Luigi Mantovani, qui in foto con
Francesco e Rita Calderoni nelle cucine dello storico locale milanese
Capolinea, durante la registrazione dell'omonimo disco.
Oggi quasi quasi a pranzo me la
faccio la “cacio e pepe”, ma non seguirò la ricetta classica, ma quella che si
inventarono anni fa il famoso chef Antonello Colonna e il grande Francesco
di Giacomo. Allegata la “Ode a cacio e pepe”... e Cracco muto!
Buon appetito
Wazza
Cacio e pepe pepe e cacio
Pepe e pepe cacio e cacio
Bianco e nero nero e bianco
Impeto della luce ebbrezza della
notte
Tinte-contrasto- grande unisono
E ogni tanto acqua bollente
E poi cacio e pepe pepe e cacio...
Decidi tu quando dire basta
Questa ode al cacio e pepe è stata
scritta dal famoso chef Antonello Colonna con Francesco Di Giacomo cantautore
del gruppo Banco. Questi versi si trovavano nel menù di degustazione del ristorante
col “portone rosso”, a Labico, dove era possibile gustare una personale
versione del cacio pepe preparata davanti ai clienti. Versione che come
racconta Antonello Colonna nel suo libro “Antonello Colonna: un anarchico ai
fornelli”, da Labico a New York è nata nel 2000 nel corso di “Cucinare a
Labico”.
Colonna racconta che l’idea di far
rinascere questo piatto popolare romanesco era data dall’esigenza di
“contrapporlo” alla cucina fusion ed in particolare al sushi che andava di moda
in quegli anni nei ristoranti della capitale. Così pensò di nobilitare il
popolare e semplice cacio e pepe, finito in secondo piano o talvolta scomparso
nei menù dei ristoranti, preparandolo a mo’ di risotto davanti ai clienti, in
una sorta di esibizione artistica.
Riscosse grande successo tanto da
essere definito “il re del cacio e pepe” e alla presentazione della Guida di
Roma del 2000 il Gambero Rosso gli dedicò l’evento dal titolo "tra
sushi e cacio e pepe".
IL PORTO DI VENERE – “E pensa che mi
meraviglio ancora”
Ma.ra.cash records -
2021 ITA
Di Valentino Butti
Con molta curiosità è stata accolta
nell’ambiente degli appassionati la nuova (ma non la prima…) collaborazione tra
Cristiano Roversi (Moongarden, Submarine Silence…) e Maurizio Di
Tollo (ex Höstsonaten, ex La Maschera di Cera e da qualche
anno “battitore libero” con due ottimi album solisti) nel progetto “Il Porto di Venere”.
I due,
autori di tutti i testi e delle musiche, sono accompagnati in questa avventura
da Erik Montanari alle chitarre, da Elisa Molinari al basso, da Marco
Remondini al violoncello e sassofoni e da Stefano Zeni al violino.
Tra gli
ospiti anche Faso al basso, Tiziano Bianchi al flicorno, Massimo
Menotti alla chitarra acustica e… Demetrio Roversi (voci e “Suoni
della strada).
Malgrado
sia un lavoro di gruppo, l’impronta che ha ispirato i due lavori solisti di Di
Tollo appare evidente. Testi “importanti”, di grande sensibilità, talvolta duri,
disillusi, altre volte pieni di speranza, seppur con un velo di malinconia che
sembra quasi aleggiare su ogni singolo verso.
L’impianto
strumentale risulta ben strutturato, talvolta discreto al servizio della voce, ma,
all’occorrenza, anche più deciso, sempre raffinato, e mai vuoto contenitore di
estetismi fini a sé stessi. Il tutto grazie, anche, al valore aggiunto offerto
da strumenti “colti” come il violino, il sax, il violoncello, il flicorno, che
personalizzano al meglio molti dei sei brani di “E
pensa che mi meraviglio ancora". Ma, “Il Porto di Venere” è
soprattutto una rock band e lo scopriamo subito nel brano iniziale, “Formidabile,”
nel quale la sezione ritmica non si fa certo pregare per intensità, le tastiere
di Roversi non sono da meno, tra hammond e piano, e l’elettrica di Montanari si
“guadagna” un ampio spazio. Emozionante la sezione acustica scandita da
violino, arpeggi di chitarra, flicorno e violoncello. Pirotecnico il finale con
un crescendo ritmico notevole a cui si va ad aggiungere pure il sax di Remondini.
