www.mat2020.com

www.mat2020.com
Cliccare sull’immagine per accedere a MAT2020

venerdì 28 dicembre 2018

Intervista a Giampy, il BIG ONE aggiunto...



Winter Tour Big One 2018: ovvero l’ennesimo successo in terra olandese della tribute “silenziosa” …

Sono tante, forse troppe (a parere di qualcuno) le cover band, o meglio le tribute credibili che si ispirano alla figura artistica dei Pink Floyd nell’ambito del panorama musicale nostrano. Fra queste il gruppo dei Big One, diretto e guidato con maestria dal “Gilmour italiano” per eccellenza, Leonardo De Muzio, si può considerare ormai da anni (senza ombra di dubbio, viste le location prestigiose) la migliore, appunto, come attività concertistica nazionale ed europea, l’unica tribute italiana ad essere richiesta con successo da diversi anni in Olanda e Belgio. Nonostante questo dall’esterno si percepisce l’immagine di un gruppo riservato e composto, silenzioso… quasi come se nulla fosse accaduto. Invece la realtà ci informa che la band è da poco rientrata da cinque incredibili concerti in terra olandese, con il debutto del nuovo The Division Bell Tour, che nuovamente ha confermato la sofisticata e affascinante qualità del progetto, per cui abbiamo pensato di contattare una nostra vecchia conoscenza, da sempre amico e collaboratore di MAT: Gian Paolo Ferrari (meglio conosciuto semplicemente come Giampy) responsabile tecnico della produzione scenografica del lights-show Big One. Cerchiamo di vedere se con il suo aiuto riusciremo a smuovere questo misterioso silenzio…


MAT – Ovvio che la prima domanda, o meglio curiosità, sia legata alla tua conoscenza con i Big One: quando è nata la vostra collaborazione?

GP – La “conoscenza” se non ricordo male, risale al giugno 2009, al Teatro Romano di Verona; in quel frangente si celebrava il 30° anniversario di The Wall, e sul palco si esibiva questa tribute che assolutamente non conoscevo. Rimasi subito colpito dal sound che quella band riusciva a ricreare, ma in particolar modo dalla tecnica sopraffina del chitarrista, e pensai subito che dovevo conoscerlo e l’unico modo poteva essere quello di scrivere una recensione su di un loro prossimo concerto. E così mi ritrovai dopo qualche tempo al Blue Note di Milano, in concomitanza con la chiusura del tour; fin da subito nacque con i componenti del gruppo una sincera amicizia (soprattutto con Leonardo), che in seguito mi prese in disparte confidandomi: “Ti ho osservato molto in questi ultimi tempi, ho notato che sei sempre molto attento ai dettagli, per cui inizia a guardarti intorno … abitua il tuo orecchio ad ascoltare la musica in modo diverso perché questa non è la riproduzione di un vinile, ma un concerto! Ho la percezione  che dentro di te ci sia tanta passione e cuore, ho capito che conosci i Pink Floyd. Servirà un pò di tempo, dovrai impegnarti molto, ma sono sicuro che tu diventerai il nostro responsabile tecnico video/luci, e ti ritroverai al fianco del fonico in regia al controllo dello spettacolo”.
Dopo queste parole non potevo certo deluderlo… così mi spinsi anche un po’ oltre, e nel settembre del 2012 organizzai il mio primo concerto benefico al Teatro Romano di Verona per il gruppo, e in seguito iniziai la mia nuova esperienza come tecnico video in Sardegna, per partire subito dopo nel mese di ottobre dello stesso anno con il debutto del primo tour in Olanda e Belgio. Sono passati sei anni e per volontà del nostro grande light designer Andrea Coppini, dal prossimo gennaio 2019 nel corso del nostro nuovo tour debutterò come nuovo operatore luci, per cui la regia dello spettacolo sarà esclusivamente “nelle mie mani”. Sorridendo adesso Leo (Leonardo De Muzio n.d.r.) mi ricorda sempre: “Cosa ti avevo detto qualche anno fa? Quando ci metti il cuore e la passione non possono esistere ostacoli insormontabili”. A dire il vero, ti confesso che ancora oggi sentirmi chiamare tecnico mi fa sorridere molto. Se devo essere sincero preferisco definirmi come un jolly prezioso, o meglio ancora come un Richard Macphail di Genesiana memoria.

