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lunedì 31 ottobre 2016

FATAL DESTINITY-“PALINDROMIA”, di Andrea Pintelli


FATAL DESTINITY-“PALINDROMIA”
(ANDROMEDA RELIX, 2016)
di Andrea Pintelli

Questi ragazzi di Verona ci sanno fare, chiariamolo subito. Appena inseristo il CD “Palindromia” nel lettore, un’onda di suoni compatti e granitici è lì per travolgerti, vicina, sempre più vicina, fino a lambire i limiti della tua psiche. I suoni diventano un tuttuno, per la felicità delle nostre corde interiori; immaginazione al potere! Ti prendono per mano, al buio, e quando parte la title track ti accompagnano nei meandri bui di un sentiero stretto e nebbioso, che fa da sipario all’entrata nel giardino della forza: dalla 2° track in poi si è rapiti da tecnicismi (mai fini a se stessi, importantissimo), trovate stilistiche concrete e splendenti, energia d’esecuzione fuori dalle righe, e una coesione che (forse) è il loro vero asso nella manica. Una batteria infuocata e precisissima (Niccolò Dalla Valentina) fa da contraltare ad un lavoro di basso costante e mai domo (Filippo Zamboni); le chitarre scintillanti donano colori a un paesaggio mai banale (Riccardo Castelletti); la voce narra, con piena consapevolezza della sua potenza, storie e richiami ad un presente che potrebbe essere ma non è (Andrea Zamboni). Il tutto amalgamato ad un tappeto sonoro di tastiere evocative (dell’ospite Alessandro Bertoni).

Bellissima la copertina, da sottolineare, del famoso Felipe Machado Franco. La Andromeda Relix (con distribuzione Pick Up records) ha di che vantarsi di avere i Fatal Destiny fra i propri ranghi. E’ un prodotto d’esportazione, sono melodie che qui in Italia sfortunatamente vivono in una nicchia, ma che all’estero riuscirebbero (e credo riusciranno, se supportati a dovere) a far un’ottima figura anche in mezzo a nomi più altisonanti. E questo loro lo sanno… e si sente. Go on, boys!


Tracklist
-Palindromia
-Beyond Dreams
-Leave Me Here
-The Gate Of Time
-Feel Alone
-Dear Amy
-Human Factory
-No Devil Lived On











venerdì 28 ottobre 2016

I pensieri e la musica di Booker T Jones, di Giorgio Mora



Articolo già rilasciato su MAT2020

I pensieri e la musica di Booker T Jones
di Giorgio Mora

Londra, luglio 2016

Una giornata con Booker T, a Londra. Il venerato maestro, tanto amato da John Lennon e dai Beatles e da una schiera di musicisti tra cui si annoverano vari big del dopoguerra, arriva di prima mattina nella sala di accoglienza dell’hotel. Racconta il presente, le impressioni sulla musica che cambia e sulla sua storia, prima di cimentarsi sul palco del Brooklyn Bowl in un applauditissimo concerto. Booker che parla e Booker che suona, sono, in fondo, la stessa persona: delicata e attenta a non svisare mai troppo, dal senso delle frasi e dalla timbrica del gospel e del soul.

Prima, allora, il Booker che parla. “Oggi? La musica è molto elettrica, i computer hanno un ruolo fondamentale che ieri non avevano, si registra con tempi minori e più facilità. In meglio o in peggio però, è sempre in base al talento dell’artista. Quando iniziavo a suonare, eravamo tutti in una stanza e registravamo in contemporanea. Ora puoi avere due musicisti in paesi diversi che suonano nello stesso momento sul medesimo pezzo.” Booker T Jones, leader e grande profeta del suono Stax, ha guidato per anni la premiata ditta The MGs.

