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sabato 30 settembre 2023

I Grand Funk Railroad il 29 settembre del 1973

Il 29 settembre del 1973, i Grand Funk Railroad raggiungono il primo posto nella classifica dei singoli statunitensi con "We're An American Band".

Di tutto un Pop…

Wazza


Il settimo album della band, “WE'RE AN AMERICAN BAND” (1973) 


Registrato in soli tre giorni ai Criteria Studios di Miami, prodotto dal talentuoso Todd Rundgren, è un altro esempio della vertiginosa velocità con cui si è sviluppato il rock.

L'album è stato n° 2 negli Stati Uniti e ha ottenuto un disco d'oro un mese dopo la sua uscita, merito alimentato dal successo del singolo “We're An American Band”.


Dalla rete…

We're an American band… 

We're an American band… 

We're coming to your town, we'll help you party it down. 

We're an American band… 

Parole semplici e dirette, copertina scarsa ed essenziale. È così che si presenta uno dei migliori dischi mai realizzati a marchio USA da uno degli ultimi gruppi che riempì gli stadi americani negli anni ‘80.

I Grand Funk nacquero come gruppo hard-blues col nome di “Grand Funk Railroad”, grazie al lead-singer e chitarrista Mark Farner, il bassista Mel Schacher e il batterista Don Brewer, tre ottimi musicisti che vengono troppo spesso dimenticati. Più tardi vi si affiancò anche il tastierista/cantante Craig Frost, il quale portò nel gruppo una vena di hard rock.

La band è famosa più che altro per le spettacolari performance live, al punto tale che la critica assegna loro il titolo di “loudest band in the world”, ovvero la band più rumorosa del mondo.

“We’re An American Band” è un disco dal facile ascolto, diretto ed immediato, che parla di feste, donne, alcool e della vita “on the road”, aprendo proprio con la title-track, una fantastica autocelebrazione di una band spaccaculo, il cui ritmo ha il potere di coinvolgerci fin dalle prime note. Il pezzo, scritto e cantato dal batterista, diventa subito uno dei capisaldi della band, immancabile nella scaletta dei concerti successivi. Il ritmo trascinante non è da meno in “Stop Lookin’Back”, i cui fraseggi di chitarra e basso si intrecciano in un alternarsi di linee melodiche, colorate dagli accenti di organo e dei piatti, con tanto di piccolo solo finale di batteria, una perla incastonata fra l’oro della canzone.

Dopo il discutibile episodio di “Creepin”, si arriva alla strepitosa “Black Licorice”, uno dei pezzi più travolgenti del disco, che si fa ascoltare ai massimi livelli, in cui Frost dona dei vocalizzi degni di Ian Gillan dei tempi d’oro, e un assolo di tastiera che non ha niente da invidiare a John Lord in suono e abilità; alla fine del pezzo, paragonabile ad un’esplosione collettiva, la band ci lascia di nuovo respirare, con un pezzo lento ma intenso, “The Railroad”, dove si riconosce finalmente la voce del grande Mark Farner, col suo accento americano e la sua calda timbrica, suggellata dalla parte corale. Per ogni amante del basso elettrico, suonato in modo ritmico e sincopato, “Ain’ t Got Nobody” è una vera chicca, una di quelle canzoni che ascolterei all’infinito, senza stufarmi mai… “Walk Like A Man” è un bel pezzo, superata solo da “Loneliest Rider”, il brano più emozionante del disco. Mark Farner, la cui nonna era indiana, scrisse questa canzone come dedica all’etnia che da sempre fu vittima di persecuzioni da parte dei coloni bianchi.

Tra le bonus track, le canzoni “Hooray” e “The End” (in cui è percepibile un’influenza Deep-Purpleliana) sono di ottimo livello, avrebbero dovuto essere parte del disco originale. La All American Band per eccellenza sfornò questo disco nel 1973, e rimane tutt’oggi uno dei più belli dell’intera discografia, purtroppo poco conosciuto.





Rovescio della medaglia: 30 settembre 1973



Nel numero di Ciao 2001 del 30 settembre 1973 si parla del Rovescio della Medaglia.
Si parla delle novità, dell'ingresso di Franco di Sabatino (ex Paese dei Balocchi) alle tastiere, che sposta il gruppo su atmosfere più classicheggianti e meno "hard", del nuovo album "Contaminazione", un concept con gli arrangiamenti curati dal maestro Luis Enriquez Bacalov, non nuovo a queste esperienze  avendo già lavorato con New Trolls e Osanna.
"Contaminazione", tra il rock e l'orchestra sinfonica, è considerato uno dei migliori album del Progressive Italiano...