                                                         Leonardo De Muzio

MAT – Hai accennato al vostro primo tour olandese, ci vuoi parlare invece di questo ultimo “Winter Tour” appena concluso? Hai trovato qualche differenza rispetto agli anni passati e perché avete scelto l’album The Division Bell?

The Division Bell ci era stato richiesto un anno fa dai nostri organizzatori olandesi al termine del fantastico Animals Tour. Dopo avere portato sul palco negli anni precedenti: The Dark Side Of The MoonWish You Were HereAtom Heart MotherThe Wall, si chiedeva qualcosa di meno scontato e diverso rispetto ai soliti repertori copia/incolla che si vedono in giro di frequente. Così il buon Leo si è rinchiuso in sala prove lavorando sodo con il gruppo, e come sempre ha centrato in pieno il suo obbiettivo, infatti brani meno proposti come Cluster One – Poles apart – What Do You Want From Me o A Great Day For Freedom, alla fine sono risultati molto graditi dal pubblico presente. The Division Bell è stato definito a suo tempo da molti critici come un album “soporifero”, questo Winter Tour ha dimostrato che nella dimensione live risulta invece molto intenso e coinvolgente. A differenza degli anni scorsi dal punto di vista tecnico, vista l’esperienza maturata e la tipologia dei locali, non ho voluto portare l’americana circolare per le mie proiezioni video, sostituendola con due diversi programmi con risoluzione in 4:3 e 16:9, creando attorno alla maschera circolare del video una cornice esterna, che mi ha dato la possibilità di potere coprire il maggiore spazio possibile durante le proiezioni. Con questo sistema ho potuto creare un bellissimo effetto visivo per il pubblico, ma soprattutto ho potuto diminuire la tempistica del montaggio/smontaggio che incombeva sul palco, per la gioia di tutto il gruppo.
Ma il dettaglio più importante, a differenza degli anni precedenti, è stata la presenza del nostro fonico di regia: Moreno Piccoli, professionista affidabile che ci segue da diversi anni. Anche questa scelta ci ha permesso di accelerare i tempi del soundcheck, riducendo al minimo qualsiasi problema tecnico, con il vantaggio di mantenere intatto il sound della band. Per la cronaca Moreno si è divertito molto nel cambiare mixer ad ogni serata; i giocattoli a sua disposizione sono stati: SSL LIVE200 – PRO 2 MIDAS – DIGICO SD9 – SOUNDCRAFT VI 3000.

MAT – Puoi farci una breve recensione delle date che hanno contraddistinto questo Winter Tour 2018, e se c’è un ricordo che ti ha gratificato in modo particolare?

GP – Eravamo già stati negli anni scorsi ad Haarlem – Apeldoorn e Uden, per cui il pubblico già ci conosceva, infatti qualcuno è passato a salutarmi in regia per complimentarsi dell’aspetto scenografico creato dai video, sottolineando che non era il primo concerto dei Big One al quale assisteva… E’ stato decisamente più emozionante esordire al De Spot di Middelburg e al Muziekegieterij a Maastricht, dove in entrambe le location siamo stati accolti da un grande entusiasmo. Quasi tutti i concerti hanno mantenuto lo stesso copione emotivo, una prima parte attenta e assorta con l’avvolgente e cosmica Cluster One ad aprire lo spettacolo, seguita dalla rabbiosa What Do You Want From Me, dove Leonardo inizia a scaldare il pubblico con i suoi assoli,  per arrivare al dolce arpeggio di Poles Apart ( brano stupendo) che lascia spazio ad un coinvolgente e magico tris: Keep TalkingTake It Back – Coming Back To Life. Non c’è respiro… e si riparte con l’intro da brividi di Sorrow con relativo assolo in puro stile Gilmour. Emozioni  con A Great Day For  Freedom, anche qui sottolineato da un grande assolo finale che ci porta alla stupenda e famosa cornice musicale di High Hopes. Si chiude con Another Brick In The Wall, pubblico letteralmente coinvolto e non potbbe essere il contrario.
La seconda parte (a differenza della prima), risulta molto più accessibile e conosciuta dal punto di vista dei ricordi musicali, per cui il pubblico si scatena immediatamente già sui primi tocchi al basso di One Of These Days (impeccabile il nostro Luigi Taba Tabarini), per tornare in religiosa adorazione sulle prime note di Shine On You Crazy Diamond, con applausi a scena aperta al termine del brano dopo il sontuoso assolo al sax di Marco Scotti. La sferzante e tiratissima Sheep travolge in pieno, ancora con un grande Luigi al basso e voce, e poi ancora l’immortale Us And Them seguita da Marooned, Wish You Were Here (cantata con il supporto di un pubblico sempre più coinvolto). A chiudere la richiesta e attesa Money accompagnata dalla poetica e malinconica Louder Than Words. Grande trepidazione, il pubblico non abbocca ai presunti saluti finali, e con un boato accoglie i bis di Time e Comfortably Numb dove il nostro Leo sul lungo assolo finale, riceve un lungo applauso che sembra non voglia finire mai... incredibile! La gratificazione più grande è certamente la fiducia che tutto il gruppo riversa nei miei confronti, se proprio vogliamo parlare di dettagli direi la possibilità di condividere a 360° la vita in tour con tutta la band, a mio avviso dinamiche importanti e fondamentali per mantenere lo spirito Big One.


