Se n’è andato anche Gianfranco Coletta, chitarrista noto per aver suonato negli
Alunni del Sole, nella Reale Accademia di Musica e per aver "provato" per il Banco (una specie di Tony
Iommi con i Jethro Tull).
Suonava insieme a Vittorio Nocenzi nella band
che accompagnava Gabriella Ferri ... Vittorio lo chiamò per un provino con il
Banco ma poi prese "in blocco" i Crash, con il fratello Gianni e i
fratelli Claudio e Fabrizio Falco.
Nell’annuncio ufficiale degli Alunni del Sole
si legge: “Comunichiamo con immenso dolore che Gianfranco Coletta ci ha
lasciati. Ricordiamo la sua straordinaria professionalità e maestria nel ruolo
di bassista e chitarrista de Gli Alunni del Sole, nel cui gruppo è stato sempre
nel cuore di tutti, anche per la sua personalità partecipe, affettuosa e
discreta. La nostra preghiera per lui si unisce alle condoglianze a sua moglie
Nataliya Potapova ed alla famiglia tutta”.
Ci ha lasciati improvvisamente Michele Manzotti, 62 anni, vicecaporedattore della
Nazione all'Ufficio centrale-Province e grande esperto di musica. Tragica
ironia del destino: proprio nel prossimo mese di giugno sarebbe andato in Svezia
come unico giudice italiano all’European Blues Awards, grande motivo di
orgoglio, una bella soddisfazione per chi aveva fatto della musica – e del
blues in particolare, appunto – la sua grande passione.
Ma chi era Michele?
Nato a Firenze nel 1960, è stato
musicologo e giornalista. Dopo essersi laureato in Lettere nel 1986, ha
collaborato con varie riviste e ha insegnato storia della musica al Liceo
musicale di Arezzo. Assunto al «Resto del Carlino» nel 1990, dal 1995 al 2021
ha lavorato a «La Nazione», dove è diventato vicecaporedattore all’ufficio
centrale.
Nel 2002 in «Civiltà Musicale» è
stato pubblicato il suo catalogo delle musiche non operistiche di Arrigo Boito.
Dello stesso anno è l’uscita del libro Attilio Brugnoli-Il pianoforte e la sua
mano (Polistampa, Firenze) con cd allegato contenente la prima incisione
assoluta delle musiche di Brugnoli, compositore di cui ha poi raccolto l’opera
omnia per l’Enap stampata da Laterza nel 2006. Ha curato inoltre trasmissioni
per l’emittente Rete Toscana Classica. Ha scritto anche i libri “My name is
Pasquale”, dedicato a Nicola Arigliano (con Ernesto de Pascale, Stampa
Alternativa 2003) e Jethro Tull (Editori riuniti 2003).
Dal 2011 ha diretto il sito Il popolo
del Blues (www.ilpopolodelblues.com)
ed è stato uno dei conduttori dell’omonimo programma radio su Controradio
Firenze.
È stato anche presidente dell’Agimp
(Associazione giornalisti e critici musicali legati ai linguaggi popolari) e fa
parte dell’European Folk Network.
Dal 2009 delegato per la Toscana
della Casagit (Cassa assistenza integrativa giornalisti) e dal 2020 consigliere
dell’Ordine dei giornalisti della Toscana.
Oltre al giornalismo, la sua grande
passione era la musica, ed era proprio grazie a quest'arte che Michele aveva
regalato ai lettori autentiche perle, non soltanto con recensioni di brani e di
album, ma soprattutto con interviste in cui emergevano sempre la sua competenza
e la sua conoscenza anche storica degli eventi musicali e di cronaca, che
sovente abbinava agli articoli per meglio inquadrare le persone di cui
scriveva. Aveva conosciuto tutti i più grandi artisti del blues e del rock, da
B.B.King a Ian Anderson (tanto per citare solo due grandi con i quali
ricordiamo anche sue disinvolte conversazioni telefoniche dal giornale, in
perfetto inglese), ma aveva pure scoperto giovani talenti italiani.
Appreso del malore fatale che lo ha
colpito a Roma, l'Ordine dei giornalisti e l'Associazione Stampa Toscana lo
hanno ricordato sottolineando "la grande ed esemplare
professionalità".
G.O.L.E.M:
G.O.L.E.M (Gravitational objects of light, energy and mysticism)
Black Widow Records - 2022 - ITA
Di Valentino Butti
Un nuovo progetto si è affacciato
ultimamente nel panorama hard-prog italiano, quello dei G.O.L.E.M (cioè Gravitational object of light,
energy and mysticism). Una band dal sound rigorosamente vintage, con
strumentazione adeguata, due tastieristi e… senza chitarrista.
