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lunedì 29 novembre 2021

Un ricordo di Fabrizio Falco

Gianni (seminascosto a dx), Vittorio, Fabrizio e Claudio Falco


"Le cose vere della vita non si studiano, né si imparano, ma si incontrano"

(Oscar Wilde)

Il 24 novembre 2004 ci lasciava Fabrizio Falco, musicista, cantante chitarrista. Aveva militato nella prima formazione del Banco Del Mutuo Soccorso, con i Crash, con Rino Gaetano.

Sono passati un po’ di anni da quando l'amico Fabrizio Falco se n’è andato... era esattamente il 24 novembre del 2004.

Donna Plautilla – Banco del Mutuo Soccorso - 1969


Fabrizio era una "bella persona", gentile, disponibile, con una grande passione per la musica. Una storia che inizia negli anni '60, quando la creatività si tagliava con il coltello, quando sperimentare, osare, crescere, condividere, erano l'abc della vita. Fu nel 1965 che insieme al fratello Claudio diede vita ai Crash. Il beat e il rythm'n'blues erano come una "scarica elettrica", punto di riferimento per tanti giovani musicisti dell'epoca, che percepivano questo "tzunami" di novità musicali, provenienti soprattutto dall'Inghilterra e dagli USA.

Oltre ai fratelli Falco c'erano anche Ivo Cesaroni, Franco Pontecorvi e Massimo Maggiorelli, ma nel giro di un anno la band fu rivoluzionata, con l'ingresso di Mario Achilli alla batteria (al posto di Pontecorvi), di un quasi adolescente Gianni Nocenzi all'organo, e di Giorgio Leoni alla voce.

Gildo, Claudio e Fabrizio Falco

I complessi (allora si chiamavano così…) nascevano come funghi. Anche i Crash giravano con il furgone wolkswagen, suonavano nelle varie gare dei complessi, nelle piazze dei paesi dei Castelli Romani e in molti locali di Roma, tra cui il Piper.

Il destino volle che Vittorio Nocenzi, per esigenze contrattuali, fosse alla ricerca di un gruppo di musicisti: oltre al fratello Gianni e ai fratelli Falco, tornò anche Franco Pontecorvi, quindi i 4/5 del primo nucleo del Banco Del Mutuo Soccorso era formato dai Crash.

Tra il 1969 e il 1970, presso gli studi della RCA, sulla via Tiburtina, a Roma, incisero tre brani per la raccolta "Sound of '70", uscita in musicassetta. Altri brani videro la luce "solo" vent'anni dopo, con un album intitolato "Donna Plautilla".

Massiccia la presenza ai festival pop, e va evidenziata la partecipazione al secondo "Festival Pop di Caracalla 1971", con i brani "Caracalla 1" e "Caracalla 2", che anni dopo diventarono "RIP" e "Metamorfosi", (ma quella è tutta un'altra storia). Coincidenza… in quel festival erano presenti anche le Esperienze - di cui facevano parte Francesco Di Giacomo, Pierluigi Calderoni e Renato D'Angelo - e i Fiori di Campo di Marcello Todaro, musicisti che nel giro di pochi mesi si unirono a Gianni e Vittorio Nocenzi, dando vita al "vero" Banco Del Mutuo Soccorso.

Claudio Falco, partì militare, seguito a breve dal fratello Fabrizio, è lì finì la loro avventura nel Banco.

Nel 1972 i Crash si riformano: entra il terzo fratello Falco, il giovanissimo Gildo, insieme a Mario Achilli (batteria), Giorgio Leoni (voce) e Sandro Cavalieri (tastiere), poi sostituito da Pino Scannicchio.

I Crash


Propongono concerti in tutta Italia e partecipano ai numerosi festival pop, tra cui "Villa Pamphili", e nel 1974 il "Festival Pop di Villa Borghese", suonando davanti a 20.00 persone, insieme a Il Volo, Antonello Venditti, Ibis, Jumbo, Perigeo...

Partecipano alla registrazione dell'Opera Pop "Eliogabalo", con i Pierrot Lunare, Odeon, Lucio Dalla, Claudio Lolli... doveva essere un'opera rock, sul modello di “Hair” e di “Jesus Christ Superstar”, rappresentata nei maggiori teatri italiani, ma per vari motivi tutto andò in fumo (all'epoca il fumo era molto di moda !!!).