“Stop
al televoto” è una denuncia verso la pochezza della società odierna,
del suo nutrirsi e vivere di falsi miti e di idoli di plastica. Musicalmente
meno avventurosa della precedente, fin troppo “moderna” in certe sonorità e
ritmiche ma dal testo che invita a più di una riflessione.
Molto toccante
“Dahlia” (liberamente ispirata alla storia dell’assassinio,
rimasto impunito, di Elisabeth Short), non solo per le liriche, ma per l’esile
e morbida musica in cui prevalgono gli archi, le chitarre acustiche su cui si
posano, delicati, gli altri strumenti. Un pezzo davvero ricco di pathos e che
colpisce nell’anima.
A
seguire è posto il brano più lungo della raccolta, “Miserere sovietico
(Dalnik- ottobre 1941”), oltre dodici minuti che ricordano l’eccidio di
migliaia di Ebrei nei pressi di Odessa nel corso della II guerra mondiale. Qui
la band ed il duo Roversi/Di Tollo si ricordano che provengono (anche) dal prog
sinfonico e danno vita ad una mini-suite dalle sfaccettature plurime. Ogni
singolo intervento, dal lungo “solo” di Montanari a quello del moog di Roversi
o del violino di Zeni è perfettamente funzionale al brano. Volendo, potrebbero
riproporne gli schemi con facilità e con uguale risultato ma, legittimamente, vogliono
esplorare anche altro in un contesto sempre improntato alla musica “intelligente”.
La title
track, di cui è in circolazione un video su You Tube, mi ricorda la poetica del
duo Nocenzi/Di Giacomo di “E mi viene da pensare” … raffinata, elegante…
L’album
si chiude con “…e ancora…”, l’unico brano interamente strumentale
presente. Otto minuti magnetici dominati dal sax e dal flicorno ed un costante
crescendo in cui incalza la chitarra di Montanari con chiusura in dissolvenza
ancora del sax. Ottimo pezzo che forse avremmo collocato a metà lavoro non alla
fine.
“E
pensa che mi meraviglio ancora” mantiene e, anzi, amplifica, le aspettative
che il progetto prometteva. La qualità testuale e strumentale è davvero molto
elevata, senza effetti speciali, ma ricca ed attenta ad ogni particolare, ad
ogni sfumatura. Se proprio vogliamo trovare un appunto da sottolineare (linea a
matita… sottile…) è che avremmo gradito qualche digressione strumentale più
spericolata in qualche frangente, ma si tratta, appunto, di dettagli. Non mi
spingo a consigliarne vivamente l’acquisto… con un poco di presunzione, lo imporrei
proprio! Eccellente e appassionante e un plauso ai testi che “costringono” all’ascolto…
cosa non così scontata nel progressive italiano.
In colpevole ritardo mi trovo a scrivere di “Cosmically Nothing”, dei molisani Mindance.
La band di Campobasso ci porta attraverso un viaggio psichedelico e
progressivo come raramente ascoltiamo in Italia.
Dalla frequentazione di una vera e propria “comunità musicale”
frequentata da molti personaggi con la voglia di sperimentare e suonare lunghe
ed improvvisate fughe strumentali fuori dall’ordinario, nascono i Mindance.
La loro avventura ha inizio nel 2012 e dopo vari cambi di formazione nel
2015 si assestano con Tonino Marchitelli alla voce e tastiere, Gianluca
Vergalito alla chitarra, Peppe Aloisi al basso, alla voce, al synth
e Massimo Cosimi alla batteria.
Ascoltando il disco, le radici ci riportano a gruppi come gli Hawkwind e i Pink Floyd del
primo periodo, ma vorrei precisare che loro non copiano ma, partendo dai loro
riferimenti, propongono una musica attuale consapevole dei nostri giorni.
Allora è giunto il momento di
partire, schiacciate il tasto “play” del vostro lettore, mettetevi comodi sul
vostro divano e chiudete gli occhi... il viaggio sta per iniziare.