Autore di quasi tutti i brani è il “vulcanico”
Paolo “Apollo” Negri (ex Wicked Minds, che si occupa di hammond e synth
vari) coadiuvato dal bassista Marco Zammati. Completano l’organico Emil
Quattrini (piano elettrico, mellotron), Francesco Lupi (batteria) e Marco
Vincini (dei Mr. Punch, alla voce).
Nei quaranta cinque minuti (e sei
brani) che compongono l’album (uscito in CD, LP e formato digitale) emerge
prepotente l’amore per le sonorità seventies più hard ed oscure, di band
seminali quali Atomic Rooster, Quatermass, ma anche Uriah Heep, Black Sabbath e
Deep Purple. Un lavoro carico di energia, roccioso, dinamico e… mistico.
Le tematiche affrontate nei testi,
invece, sono quanto mai attuali, narrando di emigrazione, ecologia, ma anche di
passione ed amore. “Devil’s gold”, introdotta dallo hammond di Negri,
nasce dai profondi ’70, con una ritmica possente, un cantato ad hoc e le tastiere
a menare le danze. Il pianoforte smorza, brevemente, i toni, il moog si fa
sentire ed il cantato di Vincini si fa sofferto, poi lo hammond torna a ruggire
sino alla chiusura del pezzo.
Una lunga e lugubre introduzione
affidata a tastiere e basso, dà il “là” a “Five obsidian suns”, che si
caratterizza per l’atmosfera malinconica, soprattutto nella prima metà. Uno
sfolgorante “solo” di synth, bissato da quello di hammond, riporta energia al
brano. Anche il cantato diventa più aggressivo e graffiante, finché, sul
finale, vengono riprese le sonorità introduttive.
“The logan stone” è fortemente
debitrice degli Uriah Heep degli anni d’oro, mentre, prima di prendere le
coordinate hard-rock, è davvero notevole l’introduzione al pianoforte di “The
man from the emerland mine”. Le “svisate” di hammond non si contano e la ritmica
sempre granitica.
Meno debordante “Marbles eyes”,
con in evidenza il moog ed un’altra sofferta interpretazione di Vincini.
Chiude l’album la mini-suite “Gravitational
objects of light, energy and mysticism”: anche qui non mancano i “funambolismi”
di Negri e Quattrini, sostenuti da un basso ipnotico e batteria solida.
Insomma, lo avrete capito, l’esordio
dei G.O.L.E.M. è davvero ottimo: coinvolgente, energico, appassionato e
decisamente imperdibile per gli amanti di certe sonorità che hanno segnato più
di un’epoca.
Ci ha lasciato Klaus Schulze, il
pioniere della kosmische musik tedesca, morto all'età di 74 anni.
A dare l'annuncio è stato il figlio con
una nota sintetica: "Con profondo dolore dobbiamo informarvi che Klaus
è venuto a mancare ieri, 26 aprile 2022, all'età di 74 anni dopo una lunga
malattia, ma tuttavia improvvisamente e inaspettatamente. Non solo lascia una
grande eredità musicale, ma anche una moglie, due figli e quattro nipoti. A
nome suo e della famiglia, vogliamo ringraziarvi per la vostra lealtà e il
vostro sostegno nel corso degli anni: ha significato molto! La sua musica
continuerà a vivere e anche i nostri ricordi".
Nato a Berlino, il 4 agosto 1947,
Schulze è stato per breve tempo membro dei Tangerine Dream e dei gruppi Ash Ra
Tempel e The Cosmic Jokers.
La sua spettacolare carriera da solista
- inaugurata dal monumentale "Irrlicht" del 1972 - lo ha visto
pubblicare più di 50 album in cinque decenni, esplorando l'elettronica in tutte
le sue sfumature, dall'ambient alla techno, e realizzando anche le colonne
sonore di numerosi film.
Considerato uno dei pionieri e dei rappresentanti dello stile
krautrock, Schulze è riconosciuto per essere stato un anticipatore di molti
generi e stili della musica elettronica. Il suo stile fatto di "ritmi
ipnotici e vortici tessiturali informi.
«Schulze cesellò... un'estetica
che eredita dai raga il senso del tempo, dal jazz la spontaneità e dai
sinfonisti tardo-romantici un vizio di grandeur... Con lui l'organo da cattedrale,
i ritmi sintetici, i timbri del synth, la suite di mezz'ora e più, diventano
non più esperimenti d'avanguardia, ma stereotipi di consumo.»
Anche il grande fotografo Roberto Masottici
ha lasciato….
Rip!
Wazza
Ravenna, 25 aprile 2022 - Si è spento
Roberto Masotti, aveva 75 anni, piegato da una malattia che lo aveva colpito un
anno e mezzo fa. E Ravenna perde il fotografo della musica, un artista di
livello internazionale. Aveva immortalato tutti i più grandi, da Demetrio
Stratos, a Jan Garbarek, poi James Brown, Lou Reed, Miles Davis, Riccardo Muti,
Vladimir Horowitz, Leonard Bernstein... ma l’elenco potrebbe continuare
all’infinito. Assieme alla moglie Silvia Lelli creò la sigla Lelli e Masotti,
un marchio di qualità, come il loro lavoro, che li portò anche alla Scala di
Milano.
