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martedì 11 marzo 2025

IKITAN - Shaping The Chaos-Commento di Luca Paoli

 


IKITAN - Shaping The Chaos

Di Luca Paoli

 


Pubblicare un album rock strumentale oggi potrebbe sembrare una scelta rischiosa, data la difficile situazione dell'industria musicale. Eppure, l'abilità di quei musicisti che si avventurano su questo terreno merita senza dubbio rispetto. Raccontare una storia esclusivamente attraverso gli strumenti non è semplice: richiede una combinazione di tecnica e immaginazione per suscitare emozioni senza l'ausilio di parole.

"Shaping The Chaos" degli IKITAN si inserisce perfettamente in questa dimensione, presentandosi come un viaggio musicale che si sviluppa in nove tracce, ognuna ispirata a fenomeni naturali e luoghi affascinanti del nostro pianeta … è il primo album completo della band, dopo l’EP di debutto Twenty-Twenty.

Registrato tra il 2021 e il 2025 presso i Marsala Studios di Genova, il disco è distribuito da Taxi Driver Records.

Il sound della band si distingue per la fusione di post-rock, metal, stoner, psichedelia e influenze progressive. Chitarre eteree, un basso profondo e una batteria potente creano un'esperienza di ascolto coinvolgente e dinamica, arricchita da un’ottima registrazione che enfatizza ogni dettaglio sonoro.

Il lavoro si sviluppa in nove tracce distinte, con sette di esse nella versione vinile. Rispetto al precedente EP, che si presentava come una suite unica di 20 minuti e 20 secondi, Shaping The Chaos porta la band a esplorare strutture più articolate, ma mantenendo un carattere strumentale inconfondibile.

L'album prende il via con "Chicxulub", una traccia atmosferica che evoca il drammatico impatto dell'asteroide che segnò l’estinzione dei dinosauri, creando un'atmosfera di mistero.

Con "Lahar", i ritmi energici e potenti trasmettono la furia delle correnti di gas e cenere vulcanica, mentre "Darvaza" ci immerge in sonorità ipnotiche, che ricordano il cratere infuocato in Turkmenistan.

"Sailing Stones" ci porta nel deserto della Death Valley, con melodie fluide e ritmi che sembrano danzare al ritmo delle misteriose pietre mobili.

"Natron", arricchita dal violino di Roberto Izzo e dalle percussioni di Olmo Manzano, esplora un’atmosfera profonda e meditativa, ispirata al lago Natron in Kenya … dieci minuti di pura magia.

La traccia successiva, "Bung Fai Phaya Nak", ci immerge in un'atmosfera esotica, dominata da ritmi pulsanti e da riff di chitarra che ne sono i protagonisti. Sebbene non manchino momenti di quiete, questi intervalli sono brevi e subito seguiti da una nuova esplosione di energia.

"Brinicle" crea una sensazione di fredda immersione, evocando le stalattiti di ghiaccio che si formano sotto il mare … notevole il lavoro offerto da batteria e basso che dialogano con la chitarra in modo energico ma anche complesso.

"Blood Falls", ispirata alle omonime cascate in Antartide, esplora tonalità cupe e melodie malinconiche. L’album si chiude con "52 Hz Whale", un brano breve ma carico di emozione, che richiama il canto solitario della balena che emette il suono più unico e misterioso del mare.

Le tracce dell’album, con i loro titoli evocativi, ci guidano attraverso una serie di paesaggi sonori: dalla devastazione delle cascate di sangue, al cratere dell'asteroide Chicxulub, fino al misterioso canto della balena solitaria. Ogni composizione diventa una narrazione che affascina sia gli appassionati di post-rock sia coloro che cercano atmosfere più dense e sperimentali.

"Shaping The Chaos" è uscito il 7 marzo 2025 in concomitanza con il Bandcamp Friday, con un release party il 9 marzo presso Flamingo Records Store a Genova.

La versione fisica del disco, disponibile in CD e vinile (con 100 copie numerate a mano e un poster in omaggio), riflette l'attenzione della band per la qualità del formato fisico. La grafica dell'album è stata curata da Luca Marcenaro.