“Minkiadance”,
elettrica ed incalzante, con le chitarre protagoniste, ci mostra il lato più
elettrico e heavy della band.
L’elettronica prende il sopravvento
nella seguente “Prologue One” introdotta da una voce recitante.
Il vero e proprio viaggio psichedelico
inizia con “Falls In Love”, sette minuti abbondanti di grande
pathos con i Pink Floyd come ispirazione e la band che suona veramente in modo
splendido.
“I Don’t Belive”, più
ritmata, prosegue il viaggio con un suono più progressivo per i suoi cambi di
tempo.
“Echi Megl’E Me”, unico
brano non cantato in inglese ma in dialetto, è una ballata molto bella e
rimanda alla grande musica dei ‘70... grande pezzo.
Si prosegue con la lisergica “Don’t
Break Me” che ricorda certe composizioni di Neo Prog.
Segue “Prologue Two”,
altro breve intermezzo recitato su un tappeto di tastiere.
“Don’t Break Me”
accelera col suo riff di chitarra sfiorando certo punk degli anni ‘80 per
rendere il menù più vario ma sempre di qualità.
Si torna al prog, anzi al neo prog
degli anni ’80, con la bella “Sery”, dal ritmo lento, adatto a
proseguire il viaggio che vorremmo non finisse mai.
Ancora il breve “Prologue Three”
per poi finire in bellezza con la lunga (dodici minuti) “Cosmically
Nothing” che dà il titolo all’album. Qui troviamo tutto quello che ci
aspettiamo da un brano psichedelico e space.
Inizio col solito recitato su un
mantra di tastiere elettroniche, poi la ritmica parte con un mood lisergico,
ripetitivo, con effetti che ci guidano verso il cosmo per poi esplodere con la
chitarra che sale in cattedra. Questo brano, per chi scrive, vale il prezzo del
biglietto.
Ottimo il libretto, che contiene
tutte le informazioni necessarie e i testi e molto bella la grafica.
Un disco di gran spessore con ottime
composizioni, un suono veramente di livello, molto vario, con parti cantate
veramente molto convincenti.
Ora siete arrivati alla fine del
viaggio ma, son sicuro, che vi alzerete dal vostro divano e andrete a
schiacciare ancora il tasto “play” del vostro lettore perché la voglia di
ri-partire sarà più forte di voi e che, in questo modo, lascerete perdere,
almeno per un po’, tutte le cose negative che questo periodo ci costringe a
vivere.
Alla
domanda... Come sta il Rock in Italia? Dopo aver ascoltato l’ultimo
lavoro di Alex Savellila risposta non può che essere… Il rock in Italia
sta benissimo!
Polistrumentista
e compositore, già leader dei londinesi Pelican Milk, prog band di assoluto
valore, prosegue il suo percorso di collaborazioni. Lo avevamo lasciato con
l’ottimo “Doing Nothing” in coppia con i Nostress di un anno fa che
seguiva un altro gran disco che era “Gettare Le Basi” del 2019, in
coppia con il notevole batterista Massimo Manzi.
Eccoci
a commentare “Italian Kidd”,nuovo capitolo discografico di Alex che collabora
ancora con un altro grande della batteria che risponde al nome di Ivano Zanotti (attualmente batterista e direttore
musicale di Loredana Bertè e batterista dal vivo di Ligabue, Zanotti vanta
collaborazioni internazionali con giganti quali Brian Auger e Manolo Badrena e
nazionali, sia live che in studio, con Vasco Rossi, Anna Oxa, Alan Sorrenti,
Edoardo Bennato etc.)
Ma
non è finita... a cantare le 15 tracce che compongono l’album sono stati
coinvolti ben 11 vocalist.
Il
disco, diciamolo subito a scanso di equivoci, è un susseguirsi di emozioni, tra
brani rock diretti e potenti, ballate e brani più elaborati dove fa capolino
anche una certa psichedelia che rende il menù particolarmente speziato.
Ma andiamo per ordine.
L’opener è affidata a “Loud
Mouth Went Crazy”, funky rock molto anni ‘80 con un giro di basso
intrigante e la bella voce di Luca Fattori.
“Not Alone” è un
piacevole e tenue brano pop venato di folk e cantato, questa volta, dal bravo
Luciano Luisi.
