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martedì 31 gennaio 2017

Il Tusco feat. LUKE SMITH, di Andrea Zappaterra


Il Tusco feat. LUKE SMITH
di Andrea Zappaterra

Sulla scena musicale Rock italiana da 20 anni Diego Tuscano è molto apprezzato anche in Inghilterra con la sua Band “SanniDei”.
Con il nuovo gruppo “il Tusco”, in collaborazione con Mao (“Mauro Gurlino”), ha pubblicato nel 2015 l’Album “Il Tusco canta e Mao gliele suona!” ed ora esce questo bel lavoro dal titolo meno fantasioso, “Il Tusco feat. LUKE SMITH”, registrato a Bristol nell’ottobre 2015, con i bassisti Stefano Trieste e Ale Alle, il batterista cantante Todaro, Julian Weels Cathedral e Shane Maxymus alle percussioni, Snooky Chivers Hammond e il chitarrista inglese Luke Smith (leader della band Ulysses).

Un lavoro corposo, ben definito, che sviluppa tutte le tematiche classiche del prog rock psichedelico e incanta con sonorità calde, richiami a gruppi come il Balletto di Bronzo, Osanna, Perigeo, Avitabile, ma anche Gentle Giant, Pink Floyd, Santana,  Doors.
Un album quindi con le radici nel passato ma i frutti in alto, che si stagliano nel futuro, per certi versi sorprendente, veramente molto ricco e ben eseguito.
Tecnicamente prefetto, la chitarra di Luke si inserisce nei brani, suadente, sgusciante a far da sponda alla voce di Diego sempre molto sostenuta, mentre i bassi creano l’atmosfera calda e avvolgente dove blues, prog e rock si uniscono nel loro incedere naturale.



I Brani:

1)     Si inizia con “Ossessione” un ritmato riff con controtempi da capogiro, dove i vari strumenti si scompongono in spartiti separati per riunirsi alla fine.

2)     Ossessione pt2 (il traditore)” un brano che parte lento  per poi riprendere le tematiche del primo brano ma con maggior spunto psichedelico , evoluzioni sonore.

3)     Pulsazioni” invece un tipico rock sostenuto da un’ottima chitarra distorta.

4)      Ma è con “Libero” che arriva il tocco di classe, un rockaccio tirato, ritmato , accattivante. Un muro sonoro che fa subito presa e per un attimo riporta alle mente le migliori performance di grandi gruppi Rock 70’s, tipo Sparks o Grand Funk.

5)     Danzatore nel lurido Banco dei Pegni “, un altro scatenato riff  trasognante, con una chitarra imprendibile e imprevedibile .

6)     Poi un'altra perla “Babilonia della Psiche”, forse la più attinente al passato, con giri di basso collaudati e intensa caratterizzazione vocale.

7)     Giorni Perduti”, un brano più tranquillo con arpeggi e accordi melodici in cui si inseriscono dialoghi di assoli strumentali e una batteria sostenuta a tenere alto il plot ritmico.

8)     Nuovo anno Zero” infine, un’atmosfera quasi Floydiana, con un fantastico Hammond  e un Fuzz/Bass in cui si inserisce una chitarra indipendente.

Affascinante…


Contatti

lunedì 30 gennaio 2017

Il compleanno di Phil Collins


Compie gli anni oggi Phil Collins, nato a Londra il 30 gennaio 1951.
Collins ha iniziato la sua carriera musicale come batterista dei Genesis nel 1970, prima di diventarne il cantante in seguito all'abbandono di Peter Gabriel, nel 1975. Ha succssivamente intrapreso una carriera solista che lo ha portato a piazzare al primo posto in classifica ben sette singoli negli Stati Uniti e tre nel Regno Unito. Contando la sua militanza nei Genesis, le sue collaborazioni esterne, così come la sua attività solistica, Collins è l'artista che negli anni ottanta ha ottenuto il maggior numero di hits nella top 40.
La discografia di Phil Collins include otto album in studio che hanno venduto oltre 33.5 milioni di copie certificate nei soli Stati Uniti e una stima di 150 milioni di copie mosse in tutto il mondo, facendo di lui uno degli artisti musicali con maggiori vendite. È uno dei tre artisti, insieme a Paul McCartney e Michael Jackson, ad aver venduto oltre 100 milioni di album in tutto il mondo sia come solisti che come membri principali di una band. Durante la sua carriera ha ricevuto 7 Grammy Awards, 5 BRIT Awards, 2 Golden Globe, 1 Premio Oscar e 1 MTV Video Music Award. (wikipedia).
Ascoltiamo/ vediamo una sua intera performance parigina del 2004.