                                                                 Luigi Tabarini

MAT – Siete l’unica tribute italiana che si esibisce all’estero in maniera stabile e continua. C’è un segreto in tutto questo o come accade spesso nella vita ciò è dovuto ad una dose di fortuna o meglio nel saper cogliere il momento giusto? Tu che segui dalla regia la band in tutte le sue sfumature, ti sei fatto un opinione in merito a questo?

GP – Come ti ho già detto prima, quando vidi i Big One in concerto rimasi colpito dal sound perfetto che questo gruppo sapeva trasmettere, soprattutto la chitarra del Leo mi risultava impressionante, un’emozione incredibile. Quando successivamente entrai in pianta stabile nella band cominciai a capire quale fosse il vero valore e quanto il lavoro e lo studio che questi ragazzi riversavano in sala prove. Poi è ovvio, se nasci con certe doti musicali (vedi Leo) puoi parlare anche di fortuna, però ritengo che la caratteristica principale che contraddistingue questo gruppo rispetto ad altri, sia proprio il suono o meglio quella sottile percezione floydiana che se chiudi gli occhi… ti sembra di sentire proprio gli originali. Questa mia impressione viene condivisa da molte persone che assistono ai nostri concerti, Olanda e Belgio, seguono la stessa linea di pensiero. Hanno scelto a suo  tempo i Big  One proprio per questa caratteristica fondamentale.

MAT - Immagina di essere al tuo posto in regia, come descriveresti il gruppo Big One.

GP- Lo descriverei nell’immagine discreta e silenziosa del suo leader Leonardo de Muzio, persona davvero straordinaria, un vero direttore d’orchestra che sul palco controlla tutti i componenti del gruppo. Con il tempo ho imparato a conoscere i suoi gesti, perché il vero direttore è quello che usa di più l’espressione del suo corpo. Quando incrocia il mio sguardo e sorride vuol dire che tutto sta andando nel verso giusto. In sala prove è maniacale e meticoloso, la sua filosofia, il suo pensiero è sempre questo: “non ce ne stiamo qui ore ed ore in sala prove per essere i migliori, ma per migliorare noi stessi, se io miglioro aiuto a far migliorare gli altri, per cui voglio  la massima concentrazione ed aiuto da parte vostra in questo senso”. A Leonardo non interessa assolutamente di apparire o di avere successo, l’unico suo scopo è suonare, avere la possibilità di potersi esprimere davanti ad un pubblico regalando emozioni, suonando la musica che lui ama incondizionatamente. Ecco spiegate le caratteristiche del nostro dna emotivo. Anche se teniamo un nome esplosivo come Big One restiamo sempre con i piedi per terra, consapevoli di avere un privilegio dato dal frutto dei nostri concerti, cioè la possibilità di poter continuare a condividere la nostra passione in maniera tranquilla, lavorando silenziosamente...

                                                Gian Paolo Ferrari (Giampy)

MAT- Per chiudere come da copione, ci puoi parlare dei prossimi progetti futuri?