Sono cresciuto con blues e gospel, mia madre suonava classica, io ho studiato classica e lirica in college, all’Università dell’Indiana.” Booker il maestro riconosciuto. “No, non mi considero tale, mi fa piacere la considerazione, ma il senso del mio lavoro è esprimere la musica che ho in mente e portarla alla gente”. Booker e i Beatles, e una leggenda per sempre chiarita. “Avevamo un rapporto intenso, ho molta ammirazione per il loro lavoro, ma non è vero che intendessero registrare Revolver agli studi della Stax, sono suggestioni che continuano a esistere, ma non è così.” Booker – potrebbe essere altrimenti ?– e il sound della Stax. “Molte case discografiche hanno copiato quel suono, ma l’originale rimane Stax, e sono fiero di averne fatto parte. Tanti musicisti sono stati influenzati dalle vibrazioni provenienti da Memphis: Elvis, BB King, Al Green, Otis Redding.”

Il maestro dell’hammond parla ancora di origini: “I musicisti di quell’area avevano un background comune, condiviso le medesime esperienze, la schiavitù, il lavoro nei campi, ascoltato e suonato jazz sulle barche sul fiume, sviluppato un sound, nei club, nei night. Io ho cominciato a suonare nei club, quando avevo 11 anni, suonavo il sax al Manhattan club, il sax baritono per un club per persone di colore, Jimbo club, in downtown Memphis, dove ho cominciato a imparare il blues.” Booker e Otis. “Quando l’ho conosciuto faceva il facchino, preparava il caffè e le colazioni, un lavoro duro. Un giorno chiese di cantare un pezzo e Al Jackson lo invitò sul palco e tutto cambiò non appena cominciò “This arms of mine”, quella fu anche la prima volta che ascoltai la sua voce. Divenne subito uno di noi, o meglio noi ci avvicinammo a lui. Quanto iniziò a cantare capii che sarebbe diventato un re. Eravamo molto amici, era un uomo tranquillo, non parlava spesso, ma io lo capivo. Parlava molto di musica, il suo primo amore. E’ stata una grandissima perdita, per me, per l’etichetta, ma soprattutto per il mondo intero.

Booker & The MGs: “Il mio più grande amico era Al Jackson Jr. Otis è morto a 26 anni, Al ne aveva 39, erano grandi, sono morti troppo giovani. Donald “Duke” Dunn è morto due anni fa. Era in Giappone, non si è sentito bene, pensavano fosse colpa del jet lag, alla fine dello show è tornato in camerino ed è morto.” Eccoci al suo rapporto con l’Europa, Londra. “Mi piace molto suonare in Europa, ho molti fan qui, da sempre. La mia carriera è iniziata quando sono atterrato a Londra e ho cominciato a suonare nei grandi club, penso che il 60% del mio successo sia da attribuire ai fan europei: inglesi soprattutto, ma anche italiani, tedeschi, francesi. L’ultima volta che ho suonato in Italia è stato a Perugia ma era molti anni fa. La band non si riunirà, anche se con Steve Crooper ci vediamo e suoniamo spesso insieme. La perdita di Al e Donald non ci permette più niente.” Booker e il futuro. “La musica è cambiata e il nuovo disco sarà con mio figlio. I cambiamenti li sto affrontando con lui, stiamo pensando a un nuovo album, con molta elettronica e musica dance in svariate forme, uno dei pezzi si intitola Deep Hous, una combinazione di soul, funk e elettrica.”

Poi viene subito sera, e scocca l’ora del concerto. La sala è piena di gente, 400 persone, forse di più. Con Booker ci sono Darian Gray alla batteria, Melvin Brannon Jr al basso e il figlio Ted alla chitarra. E’ una band che parte in picchiata e poi si ferma, rallenta e riparte, in un fuoco d’artificio tra passato e presente. Booker suona i classici, “Green Onions” in testa e omaggia Prince con “Purple Rain” e Otis con “Respect”. Poi si ricorda di “Summertime”, imbraccia la chitarra per “Mannish boy”, ed “Hey Joe”, con un bel saluto a Jimi Hendrix, fa faville con “Soul Limbo”, “Meltin pot” e “Hang ‘Em High”, fino a presentare “Born under a bad sign” di Albert King e la deliziosa “Mr. Big stuff” di Jean Knight, con la bravissima vocalist Denosh Bennett. Il finale è da pelle d’oca: prima”Everything is everything” di Lauryn Hill e quindi “Time is tight”, ma quando sembra tutto finito, ecco la musica risorgere con un classico di Otis splendidamente suonato da Booker, suo antico fratello: “I’ve been loving you too long”.