Con questo lavoro, gli IKITAN consolidano la loro maturità artistica e la loro visione musicale, offrendo un album potente e ricco di emozioni, che li posiziona come una delle realtà più interessanti del panorama heavy post-rock italiano.

 

Track List:

Chicxulub

Lahar

Darvaza

Sailing Stones

Natron

Bung Fai Phaya Nak

Brinicle

Blood Falls

52 Hz Whale


Secondo alcune leggende, IKITAN è il Dio del suono delle pietre, ed è stato riportato in vita da: 

Luca Nasciuti: chitarre 

Frik Et: basso 

Enrico Meloni: batteria e cowbell 

Olmo Manzano: percussioni su “Natron” 

Roberto Izzo: violino su “Natron”

 



Ricordando Keith Emerson

"Quella era un'epoca di grandi sperimentazioni ed eravamo eccitati per la direzione che prendeva il nostro suono, così come lo era il nostro pubblico.

Percorrevamo la stessa strada. Ascoltavo la Premiata Forneria Marconi e il Banco, e con gli ELP formammo un’etichetta, la Manticore, per incoraggiare queste band. Non ho mai avuto a che fare con la PFM quanto Greg e Pete Sinfield, ma eravamo amici e ho visto i loro concerti, li ammiravo molto". (Keith Emerson)

Ci lasciava tragicamente l’11 marzo 2016 Keith Emerson…

Per non dimenticare!

Wazza

A seguire il ricordo di Gianni Nocenzi


Per Keith...

Ho conosciuto e amato Emerson grazie ad un suono, e grazie a quel suono è nata la mia passione per il timbro che mi accompagna da sempre. Ricordo la grande emozione di musicista poco più che adolescente quando ascoltai per la prima volta il ‘solo’ di Keith sul finale di ‘Lucky Man’. Una sonorità all’epoca inaudita e meravigliosa ed il fraseggio che l’aveva subito fatta propria adattandovisi con grande maestria. Un suono che si impennava alle ottave superiori in maniera completamente diversa da come puoi fare con un normale ‘glissato’ su una tastiera. Qui si sentiva il passaggio da un’altezza a un’altra passando per tutte le frequenze, hertz per hertz. L’ottava non era più divisa nei consueti 12 semitoni del sistema temperato e si andava ben oltre i quarti o addirittura gli ottavi di tono. Era il ‘Glide’, circuito implementato dal genio di Robert Moog, ed altri pionieri come Buchla, nei primi sintetizzatori analogici. Di un colpo con i synth si era azzerato il dilemma del dividere in parti uguali (quante?) l’ottava, dilemma che aveva impegnato tutti i più grandi pensatori da Pitagora a Vincenzo Galilei (padre di Galileo), Newton etc: tutte le frequenze avevano uguale diritto di cittadinanza, erano tutte suonabili senza soluzione di continuità, con conseguenze potenzialmente esplosive sull’armonia. 


Keith con il coraggio e la curiosità del pioniere portava in musica l’invenzione tecnologica non limitandosi a subirne il fascino o esponendola/imponendola come nuovo potere incantatorio per il pubblico, ma la penetrava con la sua arte e la trasformava subito in mezzo espressivo di grande emozione (pochi altri in quel periodo, penso al Carlos di Arancia Meccanica).

Inutile qui che io ricordi il pianista, il virtuoso di Hammond. Che Emerson sia stato un vero e proprio caposcuola per intere generazioni di musicisti è un fatto universalmente accettato. Quello che ritengo non sia mai stato sufficientemente riconosciuto è invece il suo enorme merito di divulgatore che ha contribuito non poco ad elevare la qualità dell’ascolto del pubblico di quegli anni e del tempo a seguire. Pensando alla pochezza dell’attuale panorama musicale il coraggio di sdoganare nel rock autori di musica cosiddetta classica, rivisitandoli con l’energia e i suoni di una band elettroacustica davanti a platee gigantesche, è stato un coraggio enorme. Non solo Mussorgskij e i suoi ‘Quadri’, non a caso premiati da un successo planetario, l’attenzione di Emerson era privilegiatamente rivolta ad autori della contemporaneità del ‘900 spesso misconosciuti perfino nei Conservatori come Bartòk, Ginastera, Copland. Un grande servizio alla Musica!