Il jazz era il suo grande amore, nei
festival non mancava mai. Celebri le sue foto del grande pianista americano
Keith Jarrett, cui aveva dedicato da poco un nuovo libro, mentre un altro su
Franco Battiato è in pubblicazione proprio in questi giorni. Masotti aveva
studiato a Firenze, per poi trasferirsi a Milano, nel 1974, ma non aveva
dimenticato Ravenna. Nel 2017 al Mar era stata allestita una mostra del suo
lavoro svolto negli anni assieme a Silvia. Foto vibranti, perché Roberto
riusciva a catturare l’attimo della grande passione per la musica. In uno
scatto si vedeva un giovanissimo Jan Garbarek intento a suonare il sax e lo
scatto di Masotti esaltava il sorriso di un felice Keith Jarrett al piano, in
estasi per il sound perfetto che stava nascendo da quell’incontro di giganti.
In un’altra foto coglieva l’attimo in cui Leonard Bernstein, durante una prova
a Milano, chiudeva gli occhi, mentre portava una mano sul petto, come per far
entrare la musica nel suo cuore. Mancherà a tutti Roberto, un grande fotografo,
un artista.
Imbattersi, forse non troppo casualmente, in un’opera sofisticata
come “An Ambassador In Bonds” dei Compassionizerprovoca gioia e felicità. Per tanti
motivi. Primo, sono dei musicisti veramente capaci; secondo, sanno trasmettere
i loro sentori e senza strafare; terzo, sono un gruppo transnazionale che
abbraccia ciò che ora è diviso, infatti provengono da Russia, Germania e
Ucraina.
L’ensemble
Compassionizer è un progetto nato nel 2020 durante il lockdown e prende il nome
da un album del 2007 di Roz Vitalis, con l’idea metafisica che sia fare musica
che ascoltarla dovrebbe contribuire allo sviluppo di qualità umane come
simpatica, empatia e compassione.
Il titolo dell’album (il loro secondo) è una metafora di una persona
che svolge il proprio ministero e missione in qualsiasi area della creatività e
si trova di fronte alla necessità di superare vari vincoli. Esso contiene
diversi strumenti, tra cui non solo sintetizzatori e chitarre, ma anche
clavicembalo, clarinetto basso, clarinetto, tromba, doira, rubab, ecc.; quindi
Oriente e Occidente. Suono insolito, composizioni polifoniche, tempi dispari,
melodie accattivanti, stati d’animo oscuri, atmosfera ipnotica, ossia un
incrocio fra world music, avant-jazz, camera avant-Prog, psichedelica ed
elettronica. Questo, in sintesi,
quello che vi aspetta ascoltando il disco in questione. Ma c’è di più, andando
in profondità.
CLICCARE SUL TITOLO PER ASCOLTARE
“FollowAfter Meekness” annuncia l’avvio delle danze con rintocchi di un piano
interrogativo, ma subito dopo si mette in pratica l’alchimia sonora dei nostri,
grazie a un coacervo di idee mescolate insieme sulla falsariga di un messaggio
di coesione sociale.
“Different Sides of Ascension” corre verso
l’azzurro, armonica e bilanciata come fosse un soffio di vento gentile. La
linea di clarino è solenne, ma lascia spazio alle percussioni ora minacciose,
ora soft.
“Caress of Compassion (Part 4)” pare una favola
raccontata da chi ci ama, un forte messaggio simbolico che potrebbe essere
portato al Cremlino d’oggigiorno. Non essendoci mai fine alla follia umana, chi
può medicarla se non la compassione e il Bene supremo?
“The Man That Sitteth Not in the Seat of the Scornful”
è dark e a tratti marziale, una traccia dove non c’è compromesso. Questa
visione fa parte della natura, ma va stemperata con l’impegno. Ma ora siamo
qui.
“An Ambassador in Bonds (Part 1 e 2)” sono il fulcro
dell’album, due sguardi contrapposti alla mercè della pietà caritatevole che
contraddistingue la maggior parte di noi. Forse. Il lavoro d’intersezione fra
gli strumenti crea un insieme pieno e benevolo, a tratti liquido, che vuole
raggiungere il cuore dell’ascoltatore. La seconda parte ha i fiati come
elemento predominante, espressione di una processione d’anime che si ritrovano
a parlare, proseguendo nel dialogo.