Il maestro ci aveva avvisato alla mattina che il bello dei suoi concerti è che non ve ne è mai uno uguale all’altro. Ma c’è anche parecchio di più: c’è il talento fantastico di un uomo che fa parte da vivo della grande leggenda della musica moderna, c’è uno stile inconfondibile e un hammond di vecchia lega sul quale sta seduto come un principe. Un principe che suona e si diverte, e lascia alla memoria dei presenti un ricordo indelebile, nel segno del soul, del blues e del gospel di Memphis e dintorni. 

mercoledì 26 ottobre 2016

Compie gli anni oggi Lino Vairetti... di Wazza



Compie gli anni oggi, 26 ottobre, Lino Vairetti, fondatore, cantante, paroliere, anima degli Osanna, figura di spicco del prog-rock italiano ed internazionale.
In occasione del suo compleanno ricordiamo l'imminente uscita del nuovo album dal vivo "Pape Satan Aleppe", con la presenza di importanti ospiti.
Inoltre è imminente un tour insieme ad un altro monumentale gruppo della canzone tradizionale napoletana, la "Nuova Compagnia di Canto Popolare". Le due facce della musica partenopea, il rock e il prog, incontrano la tradizione, il folk, la tammuriata, strade che si incrociano e si materializzano, in quella che possiamo chiamare "musica totale", senza barriere ne pregiudizi, che tocca l'anima.
Buon compleanno Lino
Wazza

Nuovo disco in uscita i primi di Novembre

Agli inizi di novembre esce il nuovo CD degli OSANNA
"Pape Satàn Aleppe" - Brano inedito con il
Live al Giardino di Lugagnano della Zorzan Family
Lineup: Lino Vairetti, Gennaro Garba, Pako Capobianco
Nello D'Anna, Sasà Priore e Irvin Luca Vairetti
Special Guests: Fiorenza Calogero, Donella Del Monaco, Mauro Martello
Stella Manfredi e Jenny Sorrenti

PAPE SATAN ALEPPE titolo del CD e brano inedito inserito nel nuovo lavoro degli OSANNA live al Giardino di Lugagnano. L'Album in fase di missaggio prevede brani dal CD Palepolitana più altri brani storici degli Osanna più alcune cover dedicate ai nostri miti e compagni di viaggio: Auschwitz - Il Mare - Vorrei Incontrarti - Medley Prog con Non mi Rompete, Il Banchetto e Luglio agosto settembre nero- Ospiti del CD (in OA): Fiorenza Calpgero, Donella Del Monaco,
Mauro Martello, Stella Manfredi e Jenni Sorrenti.
Registrato da Alfonso La Verghetta – ItalySoundLab



In Tour con la NCCP dal 29 Novembre

Parte a fine novembre il tour italiano della NCCP e gli OSANNA per celebrare i 50 anni di attività della Nuova Compagnia di Canto Popolare - Ecco le prime date del tour prodotto e organizzato da Rolando D'Angeli per la Music Show International:
29 novembre - Milano - Auditorium
3 dicembre - Bari - Teatro Palazzo
6 dicembre - Roma- Auditorium Parco della Musica (sala Sinopoli)
7 dicembre - Firenze -Teatro Puccini
16 dicembre -Torino- Teatro Colosseo
22 dicembre- Napoli - Palapartenope
info tel. +39 06 39725530




LA STORIA...


lunedì 24 ottobre 2016

Giacomo Marighelli - “Il cerchio della vita”, di Stefano Caviglia


Articolo già apparso su MAT2020 (www.mat2020.com)

