considerata una delle canzoni "on the road" per
eccellenza, usciva il 28 luglio 1974
"Sweet Home Alabama", dei Lynyrd Skynyrd.
Il gruppo esponente del "southern rock", capitanato
da Ronnie Van Zant, scrisse questa canzone come risposta a "Alabama" e "Southern Man", di Neil Young, che
criticava il razzismo degli stati del sud.
Questo attacco non provocò reazioni negative in Neil Young
che al contrario dichiarò di ammirare "Sweet
Home Alabama" e di essere un fan di Van Zant.
Il brano divenne il cavallo di battaglia del gruppo,
facendolo conoscere anche fuori dagli USA.
Ma la sfortuna si accanisce su di loro: nell'ottobre del 1977
un volo charter, che stava portando la band in Luisiana per una data del tour, si
schiantò in una palude nel Mississippi. Ronnie Van Zant e Steve Gaines morirono
nell'incidente (insieme ai piloti e ad altri dell'entourage). Il chitarrista
Allen Collins si ruppe la colonna vetrebrale... gli altri, malconci, si salvarono!
Tutto questo decretò la fine e la leggenda dei Lynyrd Skynyrd.
Nel 1987 si riformarono e sono ancora in attività... a
cantare Sweet Home Alabama!
di tutto un Pop
Wazza
Sweet Home Alabama si può sentire all'interno di numerose
produzioni cinematografiche e televisive, tra cui si citano:
-Nel film del 2004, La ragazza della porta accanto, Kelly,
il produttore della protagonista, ascolta la canzone in una macchina cabrio
ridendo per aver appena fregato il protagonista.
-È stata la colonna sonora dell'edizione del 2000 di WWE
Armageddon.
-All'inizio del remake cult e horror per eccellenza Non aprite quella porta, diretto da
Marcus Nispel, dove cinque ragazzi a bordo di un furgone si dirigono al
concerto degli stessi Lynyrd Skynyrd andando incontro ad un massacro.
-Nel film di Curtis Hanson 8 Mile, sulla base della quale Eminem e Mekhi Phifer improvvisano
un freestyle.
-Nella colonna sonora del film di Luciano Ligabue, Radiofreccia.
-Nel film Sweet Home
Alabama del 2002 (in Italia Tutta
colpa dell'amore), con Reese Witherspoon e Patrick Dempsey;
-È cantata a squarciagola anche dai detenuti in fuga
sull'aereo di Con Air (1997) (Steve
Buscemi ricorda che i cantanti morirono in un incidente aereo), di Simon West
con Nicolas Cage ed usata, nello stesso film, come canzone conclusiva.
-È cantata da Homer e Marge nella puntata "Marge e l'intossicazione da figlio"
della serie animata I Simpson
(episodio GABF20).
-Compare nel film Sahara,
del 2005, con Matthew McConaughey e Penélope Cruz.
-All'interno del film Forrest
Gump, sottofondo del ballo fra Jenny e Forrest, presente insieme alla
canzone Free Bird.
-Alla fine della puntata n. 5 della terza stagione di Malcolm, intitolata Un'offerta per la chiesa.
-Nel film Allarme rosso,
in sottofondo, mentre Denzel Washington stira le camicie e parla con Viggo
Mortensen (il nome del sottomarino è, appunto, U.S.S. Alabama).
-Nel film del 1995 Da
morire, Nicole Kidman balla davanti a Joaquin Phoenix sulle note di Sweet Home Alabama.
-Alla fine del video iniziale del videogioco TOCA Race Driver prodotto da
Codemasters.
-All'inizio del film d'animazione Cattivissimo me (2010).
-Nel videogioco della Blizzard Entertainment intitolato Starcraft 2, all'interno del bar c'è un
juke box e tra le canzoni ivi contenute è presente Sweet Home Alabama.
-Sweet Home Alabama viene citata nella canzone di Max
Pezzali Fiesta Bab, dall'album Terraferma, del 2011.
-Nel ritornello del singolo di Kid Rock del 2008 All Summer Long.