“I Am Sitting on the Pier” ossia metafora d’attesa e
speranza. Rappresentata magistralmente dalla dolcezza e dalla concretezza degli
strumentisti, vuole attirare a sè un migliaio di occhi per carpirne il
messaggio.
“Hard-Won Humility” è sentore di sorpresa che si
trasforma nel pezzo migliore del disco. Atmosfere simili portano in un mondo
onirico difficile da ritrovare altrore. Le percussioni sono magnetiche, ma è il
lavoro delle tastiere che provoca magia. Il wah wah della chitarra, dosato nei
giusti termini, aggiunge quel tocco che completa il quadro insieme al
clarinetto fatato.
“An Ambassador in Bonds (Part 3)” riprende da dove
era finita la seconda parte, ed è ancora una volta la celestiale impronta che i
Compassionizer vogliono imprimere al nostro sentore. Il loro intento, spiegato
all’inizio dell’articolo, riesce in pieno nell’impresa prefissata.
“Bear Ye One Another’s Burdens”, ultima
mastodontica traccia del disco, con i suoi oltre 13 minuti, mette in evidenza
tutti i pregi dei vari membri del gruppo, in un gioco intrepido che vuole
rimarcare le caratteristiche di ognuno, ma in maniera coesa e fantasiosa. Si
attraversano diverse stanze della natura umana, in un paradigma che fa sembrare
questo pezzo come un disco nel disco.
Per varietà, impressioni e volontà resta un meraviglioso esempio
di cosa rappresenti la Musica attuale e vera. Uno sforzo stilistico senza pari.
Un consiglio: fatelo vostro.
Tracklist:
01 Follow After Meekness 8:15
02 Different Sides of Ascension 3:54
03 Caress of Compassion (Part 4) 3:35
04 The Man That Sitteth Not in the Seat of the
Scornful 3:34
05 An Ambassador in Bonds (Part 1) 5:00
06 An Ambassador in Bonds (Part 2) 3:05
07 I Am Sitting on the Pier 3:12
08 Hard-Won Humility 7:17
09 An Ambassador in Bonds (Part 3) 4:10
10 Bear Ye One Another’s Burdens 13:20
Band:
Bayun The Cat – basso synth, tbilat, cowbell
Serghei
Liubcenco – chitarre acustiche ed elettriche, basso, rubab, doira, batteria e
alter percussioni
Leonid
Perevalov – clarinetto basso, clarinetto
Ivan
Rozmainsky – concezione del progetto, clavicembalo, Arturia MiniBrute,
sintetizzatori, campaneAndRey Stefinoff – clarinetto
Autori: Paolo Cochi, Nino Marazzita, Francesco
Bruno
Edizioni: Runa Editrice
Anno: 2022
Recensione a cura di Fabio Rossi
Lo scorso 15 aprile ho partecipato presso il ristorante romano Il
Biondo Tevere alla presentazione del libro L’ultima
notte di Pasolini.
La location non è stata scelta a caso atteso che il poeta scomodo
fu visto vivo l’ultima volta proprio all’interno di quell’esercizio commerciale.
Si trovava in compagnia del ragazzo di vita Giuseppe Pelosi, con il quale si
diresse poi all’Idroscalo di Ostia dove, la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975,
fu barbaramente assassinato.
Oltre al saggista Paolo Cochi e all’Avvocato Nino Marazzita (degli
autori era assente per motivi personali il criminologo Francesco Bruno), hanno
presenziato all’evento la sociologa e criminologa Tonia Bardellino e il
conduttore di Radio Cusano Campus Fabio Camillacci.
Si è trattato di un avvenimento appassionante che avrebbe meritato
una cornice di pubblico maggiore, ma ormai sono abituato a vedere deserte le
presentazioni di saggi perché in Italia la cultura è da troppo tempo snobbata
come la peste bubbonica. Gli assenti hanno sempre torto, ma mai come in questa circostanza.
Davvero un peccato, perché l’argomento trattato è uno di quelli che non
tramontano mai. Di rilievo soprattutto l’intervento accuratamente dettagliato dell’anziano
Avvocato Marazzita, all’epoca legale della famiglia Pasolini.
L’esposizione dei fatti ha certificato ancora una volta l’ipotesi che
i mandanti e gli autori (a parte il Pelosi) dell’orribile uccisione rimangono sconosciuti.
Giova ricordare che la sentenza di primo grado del Tribunale dei Minori di Roma
datata 25 aprile 1975, giudicò il Pelosi colpevole di omicidio volontario in
concorso con ignoti. Era sin troppo evidente che un delitto così efferato (il
corpo era irriconoscibile) perpetrato ai danni di un uomo atletico e robusto
come Pasolini non poteva mai e poi mai essere stato commesso da un’unica
persona, peraltro di corporatura mingherlina. Eppure, la Procura Generale
impugnò inopinatamente la sentenza, affermando il concetto che a commettere l’omicidio
fu il solo Pelosi, quasi si volesse evitare a tutti i costi l’individuazione
dei soggetti presenti sulla scena del crimine e, in particolare, dei possibili
mandanti.