Giacomo  Marighelli
“Il cerchio della vita”
di Stefano Caviglia

Come  nella migliore tradizione del “cantautorato”, non solo italiano, a farla da padrone non sono gli accorgimenti tecnici, gli arrangiamenti, i virtuosismi, per riassumere la parte “sonora” ma al contrario è il cantautore stesso a “metterci la faccia”, con coraggio, onestà e sincerità in una forse ricercata solitudine e con l’ausilio di pochi strumenti, come la  propria voce e qualche chitarra, cercando quindi  di offrirci il racconto di  gioie, tormenti, illusioni di un essere umano.
Il titolo stesso del lavoro di Giacomo Marighelli è emblematico, “Il cerchio della vita“ sembra un tentativo circoscrivere nell’ambito di undici canzoni ciò che l’autore ha nel suo animo il desiderio di trasmetterci.
Ma nel cerchio stesso può celarsi un trucco, che è quello che ci convince di aver percorso lunghissime distanze e al contrario riconduce al punto in cui la natura, corpo e anima si fondono, riportando al confronto con noi stessi  e il nostro destino. 
Il cerchio della vita, forse il cerchio di un sentimento che unisce, divide, regala sogni speranze illusioni, delusioni… l’amore, nelle sue più svariate forme, aspetti, sospetti, paure.
Marighelli mette in campo tutte le sue risorse: le musiche, naturalmente, i versi, ma soprattutto una personalissima intensità interpretativa.
Le atmosfere dei brani vivono spesso in un contrasto tra le frasi, ricche di immagini fresche, gioiose, piene di energia positiva e di ricordi anche lontani, come quello dei genitori.
C’è molta “umanità” e molta verità in quello che l’autore racconta, anzi, dice con un ghigno sofferto, che contrasta (e qui il contrasto stridente) con le immagini stesse.
L’amore è raccontato e descritto in maniera profonda, la figura  di lei è plasmata a propria immagine somiglianza, in una ricerca della perfezione e dell’assoluto che a volte può sembrare affannosa, e forse nasce da questo lo stile cantato di Giacomo…
Sensualità, tenerezza, gioia e rabbia si mischiano, ma non perdono la loro identità peculiare,  rendendo  il tutto molto omogeneo: è la voglia di naturalità che emerge chiara da ogni brano.
La sofferenza mantiene la sua intensità e si trasforma in rabbia, la rabbia dell’uomo che non accetta la violenza, il dominio o la prepotenza sui propri simili .
In nome di cosa? Del denaro naturalmente, ed è emblematico come la prima immagine de “Il Dio denaro” sia quella della cicala !
Il protagonista di questo brano racconta di come, con il  danaro, si possa comprare tutto, anche l’amore, ma in realtà non è Giacomo a pensarlo, ma il protagonista da lui stesso creato, dal momento che il vero Giacomo sarà tra quelli che beneficeranno della pioggia purificatrice e della vista della luna blu, e sarà la stessa luna cha dall’alto vedrà gli alberi nascere dalle nostre teste, dalle quali sgorgheranno poesie finalmente nuove, finalmente umane.
Forse è questo il tormento di Giacomo Marighelli, il fatto di essere assetato di amore di  giustizia di pace, il suo tormento, che non è solo il suo, sta nel guardarsi attorno e faticare a cogliere un poco di quell’amore.
Chissà se arriverà quella luna blu!
Chissà se prevarranno i sentimenti veri, leali, sinceri, teneri, nobili come il BLU! 