Nel 1976 la loro strada si intreccia con quella del cantautore Rino Gaetano: nasce un forte sodalizio e i Crash diventano il "gruppo ufficiale" che lo accompagna nei concerti.

Lo stesso Gaetano nel 1977 produce il loro 45 giri “Meditation/Ekstasis”, per la Valiant, una casa discografica "satellite" della RCA, e scrive il testo per una canzone inedita: "Marziani noi".

I Crash partecipano anche alla registrazione del video "Nun te reggae più", tenendo in mano cartelloni con personaggi famosi.

Con Rino Gaetano


Riporto la recensione del giornale " Guerin Sportivo" del 1977:

"I Crash sono cinque ragazzi che hanno scelto la strada della musica e dopo anni di esperienze in feste di piazza, locali vari, e registrazioni con altri gruppi, si presentano in proprio con "Ekstasis" e "Meditation", il loro primo 45 giri.

Forse è prematuro parlare di "Castelli Romani Sound", ma è certo che questo gruppo, avendo scelto di vivere a Velletri, ha trovato nella campagna laziale una nuova dimensione di vita, realmente serena, lontana dal frastuono e dal caos della grande città. E così hanno formato un vero cenacolo, un collettivo di musica. Il loro sound è ricco, estroverso, con una spiccata predilezione per la melodia, e si collega alle vere tradizioni musicali di casa nostra”.

Con Fabrizio era nata anche un'amicizia, quando si poteva si stava insieme anche con le famiglie, sino a che si trasferì a Milano, e nel 1989, in occasione del concerto dei Jethro Tull al Palatrussardi, fui ospitato in casa sua. Poi le vicende della vita lo riportano a vivere ai "castelli"... ricordo la telefonata con la promessa di rivederci una sera, ma il destino infame non ha voluto...

Per non dimenticare

Wazza

 

domenica 28 novembre 2021

BLIND GOLEM: A dream of fantasy, di Valentino Butti

 


BLIND GOLEM: A dream of fantasy

Andromeda Relix      2021   ITA

Di Valentino Butti

 

Doctor Who… Star Trek… Kronos… “Non ci resta che piangere”… e Blind Golem… Non solo per le serie Tv o per le commedie è possibile un viaggio a ritroso nel tempo. Sembrerebbe proprio che i Blind Golem, quintetto veronese alla prima pubblicazione con questo monicker, abbiano usato la “famigerata” macchina del tempo per un “tour” che ci riporta ai primissimi anni Settanta del secolo scorso… in Inghilterra… quando imperversava un certo tipo di sound.

I cinque componenti della band sono Andrea Velardo al canto, Silvano Zago alle chitarre, Simone Bistaffa alle tastiere, Walter Mantovanelli alla batteria e Francesco Dalla Riva al basso (nonché voce solista in tre brani) e “A dream of fantasy” è il loro folgorante debutto.

La presenza (probabilmente l’ultima prima della sua morte) di Ken Hensley in “The day is gone” ci fa subito capire la principale fonte di ispirazione della band, gli Uriah Heep appunto, di cui alcuni dei componenti, col nome di Forever Heep, proponevano, in sede live, il repertorio.

Malgrado l’essenzialità del libretto del cd (i credits, un po’ di storia del gruppo, le foto dei protagonisti, senza purtroppo, le liriche) non possiamo fare a meno di notare la splendida copertina (tranquilli… c’è pure l’edizione in doppio vinile…) ad opera di Rodney Matthews (in passato autore di copertine importanti per Magnum, Nazareth, Eloy, gli stessi Heep ed ultimamente per i “nostri” Ellesmere). 

Le composizioni, quattordici, di “A dream of fantasy” scorrono tutte bene e non poche sono le chicche presenti, tra sonorità vintage e arrangiamenti più freschi.  

Uno dei brani manifesto è senz’altro l’opener “Devil in a dream”, con una ritmica rocciosa, cori, ritornello azzeccato e hammond a go-go.

A ruota segue Sunbreaker, possente hard rock… Heep/Purple… brano tiratissimo, con incendiari “solos” di hammond e chitarra elettrica.

Il tuffo nei seventies è cosa fatta.