…di tutto un Pop
Wazza




venerdì 29 settembre 2023

Compie gli anni Jean-Luc Ponty

Compie gli anni oggi, 29 settembre, Jean-Luc Ponty, violinista francese che spazia tra jazz-fusion-rock prog.

Fu uno dei primi ad usare il violino elettrico.

Collabora per molti anni con Frank Zappa, e nel 2014 forma una band con Jon Anderson, ex cantante degli Yes

Happy Birthday Jean-Luc!

Wazza


Jean-Luc Ponty (Avranches, 29 settembre 1942) è un violinista francese, interprete di musica jazz fusion.

Dopo gli studi classici al conservatorio di Parigi, si dedicò al jazz guidato dalla passione per Miles Davis e John Coltrane. Ha lavorato con Stéphane Grappelli, la Mahavishnu Orchestra, Elton John, Franco Cerri, Alan Sorrenti partecipando all'album Aria, Daryl Stuermer e, soprattutto, con Frank Zappa.

Nel 1977 ha precorso l'uso del violino elettrico a cinque corde, con una corda più bassa accordata sul do. Ha anche utilizzato violini a sei corde (Violectra) con corde di basso in do e fa. Ponty è stato anche tra i primi a combinare il violino con MIDI, e distorsori.

Nel 2005 Ponty ha formato il "supergruppo" TRIO! con il leggendario bassista Stanley Clarke ed il virtuoso del Banjo Béla Fleck. 








mercoledì 27 settembre 2023

Compie gli anni Paul Burgess


Compie gli anni il 28 settembre, Paul Burgess, batterista.

Ha suonato con 10cc, Camel, Magna Carta, in trio con Nicol & Kemp.

Ma quello che ha “valorizzato” il suo curriculum e il fatto che nel 1982 sostituì Gerry Conway, nei Jethro Tull, per il tour nord americano.

Happy Birthday Paul!

Wazza

Trio insieme a Ken Nicol (Albion Band) e Rick Kemp (Steeleye Span)

Il 28 agosto 1982 al Festival di Nostell Priory (Theakston Music Festival), debuttava come batterista nei Jethro Tull Paul Burgess, batterista dei 10cc (che ad Anderson non piacevano Ndr).

Resterà fino alla fine del tour americano (ottobre 1982).

Paul tornerà ancora in studio con i Jethro Tull, nel 1985 per suonare sul disco “A Classic Case”, una raccolta dei brani dei Tull riarrangiati da David Palmer, e suonati insieme alla London Symphony Orchestra.

 







Fine Usa Tour 1982 – Paul Burgess è il terzo da sinistra



martedì 26 settembre 2023

PACHA AND PÖRSTI: SEA OF MIRRORS-COMMENTO DI VALENTINO BUTTI

 


PACHA AND PÖRSTI: SEA OF MIRRORS

Seacrest Oy  2023    SPA/FIN

Di Valentino Butti


È passato giusto un anno dal debutto con “Views from the inner world”, ed ecco il duo ispano/finlandese composto da Rafael Pacha e Kimmo Pörsti ripresentarsi all’attenzione degli appassionati con “Sea of mirrors”.

L’album è suddiviso in dieci tracce (di cui quattro strumentali) incentrate su racconti di mare e marinai. Molto bello il libretto allegato con le foto dei protagonisti, le liriche e le rappresentazioni “visive” dei brani con illustrazioni ad hoc. I numerosi strumenti utilizzati da Pacha (oltre alle chitarre ed alle tastiere), come la cetra, il flauto dolce, il bouzouki ed il mandolino sottolineano ancora di più il delizioso “flavour” folk della proposta, pur non mancando momenti fusion o spiccatamente più rock. Notevole, come al solito, il contributo degli ospiti come le due vocalist, Laura e Paula Pörsti (rispettivamente nipote e figlia di Kimmo), Alessandro Di Benedetti al piano, Marek Arnold al sax, Olli Jaakkola al flauto, sax ed oboe, Jan-Olof Strandberg al basso e dell’altro cantante Alejandro Suarez.