Cenni biografici…

Giacomo Marighelli è nato a Ferrara, città in cui attualmente vive.
Artista poliedrico, appassionato di tarologia e metagenealogia, ha pubblicato tre album musicali con lo pseudonimo di Margaret Lee vantando la partecipazione diretta e indiretta di vari artisti, tra cui Giorgio Canali e Alejandro Jodorowsky. Ha prodotto musiche per documentari e spettacoli teatrali firmandole col proprio nome; alcune canzoni sono state scelte dalla documentarista Rita Bertoncini per il suo film Una nuova scintilla candidato al David di Donatello 2015.
Giacomo ha inoltre pubblicato tre libri di poesie e, oltre ad occuparsi per interesse personale a filmati video, si occupa di spettacoli teatrali svolti nell'improvvisazione. Nel 2015 ha fondato il Movimento Nullo con l'artista Lucien Moreau, assieme al quale ha messo in scena in una galleria d'arte di Ferrara il primo Effimero Nullo, spettacolo durato 40 ore ininterrotte.

Titolo: Il cerchio della vita
Artista: Giacomo Marighelli
Genere: Cantautore / Acustico / Rock
Durata: 48' 17''
Etichetta: La cantina appena sotto la vita

Track list:
1. Avrei voluto masticare il tuo cuore
2. Sei tu quella che aspettavo da tempo?
3. D'amore si vive
4. Mentre tu mi cerchi
5. Le cose cambiano
6. L'angelo dalle mani di tela
7. Il grillo che fischia
8. In solitudine
9. Il dio Denaro
10. Il cerchio della vita
Traccia bonus: La ragazza invisibile

Ospiti
Hanno partecipato Massimo Menotti, collaboratore di Philip Glass, e
Tommy (il bambino) nella canzone L'angelo dalle mani di tela.

VIDEO: Avrei voluto masticare il tuo cuore:



sabato 22 ottobre 2016

Nova, "Vimania": il ricordo di Wazza e il full album...


Usciva ad ottobre del 1976 "Vimania", secondo album dei Nova, uno dei gruppi vergognosamente ignorati e ripudiati dall'elite della "stampa musicale" italiana dell'epoca.
Nato dalle ceneri degli Uno, band di Danilo Rustici e Elio D'Anna, il gruppo proponeva un frenetico jazz-rock-fusion di ispirazione anglo-americana.


London 1976 foto scattata durante il Vimana's recording sessions with Nova. al Trident Studios: Renato Rosset, Corrado Rustici, Narada Michael Walden, Elio D'Anna e Percy Jones 

Dopo il primo album Danilo Rustici lascia il testimone nelle sapienti mani del fratello, impeccabile come chitarrista e cantante - con assoli mozzafiato -, e del funambolico Elio D'Anna, flauti e sax (da ascoltare  "Night Games").
Questo disco è una "gemma perduta", registrato benissimo, mette in risalto la grande tecnica dei musicisti. Vede la partecipazione di Phil Collins alle percussioni, accanto al travolgente Narda Michael Walden e Percy Jones al basso. Un disco intenso, che vi invito a riscoprire 
…di tutto un Pop

Wazza

venerdì 21 ottobre 2016

Usciva il 21 ottobre 1977 "Seconds Out"... di Wazza



Usciva il 21 ottobre 1977 "Seconds Out", secondo album live dei Genesis, primo dell'era "dopo Gabriel", registrato a al Pavillon de Paris nel giugno del 1976.
E’ la prova del nove che i Genesis rendono molto dal vivo, anche senza il loro front-man Peter Gabriel, con l'aiuto del muscoloso Chester Thompson e del raffinato Bill Bruford alla batteria, e incidono uno dei migliori album live: vista la tecnica di registrazione dell'epoca una resa sonora sopra gli standard.
Durante i missaggi dei Second Out Steve Hackett, abbandonò i Genesis, frustrato per il poco spazio che Tony Banks e soci gli lasciavano...
La copertina fu tratta da una famosa foto di Armando Gallo, biografo e fotografo ufficiale del gruppo.



Fuori i secondi... suonano i Genesis!!!
di tutto un Pop
Wazza


Released - October 21, 1977.
Recorded - 23 June 1976 at Pavillon de Paris, Paris ("The Cinema Show") & 1114 June 1977 at Palais des Sports, Paris.