Screaming to the stars si avvicina, invece, al sound “sabbathiano” appena stemperato dai soliti, eccellenti, cori.

Altro pezzo da novanta è la power ballad “The day is gone” con Ken Hensley alla slide-guitar e allo hammond: brano davvero emozionante in cui trasuda tutta l’anima Heep del gruppo.

Molto bella “The ghost of Eveline” che coniuga sonorità hard rock con quelle più solari e sinfoniche, ma anche con momenti più cupi e dark.

I cinque Blind Golem sanno regalarci anche una perla romantica ed introspettiva come “Night of broken dreams”, ma anche riff heavy come in “Pegasus”, altro pezzo degno di menzione.

Non dimentichiamo, infine, “Thegathering" che unisce il songwriting Heep con il moog… di “Lucky man” degli EL&P.

Insomma, un album che si fa apprezzare nella sua interezza: un sano hard rock viscerale che non potrà che entusiasmare i fans delle storiche band dei Settanta ma anche dei più recenti (e purtroppo sciolti…) Wicked Mind o Black Bonzo.


TRACCE (CLICCARE SUL TITOLO PER ASCOLTARE) 

1. Devil In A Dream  4:05

2. Sunbreaker 3:41

3. Screaming To The Stars 5:24

4. Scarlet Eyes 4:22

5. Bright Light 6:10

6. The Day Is Gone (Featuring – Ken Hensley) 5:11

7. The Ghost Of Eveline 7:39

8. Night Of The Broken Dreams  3:03

9. Pegasus 4:37

10. The Gathering 5:49

11. Star Of The Darkest Night 5:05

12. Carousel 4:50

13. Living And Dying 5:52

14. A Spell And A Charm 3:51




Tanti Auguri Tony Cicco

Compie gli anni oggi, 28 novembre, Tony Cicco, cantante e batterista, membro fondatore della Formula 3.

Oltre ad aver portato al successo molti brani di Mogol-Battisti è stata l’unica band che ha avuto il privilegio di suonare dal vivo con Lucio Battisti.

Il loro primo album, “Dies Irae”, e molto ricercato dagli amanti del progressive.

Happy Birthday Tony!

Wazza

Formula 3 l'altro mondo di Rimini 1972

Formula Tre e Lucio Battisti – 1969

La formula 3

Il gruppo venne fondato nel 1969 ed era originariamente composto da Alberto Radius (chitarre e voce), Tony Cicco (batteria e voce) e Gabriele Lorenzi (tastiere e voce, proveniente dalla formazione I Samurai).

In due tournée la Formula 3 accompagnò Lucio Battisti nei suoi concerti - fu l'unica band -, il quale scrisse per loro numerosi brani, affidando a loro come la manifestazione della sua più profonda vena rock.

Tra i maggiori successi si ricordano “Questo folle sentimento”, “Io ritorno solo”, “Sole giallo sole nero”, “La folle corsa”.

 




venerdì 26 novembre 2021

Veil of Conspiracy-"Echoes of Winter": commento di Fabio Rossi


Gruppo: Veil of Conspiracy

Genere: Melancholic Metal

Album: Echoes of Winter

Anno: 2021

Casa discografica: BadMoodMan Records


Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)


1.       Woods of Nevermore

2.       Grim Light

3.       The Darkest Fall

4.       Ocean's Tide

5.       At The Edge Of Dark

6.       Cold

7.       Shore Of Discord

8.       Forsaken

9.       Svart

10.  Where Sun Turns To Grey

 

Lineup:

Alessandro Sforza: Vocals

Emanuela Marino: Guitars

Luca Gagnoni: Guitars

Davide Fabrizio: Drums

“Sighs through the night

All this solitude

Empties my tired eyes

Firelights strike in the dark

Shadows reflecting

The ghost I’ve become”

(liriche da Where Sun Turns To Grey)

 

Nonostante i tempi bui che stiamo vivendo, reputo ancora salutare uscire da casa per andare ad assistere a un bel concerto underground (in fondo non ha importanza il genere) e ammirare band che si conoscono poco o niente. Lo ritengo ancora oggi il miglior sistema per approcciare alle nuove proposte, piuttosto che impoltronirsi ad ascoltare musica su YouTube o Spotify.