Giorgio "Fico" Piazza band: live a Milano, di Marco Pessina


Giorgio "Fico" Piazza band live a "Casa di Alex" - Milano - 28/01/2017
di Marco Pessina

Metti una sera nella grande metropoli, in uno dei piccoli Club meritevoli di credere ancora in certi tipi di proposte musicali e, infine, metti quello che fu il primo bassista di uno dei gruppi più significativi della musica in Italia e ottieni la quadratura del cerchio. La premessa era doverosa e GIORGIO "FICO" PIAZZA se la merita tutta. La Casa di Alex risulta quasi "piccola" in una serata come questa ed in effetti c'é un gran pubblico, per questa proposta musicale che va ad omaggiare i primi lavori della PREMIATA FORNERIA MARCONI. Come se non bastasse, a PIAZZA e band, tocca l'arduo compito di suonare davanti ad un autentico monumento della musica italiana. Seduto in prima fila c'é FRANCO MUSSIDA, che di questi brani fu uno dei co-autori. Ovviamente la sua presenza viene accolta da un'ovazione in sala. Assente dalle scene musicali per un trentennio, il bassista milanese dirà nella presentazione di essersi sentito in dovere di riportare alla luce questi pezzi di inizio anni '70, e di essersi reso conto recentemente di quello che fu composto allora. L’essere attorniato da musicisti esperti come MARCO FABBRI (THE WATCH) alla batteria, con parecchie collaborazioni nel suo palmares ( ECLAT, ODESSA, ALEX CARPANI) e i bravi e preparati ERIC ZANONI (chitarre e voce), RICCARDO COMPAGNO (tastiere e voce) e GIUSEPPE PERNA (tastiere e voce), ha permesso al bassista milanese di riproporre i brani così come furono concepiti a quell'epoca. Così il folto pubblico presente é stato deliziato dalle sofisticate melodie di APPENA UN PO', GERANIO, IL BANCHETTO, suonata tale e quale come nel disco con i suoi lunghi drappeggi di tastiere che creò all'epoca FLAVIO PREMOLI, mai apprezzato abbastanza. PER UN AMICO verrà eseguito nella sua interezza e accompagnato da una robusta dose di applausi tra un brano e l'altro. Riascoltandolo, si percepisce quella che fu la forza del progressive rock italiano di inizio anni '70. Nella seconda parte del concerto, la band ha suonato STORIA DI UN MINUTO, con le chicche di DOVE E QUANDO parte seconda e GRAZIE DAVVERO, a memoria mai sentite in un concerto della PFM e ne abbiamo visti! Via via che il concerto si avvia alla conclusione la sala si surriscalda e non solo per la temperatura del locale. Ovviamente si finisce con IMPRESSIONI DI SETTEMBRE, eseguita dall'intro iniziale e attaccata a GRAZIE DAVVERO e con E' FESTA. Applausi scroscianti e richieste di bis con un GIORGIO "FICO" PIAZZA visibilmente emozionato e quasi provato da questa magnifica serata. Partono le richieste di bis e al pubblico verrà concessa l'esecuzione di GIMME SOME LOVIN' che c'entra poco, ma che serve ad alzare il tono della serata semmai ce ne fosse stato bisogno. Tutti in piedi per l'ovazione finale e robusta dose di applausi meritatissimi.
                                                         

sabato 28 gennaio 2017

Ci ha lasciato Geoff Nicholls...


Ci ha lasciato oggi, 28 gennaio,  Geoff Nicholls...

Il chitarrista dei Black Sabbath Tony Iommi ha comunicato con un messaggio sul proprio profilo facebook che Geoff Nicholls, membro di lunga data dei Black Sabbath, è morto questa mattina dopo aver perso la sua battaglia con un cancro ai polmoni.
Nicholls era entrato nella band brevemente alla fine degli anni '60, prima come secondo chitarrista e poi sostituendo Geezer Butler al basso.
Era poi rimasto nella band come tastierista non accreditato, registrando tutti gli album della band a partire da "Heaven and Hell", nel 1980, e suonando live (anche se non sul palco), fino al 2004.
(True Metal)




Ricordando Jim Capaldi


Hello,
ricordiamo oggi Jim Capaldi, che ci lasciava il 28 gennaio 2005. 
Batterista, fondatore co-autore dei Traffic insieme all'altro fenomeno Steve Winwood.