Gli esami effettuati nel 2010 sui reperti conservati al museo
Criminologico di Roma appurarono, peraltro, la presenza di tre profili genetici
attribuiti ad altrettanti ignoti che con ogni probabilità parteciparono al
massacro di Pasolini. Uno dei tanti eventi delittuosi italiani, pensiamo alla
strage di Piazza Fontana a Milano o di Piazza della Loggia a Brescia, che
rimangono irrisolti e non soltanto perché le indagini non sono state eseguite
correttamente: a buon intenditor poche parole.
Come si evince dalla foto, abbiamo proceduto a uno scambio
culturale con Cochi il quale, appassionato degli Emerson, Lake & Palmer, si
è assicurato una copia del mio libro sul trio inglese.
L’ultima notte di Pasolini si apprezza per la ricostruzione
minuziosa di Paolo, i ricordi di Mazzarita e la parte più precipuamente
criminologica affidata a Bruno. Il saggio merita attenzione anche per la
presenza dei documenti ufficiali salienti relativi agli atti processuali e
d’indagine.
Giorgio “Fico” Piazza, bassista e cofondatore della PFM / Premiata Forneria
Marconi,con la mitica band nella realizzazione dei primi storici
album, vette seminali del Rock Progressivo Italiano, quando arrivo è già
comodamente seduto insieme a Diana,inseparabile compagna, al tavoloriservato per MAT2020 al Bar Verga di Milano da Lorella
Brambilla, manager de La Cruna del Lago, validissima Rock Band
toscana Progressive, qui per la presentazione alla stampa specializzata ed agli
addetti ai lavori dell’album di debutto “Schiere di Sudditi”, per la
quale rinvio all’articolo con video intervista e video del live unplugged
conclusivo della band, sempre realizzati per MAT2020 e già pubblicati su questo
nostro blog.
La bella zona
semicentrale della quale il Bar Verga Milano è un tipico locale, ritrovo
frequentato per Aperitivi tra Jam e Live Unplugged, è lontana dal
traffico cittadino e sufficientemente tranquilla anche oggi, in questo sereno
tardo pomeriggio primaverile; abbiamo ancora tutto il tempo che ci serve prima
dell’inizio della serata e ne approfittiamo per uscire a fare quattro passi nei
dintorni e scambiare due chiacchiere con Giorgio Piazza, per una video
intervista con alla mano tanto di Action Cam GoPro, maun po' più alla maniera della antica Scuola
di Atene, come libera conversazione passeggiando all’aperto tra allievo e maestro,
ma che in questo caso possiamo condividere integralmente con tutti qui su
MAT2020.
Giorgio è fin da
subito aperto ed estremamente disponibile; da Maestro, conversando - quasi
un interplaytra musicisti in vena di
improvvisazione ma con un grande bagaglio di tecnica, esperienza e passione dalle
quali attingere - diventa presto per me un vecchio compagno di avventure o
di scuola - il “Piazza” - certo, uno delle classi più in là e non certo un
“primino” come me, mentre le parole scorrono con grande naturalezza e senza
seguire necessariamente uno schema rigido tra domande e risposte, tra presente,
storia, passato e progetti futuri, diversi concetti per intendere e fare
musica, ricerca ostinata della perfezione quanto trasmissione di emozioni tra
musicisti, palco e sala quanto di scintille che la facciano scattare, rapporto
tra composizione, registrazione in studio e musica dal vivo, importanza
decisiva dell’intenzione e dei dettagli nell’esecuzione e nell’interpretazione,
ricerca del suono e della musica in quanto tale quanto libera da immagine e
immagini non sempre necessarie, capacità e talento di molti giovani
nell’incontro con qualità, esperienza e visione di qualche anziano inarrestabile,
qualche considerazione sulla scena musicale, sulle difficoltà soprattutto
organizzative attuali e sulla determinazione per affrontarle e superarle
perseguendo la propria strada, equivoci tra originali, tributi e cover … e così
via, per più di mezzora in piena libertà, per poi rientrare in fretta insieme
al Bar Verga e ammirare il nuovo lavoro dei “ragazzi” de La Cruna del Lago,
musicisti veri che già “Il Piazza” ha apprezzato di persona in concerto alla
scorsa edizione del Trasimeno Prog Festival.
Nella video intervista
con Giorgio, per me istruttiva oltre che piacevolissima, possiamo trovare tutto
questo e molto altro ancora, compresi dettagli almeno per me inediti e tutti da
approfondire, ma soprattutto la dirompente simpatia, personalità e vitalità
musicale e umana di Giorgio.