Le chitarre tornano a ruggire nella
trascinante “Dogman” cantata da Massimo Danieli col giusto piglio
rock... gran pezzo con Savelli molto ispirato alla chitarra.
Si prosegue con la suggestiva “Dead
End”, cantata dalla voce molto evocativa di Jeanine Heirani, supportata
da un altrettanto evocativo coro.
Si torna alle atmosfere hard rock con
la trascinante “Take Me Back”, cantata egregiamente da Michele
Menichetti e con basso e batteria sugli scudi... poi la chitarra solista di
Savelli mette la ciliegina sulla torta.
“Rosita” è veramente
una bella ballata soave dove spicca la più che convincente voce di Teresa
Iannello.
Si torna al rock deciso con “Spears”,
aperta da un gran bel riff di chitarra poi sostenuta dalla decisa e compatta
sezione ritmica e dal gran lavoro di Zanotti alle pelli... Lorenzo Giovagnoli
ci fa capire di che pasta è la sua voce.
Con “The Shepherd” si
rallentano ancora i toni per un bel brano che vede l’intensa prova vocale di
Valentina Gerometta, sorretta da un sound tenue e arricchito anche da un uso
controllato dei synth: oltre nove minuti di pura magia dove aleggia anche una
tenue psichedelia... grande brano!
“NSD – Natural Space Drift”
è un gran esempio di dark rock dove tastiere e coro creano un alone cupo, ma il
groove non manca, basso e batteria lavorano alla grande... ottima prestazione
vocale da parte di Michele Menichetti.
Ancora ritmica e riff di chitarra
sugli scudi in “The Bat From Wuhan“, con la voce abrasiva e
graffiante di Luca Fattori assoluta protagonista... un rock che non lascia
superstiti.
Alex Savelli si occupa anche della
parte vocale di “Uspoken”, brano dal suono più pacato con un bel
solo di synth e di chitarra.
Ritornano ritmo e riff hard rock
nella successiva “Don’t Get a Word”, cantata da Francesco Grandi
e Omar Macchione.
Il brano che per phathos e sound che
più ha colpito chi scrive è la bellissima e quasi bluesata “The Stranger”,
cantata da Frederick Livi, ballata che ci trasporta in territori psichedelici
con una chitarra solista stratosferica.
Territori psichedelici anche per “UFG
– Unidentified Flying Girl”, penultima traccia di questo lavoro
notevole. La voce è affidata a Valentina Gerometta che coi suoi vocalizzi ci fa
viaggiare in territori inesplorati. Tastiere, un basso rotondo, le chitarre e
tutta la seziona ritmica, fanno un lavoro incredibile.
“Non siamo soli”,
versione italiana di “Not Alone”, chiude, col suo inno alla speranza e
alla unione, un grande disco di rock che, nel nostro paese non è scontato
ascoltare.
Come sempre Radici Music
confeziona in modo superbo il cd con libretto in carta di alta qualità.
Non servono tante parole ma un cd,
uno stereo e un’ora abbondante del vostro tempo.
Lasciatevi trasportare dai suoni che
propongono Savelli e Zanotti e, vi assicuro, che una volta arrivati all’ultima
traccia sarà impossibile per voi non schiacciare il famoso tastino “play” per
riascoltarlo.
BIOGRAFIA
ALEX SAVELLI-Polistrumentista e produttore di esperienza trentennale,
fondatore a Londra del 1999, tra le altre, della band Pelican Milk, Alex
Savelli nel corso degli anni ha collaborato con Eddie Kramer, Francesco
Guccini, Simon Painter, Paul Chain, David Eserin, Alex Elena, Ares Tavolazzi,
Davey Rimmer, Pippo Guarnera, Andrea Giomaro, Antonio Stragapede, Gianpiero
Solari e tantissimi altri. Dopo Gettare le basi (2019) con Massimo Manzi e
Doing Nothing (2020) con i NoStress, riprende la partnership con Ivano Zanotti
in Italian Kidd.
IVANO ZANOTTI-Batterista, arrangiatore e produttore a richiesta. Si destreggia
in tutte e tre le pratiche con accortezza e passione totale per la musica.