Con i Traffic aveva raggiunto fama e popolarità, un gruppo incredibile, miscela di rock, folk, etnia, jazz, un suono sempre attuale, impreziosito dalla stupenda voce di Winwood, e  i fiati di Chris Wood. Da ascoltare...


Jim ha avuto anche una discreta, carriera solista, raggiungendo i primi posti delle classifiche con il single "Something so strong". Grande appassionato di calcio, sopratutto del Brasile, paese originario di sua moglie.

Sempre presente.
Wazza


Ci ha lasciato Alan King


Un'altro della "famiglia" ci ha lasciato, Alan King, sassofonista inglese, ma italiano per scelta di vita, viveva a Bologna.
Ha suonato il sax e flauto nell'album "...di Terra", uno dei lavori più importanti del Banco a livello musicale. 


Ha partecipato al tour "La carovana del Mediterraneo",con il Banco e Angelo Branduardi.
Eccellente musicista, quanto persona discreta e riservata.
Un abbraccio alla moglie Cristina Nurek King da parte dei musicisti e di tutti gli amici e fans di Alan.
RIP

Wazza

martedì 24 gennaio 2017

Un pensiero per John Wetton


"Un guerriero accetta la sconfitta. Non la tratta con indifferenza, non tenta di trasformarla in vittoria. Egli è amareggiato dal dolore della perdita, soffre all'indifferenza. Dopo aver passato tutto ciò si lecca le ferite e ricomincia tutto di nuovo. Un guerriero sa che la guerra è fatta di tante battaglie: egli va avanti".
(Paulo Coelho)


Oggi voglio mandare un pensiero ad un altro nostro "amico", che sta combattendo una dura battaglia...
Dicono che la sinergia aiuti... pensatelo anche voi.
Forza John (Wetton)

Wazza




lunedì 23 gennaio 2017

Il compleanno di Vittorio Nocenzi


Hello...
compie gli anni oggi, 23 gennaio, Vittorio Nocenzi, fondatore, tastierista, autore delle musiche, co-autore di molti testi, direttore artistico del Banco del Mutuo Soccorso.
Musicista a 360°, pochi in Italia hanno il suo "talento"; ha scritto brani che sono patrimonio della musica... Ha composto musiche per il cinema, teatro, balletti.
Sempre impegnato nel sociale, nella didattica e nel multimediale per i giovani, con progetti tipo "Musica Orienta", "Le chiavi segrete della musica", "Roma Electric Orchestra”, che hanno visto la partecipazione di migliaia di studenti di varie regioni Italiane.

Nel 2010 riceve ad Assisi il premio "artista per la pace", per il suo impegno nel sociale.
Nel 2016 viene nominato Ambasciatore Onorario per i giovani dell'Unesco.
Nonostante lo "Tsunami" che ha travolto il Banco, privandolo in breve tempo delle figure di Francesco di Giacomo e Rodolfo Maltese, e ripresosi lui stesso da una "brutta avventura", Vittorio e tornato saldamente al timone del gruppo, con una nuova formazione e un nuovo progetto in fase di lavorazione...
Buon compleanno "maestro"

Wazza


domenica 22 gennaio 2017

Tenebrae-“My Next Dawn”, di Gianni Sapia


Recensione già apparsa sul numero di dicembre di MAT2020 (WWW.MAT2020.COM)