Nelle foto appaiono: Gianni Leone, Jolanda Dolce, Fiorella
Mina, Nico Di Già, Riccardo Spilli, Tuula Toivanen e Kartsy Hatakka del gruppo
Death Metal finlandese Waltari.
ha compiuto
gli anni il 23 luglio Edoardo Bennato, cantautore,
armonicista, chitarrista, forse l'unico cantautore rock in Italia.
Ha saputo
fondere l'ironia con il testo impegnato, prendendo spunto da alcune favoleriproposte
come metafora di vita, e ne ha fatte album di successo
Ricordiamo Burattino senza fili (Pinocchio) - Sono solo canzonette (Peter Pan), senza
dimenticare il suo inizio di one-band-man, quando si esibiva da solo con
chitarra, armonica, kazoo e tamburello.
Non sto
ad elencare le sue canzoni più note (molte entrate nel lessico quotidiano)... posso
solo affermare che luglio potrebbe essere il suo mese fortunato.
Il 19
luglio 1980 fu il primo musicista italiano a riempire lo stadio San Siro di
Milano, (anche se nel 1978 aveva già riempito il San Paolo di Napoli).
4 luglio
1982… "Ciao 2001" gli dedica la copertina.
Nel
luglio del 1990 era primo in classifica con il brano "Un'estate italiana", conosciuto come "Notti magiche", brano scritto da
Giorgio Moroder, con testo di Bennato e Gianna Nannini, utilizzato come sigla
dei mondiali di calcio "Italia '90".
Ha inciso
quasi trenta album tra studio e live… continua a macinare rock-blues nei suoi
concerti.
compie
gli anni oggi 21 luglio... Steve Georgiou, Yusuf Islam. Per noi
era, è, e sempre sarà Cat Stevens.
Cantautore
inglese, figlio di un greco-cipriota e madre svedese, ebbe il suo primo
successo nel 1967 in piena era "beat", con il brano "Matthew and son", e "Here comes my baby", che noi poveri
"burini" non sapevamo che era la versione originale di "Eccola di nuovo" dei Rokes!
Negli
anni '70 cambia stile, con brani più corali e testi "impegnati".
L'album "Mona Bone Jackson"
conteneva un'altra hit, "Lady
d'Arbanville", dove il flauto era suonato da uno
"sconosciuto" Peter Gabriel.
Poi una serie di album favolosi: "Tea for the Tillerman", "Teaser and Firecat", "Catch bull at four"... brani
entrati nella storia come "Wild
World", "Father and son","Morning has broken", "Peace Train", "Moonshadow", "Sitting"… potrei continuare
all'infinito.
Nel 1977,
mentre rischiava di morire affogato, fece un "voto" in caso di
salvezza, quello di dedicarsi all'insegnamento del corano ai bambini mussulmani
in Inghilterra. Cambiò nome, vendette tutto il suo equipaggio da musicista,
sparì dalle scene fino al 2006...
Ha fondato
associazioni benefiche per assistere vittime di carestia in Africa.
Nel 2001
ha donato parte delle royalties del "Box set" al fondo "vittime attentati dell'11 settembre 2001".
Fortunatamente
è tornato ad esibirsi in pubblico e ad incidere nuove canzoni.
Sempre
molto amato dal pubblico italiano, nel 2014 partecipò come ospite al Festival
di Sanremo, facendo commuovere la platea ed il pubblico a casa eseguendo "Father and Son"...
“I miei fiori preferiti sono i fiori
selvatici, spontanei, liberi, indomabili.
Quelli che fioriscono senza essere annaffiati,
quelli che profumano di rivoluzione,
quelli che donano a se stessi il diritto a crescere in tutti i luoghi dove la
gente pensa che non avrebbero mai potuto farlo."
(Hermana Águila)
Ci sarai
sempre. Buon viaggio capitano!