La pandemia ci ha reso poco propositivi in questo senso non premiando, peraltro, il coraggio di chi (organizzatori, musicisti, proprietari dei locali, addetti al merchandising) tenta una ripartenza, pur nel rispetto delle regole che l’infinita pandemia ci impone.

Lo scorso 20 novembre al Defrag a Roma ho assistito a due ottime esibizioni in ambito metal. Ad aprire i validi Agatunet, ma a colpirmi nel cuore sono stati i capitolini Veil of Conspiracy. Una prestazione sontuosa nell’ambito di un metal malinconico venato di progressive/doom/black/gothic con riferimenti agli Opeth, Katatonia, Sentenced e ai nostrani Novembre, tanto per dare un’idea al lettore.

Mi è rimasta impressa la performance del biondo vocalist Alessandro Sforza, convincente sia nel cantato aggressivo in screaming sia in quello più pacato e fortemente evocativo. Mi sono ricordato poi, tornato a casa, di averlo già recensito nel lontano 2010 per il sito Metallized, quando militava nei Lykaion; si trattava precisamente dell’EP Swallowed by the Sea.

Al termine della serata ho scambiato una copia del mio libro sui Bathory con l’ultima fatica discografica dei Veil intitolata Echoes of Winter di cui si apprezza immediatamente la splendida cover, opera di Gogo Melone (Luna Obscura/Aeonian Sorrow).

Siamo al cospetto di dieci brani di notevole levatura che denotano nel complesso un miglioramento evidente rispetto al debut album del 2019, il concept Me, Us and Them.

Nell’attuale line up è confluito il già citato Alessandro che ha preso il posto di Chris De Marco, mentre le parti al basso sono state curate da Cristian Marchese. L’apporto del singer costituisce il vero punto di forza di Echoes of Winter risultando impeccabile in tutte le tracce (le liriche, per la precisione, sono state scritte da Luca Gagnoni e da Emanuela Marini).

Difficile trovare punti deboli in questo lavoro: la sezione ritmica è perfetta, mentre il lavoro delle due chitarre è inappuntabile sia in sede di riffing che di assolo.

Tra i pezzi preferiti cito la mistica opener Woods of Nevermore, la doomeggiante Grim Light, Ocean’s Tide contraddistinta da un eccellente assolo centrale di chitarra e da un grintoso finale, l’oscura Shore of Discord, la glaciale Svart (la più incline al black metal) e la conclusiva crepuscolare Where Sun Turns To Grey, la migliore del lotto, nella quale l’alternanza alla voce con la special guest Gogo Melone (sì, avete letto bene, è l’autrice della copertina) e la conseguente contrapposizione dello stile growl al clean, credo traccino una linea guida per il futuro di questa promettentissima band.

Vi siete convinti? Andate ai concerti, ampliate la vostra cultura e sostenete il movimento: io a sessant’anni suonati faccio ancora così.      

 




mercoledì 24 novembre 2021

PRISKA – “La sémantique des rêves”, di Andrea Pintelli


PRISKA – “La sémantique des rêves”

Di Andrea Pintelli


La Dark Companion Records, molto più di un’etichetta discografica, fucina di talenti e occhio attento e spietato delle Musiche tutte, pubblica un nuovo disco di una nuova artista che non può lasciare indifferenti: “La sémantique des rêves”, di Priska. E, ancora una volta, fa centro. Già, perché basta un primo ascolto per rendersi conto di quale grazia, di quanta poesia, di come si pone Priska nei confronti della propria arte, per poterla definire, fin da subito, come un potente raggio di Sole in un panorama musicale desolato.

Lei vive nella Carnia, Friuli- Venezia Giulia, pur essendo di origine francese, ma viene da un’altra parte. Sia chiaro, ci troviamo al cospetto di una persona con una sensibilità e una purezza al di sopra della media, siccome traspare dai brani che andremo ad analizzare un’innata e diamantina luce che avvolge senza bisogno di abbagliare. Nulla di forzato, quindi, ma una naturalezza e un’intensità che stupiscono.