GP- A gennaio 2019 porteremo il nostro THE DIVISION BELL nei teatri, un fantastico spettacolo ampliato (a differenza del tour olandese) dal nostro lights show completo... le prime date sono queste:

18 gennaio -Teatro Nuovo - Ferrara
15 febbraio -Teatro Comunale - Belluno
22 febbraio - Teatro Verdi - Montecatini
25 febbraio - Teatro Ciak - Milano
2 marzo - Teatro Accademia - Conegliano
16 marzo - Teatro Sociale - Mantova
5 aprile - Teatro Italia - Roma
4 maggio - Teatro Della Corte - Genova
10 maggio - Teatro Nuovo - Torino

Naturalmente questo calendario verrà aggiornato dal nostro sito ufficiale www.bigoneproject.it


Per quanto riguarda il futuro diciamo che ne abbiamo parlato durante il viaggio di rientro, ci sono già delle buone idee che inizieremo a sviluppare nei prossimi mesi, l’Olanda ci ha prenotati anche per il 2019 e  la tradizione continua…
Un saluto da parte mia e dal gruppo a tutti i grandi lettori di Mat, ricordando che nei nostri concerti c’è sempre stato qualcuno che ha indossato la nostra ‘mitica’ tshirt firmata MusicArTeam. Un grande abbraccio GP.

BIG ONE WINTER TOUR 2018

28.11.2018 - Haarlem - Patronaat
29.11.2018 - Apeldoorn - Gigant
30.11.2018 - Middelburg - De Spot
01.12.2018 - Uden - De Pul
02.12.2018 - Maastricht - Muziekgieterij

Leonardo De Muzio (Lead guitars, vocals, synth programming and musical director)
Luigi Tabarini (Bass guitar and vocals)
Stefano Righetti (Piano, Hammond organ, synth, sequencer and vocals)
Stefano Raimondi (Percussions and drums)

Special guests:
Marco Scotti (Saxophones e guitars)
Debora Farina (Backing vocals)

BIG ONE Productions
Gian Paolo Ferrari, Moreno Piccoli

giovedì 27 dicembre 2018

Aldo Tagliapietra band live al Club Il Giardino, di Marco Pessina-Reportage fotografico di Renzo De Grandi


         

Aldo Tagliapietra live al Club Il Giardino - Lugagnano (VR) 22/12/2018
Di Marco Pessina-Reportage fotografico di Renzo De Grandi

E' diventata ormai tradizione consolidata affidare il concerto pre-natalizio ad ALDO TAGLIAPIETRA, divenuto, sempre di più nel corso degli anni, amico del Club e, coinvolto sempre a portare qualche novità, ALDO si fa ambasciatore del locale volentieri sentendosi in qualche modo a "casa".
Accompagnato dai fidi ANDREA DE NARDI, MATTEO BALLARIN, MANUEL SMANIOTTO e ANDREA GHION, da qualche anno la sua band ufficiale, non é voluto mancare al solito cliché.



Quest'anno é toccato all'album IL FIUME, primo della trilogia realizzata nella più recente produzione ORME, insieme a ELEMENTI e L'INFINITO. L’album non veniva eseguito dal vivo da qualche stagione, e i cinque musicisti ne hanno proposto un corposo riassunto, ricordandoci quanto valida fosse la proposta nel tempo in cui é stata pensata e scritta.
Il locale, traboccante di appassionati, ha risposto piacevolmente a questa chicca regalataci dal musicista veneziano e dalla sua band, quanto mai in palla. Gli applausi che ne hanno sottolineato l'esecuzione ne sono la giusta testimonianza. La voce di TAGLIAPIETRA tiene ancora bene e pazienza se qualche volta le parole scappano dalla memoria. Il folto pubblico apprezza anche questo e lo sottolinea con franchi applausi. Nel corso della serata di Lugagnano vengono eseguiti anche brani dell'ultima produzione dell'artista veneziano tratti da INVISIBILI REALTA' e L'ANGELO RINCHIUSO, prodotti proprio insieme con i quattro ragazzi della band. Particolare risalto risultano avere gli arrangiamenti dei pezzi datati come MAGGIO o LA FABBRICANTE D'ANGELI, con cui TAGLIAPIETRA comincerà il viaggio a ritroso all'interno del concerto. Non ci saranno cali di sorta in tutta la serata con tutti i protagonisti in gran spolvero.
La seconda parte del recital ci offrirà i bellissimi brani scritti nel lontano 1971, in particolare MORTE DI UN FIORE ed ERA INVERNO, tratti da quel capolavoro che fu COLLAGE. Particolarmente curato sarà l'arrangiamento di FRUTTO ACERBO, sottolineato dal convinto applauso finale. Classici senza tempo come AMICO DI IERI e GIOCO DI BIMBA, faranno da apripista alla seconda suite in programma rappresentata dalla celeberrima FELONA E SORONA, che avrà al suo interno un lungo e applaudito assolo di batteria di SMANIOTTO.