Wazza
Testo inedito di
Francesco di Giacomo, letto a Stradarolo da Franz di Cioccio, accompagnato da
Gianni Nocenzi al piano e Alessandro Papotto al clarinetto
Io
sono Emullà, scimmia capobranco, un primate
Che
vuol dire che c’ero
prima di te e di tutti gli altri uomini.
Ho avuto anche io la possibilità di diventare uomo ma ho deciso, con gli altri
del mio branco, di rimanere scimmia. Di essere scimmia.
Io
sono Emullà questo so e questo ti tramando.
Prima
di te, si prima di te, ho scoperto il fuoco, le maree, la fisica quantistica e
la fionda.
La relatività e l’istinto,
che tu chiamerai anima.
La meraviglia che tu chiamerai
amore.
L’odore del sesso, che tu non
chiamerai perché ti confonde.
Ma
soprattutto, prima di te, ho scoperto il sogno, quella gioia dolente che non ha
rumore ma ti pervade, ti fa motore, spinta propellente che si fa futuro.
Ecco,
io, Emullà questo so e questo ti tramando.
Al
contrario di voi, noi scimmie sogniamo meno di giorno, perché la luce del sole
non inganna e il progetto del sogno ci è più chiaro.
E allora, ci mettiamo in fila
sullo stesso ramo per avere unidea
di partenza uguale o sulla cima del Monte Torco, che così, ancora, non si
chiama. E da qui guardiamo la grande distesa d’acqua da cui veniamo tutti e il
moto delle onde che lubrifica la nostra genialità.
Noi
abbiamo trovato, una notte, seguendo l’odore della pancia di questa terra, una cosa che abbiamo chiamato la strada delle stelle. Si, perché
é qui che vengono a nascondersi le stelle, spaventate dalla vastità del cielo.
E allora noi le riprendiamo, pezzo per pezzo, e le riconsegniamo
Ecco
che cos’è
quello che voi chiamate allume.
al
cielo con la nostra fionda. Voi prenderete con grande fatica ma userete fino a
un certo punto e tutto al più per colorare i vostri vestiti o per fermare un po di sangue quando vi sbarbate.
Noi
siamo senza bestie piene di peli, ma abbiamo la genialità dei desideri. Per
questo noi restituiamo al cielo le stelle, anche se non tutte ritrovano il loro
posto, anzi, talvolta capita che qualcuno si scontri con un’altra con una velocità suprema.
Tutte
cambiano di posto, ma voi non ve ne accorgete.
Io,
Emullà, scimmia capobranco questo so e questo vi tramando.
Ed
è così che qualche notte in estate, ma anche in inverno, vedi pezzi di stelle,
o stelle intere, che scappano dal cielo per andare a nascondersi sotto queste
montagne e diventare rocce bianche, iridescenti, la strada delle stelle.
Io,
Emullà, scimmia primate questo so e questo ti tramando.
Non ti assicuro però, che quest’ultima parte che ti dico sia
desiderio o bugia damore.
Saprai a suo tempo che ogni cosa a suo tempo ha un suo dritto e un suo
contrario come il mio nome.
quando si
parla di "flautisti rock", oltre all'inventore e innovatore di questo
modo di suonare il flauto traverso, Mr.
Ian “Jethro-Tull” Anderson, si citano i "soliti" Thijs Van Leer (Focus), Chris Wood (Traffic), Mel Collins (King Crimson… e oltre), Ray Thomas (Moody Blues), David Jackson (VDGG), i
"nostri" Vittorio De Scalzi
(New Trolls), Ivano Fossati (Delirium),
Mauro Pagani (PFM), Elio D'Anna (Osanna) Alessandro Papotto (Periferia/Banco), Martin Grice (Delirium), molti dei
quali polistrumentisti, o prevalentemente sassofonisti.
Oggi vi
voglio segnalare un altro grande flautista, tastierista, compositore che non
viene mai nominato o riportato in questi elenchi: Jim
Lockhart,
componente degli irlandesi Horslips
- gruppo che passa dal folk tradizionale al rock duro -, spesso paragonati ai
più famosi Jethro Tull… Bono degli U2 era un loro fan!!!