E poi l’uomo. Il classico humour anglosassone con un di più di dolcezza e pacatezza. Ricordo quando con il Banco eravamo a Londra in procinto di partire per il tour Europeo per il lancio del nostro 4° disco pubblicato da Manticore. Ero in grande difficoltà. Per motivi tecnici e logistici sembrava impossibile includere nel backline del tour il mio pianoforte acustico, ma io mi ostinavo a volerlo fare rifiutando l’alternativa di un piano elettrico. Arrivò Keith e disse semplicemente: ‘Gianni, no problem’ con un sorriso dolce ed intelligente. Il giorno dopo mi trovai davanti ad un enorme flight case all’interno del quale i tecnici, su sua istruzione e lavorando tutta la notte, avevano inserito il mio pianoforte già cablato con i primi microfoni a condensatore corti e pannelli fono assorbenti, risolvendo magicamente tutti i problemi di trasporto, peso ed acustica. Da grande musicista aveva capito immediatamente che non si trattava di un capriccio ma che il piano elettrico avrebbe influenzato negativamente il mio pianismo e di conseguenza il suono generale del gruppo.


Nulla a che a fare con lo stereotipo della rockstar ma un mix di sensibilità, passione ed intelligenza espresse al massimo grado nella sua arte, con un talento musicale magistrale.

Ecco perché sono costernato e profondamente addolorato dopo aver letto un articolo, segnalatomi da amici indignati, nel quale viene definito 'sado-musicista' per il vezzo di infilare dei pugnali tra i tasti del suo Hammond L100 al fine di prolungarne il suono. Fin qui, secondo me, pura ignoranza (nell’etimo) da parte del giornalista. Ignoranza del personaggio e del movimento musicale dell’epoca all’interno del quale anche certi atteggiamenti sopra le righe facevano ‘glamour’ e trovavano cittadinanza per comunicare meglio con platee enormi. D’altra parte, è sempre stato così nello spettacolo e lo è ancora, spesso però senza una sottostante sostanza artistica che in Emerson era invece maiuscola. Ignoranza a parte, però, quello che ho trovato indecente e oscenamente gratuito è il collegamento, che l’ineffabile giornalista fa, con la violenza ai danni delle donne, un tema, questo sì, che meriterebbe molta più sensibilità ed accortezza. La cinica chiosa di un pezzo malnato (‘quanto al sadomusicista, con tutto il rispetto, se ne è andato da qualche anno’) la lasciamo volentieri all’autore e ce ne faremo facilmente una ragione: per chi ama la Musica la drammatica scomparsa di Keith Emerson e della sua arte lascia un vuoto enorme.”



lunedì 10 marzo 2025

NORTHWINDS-"CIRCLES (Démos et Merveilles)"-Commento di Andrea Pintelli


NORTHWINDS

"CIRCLES (Démos et Merveilles)"

Di Andrea Pintelli


I magici Northwinds nel loro ultimo ballo. Questo è “Circles”, disco fatto di atmosfere diverse tra loro, ma legate dal comune denominatore che è Sylvain Auvé, venuto a mancare troppo presto. Lui era il leader della band, oltre che batterista, cantante, autore, e questo è il suo testamento, come, con tutta probabilità, è il testamento dei Northwinds stessi.

Come recita il sottotitolo, si tratta di canzoni nelle loro versioni demo (seppur suonate ad hoc), ossia le ultime magniloquenti composizioni, oltre a una cover dei maestri del doom (Black Sabbath, chi altri?). La copertina rappresenta appieno lo spirito che pervade questo lavoro, ed è oggettivamente una delle migliori in assoluto degli ultimi anni.

Prodotto e distribuito dalla Black Widow Records (gloria sempre), quest’opera chiude di fatto una storia nata trent’anni fa in Francia: un crescendo continuo di emozioni, idee ed evoluzioni che ha portato questa band a essere riconosciuta come una delle imprescindibili a livello mondiale di un non genere che spazia tra doom, dark prog, heavy e folk.