Tenebrae-“My Next Dawn”
di Gianni Sapia

Più spesso. Ci vuole poco tempo, che può diventare molto. Ma in fondo è solo tempo, niente di importante, se non lo si riempie. Poco o molto che sia. Più spesso comunque, dovrei farlo più spesso. Non è ancora abbastanza, devo riempire il mio tempo con più musica, perché è da lì che deriva il vero godimento, dalla musica. E si parte da lì, solo musica, senza parole, introdotta da un ticchettio che non mi fa perdere di vista il tempo. Un inizio roboante, un motore che si scalda e prende i giri. La macchina si mette in moto, gli ingranaggi girano, ben oliati e i pistoni prendono a pompare. Dreamt Apocalypse è solo l’intro musicale, ma già riempie l’aria di polvere d’apocalisse, profumi epici, contorni eroici e leggendari, ma anche mistero e soprassalto. La strada è tracciata, non resta che seguirla. E si comincia a correre. Black Drape è senza tregua, corre a perdifiato salvo frenare in liturgiche aree di parcheggio, creando una varietà ritmica davvero esaltante. 
Come l’intro aveva chiaramente fatto intendere, siamo tra doom metal, progressive metal, black metal e via dicendo, ma a parte le etichette, siamo in mezzo a musica spessa. Musica che non si ferma mai e il suono di tastiere evocative mi accompagna in Careless e su binari di infinite montagne russe sonore prosegue il viaggio. È un’armonia acustica dove i solisti sono al servizio del gruppo. Nessuno ruba la scena a nessuno, ma tutti incantano le orecchie di chi ascolta. I musicisti bravi fanno così. Gran pezzo, dove si nota anche quella base melodica, che, in mezzo a tanta “violenza”, rende inconfondibile il timbro del gruppo. Melodia che risulta più evidente in Grey, dove l’introduzione classica addolcisce la potenza che verrà, esaltata dai cambi di timbro vocale, che da cavernoso e ringhioso sa diventare pulito e potente, fino ad essere dolce e malinconico. “All the animals died and the beasts remained” è una frase del testo di The Fallen Ones è può forse essere rappresentativa di tutta la poetica del disco. Immagini apocalittiche e distruttive, parole che formano frasi fatte di macerie di umanità, dove quello che resta, il poco che resta di quell’essere umano fatto di viscere e sentimento, rappresenta ciò che poteva essere ma non è mai stato. Film di ispirazione The Road, appunto. E mentre scrivo The Fallen Ones continua ad incendiare l’intorno con la sua ritmica potente, la chitarra che amalgama, la tastiera che orna, la voce che ammalia e meraviglia. Metà album, si scavalla, ma la tensione sale e la potenza espressa resta alta con The Greatest Failure, altro pezzo che conferma non solo l’architettura potente e tenebrosa del gruppo, che si evidenzia palese, ma anche la capacità di questi artisti di gettare delle basi melodiche, che aiutano a mantenere un equilibrio musicale davvero particolare, un marchio tutto loro. Come in tutto l’album anche il testo fa parte di questa amalgama particolare, di questa luminosa alchimia. Testo e musica sembrano essere inscindibili, una sola anima. Anche per Behind, settimo brano dell’album, voglio citare una frase che mi piace un bel po’: “Under the sign of the mighty I / We have broken all ties” e poi ancora la musica intorno al testo o viceversa e i musicisti abili druidi a mescolarne sapientemente gli ingredienti. L’album non perde vigore mai e anche nell’apparente tranquillità di Lilian (Changing Shades) aleggia comunque un’inquietudine e una certa malinconia, che danno la giusta collocazione all’interno dell’album anche di questo pezzo. L’album, sì certo, perché ovviamente è di un album che sto parlando, anche se non l’ho ancora detto. Ci sarà tempo (ancora il tempo…), ora la storia prosegue con un pezzo significativo non solo perché è forse quello emotivamente più intenso, quello musicalmente più ricco, quello che più ti rimescola le viscere per i suoi cambi di direzione, per la sua pienezza, ma anche per il titolo, capirete perché. Lei è My Next Dawn e da penultimo pezzo dell’album continua a mantenere tutte le promesse finora fatte. Ci siamo, ultimo giro di giostra, As The Waves (Always Recede). La storia finisce in mare, anzi, col mare e la sua ambiguità, il suo saper dare e togliere speranze, col suo incanto, sottolineato da una musica accorta e accorata. Finito. L’opera di teatro canzone in chiave progressive metal My Next Dawn dei Tenebrae è finita. La storia e i testi, per la prima volta in inglese, sono sempre di Antonella Bruzzone a cui vanno grandi applausi. Chitarrista di gran tocco e fondatore del gruppo Marco Arizzi. Altro elemento storico del gruppo il bassista che cuce Fabrizio Garofalo. Tastierista e pittore di contorni Fulvio Parisi e batterista che non lascia scampo Massimiliano Zerega. E Paolo Ferrarese, la voce, anzi, le voci. Fa più scale di un quadro di Escher! Hanno collaborato Laura Marsano per le chitarre acustiche e Sara Aneto curatrice del book. I Tenebrae, signore e signori, ci hanno regalato un’opera che va ascoltata, letta, guardata, annusata, assaggiata, un’opera che il tempo non cancellerà. Il tempo, ancora lui…