Jim in
alcuni pezzi ricorda molto Anderson prima maniera, specialmente nei brani
dove ne fa largo uso ("Second Avenue",
"The man who built America",
"Sure the boys wa green"),
ma anche molto bravo a ricamare con le tastiere.
Insomma
se vi piacciono i Jethro Tull e il folk-rock duro e puro, non potete non ascoltare
Jim Lockhart e gli Horslips.
Vi
consiglio "The Tain", un album
concept ispirato alla mitologia irlandese del ‘500 Avanti Cristo, un
"capolavoro" nel suo genere!
In Principioè un lavoro di fusione di prog
rock e metal che ha il pregio di essere cantato in italiano, con testi
raffinati e incastonati come pietre preziose nel plot musicale aggiungendone valore
e risalto. Loro sono i MonnaLisa.
Specchio, con alle tastiere Giovanni Olivieri (anche cantante), inizia
il percorso rockeggiante, dialogando con la chitarra di Filippo Romeo e la sezione ritmica di Manuele ed Edoardo Pavoni
(rispettivamente basso e batteria), sostenuto da un coro sintetico di sicuro
effetto.
Il segreto dell’Alchimista richiamaalla
memoria celebri sonorità del passato, spinto su tempi e controtempi fuori dal
comune che approdano al Rock/Prog di Catene
invisibili e Infinite Possibilità, brani esaltanti, per poi alzare il ritmo e l’intensità musicale
con la raffinata suite di Oltre.
Viaggio di un Sognatore è un vero e proprio brano prog,
crescente e intrigante come un una overture di
noti gruppi italiani del passato, ridisegnata con modernità e originalità, che sorprende per esecuzione e scelte tecniche,
brano che non mancherà di esaltare i più intransigenti amanti del genere.
Ricordi chiude il lavoro con una melodia più metal,
ma che è un omaggio a tutto ciò che ha contribuito a rendere questo
straordinario gruppo ciò che è adesso, e cioè una splendida realtà italiana,
attingendo dal passato come da una fonte e producendo frutti meravigliosi nel
presente.
“Ora che la nebbia si è dissolta già… Infinite possibilità…”
Tracklist:
1) Specchio
2) Il segreto dell’Alchimista
3) Catene invisibili
4) Infinite possibilità
5) Oltre
6) Viaggio di un Sognatore
7) Ricordi
La Spagna da sempre sforna realtà
culturali grandiose. Per esempio ci si rivolga al loro cinema, capace di dar
vita a film profondi e “diversi” oltre ogni ambito (purtroppo e criminalmente
molti di essi non vengono doppiati in italiano); si guardi ai pittori che nel
tempo ha partorito, facendoci gioire per secoli di sublimi capolavori; si
arrivi quindi alla musica, dove meravigliosamente si può venire a contatto con
straordinari artisti, i quali hanno via via dato alle stampe dischi (nel nostro
ambito) che hanno saputo mixare la scuola Prog inglese con le loro sonorità
latine e mediterranee. E’ il caso che analizzeremo stavolta, prendendo in esame
la band ON THE
RAW, in particolare il loro nuovo lavoro intitolato “Big city awakes”.
La band è composta da musicisti
che hanno fatto parte di ottime band: Jordi
Amela, tastiere, Jordi Prats,
chitarre, entrambi degli Harvest, nonché dei Dracma negli anni ’90; Alex Ojea, batteria, già negli Harvest;
Pep Espasa, sax e flauto, membro di
band quali Apple Smell Colour, Utròpic e Otxque!; per finire con Toni Sanchèz, basso, de La Band Puig.
Musicalmente i nostri offrono un
ventaglio sonoro che va dal Prog al Jazz, dalla musica elettronica al Rock,
dalla Fusion al Groove, rendendo omaggio, fra le note prodotte, a maestri quali
Pink Floyd, Supertramp, Spyro Gyra, Snarky Puppy, ecc., ma producendo comunque
un loro personale linguaggio sonoro che ne delinea un’identità netta e parecchio
creativa. Il tempo dirà se questo sarà un side project, oppure una nuova strada
che intenderanno nuovamente percorrere.