Vanta collaborazioni internazionali con giganti quali Brian Auger e Manolo
Badrena e nazionali, sia live che in studio, con Vasco Rossi, Luciano Ligabue,
Loredana Bertè, Anna Oxa, Alan Sorrenti, Edoardo Bennato etc. Attualmente è
batterista e direttore musicale della Bertè e live è batterista di Ligabue.
Dopo aver suonato in uno degli undici brani di Gettare le basi (Savelli/Manzi),
si dedica a un disco tutto con Savelli dal titolo Italian Kidd.
Veruno 2021 DAY 3 - Piccola cronaca personale –
Prologo
È domenica e arriviamo così alla terza e conclusiva
giornata di Festival Progressive a Veruno. Ci rechiamo di nuovo in Piazza Roma
con Alice per un rapido pranzo tra amici per correre poi immediatamente
all’antistante Forum 19, il programma è stato anticipato alle 14: 00, per
questa che si preannuncia fin da subito come una giornata davvero intensa.
Veruno 2021 DAY 3 - Presentazione al Forum 19 del
docufilm rockumentary “Osannaples” con la Regista ed Autrice M. Deborah Farina
e Lino Vairetti degli Osanna
Entro nell’Auditorium di Veruno e lo trovo già
gremito ma riesco comunque a prendere un posto, a lato ma ancora “in prima
fila” e lasciato fortunatamente libero proprio a fianco della regista,
appena in tempo per l’inizio della proiezione del docufilm rockumentary
“Osannaples”, recentemente presentato in anteprima mondiale al SEEYOUSOUND
International Film Festival di Torino.
Il coinvolgente Film documentario, diretto e
realizzato dalla Regista ed Autrice M. Deborah Farina, ricchissimo di
rari frammenti audio e video, percorre un lungo arco temporale tra passato,
presente e futuro degli Osanna, la
storica band della scena progressive di Napoli, che qui al Festival di Veruno,
con Lino Vairetti e la bella formazione attuale, festeggia quest’anno il
cinquantesimo anniversario del primo album “L’Uomo”.
Il film, sempre in tensione tra flashback e presente,
racconta la storia dei vecchi e dei nuovi Osanna, in un simbolico passaggio di
testimone, trasmesso e raccolto con tenacia e amore dallo stesso infaticabile
Lino Vairetti insieme ai vecchi ed ai nuovi compagni di viaggio, tra la voglia
di futuro sempre viva e la memoria di quella che è stata una vera e propria
epoca, per un movimento artistico e culturale che anche a Napoli ha saputo
trovare le sue avanguardie ed i suoi eroi.
Tanti i momenti emozionanti per il pubblico in sala,
compreso chi come me, appartenente alla generazione appena successiva,
quell’epoca l’ha appena vissuta se non quasi sfiorata, ma lasciando un segno
profondo e incancellabile per il resto della mia vita. Il film è dedicato alla
memoria di Danilo Rustici, cofondatore e chitarrista degli Osanna, che ci ha lasciati
nel febbraio di questo purtroppo ancora troppo spesso drammatico 2021, ma che
compare in tante immagini e dialoghi del film, nel quale Lino ripercorre con la
vivissima passione di sempre la storia della band, a partire dalla ritrovata
casa della madre al Vomero, dove quella prima formazione era nata e cresciuta,
o come nelle sequenze toccanti dell’ultimo ritrovo dei vecchi compagni di
avventura attorno al tavolo della cucina in casa Rustici.
Al termine della proiezione tra gli applausi Lino e
Deborah salgono sul palco del Forum 19 per salutare il pubblico di Veruno e
parlare ancora del film, che tra l’altro sarà presto pubblicato in DVD insieme
al nuovo Album degli Osanna “Osanna 50° - IL Diedro del Mediterraneo”,
oltre che supportare come scenografia ideale i prossimi eventi dal vivo degli
Osanna, a partire dal concerto che in serata concluderà l’edizione 2021 del
Festival di Veruno. Invitato da Lino sale sul palco anche Franco Vassia
per la presentazione del libro sugli Osanna “L’Uomo. Sulle Note di un
Veliero”, del quale ne è l’autore.
