Nuovo album - “Godbluff” - e tour in UK per i Van der Graaf Generator, nell’ottobre del 1975.
Di tutto un Pop…
Wazza
Estate 1975: eravamo a Londra quando
ci capitò di leggere della ricostituzione della formazione originale di uno dei
nostri gruppi preferiti in assoluto, i Van Der Graaf Generator. E non solo: il
quartetto stava effettuando alcuni concerti sul Continente. Si immagini la
nostra sorpresa quando scoprimmo che giusto in quel momento il gruppo era
impegnato a fare concerti... in Italia! (E visto che parliamo di tempismo:
quell'estate fu l'unica volta in cui gli Henry Cow suonarono nella nostra città
- ovviamente mentre noi eravamo altrove.) Cercammo (invano) di superare il
nostro disappunto. In effetti questo riformarsi appariva alquanto strano -
esattamente allo stesso modo in cui aveva destato sorpresa la notizia che il
gruppo era sul punto di sciogliersi, tre anni prima: cioè a dire nel momento in
cui un seguito devoto, concerti entusiasmanti e una progressione brillante di
eccellenti album di studio - The Least We Can Do Is Wave At Each Other ('70), H
To He, Who Am The Only One ('70) e Pawn Hearts ('71) - sembravano annunciare
un'imminente esplosione commerciale.
Ma fummo fortunati: assistemmo
infatti al concerto londinese tenutosi al New Victoria Theatre il 30 agosto.
Conosciuto per il suo procedere non ortodosso, il gruppo iniziò il concerto
nella quasi totale oscurità, con un sottile e solitario flauto a scandire
l'introduzione di The Undercover Man, brano d'apertura di un album ancora non
pubblicato, Godbluff. Se ben ricordiamo il nuovo album fu eseguito nella sua
interezza, con solo pochi tra i vecchi cavalli di battaglia in scaletta
(Lemmings e Man-Erg) accanto ad alcuni brani provenienti dalla produzione
solista di Peter Hammill (Forsaken Gardens, In The Black Room e A Louse Is Not
A Home).
Godbluff fu pubblicato nell'ottobre del '75.
L'ascolto mostrò che il gruppo aveva sensibilmente modificato la propria
estetica, abbandonando il lavoro di produzione meticoloso con tonnellate di
sovraincisioni in favore di un approccio più diretto, snello e "live"
dove le radici soul, jazz e r&b dei musicisti emergevano con facilità. Il
che non voleva certo dire che la musica fosse ora più semplice o commerciale
che in passato; tutto l'opposto; e c'era un nuovo senso di urgenza, una
superficie nervosa, più dura.
Godbluff si rivelò essere l'album preferito di
chi scrive tra quelli dei Van Der Graaf Generator di quel periodo (sebbene
ottimo nei suoi termini, l'album del 1977 intitolato The Quite Zone, The
Pleasure Dome è opera di un gruppo molto diverso). E lo è ancora, dato che il
successivo Still Life ('76) offriva picchi più elevati ma anche cose meno
riuscite (a nostro parere, naturalmente); mentre le quattro lunghe tracce di
Godbluff - The Undercover Man, Scorched Earth, Arrow, The Sleepwalkers -
mostravano un'unità di ispirazione che rendeva il disco fortemente unitario.
Abbiamo deciso di acquistare la nuova edizione rimasterizzata in digitale di Godbluff. Le edizioni rimasterizzate in digitale ci lasciano di solito decisamente scontenti: troppe frequenze alte, pochi bassi, poco "calore", un suono complessivo stancante dove i colpi di piatto costituiscono una minaccia per l'udito. Siamo quindi lieti di poter dire che l'album suona molto bene - decisamente meglio, a nostro avviso, dei brani apparsi alcuni anni fa sul box quadruplo del gruppo intitolato The Box.
Qui non c'è niente di veramente
"nuovo", ma i pedali di basso su The Undercover Man, il lavoro di
clavinet su Scorched Earth e Arrow, il basso elettrico su The Sleepwalkers sono
apprezzabili con facilità, mentre i piatti non fanno mai "fi-zz...".
Due brani dal suono orribile registrati dal vivo in quel periodo - Forsaken
Gardens e A Louse Is Not A Home - completano il tutto.
Riascoltando Godbluff - album
che conosciamo praticamente a memoria e che non ascoltavamo più da moltissimo
tempo - riflettevamo su come a quei tempi quel tipo di qualità, quel concetto
di "stirare la canzone", fossero dati per scontati. Mentre oggi
Godbluff suona come il precursore di una musica che non è mai arrivata. Il che
è decisamente strano.
Beppe Colli