Quando la serata é piacevole il tempo vola e ci porta verso la conclusione del concerto, non prima di averci offerto SGUARDO VERSO IL CIELO e la sezione finale di COLLAGE.
Robuste dosi di applausi e acclamati bis daranno modo alla band di eseguire CEMENTO ARMATO, senza la manfrina del ritorno in scena.
Tutti in piedi nel finale per il giusto tributo a un grande artista e la sua bravissima band. Saluti, ringraziamenti e auguri concluderanno degnamente la bella serata!


Il compleanno di Gianni Nocenzi

Gianni Nocenzi-Progressivamente Free Festival 2018

Compie gli anni oggi, 27 dicembre, "brother"  Gianni Nocenzi.  
A 20 anni era "l'altra mano" del Banco del Mutuo Soccorso.
Sceglie un percorso di ricerca, avanguardia, studi. Incide due album avanti anni luce rispetto allo standard discografico degli anni 80/90, "Empusa" e "Soft songs".  
Dopo 23 anni di silenzio voluto è tornato con un grande album di piano-solo, "Miniature", considerato a ragione una delle più importanti e inattese sorprese del 2016.
Uno dei pochi "geni" del panorama musicale. Ha avuto l'unico torto di essere nato in Italia, paese dove si "contrabbanda" un libro di Bruno Vespa come evento culturale.
Avanti così brother Gianni, raggio di sole in questo grigiore musicale!
Buon compleanno!
Wazza  





mercoledì 26 dicembre 2018

Aurora Lunare: intervista di Max Rock Polis




Aurora Lunare, Translunaggio. Musica per andare in orbita
Radiointervista di Max Rock Polis

Che si abbia la testa sulla Terra o sulla Luna, il Progressive rock è sempre più riconosciuto come un linguaggio universale che negli anni unisce gli artisti e appassiona sempre più persone. Non è quindi una sorpresa scoprire la ragione per cui una band dagli anni '70 decide di riformarsi in piena regola e pubblicare un album raccolta di pezzi storici del genere. Ne parliamo con Mauro, il toscano fautore del progetto.


Siamo qui con Mauro degli Aurora Lunare.
“Ciao, grazie a te e buon pomeriggio a tutti i cittadini di Rock polis.“

Parliamo del vostro album “Translunaggio” e della canzone “Fino alla mia porta” del Banco del mutuo soccorso, che avete rifatto. È un album di cover suonate in modo particolare: com'è che avete deciso di farlo?
“Senti, in realtà sapevamo che si trattava di una scelta un pochino di compromesso, però ci sono stati tanti motivi che ci hanno spinto a realizzare questo CD, che per noi è una tappa importante. Effettivamente siamo partiti nel 2013 con l'album uscito con la Lizard records, per cui colgo molto volentieri l'occasione di ringraziare il nostro grande Loris, patron della Lizard che ci ha sopportato e supportato nel migliore dei modi. Nel 2013 abbiamo realizzato un capitolo che avevamo chiuso tanti anni fa, che si era riaperto nel 2007-2008 quando ci siamo rivisti e rimessi insieme. Abbiamo realizzato un CD con i nostri brani storici di fine anni '70, che per noi rappresenta una tappa fondamentale. Noi tre elementi storici degli anni '70 ci siamo rimessi insieme e a noi si è unita una nostra vecchia conoscenza, anche se lui sul vecchio avrebbe qualcosa da ridire [ride, ndr]: Stefano Onorati, un ragazzo che conoscevamo da tanti anni. Lui è un professionista che opera in vari campi della musica e anche nel Jazz. Così abbiamo realizzato questo CD, dopodiché ci siamo un pochino guardati negli occhi o meglio, visto che stiamo nelle parti più disperse d'Italia, ci siamo confrontati con le vecchie email, i telefoni e abbiamo deciso di raccogliere in un unico lavoro tutta una serie di precedenti brani,  cover che avevamo sparso e pubblicato in qua e là in vari CD tributo a The Flower Kings, Yes eccetera.”

