Un viaggio introspettivo che
attraversa il conflitto con sé stessi, gli istinti più profondi in cui dominano
le pulsioni dell’Es e il senso di perdita e tradimento. In “Cristina Nico”, l’autrice compie il passo
successivo a quell’’eremitaggio sociale’ che aveva lasciato nel disco
precedente, spingendosi fino alla ricerca del proprio posto nel mondo, a viso
aperto e senza paure, l’accettazione di una parziale incomunicabilità e della
complessità dei meccanismi amorosi.
La prima parte del disco si chiude
non a caso con la marcia funebre di “The idiot not savant”, in cui si prende
atto dell’essere parte del ciclo vita-morte di tutte le cose. Da qui in poi
Nico si risveglia dai sogni cupi: nella parte finale del disco si respira
un’atmosfera solare, si assiste ad un ricongiungimento con un Sé che la riporta
ad uno sguardo quasi fanciullesco. Un viaggio che si scopre non una fine ma un
rinnovato inizio, ricco di riferimenti letterari tutti da (ri)scoprire.
La matrice musicale di “Cristina
Nico” è un alt-rock caldo con accenti folk e world music, mantenendo l’urgenza
e il velo minimal che ha contraddistinto i lavori della cantautrice, ma allo
stesso tempo facendo emergere l’eclettismo di stili e suggestioni grazie
all’apporto dei musicisti: Roberto Zanisi e le sue cordofonie che donano un
‘calore mediterraneo’, Giulio Gaietto e la solidità e versatilità delle sue
linee di basso, Federico “Bandiani” Lagomarsino e il drumming energico, la
viola sognante di Osvaldo Loi. Le chitarre di Nico sono il ‘cuore rock’ di
tutto il lavoro, a cui si aggiungono strumenti tradizionali quali il calabash,
il guiro, la kalimba campionata (come in “Les fleurs du bien”).
“Sentivo una grande urgenza di
buttare fuori tutto quello che mi ha costretta a guardare in faccia le mie
paure, a scandagliarmi più del solito in un momento di profonda crisi
personale. Allo stesso tempo, o forse proprio per questo, mi sono interrogata
sul senso del mio fare artistico in una situazione collettiva che ha modificato
la nostra socialità, che ci ha costretto a fare i conti con la nostra
solitudine, le nostre fragilità e i nostri egotismi. Ma sono anche tempi di
rivoluzioni profonde che più che mai passano attraverso il privato, il coraggio
di viversi liberamente”, afferma Cristina Nico.
TRACKLIST & CREDITS
DOUBLE MOON | LA SOLA COSA CHE C’È |
OMISSIS | IL BISOGNO DI ESSERE MIGLIORE | ANIMA NIGRA | CHISSENE | LES FLEURS
DU BIEN | ÊTRE SOI-MÊME=ÊTRE UN AUTRE | THE IDIOT NOT SAVANT | DOG’S WALK | LA
SORGENTE | HERMES | THE IDIOT NOT SAVANT (NEW MEXICO VERSION)
Cristina Nico: voce, chitarra, synth,
percussioni.
Giulio Gaietto: basso, chitarra,
synth, batteria, percussioni.
Roberto Zanisi: cümbüş, chitarra
portoghese, lap steel guitar, percussioni.
Federico Lagomarsino: batteria.
Osvaldo Loi: viola.
Musica e parole di Cristina Nico
tranne“Être soi-même=être un autre” (testo Cristina Nico, musica composta da
Giulio Gaietto e Federico Lagomarsino)
Produzione artistica di Giulio
Gaietto e Cristina Nico
Registrato, mixato e masterizzato da
Giulio Gaietto presso Studio 77 di Genova
Distribuito da
OrangeHomeRecords/Believe
In collaborazione con Lilith Festival
& Label
Foto di Marina Mazzoli.