Il disco, davvero ottimamente
suonato, arrangiato e prodotto, inizia con “Big
city awakes”, una canzone che fin dalle prime note ci fa capire che
l’ascolto di questo lavoro necessita di una nostra pausa, che va premiato
sedendoci per gustarlo appieno (non è certo un CD da ascoltare in macchina…).
Un sospiro di tastiere e flauto apre la strada ad un percorso in cui tutti gli
strumenti pian piano vanno ad amalgamarsi, fino a produrre una soave refrain
guidato con maestria dai nostri. Quel che colpisce maggiormente è la difficoltà
che si ha nel collocarlo temporalmente: sembra uscito tanto dagli anni ’70, che
dagli ’80 (elettronica), che dai giorni nostri. Il che ci permette di
straniarci, per partire, grazie a loro, verso un mondo parallelo fatto, anche,
di benessere. Mai sopra le righe, fa dell’equilibrio uno dei suoi punti di
forza. Mai, e dico mai, una nota al di fuori del giusto, che non vuol dire
prevedibile, anzi tutt’altro (detto per inciso). L’intreccio fra flauto,
chitarra e tastiere è qui da manuale.
“Roller coaster” inizia in maniera soft, jazzata, direi anche cool, per
sfociare in un ritmo incessante, guidato da un basso (quasi) indemoniato, che
traccia il cammino agli altri strumenti. L’alto livello del sax permette una
lettura del brano che può e deve considerarsi attenta e dinamica. Spesso il
tempo cambia, (dis)orientandoci, per riportarci comunque alla prima nota
emessa, rendendo appieno il concetto del titolo.
“Day 49” inizia con un tempo da marcia, pochi secondi
comunque, per sfociare in un grande spettro sonoro che i nostri dominano con
professionalità. Un tappeto sonoro fatto da un continuo tema martellante che
improvvisamente lascia spazio ad un momento intimo che sembra sospeso nel
vuoto, ancora tastiere e flauto a braccetto ci guidano in un luogo fatto di
nebbie, paesaggi crepuscolari, luce fioca. D’un tratto la reprise che fa
ripartire la corsa, un brano fatto di tre brani, una mini suite che lascia
stupefatti.
“On the raw” è ovviamente il brano trainante dell’album, titolo del
pezzo, nome della band. Quindi dichiarazione d’intenti dai contenuti
importanti. Qui il concetto iniziale di equilibrio si fa magia: nessun
strumento prevarica l’altro, ognuno è protagonista; pur mantenendo il proprio
ruolo, si arriva ad un dialogo a cinque, le cui voci risultano baciate dalla
Dea della bellezza: non si può restare impassibili davanti a un lavoro di
ricerca sonora simile, in cui questa band si produce con impegno e passione. Un
vortice che ti prende non per scaraventarti chissà dove, ma per offrirti la
possibilità di osservare con l’udito quante più policromie sonore un brano possa
contenere, senza mai risultare stucchevole. “Caravan” ha un tempo accessibile a tutti, una canzone d’atmosfera
dai tratti classici messa a stemperare lo straripante discorso della
precedente. Quasi un riposo ad effetto, comunque ben congegnato per rilassare
le fauci della nostra mente, guidato da un sax veramente ispirato.
Con “Dreams in a box” si torna all’impegno, tempi e controtempi a scaldarci
ancora una volta. Ma come i nostri ci hanno ormai abituati, si lascia spazio
successivamente ad un momento di lirismo evocativo, che fa da contraltare al
brano precedente. Nulla di sinistro, comunque. E si torna ad un ritmo incessante
ma lieve (a dispetto delle apparenze), dove chitarra e sax duellano d’immenso.