Talk To The Dead, primo brano proposto, è un monolite di rara potenza ed espressività; negli sferzanti accordi chitarristici trova spazio un’accattivante melodia di fondo, che ne accresce la dote. Il ritmo è più doom che non si può, dove improvvise accelerazioni squarciano le tenebre in cui i Northwinds vogliono portare l’ascoltatore. E poi la voce di Sylvain: magnetica e poderosa. Circles, con ambientazione fosca e rarefatta, rispetto alla traccia precedente gioca in maggior misura sulle armonie d’insieme, fondendo soavità, mistero e nebbie interiori. Dieci minuti in cui è consigliato immedesimarsi per trarne piena conoscenza, dove la noia è abbattuta da una mirabile favola nera, dove la musica d’insieme trova linfa vitale.

Images Of The Goat arriva all’occult rock e lo fa con le migliori modalità del caso, echi di Paul Chain compresi. Questo altrove dolcemente pericoloso, dove le sensazioni di assottigliano facendosi lame di affilatissimi rasoi (rappresentate dalla chitarra di Thomas Bastide), riescono nell’intento di creare paurose percezioni sussurrate da voci sconosciute.

Secret Of Time And Space continua nel solco del doom; qui le tastiere di Emmanuel Peyraud aiutano molto a tracciare il segno che collega l’ambiente e la mente dei nostri. Di certo la fantasia è una componente irrinunciabile per il gruppo, che qui ne fa sfoggio in maniera straordinaria.

Night Of The Ritual, forse la canzone più vicina al concetto di demo in questo disco, ha ritmo sostenuto dove la sezione ritmica formata da Auvé e Thomas Boivin trova terreno fertile in cui potersi mostrare con tutta la carica e vigore necessari. Il flauto di Pierre Champy ne ingentilisce il messaggio, con chiave di lettura che nel folk trova il suo fondamento. Di fatto, se fosse stato possibile arrangiarla con più tranquillità, avrebbe accresciuto la propria forza stilistica. Ma, si sa, il tempo è tiranno e con i Northwinds è stato anche bastardo.

Lord Of Stones, la canzone più breve del lotto, è anche (per chi scrive) la meno riuscita; un embrione che non ha avuto la possibilità di svilupparsi. Resta comunque una buona idea e come tale vivrà.

Piece Of Mind, ultima traccia, è una cover tratta da “13”, ultimo album in studio dei Black Sabbath. Grande interpretazione, ottimo coraggio ad affrontare tale sfida, ammirevole cuore nel mettersi al cospetto dei capostipiti.

I Northwinds si congedano dal loro pubblico, consci di avere regalato a loro, come alla Musica stessa, un carico eccezionale fatto di note, rappresentazioni, immagini e suoni che mai nessuno potrà ignorare o alterare. Resteranno per sempre.

Abbracci diffusi.


Tracklist:

1. TALK TO THE DEAD 8:49

2. CIRCLES 10:09

3. IMAGES OF THE GOAT 5:57

4. SECRET OF TIME AND SPACE 7:10

5. NIGHT OF THE RITUAL 8:54

6. LORD OF STONES 3:20

7. PIECE OF MIND (Black Sabbath cover) 4:25

 

Line up:

Sylvain Auve: Drums, Vocals

Thomas Bastide: Guitars

Thomas Boivin: Bass

Pierre Champy: Flutes

Emmanuel Peyraud: Keyboards 


Discography:

Northwinds, demo (1995)
Le Grand Dieu Pan, demo (1996)
R.I.P., demo (1996)
The Great God Pan, studio album (1998)
Masters of Magic, studio album (2001)

Chimeres, studio album (2006)

Land of the Dead, demo (2007)

Winter, studio album (2012)

Eternal Winter, studio album (2015)

She Talked To The Dead, demo (2017)

 

 

per contatti:

andrea.pintelli@gmail.com



 

domenica 9 marzo 2025

Queen: accadeva il 9 marzo 1976

Queen + Groucho Marx  1976 ("A Night At The Opera")


Il 9 marzo 1976 l’album dei QueenA Night At The Opera” ottiene il disco d’oro. L’album sembra ispirato a due film dei fratelli Marx.

Quando si trovarono in tour a Los Angeles, Groucho Marx li invitò a casa per un thè!