Max Marchini, deus ex machina della Dark Companion, la racconta così:

La prima volta che mi sono imbattuto in Priska è stato attraverso un pacchettino arrivato in redazione a Rockerilla contenente un CD, il suo primo, e un inusuale foglietto scritto a mano tramite il quale la giovane friulana si presentava, con una grafia e una lingua schiette, ruvide e vagamente desuete, come il presentare un CD in quel modo. Una ragazza francese, trapiantata nelle Alpi Carniche, dal carattere schivo se non selvatico, capace di una grazia quasi sovraumana, rapace nelle intuizioni, brusca nei modi, talmente avvolta da una poetica chiusa in un guscio magico, da esserne totalmente inconsapevole. Quella purezza di intenti, quel talento melodico, quella forza espressiva rendono Priska una figura singolare non solo nel panorama musicale italiano, ma in generale, in questo mondo distratto e quantomai ingiusto. La sua voce di ambra e velluto, sono certo, saprà rapire e rendere prigioniero il vostro cuore così come successe a me e a tutti i tanti musicisti, da Paul Roland ad Annie Barbazza, poeti e artisti ai quali ho sottoposto l’ascolto dell’ammaliante Priska, tesoro gelosamente custodito per pochi intenditori. Questa antologia, con un inedito di Peter Sinfield, cantata in diverse lingue, rimasterizzata allo stato dell’arte dal talento di Alberto Callegari degli studi Elfo, spero possa aprire alle collaborazioni che Dark Companion si aspetta dalla mia sfuggente amica Priska.”



CLICCARE SUI TITOLI PER L'ASCOLTO

Cantautrice e musicista, Priska ammalia fin dal primo brano “Echi”, dove la sua voce profonda, dolce e sicura, si mischia al suono del mare e alla soave chitarra. Malinconia al servizio della delicatezza.

Santamarea”, dai vaghi rimandi pastorali, avanza distensiva e quieta, con la voce doppiata a sottolineare i passaggi più rilevanti.

ChèreMademoiselle”, giocosa e armonica, presenta per prima la lingua francese, ed è subito un viaggio d’oltralpe, ma la pacata tastiera ne amplifica il senso. Gioiellino.

Si prosegue con “C’est mon rêve”, fine canzone che va ascoltata in non-religioso silenzio. La qui morbida voce di Priska è come se ci stia baciando.

Indifeso” ha i suoi punti di forza nel testo che può rappresentare una fase della vita di molti di noi e nel controcanto che è uno strumento accessorio alla sempre tranquilla tastiera.

Sans amour”, altra gemma di leggerezza, regala uno straniante mondo, ben supportato da un sognante violino.

Le nuovel an” appare più orientata verso il Pop, credo abbia le potenzialità per essere un ottimo singolo. La qualità è pari agli altri pezzi, ma qui è rimarcata la dote d’internazionalità che è parte del suo bagaglio culturale.

L’embrasse”, torna alla poesia più pura, dove pianoforte e voce si fondono per un risultato che è un granello d’oro.

Jesus mari”, molto “francese” nella sua struttura armonica, è un sogno musicato. Quanta delicatezza, quanto sentimento…

Sisifo” è rappresentativa di quanti colori abbia la voce, quindi l’anima, di Priska: chiaroscuri che vengono tinti da infiniti pastelli. Tutto da scoprire.

Ila dit”, una complessa filastrocca che si rivela a poco a poco, sempre con insito acume. Non è solo l’arpa a completarne il quadro, c’è soprattutto la visione musicale di Priska.

Domenica” racconta il suo giorno festivo, con schiettezza, coi fiati che ne esaltano il messaggio. Un invito ad essere raggiunti.

Thelema”, altra storia, qui cantata in francese, che affascina e strega allo stesso tempo. La sua voce è talmente articolata che regala meraviglie assortite. 

Veleno” ha un giro chitarristico di sicura presa, ma la magia di Priska è anche che in tre minuti fa capire più aspetti di un pensiero che altri dovrebbero descrivere con un libro intero. La sua voce ha anche un che di sensuale, e non mi sbilancio, tant’è riscontrabile da chiunque.

La Chouette”, animale che io amo, piace leggerla come l’amore per la natura che la nostra dimostra. Lei deriva da essa, in maniera diretta e netta. Compagnia d’ogni dove.

Lydian Theme for Piano”: solo il pianoforte per un goccio di romanticismo.

If you’re right” chiude l’album con leggiadria e pura bellezza.


Un regalo a chi la Musica la vive, la respira, la considera vitale per la propria esistenza.