Tracklist:
1 Dreamt Apocalypse
2 Black Drape
3 Careless
4 Grey
5 The Fallen Ones
6 The Greatest Failure
7 Behind
8 Lilian (changing shades)
9 My Next Dawn
10 As The Waves (always recede)

Tenebrae:
Chitarre: Marco Arizzi
Basso: Fabrizio Garofalo
Voci: Paolo Ferrarese
Tastiere: Fulvio Parisi
Batteria: Massimiliano Zerega
Storia e testi di:
Antonella Bruzzone

Collaborazioni:
Laura Marsano (ospite su alcune chitarre classiche)
Sara Aneto (tutta la grafica del book e sito)
Registrato, missato e masterizzato all’Hilary Studio da
Rossano Villa

Pagine Ufficiali:
http://www.tenebrae.it
https://www.facebook.com/tenebraeitalia

sabato 21 gennaio 2017

Come ogni 21 del mese... Francesco Di Giacomo... di Wazza




«So di avere, giustamente, tanti nemici, a causa del mio carattere scorbutico e degli atteggiamenti spesso intransigenti. A causa di questi stessi difetti però ho anche qualche amico, e mi basta”.
  (Giuseppe Berto - scrittore)


Ci sarai sempre . Buon viaggio Capitano
Wazza

Dal Blog - Il Corsaro

E’ inutile provare a racchiudere in poche righe ciò che Francesco Di Giacomo ha rappresentato per la storia della musica e per molti di noi. Lui stesso avrebbe probabilmente chiesto di non sprecare un discorso di commiato per chi non è più, perché se una voce e una canzone hanno lasciato un segno, queste appartengono soltanto alla vita. E la voce di Di Giacomo è stata e continuerà ad essere per tanti, forse troppi, quella di un poeta che si è fatto prepotentemente largo fin dentro la testa, senza cessare più di sorprenderlo, come una malattia. Perché il Banco del mutuo soccorso non è stato soltanto un evento rivoluzionario per il pop italiano e una pietra miliare per il rock sinfonico a livello internazionale, ma ancor di più il culmine insuperato di una poetica che ha saputo coniugare laltezza di una ricchissima creatività musicale alla profondità vertiginosa delle parole cantate.
Ognuno di quegli album pubblicati tra linizio e la fine degli anni ‘70, periodo in cui si concentra la massima espressione artistica del Banco, rompe in chi ascolta ogni barriera tra la musica e la filosofia, tra la potenza del prog-rock e un esistenzialismo spinto alle sue estreme conseguenze, sempre in bilico tra la gioia della volontà e il dolore della ragione. Il manifesto poetico di questo primo periodo del Banco è contenuto tutto nei primi versi ispirati allOrlando furioso della traccia In Volo che apre il primo LP omonimo Banco del mutuo soccorso del 72, con cui la band romana scalerà rapidamente le vette del successo in Italia e allestero: Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo, o Astolfo, / e sfrena il tuo volo dove più ferve l'opera dell'uomo. / Però non ingannarmi con false immagini / ma lascia che io veda la verità / e possa poi toccare il giusto. Una visione profondamente materialista della realtà unita a uninsopprimibile tensione morale: così Di Giacomo traduceva in canzoni la sua fiera identità ultra comunista, come diceva di se stesso. Questo il senso di un rock che pretendeva di essere una tagliente arma culturale senza mai perdere un potente lirismo epico. Tutte le questioni più drammatiche e pressanti trovavano così la propria trasfigurazione su un piano poetico universale, senza mai confinarsi a cronaca dellattualità o ideologia di partito: è il caso, ad esempio, di R.I.P., in cui i disastri della guerra vengono raccontati attraverso un incalzante groove rock che improvvisamente si sospende in lento corale conclusivo, o de Il giardino del mago, suite visionaria e immaginifica in cui a parlare è proprio un uomo a metà strada tra la vita e la morte.