Veruno 2021 DAY 3 - Il live del pomeriggio tra
Veruno e Revislate con “The Forty Days”, “Nosound” e “Il Porto di Venere”
Il tempo è ancora una volta letteralmente volato,
accompagno in auto Alice al grande palco di Revislate per tornare rapidamente
per un paio d’ore al B&B dove, come nei giorni precedenti, mi accoglie
scodinzolando la mia vecchia carissima Leyla già in attesa. Perdo però così gli
applauditi live, ancora al Forum dei toscani “The
Forty Days” e dei romani “Nosound”
a Revislate, dove però riesco, prima di rientrare temporaneamente a Veruno, ad
apprezzare almeno un paio di brani del nuovo interessante progetto “Il Porto di Venere”, dal sound particolarissimo
quanto fortemente caratterizzato strumentalmente - almeno con la formazione che
ho apprezzato in questo live - dai colori dell’insolito duo timbrico costituito
dal violino e dal sax baritono, oltre che vocalmente dall’interpretazione di
testi insoliti e di spessore.
Il Porto di Venere
Veruno 2021 DAY 3 - Il Concerto solista di Alberto
Fortis, accompagnato dall’Orchestra del Settembre Musicale Verunese diretta dal
Maestro Claudio Fabi
Tornato a Revislate
trovo l’enorme prato adibito a parcheggio appena fuori dalla frazione già
strapieno, posteggio ai confini del mondo e mi incammino tenendo per faro i
suoni lontani provenienti dal palco. Condivido parte della camminata con una
quasi mia coetanea fan di Alberto Fortis,
infuriata per essersi persa l’inizio del suo Concerto, lo segue da più di una
quarantina di anni ed è venuta a Veruno – o meglio lì l’aveva inizialmente
portata il marito ora abbandonato alla ricerca affannosa di un parcheggio –
apposta per incontrare l’idolo della sua giovinezza … tra la commozione e
qualche battuta forse inopportuna arriviamo allo sbarramento green pass per
poter accedere all’area festival.
Durante la camminata
i suoni diventano sempre più presenti, riconosco subito insieme al suono del
pianoforte il timbro inconfondibile della voce di Alberto Fortis e mi
colpiscono subito le armonizzazioni limpide ed eleganti degli archi che lo
accompagnano. Riletto il ticket e conquistata la mia bella posizione centrale a
sedere tra le prime file apprezzo subito, insieme alla voce ed alla padronanza
di Alberto al pianoforte, suonato sempre con tocco deciso e ritmico, spesso
quasi percussivo ma sempre attentissimo alle dinamiche, la bravura dei
giovanissimi musicisti dell’Orchestra del Settembre Musicale Verunese, vera e
propria orchestra d’archi equilibrata e godibilissima in ogni sfumatura,
diretta dal Maestro Claudio Fabi per accompagnare buona parte dei brani
del concerto di Alberto Fortis, negli altri casi accompagnato dal suo
pianoforte a coda – lo stesso accarezzato il giorno prima da Gianni Nocenzi – e
alternando l’armonica alla voce.
Alberto Fortis e Claudio Fabi
Quello di Alberto
Fortis, che tra un brano e l’altro spesso si rivolge dal palco al pubblico del
Festival con elegante ironia ma sempre con grande calore, è un vero e proprio
raffinato One Man Show, anche nella scelta del repertorio, nel quale si
alternano gli Hit dei primi anni’80, a partire da quelli dell’album di esordio
del 1979 come “Milano e Vincenzo” e “A voi Romani”, a brani dell’immediatamente
successivo concept
album “Tra Demonio
e Santità”, come a
pezzi più recenti, oltre che a vere e
proprie “cover”, realizzate però come personalissime reinterpretazioni, di
grandi successi internazionali come “New York State of Mind” o “One” degli U2,
mentre sul
grande schermo alzato sul palco alle spalle dei musicisti e ben visibile da
ogni posizione, scorrono le belle immagini nei video sempre curatissimi e
coerenti nel costituire elegante complemento visivo alle canzoni di Alberto.