Giorgio “Fico” Piazza ha vissuto da protagonista una stagione memorabile della musica e
della cultura, avrebbe già moltissimo da raccontare ma da qualche anno ha
ritrovato la volontà, le motivazioni, la determinazione ed il piacere di
tornare a costruire musicalmente il futuro, ripartendo dal lavoro
indimenticabile realizzato cinquant’anni fa con la PFM ma con rinnovata
energia.
La Giorgio Piazza
Band è composta da un gruppo di giovani musicisti preparatissimi e tecnicamente
all’altezza per supportare al meglio la volontà di Giorgio di riproporre il
repertorio dei primi bellissimi quanto ancora attuali due album della PFM con
il perfezionismo filologico desiderato quanto con la capacità di trasmettere al
pubblico le stesse emozioni originali, ma continuamente rinnovate ed estese in concerto
con il pubblico.
Grazie ancora Giorgio,
buona visione e buon ascolto.
“La solitudine non è vivere da soli,
la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che
sta dentro di noi.”
(Josè Saramago)
21 aprile
Il testo completo del Discorso
all'Umanità pronunciato da Charlie Chaplin nel finale del film Il Grande
Dittatore del 1940.
«Mi dispiace, ma io non voglio
fare l'imperatore. Non voglio né governare né comandare nessuno. Vorrei aiutare
tutti: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo
unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non
odiarci e disprezzarci l'un l'altro. In questo mondo c'è posto per tutti. La
natura è ricca e sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e
magnifica, ma noi l'abbiamo dimenticato. L'avidità ha avvelenato i nostri
cuori, fatto precipitare il mondo nell'odio, condotti a passo d'oca verso le
cose più abiette.
Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci
siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà, la
scienza ci ha trasformati in cinici, l'abilità ci ha resi duri e cattivi.
Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità, più che
abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è vuota e
violenta e tutto è perduto. L'aviazione e la radio hanno avvicinato la gente,
la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell'uomo, reclama la
fratellanza universale. L'unione dell'umanità. Persino ora la mia voce raggiunge
milioni di persone.
Milioni di uomini, donne, bambini
disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di segregare, umiliare
e torturare gente innocente. A coloro che ci odiano io dico: non disperate!
Perché l'avidità che ci comanda è soltanto un male passeggero, come la pochezza
di uomini che temono le meraviglie del progresso umano. L'odio degli uomini
scompare insieme ai dittatori. Il potere che hanno tolto al popolo, al popolo
tornerà. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati!
Non cedete a dei bruti, uomini che vi comandano e che vi disprezzano, che vi
limitano, uomini che vi dicono cosa dire, cosa fare, cosa pensare e come
vivere! Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie! Voi vi
consegnate a questa gente senza un'anima! Uomini macchine con macchine al posto
del cervello e del cuore.
Ma voi non siete macchine! Voi non
siete bestie! Siete uomini! Voi portate l'amore dell'umanità nel cuore. Voi non
odiate. Coloro che odiano sono solo quelli che non hanno l'amore altrui.
Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate che nel Vangelo
di Luca è scritto: «Il Regno di Dio è nel cuore dell'Uomo». Non di un solo
uomo, ma nel cuore di tutti gli uomini. Voi, il popolo, avete la forza di creare
le macchine, il progresso e la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare
sì che la vita sia bella e libera.
Voi che potete fare di questa vita
una splendida avventura. Soldati, in nome della democrazia, uniamo queste
forze. Uniamoci tutti! Combattiamo tutti per un mondo nuovo, che dia a tutti un
lavoro, ai giovani la speranza, ai vecchi la serenità ed alle donne la
sicurezza. Promettendovi queste cose degli uomini sono andati al potere.
Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. E non ne
daranno conto a nessuno. Forse i dittatori sono liberi perché rendono schiavo
il popolo.
Combattiamo per mantenere quelle
promesse. Per abbattere i confini e le barriere. Combattiamo per eliminare
l'avidità e l'odio. Un mondo ragionevole in cui la scienza ed il progresso
diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati! Nel nome della democrazia siate
tutti uniti!».
Incontro
al Bar Verga di Milano per l’anteprima del nuovo Album
“Schiere
di Sudditi”
Milano, 15
aprile 2022 per MAT2020
Mario
Eugenio Cominotti-Impressioni, video intervista e video live
Alice
Bellati-Reportage fotografico
LA CRUNA DEL LAGO è una
nuova formazione di giovani quanto provetti musicisti e session man di grande
esperienza, al debutto con il primo album del loro nuovo progetto artistico, Schiere di
Sudditi, in distribuzione con l’etichetta ZdB dal 20 aprile 2022
anche su tutte le piattaforme in rete.