Artwork e grafica di Priscilla Jamone
TRACK BY TRACK
"Double Moon":
"Luna doppia, guardami:/sono nella tua stessa condizione". Il disco
si apre con un breve gospel siderale, in cui l'Io scisso, in conflitto con se
stesso, proietta nel cielo notturno la visione di una Luna sdoppiata e la
invoca, non per chiedere protezione ma il riconoscimento di una somiglianza fra
le loro condizioni, per condividere il senso di empasse ma anche il bisogno di
procedere nell'esistenza come nell'atto creativo.
"La sola cosa che c'è":
primo singolo del disco, è un'intensa ballata folk rock in cui si dà voce
all'Es, la componente psichica più arcaica secondo il pensiero freudiano. Al
ritmo di una batteria incalzante e minimale e un giro di basso nervoso e
suadente, mentre le chitarre si tingono di suggestioni morriconiane e un banjo
vira verso un'atmosfera western, il canto invoca: "Vieni, Amore, vieni da
me,/riempi questo vuoto che/ è la sola cosa che c’è”.
"Omissis":
una drum machine dal ritmo sincopato, synth bass ossessivi, squarci di chitarre
e rumori d'ambiente sono il minimale impasto musicale per parlare della crisi
in un rapporto amicale/sororale a causa di non-detti divenuti pesanti quanto
bugie. La difficoltà di spiegare omissioni che sabotano il bisogno di
reciprocità e la fiducia: "Come trovar parole/per parole che non avrai?”.
"Il bisogno di essere
migliore": musicale omaggio al Seattle's sound degli Anni ’90; una
riflessione tra il volere primeggiare e il cercare di migliorare se stessə, sui
narcisismi e le frustrazioni sul senso dell'espressione artistica. “Per essere
migliore/potrei suonare il piffero per la rivoluzione”: si fa riferimento alla
diatriba tra Elio Vittorini e Palmiro Togliatti, in cui lo scrittore siciliano
rivendicava per la scrittura e l'arte tutta un'autonomia dalla politica.
“Anima nigra”: un
mantra in dialetto calabrese, con un bordone di chitarra che diventa una
percussione portante, ad ispirare il brano è il quadro "Los fusilamientos
del tres de mayo" di Francisco Goya. ‘I surdati’, i gendarmi che vengono
nominati sono qualcosa di molto reale ma incarnano anche le ossessioni, le
paure inconsce, personali e collettive.
"Chissene”: groove
quasi r'n'b, ritornelli con coretti surf-rock, un finale memore del Neil Young
più elettrico, con la lap steel di Zanisi. Il discorso vira sul senso stesso
del fare artistico. “Cercare nuovi modi per dire delle cose/sempre le stesse”.
Viene anche citato il Rimbaud de "Le bateau îvre", in salsa rap delle
banlieues, nel punto in cui la nave/poeta dice di essere stanca di tanto
navigare.
"Les fleurs du bien":
ad essere citato è il titolo della famosa raccolta di poesie di Charlese
Baudelaire, “Les fleurs du mal”. Il pezzo vuole ironicamente contrastare sia le
demonizzazioni che le idealizzazioni di ‘certi amori’ come quello tra due
donne. Squarci di quotidianità (“il mutuo a tasso fisso”), carnalità e
romanticismo sembrano dire che ogni amore ha la sua dose di banalità e di
imprevedibilità.
"Être soi-même=être un
autre": basso, batteria e sax soprano per un brano che guarda al
punk-jazz e al crossover, con un cantato, in francese, dal ritmo serratissimo.
‘Moi je est un autre’: si torna a citare Rimbaud, da una parte si evoca il
senso di estraneità a sé stessa, dall'altra il desiderio di uscirne, da se
stessə, di vedere e provare le cose in modo differente.