Di tutto un Pop…

Wazza

Queen with Groucho Marx in 1976

(Dalla rete)


Il 9 marzo del 1976 "A Night At The Opera", il quarto album in studio dei QUEEN, ottiene il disco d'oro. Pubblicato per la prima volta in LP il 21 novembre 1975, è considerato da larga parte della critica e dei fan della band inglese come il loro lavoro più rappresentativo. Il titolo dell'album, insieme a quello del successivo, "Day at the Races" (1976), è ispirato a due omonimi celebri film dei fratelli Marx. 

I due album dovevano inizialmente essere pubblicati insieme come album doppio (progetto a cui teneva tantissimo soprattutto May); la casa discografica, tuttavia, ritenne più prudente pubblicare i due lavori indipendentemente per contenere i costi, visto che l'album, a causa delle incredibili sperimentazioni, fu uno dei più costosi della storia. Probabilmente anche l'atipicità dei contenuti musicali non dava certezze sul successo di vendite. A quanto pare, i timori che non vendesse a sufficienza, erano infondati.

"Is this the real life? Is this just fantasy?"









sabato 8 marzo 2025

Led Zeppelin: accadeva l'8 di marzo...

 Led Zeppelin~ Munich,Germany at Circus Krone-Bau on March 8, 1970

L'8 marzo 1970 i Led Zeppelin iniziano un tour in Germania, sono in concerto al famoso Circus Krone di Monaco... nel pieno del loro splendore!
Di tutto un Pop…
Wazza







Cheat the Prophet – “Redemption”, commento di Alberto Sgarlato

 


Cheat the Prophet – “Redemption” 

di Alberto Sgarlato


La storia dei Cheat the Prophet, dal New Jersey, è davvero particolare, emozionante e coinvolgente: amici di lunghissima data (e, nel caso di due componenti su tre, fratelli), affiatati musicalmente da sempre, collaboratori nei rispettivi progetti musicali da decenni, giungono però al loro album d’esordio con il nome di Cheat the Prophet, intitolato “Redemption”, soltanto all’inizio del 2025.

In realtà i componenti avevano già suonato insieme sotto il nome di Ars Nova (soltanto omonimi del gruppo prog giapponese e di un quartetto romano nato nel 1974) e, successivamente, come Nepenthe, monicker adoperato dal 1993 al 1999, con la pubblicazione di un album nel 1997.

E arriviamo, quindi, a questo nuovo progetto, avviato durante il periodo del Covid-19, che consegna alla storia il suo primo album intitolato “Redemption”.

La formula in power-trio, che vede il bassista-cantante Matt Mizenko e il chitarrista Todd Mizenko ambedue impegnati anche dietro le tastiere e nella programmazione di loops e di tappeti, con il drummer Jamie Boruch a chiudere il triangolo, fa immediatamente pensare ai Rush nel loro periodo anni ‘80, quello maggiormente caratterizzato dalla commistione e sperimentazione tra neo-prog, elettronica e new-wave.

Le sonorità dei Cheat the Prophet, però, sono drasticamente diverse e si muovono su ben altre coordinate: in particolare la chitarra, presente e “marmorea”, richiama alle ultime frontiere del metal-prog più moderno ed eclettico.

Le progressive band statunitensi, inoltre, hanno da sempre una grande cura nelle armonie vocali, secondo uno stile varato già ai tempi di Kansas e Styx per passare nel corso dei decenni attraverso Magellan, Spock’s Beard e Echolyn.

Ecco, appunto: il nome degli Echolyn non è qui certo citato per caso. Troviamo proprio il chitarrista di questa band, Brett Kull, impegnato dietro al banco di mixaggio per rendere perfetto, limpido, ben dipanato e “grosso” quanto basta l’ottimo sound di “Redemption”.

Abbiamo citato Rush ed Echolyn. E in comune con queste due band i Cheat the Prophet hanno anche l’approccio mentale, caratterizzato da un sapiente amalgama di citazioni letterarie, riflessioni filosofiche e umorismo spesso surreale e spiazzante. A cominciare dal nome della band, tratto da una citazione del romanzo del 1904 “Il Napoleone di Notting Hill”, di Chesterton. Secondo l’autore, “Imbrogliare il profeta” non è altro che una metafora dei destini dell’umanità descritta come un gioco per bambini, nel quale l’unica regola è “Aspettare che tutti gli uomini intelligenti siano morti, seppellirli bene e poi andare a fare qualcos’altro”.