La band toscana ha debuttato in concerto,
già con un’ottima risposta da parte del pubblico, alla scorsa edizione del Trasimeno
Prog Festival, dove ha aperto felicemente la strada nientemeno che al live
del Banco del Mutuo Soccorso.
La Line up de La Cruna
del Lago è formata da Andrea Bruni alla batteria e ai cori, Matteo
Tuci al basso, Pino Polistina alle chitarre e seconda voce e da Carmelo
“Melo” Arena, voce solista e tastiere.
Incontro i ragazzi della band per
la prima volta qui al Bar Verga di Milano per il terzo dei loro Showcase
organizzati tra Roma, Milano e il Centro Italia, grazie alla loro infaticabile manager
Lorella Brambilla, dalla quale abbiamo raccolto l’invito per MAT2020
grazie al nostro direttore Athos Enrile.
Il nostro gruppo è piuttosto folto e
ben “qualificato”: oltre ad Alice per il reportage fotografico
pubblicato in anteprima (https://mat2020.blogspot.com/2022/04/la-cruna-del-lago-in-concerto-al-bar.html)
ed io per articolo, videointerviste e riprese video, sono con noi la mitica Zia
Ross, curatrice delle sempre puntualissime e richiestissime Tour Dates
di MAT2020, insieme all’inseparabile Gianfranco, meglio noto come “Il
Professore” … del Prog naturalmente; completa alla grande il gruppo, come
sempre insieme alla splendida compagna Diana, nientemeno che Giorgio
“Fico” Piazza, davvero Lui, il mitico bassista di quella che per me resta
sempre la migliore PFM, quella dei primi storici due album,
indistruttibile monumento del prog italiano da cinquant’anni. Giorgio Piazza,
in attesa dell’inizio della serata, mi ha inoltre concesso il piacere e l’onore
di una lunga e simpaticissima quanto preziosa videointervista, che
troverete sempre qui su MAT2020 come sul mio canale youtube
“lostinasubway”.
Dopo la gradevolissima intervista
con Giorgio, a passeggio per i dintorni di questa bella zona semicentrale
milanese (Corso Vercelli / Piazza Piemonte), rientriamo per tempo al Bar Verga,
dove ritrovo lo staff del locale e il carissimo boss del Verga, Beppe Di
Mango, che non rivedevo da almeno un paio di anni, anche grazie ai danni causati
dalla recente pandemia.
Il Bar Verga Milano è un classico
locale della zona, tipicamente ritrovo di appassionati di buona Musica per
Aperitivi “in Amicizia”, tra Jam e Live Unplugged godibilissimi e
spesso davvero eccellenti. Qui ho tanti bellissimi ricordi, negli anni
precedenti avevo suonato con la precedente e indimenticabile formazione del nostro
Tributo ai Jethro Tull, JTBTB, per un set Unplugged unico; più
recentemente ho suonato qui con il quartetto acustico SWITCH e con il
Duo THE FLIGHT per una serata unplugged inedita interamente dedicata al
repertorio dei Genesis, percorrendo tutta la loro storia artistica con
le diverse formazioni … quanto basta veramente per non dimenticare un locale
così, e giusto nel cuore della mia Milano.
Lorella mi
presenta i musicisti de La Cruna del Lago, subito disponibili per una
ricca videointervista che potete apprezzare sempre qui sul Blog
di MAT2020.
Ci troviamo subito a nostro agio,
come tra vecchi amici appassionati di musica, chiacchierando in scioltezza un
po' di tutto, dalla nascita e dallo sviluppo di questo nuovo progetto artistico
- in cui tutti credono moltissimo -, sino al loro approccio e visione della
musica, sia come band sia come ruolo dei singoli componenti, ognuno dei quali
dà il proprio personale contributo per il risultato finale, sempre firmato
collettivamente all’unisono.
Dopo l’intervista e l’aperitivo con
gli ospiti in sala inizia la serata con i musicisti de La Cruna del Lago
sul palco del Verga, per la presentazione dell’album Schiere di Sudditi
e l’ascolto di alcuni brani del lavoro in studio di registrazione, prima di
rispondere alle domande di giornalisti e addetti ai lavori e per concludere con
la proposta di un brano dal vivo in acustico.
Si parte con la applaudita proiezione
del video, al momento ancora inedito, “La giostra”, il potente brano
che apre l’album, manifesto del progetto artistico che bene esprime tutta
l’energia e le potenzialità LIVE del lato più Rock ed “elettrico” della band. Anche
il video, del quale confidiamo nella prossima pubblicazione in modo da poter
inserire il collegamento anche qui, è ben realizzato e montato, quanto di
grande efficacia visiva e complementare al brano; si parte dalla nostra galassia
(… la giostra?) per raggiungere rapidamente la terra con un velocissimo zoom, mentre
incalzano le tastiere nell’intro del brano, fino a raggiungere la band al
completo e “open air” nel pieno dell’azione live, immersi in uno scenario
naturale e … forse non a caso … circondati da rocce imponenti … Rock On!
