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giovedì 31 marzo 2016

Il compleanno di Thijs Van Leer, di Wazza


Hello,
compie gli anni oggi, 31 marzo, Thijs Van Leer, tastierista, flautista, compositore, cantante.
E’ fondatore del gruppo prog-olandese Focus, che è arrivato al successo negli anni '70, grazie a canzoni come "Hocus Pocus", "House of the King", "Sylvia"..
Ha suonato anche musica classica, e nel 2002 ha riformato i Focus, che sono tutt'ora "on the road".


Parteciperanno l'8 luglio al Festival Prog "Close to the moon" a Piazzola del Brenta!
Happy Birthday Thijs
WK

martedì 29 marzo 2016

"Inspired by... Magnetic Sound Machine plays The Snow Goos, di Andrea Zappaterra


"Inspired by... Magnetic Sound Machine plays The Snow Goose"
Lizard Records (2013)

MAGNETIC SOUND MACHINE

Alessandro Caldato, Giacomo Girotto, Stefano Volpato e Riccardo Pestrin sono i  Magnetic Sound Machine, dal 2005.
I loro dischi (pubblicati da Lizard Records) “Chromatic Tunes” (2008) e “Chances & Accidents” (2010) hanno ottenuto un  ottimo riscontro di pubblico e critica: Chromatic Tunes è finalista nelle categorie Best Recording e Best Debut Record dei ProgAwards 2008; C&A risulta vincitore del Premio Toast 2010 ( miglior gruppo strumentale italiano) al MEI di Faenza.
Immergetevi nei vostri ricordi per gustare appieno questo racconto musicale in chiave Prog dei Magnetic Sound Machine, The Snow Goose, tornate a credere per un attimo  alle fiabe, calatevi in ciò che vi faceva emozionare allora.
Fritha, una bimba che ha bisogno d'aiuto per curare un'oca ferita, si rivolge allo storpio  Rhayader, eremita che vive in un vecchio faro nella Grande Palude. Ciò permetterà a Fritha di guardare oltre l'aspetto fisico di Rhayader e darà a quest'ultimo l'opportunità di riscoprire la propria umanità, quando il drammatico corso della Storia busserà inesorabilmente alle porte della Grande Palude...
The Snow Goose è un concept album  inspirato dal lavoro della band inglese  Camel,  pubblicato nel 1975, un disco strumentale - Music inspired by the Snow Goose - a sua volta ispirato al racconto dello scrittore americano  Paul Gallico, The Snow Goose, del 1941. Il disco dei Camel è una delle vette creative del decennio: la  ricerca musicale più innovativa incontra il clima incantato di Gallico.
Inspired by... M.S.M. plays The Snow Goose riunisce le atmosfere strumentali dei Camel e il racconto di Gallico: la riproposizione del  capolavoro musicale della band inglese viene integrata da  letture tradotte dal testo del narratore americano.
Ma c’è una chiave musicale prog  che stupisce nel contesto, che coinvolge, brani delicati, luminose immagini che, come il faro della Palude, getta bagliori di luce sul racconto illuminando il sentimento di chi appunto ha conservato dentro di se un pezzo di cuore di bambino, fino a commuovere l’ascoltatore e a renderlo partecipe della vicenda. La musica emerge lentamente e si fa strada quasi senza accorgercene, ma diventa possente e accattivante man mano che si snoda il plot; brani eseguiti con grande tecnica, specie con lunghi assoli di chitarra, ma con un tema centrale che ritorna costantemente a definire le varie pagine.
In un periodo dove forse abbiamo bisogno di tornare per un attimo bambini e ritrovare le favole come insegnamento di vita, voli questa oca di neve a salvarci da un mondo reso orribile, portando con se un messaggio di pace e di buona musica.
                                                                      



Formazione:

Alessandro Caldato: tastiere 
Giacomo Girotto: chitarra 
Stefano Volpato: basso 
Riccardo Pestrin: batteria 

Ospiti in “Inspired by…Magnetic Sound Machine plays The Snow Goose”:

Anna Angelone: flauto traverso 
Fabio Fantin: narratore e Rhayader (voce)
Alessandra Bertin: Fritha (voce)
Antonio Enrico D’Este: Lt. K. B. Oudener (voce)


domenica 27 marzo 2016

Il mistero della foto giusta... articolo di Wazza


Il mistero della foto giusta..
  