Andate sul loro sito Aurora Lunare a leggere, perché ci sono parecchie notizie interessanti e i dettagli sulle canzoni.
“Abbiamo fatto questo unico prodotto per fruizione nostra e per chi avesse curiosità di sentire quello che abbiamo realizzato, per cui ci siamo sforzati di dargli un taglio interpretativo piuttosto originale.”

Sì vero, chi ha il vostro lavoro o se lo comprerà sul sito della Lizard records potrà riconoscere la vostra particolarità. Non è Prog normale, è piuttosto peculiare e personale.
“Sì, e poi come avrai visto abbiamo anche voluto aggiungere due brani inediti, cover dedicate a due grandissimi capitoli del Prog storico, e per certi aspetti anche attuale, italiano: il Banco e gli Area. Due brani con cui abbiamo colto la palla al balzo e voluto rendere omaggio a due grandi personaggi, artisti compianti come Demetrio Stratos e Francesco Di Giacomo. Il brano degli Area è “Hommage a Violette Nozieres” tratto dall'album “Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano”, un LP che ha segnato la tappa artistica della nostra adolescenza.”


Altri brani che avete scelto, ad esempio degli Yes “Don't kill the whale”, dei Procol harum “A whiter shade of pale”. Ricordiamo gli altri gruppi che avete interpretato, tanto per mettere curiosità.
“Sì guarda, noi gli abbiamo dato un ordine cronologico, nel CD sono ordinati per la loro uscita. Partendo dai Procol harum è un omaggio, una traccia storica di un gruppo che ha segnato il passaggio dagli anni '60, dal Beat alle prime formazioni Prog, poi c'è Enrico Simonetti il padre di Claudio con un classico: “Gamma”. Dopo Banco, Area e Yes, con un brano degli anni '70 che conoscono tutti, vengono i Goblin con un brano degli anni '80: “Connexion” da “Contamination”, proseguendo abbiamo anche Phli Collins col brano “Lorenzo” della carriera post Genesis. Andando avanti ci sono i Marillion, una band grandiosa sotto tutti gli aspetti che amiamo molto, e per finire i The flower kings, un gruppo storico del nord Europa, importantissimo che adoriamo, con un brano dai loro CD più recenti.”

Ma ora nominiamo e salutiamo tutti gli altri componenti del gruppo degli Aurora Lunare, e salutiamo anche Alessandro Corvaglia che si è interessato a voi.
“Certo, poi lo interroghiamo il nostro Ale [ride, ndr]. La lineup attuale di Aurora lunare siamo io Mauro Pini a tastiere e voce, poi c'è Luciano Tonetti al basso, Marco Santinelli alla batteria e Stefano Onorati alle tastiere e chitarra acustica. In realtà poi dovremmo ringraziare una schiera talmente ampia di ospiti che probabilmente domattina ci addormentiamo qui assieme [ride, ndr] e non è il caso. Alessandro Corvaglia un pochino su tutti, perché sai noi lo conosciamo da quando avevamo i calzoncini corti [ride, ndr] e lui di fatto come sappiamo collabora con tanti gruppi. E poi ci siamo anche avvalsi di collaborazioni per noi prestigiose come Ares Tavolazzi, Gianluca Milanese, Marco Severa e molti altri. In molti hanno contribuito a realizzare questo lavoro per cui li ringrazio pubblicamente, non possiamo citare tutti perché altrimenti ci facciamo domani. E poi noi non possiamo rivelare la fine del film [ride, ndr]: chi è curioso di sapere chi ha contribuito, può andare sul nostro sito e scoprire gli ospiti importanti e per noi significativi su un piano umano e artistico.”