Il fascino del mare, come detto, fa da sfondo ai nuovi pezzi, interamente scritti dai due titolari del progetto. “Sailor’s tale”, con i vocalizzi di Laura Pörsti, fa volare la mente tra le onde marine, le correnti tempestose, i mostri mitologici, le bonacce pericolose ed il fluire della musica contribuisce a farci immaginare tutto ciò. “Diving into infinity”, ben interpretata da Paula Pörsti, con oboe, flauto e cetra a donare una piacevole brezza acustica appena increspata dalla strumentazione elettrica, sempre di gran gusto. Allegra e scanzonata (in evidenza il mandolino, il bouzouki ed il piffero) è “Tara’s joy in the beach”, piacevole digressione sui divertissement “canini” che scorrazzano sulla battigia. “The island of Lotus-eaters” ci introduce alla mitologia greca ed agli abitanti dell’isola, i quali, cibandosi dei frutti dell’albero di Loto, vivevano in una costante apatia che faceva loro scordare il passato e desiderare solo di rimanere in quel luogo. Il testo rievoca i piaceri offerti da quella terra e sono suggellati dai vocalizzi finali di Laura. Lo strumentale “Charybdis” è un malinconico intermezzo con venature fusion che anticipa la title track, un altro brano non suggellato da presenza cantata. Su tutto emerge il sax di Arnold, all’ennesimo contributo di qualità, ben assecondato da una sezione ritmica discreta e mai soverchiante. Segue, “Fascination”, il pezzo più lungo del lavoro superando, seppur di poco, i nove minuti. Alla voce, qui, Alejandro Suarez. Si tratta, probabilmente, del pezzo più “tradizionalmente” progressive con le tastiere sugli scudi, i notevoli interventi dell’elettrica di Pacha ed Arnold che ci delizia con qualche spunto dei suoi. Eppure, il brano pare un po’ incompiuto, soprattutto per la mancanza di una forte melodia che possa subito rimanere nella mente. “Lead, silver and gold (Song for Cadiz) “è una splendida composizione prevalentemente acustica, che disegna arabeschi davvero preziosi e la “dedica” alla città andalusa di Cadice è lì a dimostrarlo. “Shipwreck” nasce in modo soft, per crescere piano piano, sempre con qualche sentore arabeggiante, per poi sfociare in un arioso strumentale, condotto dal sax, che può ricordare un poco di King Crimson con Mc Donald. Sicuramente il pezzo che più mi ha conquistato. L’album si chiude con “House of the light”. La voce soave di Laura, le atmosfere rarefatte, la graduale crescita ritmica sono il degno finale di un album che, e ne diamo merito al sodalizio Pacha e Pörsti, convince appieno.







lunedì 25 settembre 2023

John Bonham: per non dimenticare

25 settembre 1980 - Starway to heaven... or hell!


Fine settembre 1980, i Led Zeppelin sono riuniti nella villa di Jimmy Page per le prove in vista di un eventuale ritorno sulle scene. John Bonham arriva già "brillo" e continua a bere, sembra "40 bicchieri di vodka"; viste le sue condizioni viene portato in una stanza dove viene lasciato dormire. La mattina dopo, 25 settembre 1980, John Paul Jones e il manager lo trovano morto, soffocato dal suo stesso vomito!

Se ne andava così a 32 anni il grande batterista dei Led Zeppelin, innovatore della batteria, caposcuola per l'hard rock, heavy metal, rock blues.

Con i Led Zeppelin ha macinato tour, dischi d'oro, riconoscimenti; nel 2011 i lettori di Rolling Stone Magazine lo dichiarano "miglior batterista di tutti i tempi"

Ma a causa di una vita fatta di eccessi, droghe alcol e sesso sfrenato (!!!), la sua carriera è andata rapidamente in declino. Rimarrà sempre il "Bonzo" che ancora oggi ci scuote, e non riusciamo a trattenerci, quando ascoltiamo, "Black Dog" "Moby Dick" "Immigrant Song".

Il Pensiero di alcuni "colleghi"...

«La batteria non c'entrava. John si sedette dietro un kit in miniatura: una cassa da 18", un rullante alto 4", un tom da 12" e uno da 14"... ed era quel suono! Rimasi annichilito da quello che stavo sentendo, e da come lo stava suonando: da quel minuscolo kit stava uscendo il sound dei Led Zeppelin!»

Dave Mattacks, Fairport Convention

Memories: Ringo Starr e John Bonham, cose da batteristi

«Avevamo ottenuto un backstage pass per le due serate del festival di Knebworth [1979, NdA]. Bonham arrivò insieme a suo figlio e si sedette alla batteria per controllare l'accordatura. L'impianto di amplificazione non era ancora acceso, e lui fece qualche acciaccatura: il palco iniziò a tremare, io e John Deacon ci guardammo negli occhi, e ci abbracciammo».

(Roger Taylor - Queen)

Alcune sue "bravate"

Una volta John Bonham invitò Glenn Hughes a fare un viaggio sulla sua nuova e lussuosa macchina. Il batterista andò a sbattere dritto contro un muro e abbandonò la macchina. Il giorno dopo Hughes lo incontrò su una nuova lussuosa macchina e gli chiese che cosa avesse fatto con la vecchia macchina. Bonham rispose: "Quale macchina?".

Nel 1976 si recò ubriaco nel backstage del "Nassau Coliseum" di Long Island durante un concerto dei Deep Purple. Quando notò un microfono libero salì sul palco prima che i roadies potessero fermarlo; il gruppo smise di suonare mentre Bonham urlava al microfono: "Sono John Bonham dei Led Zeppelin e voglio semplicemente annunciarvi che abbiamo un nuovo album in uscita: si chiama “Presence” e, cazzo, è fantastico!".

