoli e Bruno Lauzi. Specialmente tra le band, in quegli anni d’oro, c’è
stata molta collaborazione, si suonava e si ascoltavano i nuovi talenti, le
nuove tendenze della musica insieme, in particolar modo quella dei gruppi
stranieri che inevitabilmente ci appassionava ed influenzava.
Nota dolente, il
rapporto con Ivano Fossati.
Ivano era il
flautista ingaggiato dai Delirium (allora ancora Sagittari) in un locale a
Genova, il Crystie, locale frequentato da tutti gli orchestrali dei complessi
cittadini, e quindi sede continua di jam session e scambi musicali. Suonava la
chitarra, ma con il flauto riusciva a incantare il pubblico, ispirandosi
chiaramente a Ian Anderson dei Jethro Tull. Aveva quel vocione da basso e quel
fisico possente, e subito la sua immagine ieratica da trascinatore venne fuori,
aiutata per altro da canzoni come Canto di Osanna e Jesahel, che lo vedevano
protagonista assoluto. Era un ragazzo introverso ma pieno di talento e di
voglia di scrivere e imparare. Aveva scritto buona parte dei testi dell’album
Dolce Acqua, e la musica e le parole di Canto di Osanna e Jesahel, con l’amico
Oscar Prudente. Musicalmente andavamo d’accordo e anche caratterialmente c’era
una buona intesa. Dopo le notti di San Remo qualche cosa cambiò, un po’ di sua
iniziativa, un po’ per “merito” della Fonit che, pensando di prendere due
piccioni con una fava, cercò di convincerlo a tentare la carta del cantautore
solista. Quando poi partì per il militare la collaborazione finì, i Delirium
erano ormai famosi e dovettero continuare a suonare in giro per l’Italia
assoldando un nuovo flautista. I nostri contatti sono ora molto sporadici.
Una curiosità, come è nato il nome “Delirium”
Come detto sopra,
l’idea l’ha avuta il bassista, Marcello Reale, studente in medicina: il gruppo
stava vivendo un periodo di euforica frenesia, così pensando al delirium tremens,
scherzosamente, si decise di eliminare il «tremens».
La passione per la
vita del musicista non è ancora passata?
Speriamo di fare
più concerti possibile! Per noi Delirium il live è prioritario, specialmente in
paesi esteri come Messico, Canada, Giappone. Nel frattempo, stiamo già pensando
ad un prossimo album discografico, il materiale fortunatamente non manca e
nemmeno l’entusiasmo. La passione, certo, non passerà mai!
Delirium
ultima formazione
Bevuto il caffè nel
bar di fronte, ascoltato il racconto di più di cinquanta anni di carriera
musicale del Maestro, rimango incantato. Resta, quel palazzo, ormai svuotato di
suoni, di armonie, di ritmi. Quanto è cambiata la musica in questi anni, quanto
siamo cambiati noi e sono cambiati i gusti dei nostri figli? Allora, nei primi
anni Settanta, comprare un disco nuovo era un rito magico, religioso. Si
ascoltavano i lunghi brani poetici ed incalzanti, evocativi o provocatori e si
analizzavano con gli amici, cercando inutilmente di farli capire alle ragazze.
Bach, il Jazz, il Rock e la poesia si intrecciavano con i vestiti eccentrici, i
capelli lunghi, le chitarre, il moog, il mellotron. Una generazione di
musicisti ed ascoltatori che è durata per pochi anni. Restano il mito e quelle
note, che negli anni sono diventate leggenda.
Ho salutato da poco il
Maestro e non l’ho ringraziato abbastanza. Se ogni tanto sogno, certo, è merito
di quella musica che mi è rimasta nel cuore.