“Everything will come”: torna il flauto a tratteggiare particolari
di luce che servono a ricalibrare le nostre sensazioni. Le tastiere continuano
il discorso, tante e diverse tastiere, sonorizzate come fossero un’orchestra,
con una chitarra che taglia in mezzo la strada per inserirsi con stupenda
scelta di tempo, per tornare a parlare proprio con le tastiere stesse. Da
rendere merito al grandioso lavoro di batteria, non semplice, efficace e
fantasioso. Riassumendo: Fusion (e tanto altro) d’autore.
“Two steps from glory” parte in maniera onirica, quasi accomodante,
ma un doppio sax ci rende noto che nulla è come sembra e la chitarra ce lo
sottolinea, pur restando nell’ambito di un non-tempo in un non-luogo che di
riferimenti ne ha pochissimi. Il più consigliato è lasciarsi andare, fidandoci
degli On The Raw a farci da guida in questo labirinto sonoro che non produce
panico, ma stupore e meraviglia, sia per scelte stilistiche, che per percorsi intrapresi.
E’ una sorta di un appassionato bacio musicale.
“Looking for mr. Hyde”, ultimo brano del disco, fa dell’elettronica
un mezzo per risaltare il percorso del panorama di tutto questo lavoro; quasi
dieci minuti di grandiosità, dove compare anche qualche voce a suggellare il
tutto. Questo poi sfocia davanti a un panorama che sembra la fotografia della
fatica (tutta) che i nostri hanno prodotto: un viaggio conclusivo che, si
spera, possa porre le basi per un lavoro successivo, che per qualità e varietà
vorremmo equivalente a questo “Big city
awakes”.
Un disco, questo, che vale la pena
di avere, perché cresce ascolto dopo ascolto, rivelando mille sfaccettature,
accrescendo il concetto stesso di musica pensata, creata, sudata, ottenuta,
grazie alla forza delle proprie idee. Un disco fuori dal tempo, ma che lo
abbraccia tutto.
Victoria & Albert Museum di Londra, la prima grande
retrospettiva dedicata ai Pink Floyd: ‘Their Mortal Remains‘. Un percorso multisensoriale
che trasporta lo spettatore all’interno di una serie di sale allestite con
cimeli, progetti, scenografie e musiche di un dei gruppi più importanti e influenti
del mondo.
Dilvo Vannoni, a Londra a fine giugno, racconta le sue sensazioni legate
alla visita al Museo
La visita
si svolge lungo un percorso al buio, illuminato con luce psichedelica (la
psichedelia è il leit motivi e lo si nota nettamente nella parte grafica,
esempio i manifesti).
Ovviamente
è interattiva: ad ogni sala l'audio nelle cuffie parte con il brano sviluppato
in quella stessa sala (tre per tutti: The
Wall, One Of These Days e Money).
Si inizia
con un furgone Bedford per poi passare in una lunga sala al fondo della
quale uno schermo riproduce filmati, così pure in una sala successiva.
Una parte
significativa è dedicata a Syd Barrett.
Le varie
sale contengono strumenti originali del gruppo (bellissima la serie di
chitarre, degli organi e soprattutto la batteria colorata).
Eccezionale
l'evolversi in 3D di The Dark Side
Of The Moon.
Significativi
i volantini di propaganda di alcuni concerti (specie quelli con altri gruppi
del calibro di Who, Cream, Led Zeppelin, Jefferson Airplane, Colosseum,
Byrds Canned Heat e Frank Zappa).
Al fondo
del percorso si tolgono le cuffie e si entra in un salone (grande quasi
come un cinema) e su tutti e quattro i lati si snoda, con audio
eccezionale, un filmato con il muro che si sfalda pezzo per pezzo: le riprese si
svolgono prevalentemente nella campagna inglese, e alla fine uno della band apre
il portellone posteriore di una Mini Clubman (ovviamente colore green, con
profili laterali in legno) da dove esce un numero enorme di palloncini bianchi
(mi sono ritrovato durante il "viaggio" più di una volta appoggiato
al muro a sentire quella musica ed a fissare incantato video, oggetti, foto e
quant'altro).