"The idiot not savant"(alt
version): la prima versione è quasi una marcia funebre in cui si mescolano
reminiscenze ledzeppeliniane - nelle trame di chitarra portoghese intrecciate
alla chitarra elettrica - e accenti psycho rock. Si prende atto della propria
ignoranza e della propria finitezza ma anche dell'essere parte di un ciclo
vita-morte in cui si è interconnessi con tutto il resto, dagli insetti alle
stelle.
"Dog's walk":
breve strumentale dai toni lo-fi, registrazione casalinga in cui lo zampettare
giocoso del cane di Nico sul parquet segna come un risveglio, un cambio di
passo verso l’atmosfera più solare (se così si può dire) delle successive
canzoni.
"Hermes": il
brano più psichedelico del disco, con chitarre e synth dai toni dream pop,
segna il recupero di uno sguardo mercuriale, fanciullesco. Quasi un flash back,
una visione di bambina febbricitante in cui il messaggero degli dei “si
solidifica/alla sua maniera liquida”, e si scompone in “piccole sfere
azzurre/così tossiche, così carine” come il metallo a cui è stato dato il suo
nome, per poi incarnarsi nella “pagina che manca”, in un “mantra di colla e
carta”, che allude al collage, una delle cose in cui chi scrive ritrova il
proprio Io fanciullo.
"La sorgente":
ballata con gli arpeggi di çumbuš e banjo ed una voce consolante su cui si
inseriscono il basso e la batteria che tessono una ritmica franta, ipnotica e
cullante. Il testo esorta a non lasciarsi scoraggiare dalla disabitudine alla
felicità, ad accettare le ombre: “Nera è la terra/che si sta per
risvegliare": l'elemento dark, ‘ctonio’ diventa complementare a quello
luminoso, vitale del Sè che ritrova sé stesso.
"The idiot not savant"
(New Mex version): il disco si chiude con una versione semi pacificata di ‘The
idiot not savant’. I toni funebri del brano vengono stemperati in un'atmosfera
country-blues, un andamento da road-movie scandito dal guiro, percussione che
ricorda il gracidare di una rana, ciclico e ossessivo, e dilatato dai suoni
lunghi della lapsteel. Il viaggio finisce, ma allo stesso tempo ricomincia,
concluso dal tocco di un vibraslap.
BIOGRAFIA
CRISTINA NICO Cantautrice e musicista
genovese. Dalla fine degli anni Novanta milita in diverse band della scena
rock/alternative della sua città, come cantante e chitarrista. Fin da
giovanissima coltiva anche un lato lirico e cantautorale che inizialmente
riversa in registrazioni casalinghe su musicassette, fino ad approdare
all’esperienza del duo Cinnamomo, fra il 2003 e il 2007, e all’autoproduzione
di “Daimones” del 2010, cd+libro contenente anche le riproduzioni di alcuni
collage e pitture dell’artista. Dopo diversi premi e menzioni a diversi
concorsi dedicati alla musica rock e d’autore, pubblica nel 2014 “Mandibole”
per OrangeHomeRecords. Nello stesso anno vince il Premio Bindi. Nelle
candidature alle Targhe Tenco del 2015 è in lizza in due sezioni, Opera Prima e
Miglior Canzone. Nel 2016 gli YoYo Mundi la invitano a cantare nel brano “Cuore
Femmina” e ad aprire alcuni dei loro concerti. È uscito nel 2018 sempre per OHR
il secondo disco “L’Eremita” prodotto da Raffaele Abbate. Uscirà nella prima
metà del 2022 il terzo disco, con la produzione artistica di Giulio Gaietto, per
Lilith Label/OrangeHomeRecords. Ad accompagnarla dal vivo Federico “Bandiani”
Lagomarsino (batteria, cori), Roberto Zanisi (lap steel, guimbri, cümbüş,
chitarra), Stefano Bolchi (chitarra, basso). È una delle organizzatrici del
Lilith Festival della Musica d’Autrice e produttrici dell’etichetta Lilith
Label.
Claudia Marchetti
Press//OrangeHomeRecords claudia@orangehomerecords.com