L’ultima parte del
Concerto di Alberto Fortis scorre completamente insieme agli archi dell’orchestra
culminando con “Venezia”, mentre sullo schermo scorrono le immagini di
un vero e proprio film realizzato per questo brano, particolarmente vibrante in
questa insolita versione dagli echi quasi Beatlesiani nel rendere omaggio agli
arrangiamenti orchestrali di George Martin, mai dimenticato quinto membro dei
Fab Four. Con la famosissima “La sedia di Lillà” del 1980, rivisitata ancora insieme
all’Orchestra di Veruno, si conclude il concerto di Alberto Fortis, tra
ovazioni e grandi applausi.
Veruno 2021 DAY 3 - Omaggio a Luis Bacalov ancora
con l’Orchestra del Settembre Musicale Verunese, diretta dal Maestro Carlo
Taffuri e le band del Rovescio della Medaglia e degli Osanna
L’Orchestra Verunese resta sul palco per l’Omaggio al
Maestro Luis Enrique Bacalov, pianista, compositore, arrangiatore e
direttore d’orchestra scomparso nel 2017 e ricordato dagli appassionati per la
realizzazione di tre album di grande importanza per la storia del progressive
rock italiano.
Bacalov ha infatti curato gli arrangiamenti
orchestrali per “Concerto Grosso” con i New Trolls nel 1971, per la
colonna sonora di “Milano Calibro 9” con gli Osanna nel 1972 e per
“Contaminazione” nel 1973 con Il Rovescio della Medaglia,
altra storica e amata Band già in concerto nella giornata precedente, ma che
torna sul grande palco di Revislate per riproporci questo storico pezzo di
Prog, cogliendo la magnifica opportunità offerta dalla possibile preziosa
collaborazione degli archi dell’orchestra.
Il testimone passa quindi, tra i prolungati applausi,
dalla chitarra di Enzo Vita con Il Rovescio della Medaglia alla voce di Lino
Vairetti con gli Osanna, ancora con
il prezioso contributo degli archi dell’Orchestra del Settembre Musicale
Verunese diretta da Carlo Taffuri per l’esecuzione della colonna
sonora del film “Milano Calibro 9”, realizzata dagli Osanna nel 1972 con
gli arrangiamenti i Luis Bacalov.
Mentre scorrono sullo sfondo del palco le immagini
del film vengono eseguite in fluida successione Preludio, Tema, Variazioni
e Canzona, con l’iniziale recitativo in italiano che introduce la
melodia e le liriche di There will be time, che conclude la serie di
movimenti con la ripresa del classico tema iniziale del preludio caratterizzato
dall’arpeggio ritmico ed incalzante degli archi.
La grande prestazione dei musicisti della band e
dell’orchestra prosegue ancora con i due brani successivi in omaggio a Luis
Bacalov, l’Adagio e l’Allegro del Concerto Grosso dei New
Trolls arrangiato nel 1971 da Bacalov, qui eseguiti dagli Osanna
sempre insieme all’Ensemble orchestrale di Veruno. Purtroppo, a causa di una
temporanea indisposizione non è stata possibile la prevista partecipazione, in
questi brani, come ospite degli Osanna, di Vittorio De Scalzi, il
polistrumentista fondatore dei New Trolls, che Lino Vairetti saluta e ringrazia
dal palco mentre tra gli applausi insieme al Maestro Carlo Taffuri esce
di scena l’Orchestra Verunese.
Veruno 2021 DAY 3 –Lino Vairetti con gli Osanna in Concerto per il
50° Anniversario dell’Album di esordio “L’Uomo”, nel ricordo di Danilo Rustici
e con la conclusione della terza giornata e dell’edizione 2021 del Festival
Prog di Veruno – Epilogo
Il concerto degli Osanna
prosegue così in elettrico con Lino Vairetti, voce solista, armonica e
seconda chitarra, sul palco da qui in poi insieme ai soli membri della band, il
figlio Irvin Vairetti con sintetizzatori, elettronica e seconda voce, Enzo
Cascella e Gennaro Barba rispettivamente al basso elettrico ed alla
batteria, Sasà Priore alle tastiere e Pasquale “Paco” Capobianco
alla chitarra elettrica, tutti perfetti e acclamati dal pubblico, soprattutto
nelle parti più soliste come sempre in quelle strumentali a sostegno dei brani,
con “Paco” particolarmente in gran forma e che ho sentito apprezzare anche da
più di un amico chitarrista presente tra il pubblico, soprattutto per suono e
liricità.