Rinnoviamo l'invito quindi ad andare sul vostro sito e leggere tutto quello che vi riguarda. Andando poi sul sito della Lizard si può acquistare questo “Translunaggio”, sia in digitale che in CD fisico. Io però ti devo salutare Mauro, ti ringrazio per essere stato qui con la tua musica, con la tua toscana lunarità. Un abbraccio.
“Sì, con la nostra toscanità [ride, ndr]. Grazie anche da parte mia a te, a tutti i cittadini di Rock polis e al nostro Loris Furlan della Lizard records che è sempre presente.”

domenica 23 dicembre 2018

Il compleanno di Anthony Phillips


Compie gli anni oggi, 23 dicembre, Anthony "Ant" Phillips, chitarrista, cantante, compositore, membro fondatore dei Genesis nel 1967.
Lasciò i Genesis prima che diventassero famosi, sembra per "fobia da palco"… non amava esibirsi in pubblico.
Artista talentuoso, dal tocco classicheggiante/romantico, ha pubblicato diversi album da solista. Ha suonato anche la chitarra in alcuni album di Mike Rutherford, Camel, Mother Gong e Steve Hackett!
Happy Birthday Anthony!
Wazza






sabato 22 dicembre 2018

ANTILABE'- "Domus Venetkens"


ANTILABE'  "Domus Venetkens"       
(LIZARD )

"Domus Venetkens" è il terzo album per i trevigiani ANTILABE', stavolta in forma di suite in dieci parti, a raccontare un lungo viaggio, storia di migrazioni venete che arrivano da lontano prima di stabilirsi nell'attuale nord-est italiano. Un viaggio dal respiro mediterraneo dipinto da incantevoli tessiture prog-etno-jazz in cui non mancano brillanti citazioni classiche tratteggiate da un pianoforte Steinway del 1800. 
Tra eleganti e trasversali sonorità jazz-rock dai rimandi seventies e raffinati tratti sinfonici, "Domus Venetkens" è probabilmente il lavoro più entusiasmente in casa Antilabe' nel loro percorso venticinquennale. 

Graziano Pizzati - pianoforte a cosa Steinway, tastiere
Adolfo Silvestri - basso acustico, elettrico e fretless, bouzouki
Carla Sossai - voce
Luca Crepet - batteria, percussioni, vibrafono
Luca Tozzato - batteria, percussioni
Marino Vettoretti - chitarre, synth guitar, flauto dolce
Ospiti:
Piergiorgio Caverzan - clarinetto basso, sax soprano
Sara Masiero - arpa celtica
Elvira Cadorin: voce


Il tessuto musicale dell’opera si sviluppa secondo i canoni della suite, una serie di composizioni legate fra di loro da brevi transizioni che, prive di soluzioni, ne fanno un continuum unico. Seguendo concettualmente il racconto, ogni parte è contraddistinta da suoni e parole che definiscono la dimensione spazio-temporale specifica, filtrata comunque dall’originalità dello stile proprio degli Antilabé.

Discografia:
- Dedalo 1998
- Diacronie 2011
- Domus Venetkens 2018

Presentazione

Il gruppo musicale Antilabé   si propone come espressione di ampie e diversificate forme artistiche, promuovendo in particolar modo il rispetto per le diversità culturali, a qualunque territorio e a qualsiasi tempo esse appartengano.
Questo tipo di approccio, libero da schemi precostituiti, ha permesso all’ensemble di ampliare negli anni sempre più i propri orizzonti, valorizzando vari aspetti creativi. Grazie ad un humus così fertile, si sono create le condizioni ideali per il progetto “Domus  Venetkens”.

Il progetto si estrinseca fondamentalmente in due opere, direttamente correlate fra di loro, ma al contempo indipendenti e con la possibilità di avere vita autonoma e diversi tempi di realizzazione:
1.      Da una parte la stesura di un romanzo fantasy a sfondo storico;
2.      Dall’altra una suite musicale che, utilizzando la sintesi del linguaggio sonoro, si sviluppa sui temi del romanzo stesso.
Fonte di ispirazione per entrambe le opere è un reperto archeologico, una situla venetica rinvenuta in località Posmon, nei  pressi di Montebelluna (TV).