E ora passiamo alla musica: si parte con “Chaos”, ma è tutt’altro che caotica questa perfetta alchimia di incastri matematici tra tastiere e chitarre. Un pianoforte volontariamente suonato in modo asciutto e percussivo si interseca bene con le sonorità dure della chitarra; il cantato, morbido ed elegante, suona molto “anni ‘80”, evocando il ricordo di Talk Talk, Tears for Fears (dei quali i Nepenthe avevano molto tempo fa anche eseguito una cover), mentre quando la melodia si apre nel ritornello ricorda i Pendragon del periodo tra “The window of life” e “The masquerade overture”.

Le linee basso/batteria così presenti, effettivamente, richiamano i Rush, ma dal quarto minuto un duetto elettroacustico di chitarre sorprende l’ascoltatore. Finale metal-prog dalle melodie arabeggianti al sapor di Dream Theater. Partenza deflagrante per quello che fin dalle prime note si afferma già come un album eccellente.

Con “Bad bitch” le atmosfere svoltano verso un seducente metal-prog a tinte dark, uno degli episodi più duri del disco, tra batterie elettroniche industrial, cantato a tratti sussurrato e a tratti urlato, chitarre ora arpeggiate, ora a riff, Hammond distorti e bass synthesizers sibilanti.

Ma i Cheat the Prophet sono sempre molto abili a sorprendere, ed ecco che in direzione opposta va la dolce e commovente ballad “Marvelous World (Losing Season)”, dominata dal piano, dalla chitarra acustica e da eleganti tocchi di percussioni, su cui si erge una grande prestazione vocale solista e corale, il tutto proiettato verso il crescendo finale. Una delle vette dell’album.

Nel progressive rock spesso i chitarristi si ritagliano degli “interludi” acustici in situazioni totalmente solitarie. Gli esempi più celebri sono quelli di Howe negli Yes (“The Clap” o “Mood for a day”) e di Hackett nei Genesis (“Horizons”), ma si potrebbero citare anche “T. O. Witcher” di Steve Morse nei Kansas, “Broon’s Bane” di Lifeson nei Rush, il duetto elettroacustico “The end of the endless majority” di Clive Mitten e Andy Revell nei Twelfth Night… anche Todd Mizenko non si sottrae a questa nobile tradizione e con “Paper white" (11.16) ci regala 4 minuti di pura poesia.

Gli undici minuti di “Whisper”, la traccia più lunga dell’opera, iniziano con un Mellotron che, proprio come dice il titolo, sembra “sussurrato” nelle prime note. Ma rapidamente il pezzo cresce, in un sublime connubio tra il metal più moderno (nel cantato, nei riff di chitarra, del drumming e nel basso molto presente) e il progressivo rock più classico (nelle sonorità vintage delle tastiere e nei meravigliosi ricami di pianoforte). In questa traccia, grazie alla lunga durata, la band riesce a esprimere al meglio le sue varie sfumature espressive.

Un puro esercizio di funambolismo è la conclusiva “Zaff’s Fez”, momento strumentale da meno di un paio di minuti di durata, caratterizzato dall’alternarsi tra sorprendente velocità e altrettanto sorprendenti rarefazioni.

Concludendo: che voi siate fans del neo-progressive, del metal, della dark-wave, della fusion o del math-rock, questo disco si imporrà come uno dei “must have” del 2025, a riprova della grande varietà espressiva di cui la band è capace.

Ora non resta che sperare che Todd, Matt e Jamie, a.k.a. Cheat The Prophet, dopo un percorso di crescita durato oltre 30 anni, facciano presto seguire a questo album di esordio altre pubblicazioni, imponendosi come meritano nell’Olimpo delle più interessanti realtà progressive del Nuovo Millennio.


https://www.cheattheprophet.com/

https://open.spotify.com/album/6EXrDjPtVXP8IQY8Lc5kTq?si=8Qg_b-TVR8KW8WvPDxUP8g





venerdì 7 marzo 2025

I Led Zeppelin nel marzo del 1970

Su Record Mirror del marzo 1970, copertina dedicata ai Led Zeppelin che, all'epoca, collezionavano dischi d’oro… 

Di tutto un Pop…

Wazza

LED ZEPPELIN from Hit Parader March 1970




Ricordando Peter Banks


Se ne andava il 7 marzo 2013 Peter Banks, primo chitarrista degli YES, con i quali incise i primi due album.