Avete presente il significato contrario di banalità? Esso è Priska.

Un disco da avere, abbracciare, accarezzare, perchè questa opera può dare tantissimo. Attendiamo con garbo il proseguo di questa splendida artista.

 

Tracklist

Echi

Santamarea

Chère mademoiselle

C’est mon rêve

Indifeso

Sans amour

Le nouvel an

L’embrasse

Jesus mari

Sisifo

Il a dit

Domenica

Thelema

Veleno

La Chouette

Lydian Theme for Piano

If you’re right

 

INFO

produced by Max Marchini

Etichetta:    Unifaun Productions Ephemerals 

Formato:    

CD, Compilation, Limited Edition, Stereo 

Uscita: 

Aug 13, 2021

 


martedì 23 novembre 2021

Suite Rock - Il Prog tra passato e futuro (Athos Enrile e Oliviero Lacagnina): commento di Fabio Rossi

 


Libro: Suite Rock - Il Prog tra passato e futuro

Autori: Athos Enrile e Oliviero Lacagnina

Edizioni: Graphofeel

Anno: 2020

Recensione a cura di Fabio Rossi


Per esperienza personale posso affermare, senza tema di smentita, che affrontare una tematica vasta come quella del rock progressivo può rivelarsi un’insidia tremenda per uno scrittore. Il problema di fondo è che si finisce inevitabilmente per scontentare un po’ tutti perché, sia per la complessità della materia che per i gusti personali dell’autore, la tendenza è quella di dare eccessivo spazio a taluni gruppi rispetto ad altri, oltre al fatto di non citare band reputate da qualcuno importanti o snobbare dischi che, invece, meriterebbero più spazio. Insomma, non è una passeggiata di salute. L’unico sistema per evitare, ove possibile, le critiche negative è il dichiarare apertamente qual è l’obiettivo prefissato.

Nel caso di “Suite Rock – Il Prog tra passato e futuro”, Athos Enrile e Oliviero Lacagnina l’hanno espressamente dichiarato, ovvero hanno voluto pubblicare un saggio destinato ai giovani, a coloro che per motivi anagrafici non hanno potuto vivere l’epopea magica del rock progressivo. In definitiva è il medesimo scopo che ebbi io quando pubblicai nel 2015 Quando il Rock divenne musica colta: Storia del Prog e, forse non a caso, l’autore della prefazione era proprio l’amico Athos Enrile. L’ho ispirato? Se la risposta è affermativa, non posso che essere contento e da recensore reputo il risultato finale dello sforzo fatto congiuntamente con Lacagnina pienamente all’altezza delle aspettative. 

Il neofita ha materiale a iosa per imparare e l’esperto attempato proverà tanta nostalgia rievocando nella mente gli straordinari concerti degli anni settanta che band come Genesis, Jethro Tull, Emerson, Lake & Palmer, Van Der Graaf Generator e altri ancora tennero nella nostra penisola, le ore passate in casa in religioso silenzio ad ascoltare gli album trattati come reliquie, i negozi di dischi dove si trascorrevano pomeriggi interi a scegliere indecisi che cosa comprare con i pochi soldi a disposizione… che tempi….

In questa scorrevole opera letteraria troverete tutte le informazioni necessarie ad acquisire una solida base di partenza: le formazioni più importanti, i dischi seminali, gli strumenti utilizzati, la spiegazione di che cos’è esattamente il rock progressivo, una sezione dedicata a uno dei movimenti più importanti in assoluto, quello italiano con sugli scudi Banco del Mutuo Soccorso, Le Orme, Premiata Forneria Marconi, Area capaci di comporre a livelli oggi impensabili (non a caso molti critici giudicarono il prog nostrano pari se non addirittura superiore a quello dei maestri inglesi) e molto altro ancora. Non c’è solo mero revivalismo, ma anche vivida speranza per il futuro visto il livello che molte formazioni, specie italiane, hanno saputo raggiungere negli ultimi anni. Si auspica davvero un ritorno dei bei tempi. L’impegno è stato sicuramente notevole (e quanto vi capisco!), ma il risultato è di eccellente livello: anch’io ho scoperto una serie d’informazioni che non conoscevo. Acquistatelo senza remore… non ve ne pentirete.

Athos Enrile e Oliviero Lacagnina