Tony Banks / Hammond T. organ, RMI Electra Piano, Mellotron M400, ARP Pro Soloist, Epiphone 12-string acoustic guitar, backing vocals
Phil Collins / lead vocals, Premier and Gretsch drums (on "Robbery, Assault and Battery" (during keyboard solo), "Firth of Fifth", "The Musical Box", "Supper's Ready" (during "Apocalypse in 9/8" section), "Cinema Show" (during keyboard solo) & "Los Endos"), percussion
Steve Hackett / Gibson Les Paul electric guitar, Hokada 12-string acoustic guitar
Mike Rutherford / Shergold electric 12-string guitar and bass, 8-string bass, Alvarez 12-string acoustic guitar, Moog Taurus bass pedals, backing vocals
with Chester Thompson / Pearl Drums and percussion on all tracks except "The Cinema Show"
Bill Bruford / Hayman and Ludwig drums and percussion on "The Cinema Show"


Tracce

Disco 1
Lato A
Squonk - 6:39
The Carpet Crawl - 5:27
Robbery, Assault and Battery - 6:02
Afterglow - 4:29

Lato B
I Know What I Like - 8:45
The Lamb Lies Down on Broadway - 4:59
The Musical Box (closing section) - 3:18

Disco 2
Lato C
Supper's Ready - 24:33
Lato D
Cinema Show - 10:58
Dance on a Volcano - 5:09
Los Endos - 6:20


Franceso Di Giacomo: il ricordo mensile di Wazza e la testimonianza di Filippo Marcheggiani




21 Ottobre

"Coi capelli sciolti al vento
io dirigo il tempo
il mio tempo
là negli spazi dove morte non ha domini
dove l'amore varca i confini..."


Ci sarai sempre, buon viaggio Capitano…
Wazza

Ricordo di Filippo Marcheggiani

Un vestito semplice. Filippo Marcheggiani racconta Francesco Di Giacomo

Filippo Marcheggiani, chitarrista del Banco del Mutuo Soccorso dal 1994, ci racconta il poeta e la persona che Francesco Di Giacomo era. Gli chiedo di iniziare la nostra chiacchierata su Francesco con qualche aneddoto, sapendo che ne conosce moltissimi, e Filippo mi racconta un episodio avvenuto lo scorso anno, durante le prove per lultima tournée estiva del Banco: “Mi ricordo una cosa che Francesco mi ha detto durante il primo giorno di prove: «mi sa che ti devo dire una cosa che in ventanni che suoniamo insieme non ti ho mai detto, che sei proprio un gran chitarrista». Francesco era così. Questo per far capire che, al di là del peso del leader, dell’artista, della persona che si può sempre far cadere dallalto, lui aveva comunque una grande umanità.