Prima di andarsene si voltò verso il chitarrista dei Deep Purple e lo insultò dicendo: "E per quanto riguarda Tommy Bolin, non sa suonare una merda!".



Band of joy 1968 , con John Paul Jones e Robert Plant 

 



domenica 24 settembre 2023

Il 24 settembre 1974 si concludeva la seconda edizione del “Villa Pamphili Festival”


Il 24 settembre 1974 si concludeva la seconda edizione del 

“Villa Pamphili Festival”

 

Si concludeva il 24 settembre 1974 la seconda edizione del "Villa Pamphili Festival", all'epoca giudicata sottotono rispetto alla prima edizione, sia per numero di presenze che per la qualità dei gruppi presenti (si parla di 12.000 presenze contro le 20.000 della precedente edizione).

Si parte il 20 settembre con un diluvio che mette a dura prova gli organizzatori, che presentavano un impianto da 10.000 watt ma, a parte un ritardo di 24 ore, il festival prende il via.

Nella prima serata tra gli altri se esibirono: Ciampini & Jackson, Biglietto per L'Inferno, Dodi Moscati, Angelo Branduardi, Banco Del Mutuo Soccorso; il giorno dopo: Amazing Blondel, Richrd Benson, La Spirale, La Preghiera di Sasso, Juri Camisasca, Strada Aperta, I Crash (dei fratelli Falco), Il Volo....

Terza serata: ancora Amazing Blondel, Sensation Fix, Crepuscolo, Murple, Kaleidon, Albero Motore, Samadi (ex RRR), Mauro Pelosi.

...le due firme sono di Francesco Di Giacomo e Vittorio Nocenzi del Banco del Mutuo Soccorso... il biglietto è di Tony Carnevale che lo conservò per trent'anni nel suo portafoglio e lo mostrò poi a Francesco (ovviamente molto commosso) durante una mostra sull'evento...

L'ultima serata era previsto il concerto di Stomu Yamashta, ma i costi elevati del percussionista giapponese indussero gli organizzatori a "ripiegare" sui Soft Machine, che iniziarono a suonare a mezzanotte, davanti ad un pubblico gelato e fradicio di umidità! Prima di loro toccò ai Perigeo, Ibis, Assemblege, Ines Carbona, Etna.

Stando alle recensioni dei giornali, il Banco Del Mutuo Soccorso fu il gruppo che risollevò il festival, per le presenze e per un concerto memorabile (posso testimoniare… ma io sono di parte!).

Oltre ai grandi e alle nuove promesse del rock, nel cartellone c'erano molti folk-singer: da notare che la siciliana Rosa Balestreri fu sommersa dai fischi, tanto da non poter continuare la sua esibizione, mentre il Duo di Piadena, con Bandiera Rossa e Bella Ciao (paraculi!), ricevettero molti applausi.

Per il resto, pubblico ordinatissimo, nessun incidente, e per quattro giorni capelloni, seguaci di Hare Krishna, militari in libera uscita e studenti, condivisero questa "Woodstock" dè noantri.

Si dice che molte persone non vennero perchè in quei giorni in tv c’erano sia il tentativo di record di immersione di Enzo Majorca che il derby Roma-Lazio!

C'era anche la troupe Rai di "Sapere" che riprendeva... chissà che fine hanno fatto quei filmati… sarebbe bello rivederli, visto che la memoria, ha poca ram...

Altri tempi!

...di tutto un Pop!

Wazza






Veruno, il post festival (jazz) negli scatti di Alice Bellati



JAZZ ROBERTO MATTEI QUARTET


Dopo il commento di Evandro Piantelli pubblicato nei giorni scorsi… 

https://mat2020.blogspot.com/2023/09/2-days-prog-1-revislate-no-1-2-3.html

 

... arrivano le fotografie di Alice Bellati, che proponiamo suddivise per giornata…

questa la serata dedicata al jazz, una settimana dopo il Festival




ROBERTO GATTO






Sound-settembre 1973: articolo e presentazione tour per i Genesis... by Wazza







 

sabato 23 settembre 2023

Led Zeppelin in Giappone nel settembre del 1971

Led Zeppelin, 1971

Inizia il 23 settembre 1971 il primo tour giapponese dei Led Zeppelin, che si concluderà il 29 settembre.

Sembra che, oltre a suonare, fecero incetta di cineprese e macchine fotografiche: all’epoca quella parte del mondo era all’avanguardia dal punto di vista tecnologico.

Di tutto un Pop…

Wazza


Led Zeppelin (Japan, 1971), unusual jam session on borrowed instruments