…
Viene immediatamente voglia di
apprezzare La Cruna del Lago anche su un grande palco con una potente e
precisa amplificazione, e speriamo a breve, anche perché è loro dichiarato
impegno riproporre i brani dal vivo così come realizzati in studio, oltre che
arricchendoli ulteriormente nel live con ampie aperture strumentali e
solistiche, possibili grazie alla capacità tecnica dei musicisti ed alla loro
grande voglia di esprimersi suonando sul palco trasmettendo emozioni al
pubblico.
Si passa quindi all’ascolto del
secondo brano dell’album, “Mantide agnostica”, anche questo di grande
impatto quanto ben articolato e strutturato nell’arrangiamento e nello
sviluppo, oltre che apprezzabile per testo, melodie e riff incisivi, che si
alternano vorticosamente e mai banalmente. Ottimi anche i suoni, spesso ben
scelti ed evocativi, a partire dalle tastiere sempre ben calibrate, tutte le
parti sono poi miscelate al meglio con il missaggio finale in studio.
Dopo un interessante e ricco
“botta e risposta” tra palco e sala condotto da Luca Fassina, costante e
perfetto anfitrione di tutta la serata, viene proposto l’ascolto del brano che
chiude l’album, “Acqua da Marte”, traccia di grande impatto ritmico e
caratterizzata soprattutto all’avvio da un potente riff che a me chissà perché
richiama ancora gli amatissimi vecchi “Atomic Rooster” (… tra l’altro pare che
quest’anno addirittura, anche se non ho idea con quale line up, chiuderanno
l’edizione 2022 del festival Prog di Veruno).
Anche qui lo sviluppo del brano è
estremamente articolato e ricco di piacevoli sorprese per l’ascolto, come i due
pregevoli e intensi assoli in rapida successione di chitarra elettrica e
sintetizzatore che spiccano letteralmente il volo sull’incalzante ritmica che
non concede tregua fino alla fine del brano e dell’album.
Si prosegue con la proiezione del
video del brano “Stato”, dalle tinte forti sia nelle note che nelle
immagini. Il video è costruito con l’utilizzo di immagini storiche e di
pubblico dominio che manipolate con una micidiale capacità di elaborazione ed
attraverso sapienti animazioni riescono a coniugarsi perfettamente con i
contenuti del brano e del testo ottenendo un efficacissimo effetto
moltiplicatore. Il video di “Stato” è assolutamente consigliato ed è già
fruibile in rete anche attraverso il link dal nostro blog.
Arriva così finalmente l’atteso
momento del live, con il quale scatta subito la magia della musica dal
vivo e dell’intensità del rapporto palco/sala musicisti/pubblico, la magia che
nasce con la necessaria abilità e la capacità espressiva per comunicare le
emozioni, qui a partire dall’avvolgente e coinvolgente assolo di Pino alla chitarra
acustica, magnifico preludio alla poetica ballad unplugged e corale “Illogica
distanza” che, già pregevole nella versione in studio, trova una nuova e ancora
più ricca dimensione dal vivo, in questa bellissima performance sul Palco del Bar
Verga Milano.
Si conclude quindi così, ancora
sulle note di “Giostra” in sottofondo, questa gran bella serata evento in
compagnia de La Cruna del Lago, con il loro solido progetto e il loro album
di esordio Schiere di Sudditi, che ricordo in distribuzione a
partire dal prossimo 20 aprile, una band vera che aspettiamo con impazienza di
ritrovare dal vivo e su un adeguato e grande palco.
Grazie e ancora una volta ... buon ascolto.
Milano, 15 aprile 2022
Mario Eugenio Cominotti per
MAT2020
La Cruna del Lago - "Schiere di Sudditi"
È il primo album di una nuova
formazione di raffinati musicisti rock che provengono dalla cosiddetta scuola
di Canterbury, ovvero quel movimento che ha dato e continua a dare tutt’ora al
rock una ricchezza di generi e contaminazioni.
Nel loro percorso di session man
hanno intrecciato e dato vita a numerosi progetti, tra cui la nuova formazione
del Rovescio della Medaglia.
Ora debuttano con un'idea che nasce
coraggiosamente in piena pandemia ed all'alba di un conflitto bellico che
scuote il Mondo.
“Il Lago evoca una situazione statica
e confortevole, ma al tempo stesso schiava della sua stessa quiete. Una sorta
di bambagia sociale, un comodo confine dentro al quale il timore ha già
relegato la maggior parte degli individui.
La Cruna esprime l’idea di uscire
dalla staticità per affrontare l’ignoto”.
CREDITI
Testi e musica di: Andrea Bruni, Pino
Polistina, Carmelo J. Arena