Luomo, il poeta

Filippo continua a parlare. “Gli aneddoti su Francesco sono molto particolari; una volta avemmo un problema a una macchina a Torino, lui fece una telefonata allACI e si arrabbiò con il tipo dellACI che non capiva il suo nome, ma in un modo che non si può raccontare, facendo uno spelling un pò particolare del suo nome, utilizzando delle parole abbastanza forti! È stata una scena di una comicità tale che siamo rimasti senza fiato dal ridere.
Francesco Di Giacomo era un antidivo: cera una coerenza incredibile tra lartista, che aveva avuto un successo nazionale e internazionale non da poco, e luomo amante di una vita semplice, trascorsa a Zagarolo insieme alla sua compagna di vita: Lui stava lì a Zagarolo, conosceva tutto il paese, era una persona che faceva una vita normale, gli piaceva fare una vita normale. Magari gli sarà costato qualcosa in termini di notorietà, di successo nel senso di numeri, ma gli ha permesso di vivere una vita il più possibile appagante e completa”.
La forte carica umana del personaggio si rifletteva sicuramente nel rapporto quasi paterno che aveva con i membri giovani del Banco, lo stesso Filippo Marcheggiani veniva spesso apostrofato affettuosamente da Francesco come «er fijo scemo che non ho mai avuto». Questa caratteristica era percepibile anche nel rapporto con i suoi ammiratori, sempre molto diretto: “Aveva un carisma incredibile, ma non era un divo, non lo voleva essere: laffetto dei fan ha sempre premiato questo approccio che, daltra parte, è una caratteristica di tutti i membri del Banco”.
Non sempre il successo fine a se stesso è il vero successo. Il successo è fatto anche di altre componenti. Mi viene da citare una canzone del Banco, scritta da Francesco, che dice «c’è chi ti grida in mezzo al traffico e grida forte che bella musica che fai», unimmagine fantastica che a noi è capitata spesso.
Questa disponibilità a stare tra le persone, oltre alla qualità della musica, ha fatto del Banco un gruppo dal successo duraturo e intergenerazionale: Vedevamo gente di sessantanni, miei coetanei, e ragazzetti minorenni che venivano, sentivano il Banco e lo vivevano con la stessa passione e lo stesso trasporto. Basti pensare che la pagina Facebook dedicata al Banco è curata da un ragazzo neanche ventenne.
Il rapporto diretto con le persone era una componente essenziale della creatività di Francesco Di Giacomo, che sapeva catturare le emozioni in un modo unico ed arrivare al cuore attraverso i suoi testi: Toccava le corde della vita e dellumanità e lo faceva con una grande poeticità e una grande immediatezza. Lesempio più fulgido di questa cosa è Darwin, il disco più importante del Banco, che è un concept album sullevoluzione delluomo: i testi di quel disco li può apprezzare una persona che non ha né una cultura specifica sullargomento, né una cultura generale così elevata; un testo come 750.000 anni fa lamore, una storia damore tra un primate che guarda un altro primate donna che beve in un pozzo con il suo branco, è una storia in cui percepisci tutto lamore e la paura del confronto con lamata. Lui entrava nellemozione e la descriveva con grande talento”.

Francesco e il Banco, il Banco senza Francesco

Francesco Di Giacomo è entrato nel gruppo alcuni anni dopo che Vittorio Nocenzi lo ebbe fondato, presentato dal batterista storico della band, Pierluigi Calderoni. Anche in questo caso, la storia è del tutto singolare: Vittorio (Nocenzi, NdR) disse che ci voleva un frontman bello, uno di quelli proprio belli, al che Calderoni un giorno si presentò con Francesco, che arrivò con la sua stazza, la salopette di jeans, mangiando pane e formaggio! Poi però Vittorio fu ammaliato dalla grande voce, dalla grande personalità. Un artista dallimmagine non convenzionale, che componeva e si esibiva non per vanità, ma soprattutto per lanciare un messaggio in maniera poetica e di forte impatto, anche quando si trattava di un contenuto indigesto.
Francesco era una persona davvero al di sopra della normalità: un artista straordinario, un comunicatore straordinario, e un uomo straordinario, la sua immagine divenne subito limmagine del gruppo. Oggi molti fan si chiedono cosa ne sarà del Banco; poco dopo la scomparsa è circolato un falso comunicato secondo il quale la band sarebbe già in cerca di un sostituto. Chiedo a Filippo cosa ne pensa: ”Il Banco senza Francesco in questo momento è impensabile. Sicuramente nei prossimi mesi qualcosa succederà, ma è una domanda a cui è molto difficile rispondere. Personalmente, questo dolore mi ha dato una grande forza, quella di continuare con il mio progetto, Effemme, che Francesco aveva sposato per affetto quasi paterno.
Il mio destino è stato legato al Banco in varie tappe della mia vita, mi dice Filippo quando gli domando come è iniziata la sua carriera con il gruppo: Mia madre e mio padre mi portarono a vedere il Banco quando ero ancora in carrozzina, nellottobre del 76ho avuto limprinting! Da adolescente conoscevo i figli di Rodolfo, che allepoca viveva a Marino. Il Banco era un modello per noi musicisti marinesi, ci dava fiducia. Quasi per caso, Filippo entrò in contatto con Vittorio Nocenzi e, cogliendo al volo lopportunità di suonare per il gruppo di cui era un fan appassionato, riuscì a ottenere unaudizione. Dal 1 novembre 1994, il Banco del Mutuo Soccorso aveva un secondo chitarrista poco più che diciottenne. Proprio quellanno uscì Il 13, album che conteneva un pezzo a cui Francesco era molto legato: Tirami una rete.