Mentre sul grande schermo alle spalle dei Musicisti
scorrono ancora immagini dal docufilm “Osannaples”, presentato con Lino
nel pomeriggio al Forum 19, inizia un lungo medley con una successione di tanti
dei brani che hanno fatto la storia della Band, dall’album di esordio del ‘71 “L’Uomo”
al successivo “Palepoli” del ‘73 fino ai ritorni nel ‘78 con “Suddance”
e nel 2001 con “Taka Boom”,
alternando la successione dei brani senza soluzione di continuità tra scarti
improvvisi e pregevoli intermezzi strumentali di raccordo tra le loro diverse
versioni.
Una breve pausa e Lino invita sul Palco di Revislate Alberto
Temporelli per un saluto e per ringraziarlo, insieme a tutto il pubblico,
per aver organizzato come sempre anche questa già storica edizione del Festival
2 DAYS PROG +1. Lino ricorda come questo sia il 50° Anniversario
degli Osanna con l’uscita del loro primo album. Alle spalle di Lino inizia la
proiezione delle immagini con le prime interviste nel 1971 e il Maestro Enrico
Simonetti che presenta ed annuncia “L’Uomo”, alle immagini e alle note
del flauto di Elio D’Anna sullo schermo si succedono e sovrappongono in
transizione quelle della potente band in concerto che apre con questo brano un
nuovo lungo medley.
Lo stile originalissimo degli Osanna resta intatto,
così come l’approccio esteriore al palcoscenico improntato ad una teatralità
dichiarata, tra le maschere dei volti dipinti dei musicisti ed il sound
inconfondibile, sempre in equilibro tra Rock Progressivo, anche il più colto o
quello più scuro, ed i colori intensamente solari tipici della musica
mediterranea e popolare. Lino dedica quindi a Danilo Rustici, il mai
dimenticato primo chitarrista cofondatore degli Osanna, scomparso nel febbraio
di quest’anno, sia il brano successivo che alcuni brani inediti dal nuovo
disco.
Lino Vairetti
Parte così, introdotto da un breve video televisivo
del 1971, con il flautista Elio D’Anna che intervistato da un giovanissimo
Renzo Arbore presenta l’esecuzione live del brano “Non sei vissuto mai”,
qui dedicato a Danilo Rustici che nel video attacca il brano con un potente
riff di chitarra elettrica; come nel caso
precedente de “L’Uomo”, la transizione tra le immagini in bianco e nero
e le note del video di 50 anni prima e quelle dei musicisti tra le luci
colorate sul palco è fluida ed emozionante, con la voce di Lino Vairetti sempre
limpida e potente, oggi come nelle riprese in bianco e nero di allora.
Alla fine del brano torna sullo sfondo l’immagine,
questa volta a colori, del giovane Danilo e, accompagnati da sequenze dal
docufilm con gli Osanna attuali, seguono alcuni brani inediti a lui dedicati
tratti dal nuovo disco degli Osanna “Il Diedro del Mediterraneo”, la cui
uscita è prevista per questo autunno.
Si è fatto davvero tardi e tra il ritmo incalzante e
alcune citazioni squisitamente tipiche della atipica ma straripante
napoletanità di Vairetti e degli Osanna Lino, ringraziando tutti quanti, presenta
uno per uno tutti i membri della Band. Tra le note di Oro Caldo
(Palepoli 1973) e gli applausi si conclude così il Concerto degli Osanna
insieme al DAY 3 e all’edizione 2021 del Festival di Veruno.
Veruno 2021 DAY 3– Epilogo
Mentre il grande prato lentamente si svuota e la
notte alla fine prende il sopravvento come da copione, ritrovo Alice tra
i fotografi sotto il palco, salutiamo in un abbraccio una provatissima Octavia
Brown, incontriamo di nuovo e salutiamo ancora altri amici e ci
incamminiamo nella notte verso l’uscita ed il parcheggio.
Arrivederci Veruno, al prossimo anno, al Forum
19 e nella vecchia carissima Piazzetta della Musica oppure, come quest’anno, al
campo sportivo di Revislate, ma in ogni caso ancora per una nuova grande
edizione del Festival Prog.