Premessa

Domus Venetkens, due parole che, pur appartenendo a lingue diverse, si fondono in modalità onomatopeica e ci riportano indietro nel tempo, alla ricerca dell’antica Casa dei Veneti.  Anche se gli studi più recenti individuano l’appartenenza della popolazione venetica ad una delle tante tribù presenti nell’antica Frigia, il fascino del mito prende le mosse da un passo dell’Iliade (II. II, 851-852) in cui Omero ricorda, tra gli alleati dei Troiani, un gruppo di Paflagoni, guidati da Pilemene:

Paphlagonôn d’hégeito Pylaimenéos lásion kêr ex Enetôn,
hóthen hemionôn génos agroteráon

Guidava i Paflagoni Pilemene, cuore maschio, dalla regione degli Eneti,
dov’è la razza delle mule selvagge

Un destino ancora attuale, fuggire dalla guerra alla volta di una terra promessa non ben definita, allocata in un altrove che al tempo stesso è tutto e niente. L’allontanamento dalla patria perduta si concretizza così in un alternarsi fra i poli emozionali dell’esilio e della scoperta, inseguendo un equilibrio che sembra trovare soddisfazione solamente nel ritorno alle origini, in un viaggio fantastico che ripercorre a ritroso le tappe di chi, secoli prima, aveva scelto coraggiosamente di andare incontro all’ignoto.


Il prologo del racconto individua un primo ritrovamento della situla di Posmon diversi secoli prima, esattamente il 27 settembre 1559. Scoperto per caso, a seguito di alcuni lavori di edificazione, il reperto viene segretamente portato a Venezia e sottoposto all’analisi di un esperto dell’epoca. Questi, esaminandolo, ne scopre i segreti più reconditi, consigliando a chi l’aveva scoperto di frantumarlo in più pezzi e di risotterrarlo nello stesso luogo del rinvenimento. Qualche secolo dopo, quando si credeva persa ogni traccia del reperto, ecco riapparire un simbolo che riconduce alla situla: accanto a personaggi più o meno noti e sullo sfondo di una Serenissima oramai in fase di declino, i protagonisti della nostra storia si ritrovano coinvolti in qualcosa di inaspettato. Dalla Venezia del Settecento, grazie ad alcuni artifici, vengono ribaltati in un fantastico viaggio nel tempo che, attraverso varie peripezie, li porterà a conoscere la loro vera identità.

La suite

Il tessuto musicale dell’opera si sviluppa secondo i canoni della suite, una serie di composizioni legate fra di loro da brevi transizioni che, prive di soluzioni, ne fanno un continuum unico. Seguendo concettualmente il racconto, ogni parte è contraddistinta da suoni e parole che definiscono la dimensione spazio-temporale specifica, filtrata comunque dall’originalità dello stile proprio degli Antilabé. 
L’ouverture, grazie anche all’utilizzo onomatopeico della lingua venetica, è caratterizzata da un contesto immaginifico, i cui contorni appena accennati costituiscono il preludio di quella che nel prosieguo della suite sarà sempre più una fisionomia delineata.
Risonanze vagamente vivaldiane, inusualmente supportate da ritmiche originali in tempo dispari di 7/4, si fondono ad un testo liberamente ispirato alle canzonette veneziane da battello (tipiche del settecento ed in gran parte frutto della creatività dei gondolieri), introducendo il clima festoso del carnevale.
Poi è la volta di un brano dalle sonorità medio-orientali, la Bosnia ottomana evidenzia comunque la sua vocazione multiculturale con un testo in lingua illirico-ragusea.
Il ritorno sul suolo italico è contraddistinto da suoni tipicamente mediterranei che si sposano ritmicamente con il griko, l’antico idioma salentino che ancora oggi è custodito da alcune enclaves del  territorio.
Più avanti sono le note del bouzouki a evidenziare momenti contrastanti: la vocalità lirica del greco antico si affievolisce gradualmente per far posto a ritmi incalzanti di percussioni e a veloci fraseggi strumentali, fino a sfumare nei prodromi del brano finale.
L’epilogo è rappresentato dalla rielaborazione di melodie turco-persiane che, unitamente  all’evocazione di antiche iscrizioni venetiche, danno vita ad un mix originale, un’atmosfera che varia progressivamente senza perdere mai la caratteristica di base, in un crescendo sempre più definito che finalizza ogni suono alla conclusione del viaggio.