Fu proprio Francesco a dare a Filippo il soprannome che ancora porta: “I primi anni viaggiavamo a ritmi allucinanti, loro erano abituati a rientrare di notte anche dalla Calabria, piuttosto che dal Veneto. Io poi sono un pessimo compagno di viaggio, perché di notte in macchina dormo. Mi ricordo che facemmo questo viaggio di ritorno in piena estate, loro mi accompagnarono a casa, io li feci entrare con la macchina fino al garage dove avevo lascensore che mi portava fino a casa e dissi «lasciatemi qui che sto na crema». Mi hanno raccontato pochi giorni fa che lui non disse niente e quando scesi dalla macchina commentò:  «mi sa che questo ragazzo deve capire qualche cosa!». Da lì mi misero questo soprannome, Er crema, e me lo sono tenuto.

I lavori al di fuori del Banco

La carriera di Francesco Di Giacomo è legata indissolubilmente al Banco del Mutuo Soccorso, ma conta anche molti altri progetti: dalle tre collaborazioni cinematografiche con Fellini, alle decine di progetti musicali con altri artisti. Per citare qualche esempio, Angelo Branduardi, ma anche Eugenio Finardi e Marco Poeta, con i quali ha realizzato un disco (O Fado) cantato in portoghese, e i Têtes de bois di Andrea Satta, collaboratore e amico molto stretto di Francesco. Ha anche realizzato delle collaborazioni con altri membri del Banco al di fuori del contesto del gruppo, tra cui lo stesso Filippo Marcheggiani: i due hanno scritto un pezzo a quattro mani che uscirà nel prossimo disco di Effemme.
Tuttavia, di produzioni soliste ce ne sono state poche nei quarantanni di carriera con il Banco: “Le cose veramente extra-Banco sono le ultime, realizzate negli ultimi tre o quattro anni insieme a Paolo Sentinelli. Di recente, si stava dedicando a progetti di natura differente: Anche lartista ha unevoluzione come uomo, questo ti porta ad un cambiamento. Stava lavorando con Emergency, che era presente al funerale per raccogliere le donazioni che volessero essere fatte per onorare la memoria di Francesco: “Sarà una grande sorpresa per tutti scoprirlo, Francesco, perché, a parte Cenerentola, questo spettacolo teatrale e musicale che ha portato in scena lanno scorso allAuditorium, non c’è stata una grande diffusione, non ci sono stati dischi, non ci sono state cose di cui si trova una grossa traccia.
Cenerentola - La parte mancante, realizzato insieme a Paolo Sentinelli, era la cosa che lo vestiva meglio in questo momento. In Cenerentola si ritrova Francesco in tutta la sua dimensione: iconoclasta, paradossale, ironico, molto attaccato alla visceralità della vita. Lo spettacolo riprende la favola e ne presenta la metà umana e più reale: non la principessa e moglie appagata, ma la donna normale, invecchiata e imbruttita, che si ribella perché non vuole più essere una favola. 

Francesco Di Giacomo ci ha lasciati il 21 febbraio in un incidente stradale causato da un malore. Ai funerali, laici, svoltisi a Palazzo Rospigliosi (Zagarolo) il 27 febbraio, è seguita la cremazione. Il giorno dellincidente aveva scritto una frase quasi profetica, una grande verità raccontata con lincredibile naturalezza che lo contraddistingueva: La libertà, quando arriverà, avrà un vestito semplice.