Insieme a Chirs Squire proveniva dai "The Syn". Uscito dagli Yes formo i "Flash".

Nel 1973 incise “Two Sides of Peter Banks”, con Phil Collins, Steve Hackett, John Wetton, Jan Akkerman, Ray Bennett and Mike Hough.
Un album da rivalutare!


Nel suo ultimo periodo di attività ha collaborato con con Oliver Wakeman - figlio di Rick -, con David Cross, e altri artisti del mondo prog.

Per non dimenticare…
Wazza









giovedì 6 marzo 2025

Il compleanno di David Gilmour


Compie gli anni oggi, 6 marzo, David Gilmour, cantante, compositore... naturalmente il chitarrista dei Pink Floyd!

Oltre che con i Pink Floyd vanta una buona carriera da solista e da produttore.
Nel 2005 e stato nominato Comandante Dell'Ordine dell'Impero Britannico, per i suoi servizi alla musica.

La rivista "Rolling Stone" lo ha classificato al 14° posto tra i migliori chitarristi di tutti i tempi.

Happy Birthday Dave!
Wazza



mercoledì 5 marzo 2025

Claudio Rocchi: accadeva il 5 marzo del 1973


"Vorrei incontrarti lungo le strade che portano  in India
(Alan Sorrenti)


Super Sound, una delle tante riviste specializzate in musica, il 5 marzo del 1973 metteva in copertina la notizia che Claudio Rocchi aveva contratto l'epatite virale nel corso di uno dei suoi viaggi in India.

Super sound (5 marzo 1973)

Era il periodo in cui molti giovani si recavano in quel paese (sulla scia dei Beatles), chi in meditazione, chi per fare "viaggi" virtuali, chi per cercare l'ispirazione.
Claudio Rocchi era un musicista geniale, originale, controcorrente, e già negli anni '70 aveva capito l'importanza delle immagini connesse alla musica.
Avanti culturalmente, sempre alla ricerca di nuove fonti d'ispirazione.
Evidentemente il fatto di essersi preso l'epatite nel marzo del 1973 era una notizia da prima pagina. O forse come cantava lui..." La realtà non esiste" !
Wazza




martedì 4 marzo 2025

Frank Zappa: 4 marzo 1968- "We're Only in it for the Money"



Usciva il 4 marzo 1968 "
We're Only in it for the Money", terzo album di Frank Zappa con The Mothers of Invention, famoso per la parodia della copertina del disco "Sgt Peppers..." dei Beatles.
Zappa telefonò a Paul McCartney chiedendogli il permesso di parodiare la copertina... Paul, risposte che per lui non c'erano problemi, ma doveva parlare con il loro ufficio manageriale. Zappa rivelò anni dopo che fu lo stesso McCartney, non entusiasta dell'idea, ad osteggiare il progetto, facendolo uscire con ritardo!
Ma aldilà delle censure e dei boicottaggi, oggi è considerato uno dei migliori album psichedelici di sempre: (ri)ascoltatelo!
…di tutto un Pop
Wazza

 FRANK ZAPPA & THE MOTHERS OF INVENTION - ROY ESTRADA, IAN UNDERWOOD, DON PRESTON, FRANK ZAPPA, ART TRIPP III, JIMMY CARL BLACK e BUNK GARDNER.




Chiris Squire... piccola photostory nel giorno della sua nascita

L'ultimo Chris


Nasceva il 4 marzo del 1948 Chris Squire, bassista e cantante londinese, cofondatore e leader degli Yes, nonché il solo componente presente in tutti gli album in studio della band fino alla data della sua morte, avvenuta il 27 giugno del 2015.

Lo ricordiamo con qualche immagine e un video...

Wazza


Chris, giovanissimo... ma deciso

 Gli inizi con "The Syn", con Peter Banks, anche lui futuro Yes

Yes - original "line-up"

La formazione degli Yes... piu amata

Al Top tra i bassisti progressive...