A distanza di pochi mesi dal primo album il tastierista e compositore Vittorio Nocenzi, fondatore e mente compositiva del Banco, partorisce Darwin!, primo concept album italiano in assoluto, che consacrerà la band a punto di riferimento nella scena rock internazionale. Un album pedagogico, con cui Di Giacomo e Nocenzi chiedono di provare a pensare un pòdiverso, abbandonando loscurantismo e le facili illusioni di tutte le religioni per accettare la sfida di unesistenza drammatica, in cui la volontà umana possa scoprire la propria dignità anche di fronte allineluttabile ruota gigante del tempo che scandisce il macabro walzer conclusivo di Ed io domando tempo al tempo e lui mi risponde: Non ne ho!.
Nel nulla di ogni verità trascendente luomo può trovare il solo senso della storia nella creazione della sua libertà come potenza rivoluzionaria contro ogni oppressione: questo linsegnamento che consegnano Io sono nato libero (1973), titolo che è allo stesso tempo laffermazione stentorea del condannato a morte che invita le donne piangenti a non sprecare per lui una messa da requiem(nel primo brano Canto nomade per un prigioniero politico), e Come in unultima cena (1976), concept album in cui la metafora evangelica viene ricondotta al percorso esistenziale di una volontà che solo attraverso la comprensione del male può superare se stessa nella vita vecchia /eppure così nuova / non nella specie / ma nella dimensione. Questo stesso disco sarà prodotto (e tradotto in inglese) dalla casa discografica, la Manticore(fondata da Emerson, Lake e Palmer), con cui il Banco aveva debuttato presso il pubblico internazionale nel 75 con la prima raccolta di brani riadattati in inglese. Stessa casa che produrrà il primo lavoro solo strumentale della band, la colonna sonora del film di Luigi Faccini tratto dal romanzo di Vittorini Il garofano rosso, in cui Di Giacomo resta dietro le quinte per curarne una vera e propria introduzione e guida allascolto a partire da un lavoro di documentazione storica. Un gioiello, spesso ingiustamente trascurato dalla critica, tra cui spiccano composizioni monumentali come Suggestioni di un ritorno in campagna. La stagione più creativamente fortunata del Banco si chiude forse nella coscienza stessa della band - con Capolinea, un live storico che ripercorre con audaci arrangiamenti per fiati da big band, sviluppando le sonorità folk dellalbum uscito lo stesso anno, Canto di primavera (79), in cui i virtuosismi del rock più progressive lasciano spazio a unatmosfera pastorale e mediterranea, solare e allo stesso tempo cupa, in un intreccio di allegra malinconiache segna probabilmente il punto di arrivo della loro poetica.
Ma il testamento vero e proprio con cui si chiude la prima fase della carriera del Banco, quella su cui ci siamo soffermati qui ritenendola - a nostro avviso - la massima espressione artistica della band romana, è senzaltro la suite sinfonica di terra(78), per cui Francesco Di Giacomo compone i versi che faranno da titolo dei diversi brani, concentrando come non mai il senso del suo messaggio. Ed è con questi versi che concludiamo questo breve ricordo di un gigante della musica contemporanea, la cui voce non smetterà di segnare chi ha avuto il privilegio di ascoltarlo, chi avrà la fortuna di imbattersi sempre e di nuovo nelle sue canzoni.


Nel cielo e nelle altre cose mute
Terramadre
Non senza dolore
Io vivo
Né più di un albero, non meno di una stella
Nei suoni e nei silenzi

di terra

Il compleanno di Franz Di Cioccio


Hello,
compie gli anni oggi, 21 gennaio, Franz Di Cioccio, batterista, cantante, musicista, attore, scrittore, produttore... fondatore e cuore pulsante della Premiata Forneria Marconi, dagli anni '70 la band prog italiana più conosciuta al mondo.
Storiche le loro tournèe in America e Inghilterra, uscendo sempre a testa alta nei confronti con le band famose di quei paesi. Nel 1973 erano in tour con i prestigiosi Ten Years After, capitanati dalla chitarra più "veloce del west", Alvin Lee (foto, credo, di Michel Pergolani).


A questo link Franz ricorda quegli anni:



Ancora "saldamente", dietro i tamburi della PFM,con l'energia di sempre. Queste le prossime date...

Happy birthday... mitico Franz

Wazza