Alcuni amici fan del Banco e "frequentatori" di facebook mi hanno segnalato queste foto di Piero Togni del Banco, pubblicate, o meglio "taggate", sulla pagina  del "Giardino del Mago", risalenti alla "Controcanzonissima" del 15 febbraio 1973 al Piper.

Piero Togni era un fotografo che lavorava spesso per Ciao 2001 e altre testate. In quelle pubblicate sul "Giardino", Francesco portava una maglietta tipo rugby americano con scritto il numero 70 davanti. Mentre quella di "Progressivamente", usata in varie mostre fotografiche e datata 15 febbraio 1973, il look di Francesco è diverso nel vestito e porta la "famosa" borsetta in pelle alla cintola; anche Renato, alle spalle, sembra vestito diversamente...
C'è un pò di confusione, bisognerebbe chiedere ai fotografi dell'epoca, Carlo Silvestro e Ennio Antonageli, che seguirono la rassegna sempre per Ciao 2001. Io non mi ricordo, non se lo ricorderebbe nemmeno il "diretto interessato", ma a vedere gli articoli dell'epoca, la stessa foto di "Progressivamente" appare su un articolo di "Sound Flash" datato ottobre 1972…


… sempre di un concerto al Piper, del giugno 1972, pochi giorni dopo quello dei tedeschi Amon Duul 2, quindi "mi viene da pensare", che quelle pubblicate sul "Giardino" siano giuste.

E poi complimenti a quelli che hanno scritto "Io c'ero", dichiarando che avevano 14 o addirittura 12 anni! Avevano dei genitori fantastici, all'avanguardia, che nel 1973, quando si diventava maggiorenni a 21 anni, permettevano ai figli di andare ai concerti fino a tardi, così piccoli! Il giorno della seconda serata di "Controcanzonissima", il 15 febbraio 1973, faceva un freddo cane, c'erano il doppio delle persone della prima (14 febbraio), e molti ragazzi rimasero fuori. Iniziarono i "Circus 200" (che furono chiamati a sostituire Le Orme, impegnate in tour...) poi la "Reale Accademia di musica", i Garybaldi di Bambi Fossati, i Trip, in grande serata, poi la PFM, con vari problemi alla strumentazione,  e infine (molto tardi) il  Banco del Mutuo Soccorso, molta improvvisazione sul pezzo "il Giardino del Mago", per l'epoca il nuovo brano "750.000 mila anni fa..."e finì tutto dopo la mezzanotte...
Nel 1973 avevo 18 anni... a 12 anni al massimo mi mandavano al cinema parrocchiale!
WK



NB

magari tutti quelli che scrivono "io c'ero", potrebbero aiutare a svelare l'arcano… se raccontassero qualcosa.

FRANCESCO DI GIACOMO (Banco del Mutuo Soccorso) - Roma, Piper Club 15/2/1973


Gli auguri di Wazza


Hello,
Pasqua come Natale è un momento di riflessione interna, un momento dedicato alle persone care, sia famigliari che amici.
Spesso alcuni amici diventano famigliari, e quando non ci sono più… in quei giorni la loro assenza diventa più forte...
Per augurarvi una "Pasqua di Pace" ho scelto questo bellissimo articolo dello scrittore/poeta, Michele Caccamo, in ricordo di Francesco e Rodolfo… dedicato a tutti quelli che non smettono di sognare, di commuoversi, e nello stesso tempo di essere felici di ricordare chi ci ha lasciato.
Un pensiero va anche a Alessandro Taulino, Francesco Gallo e Riccardo Cartocci.
Un abbraccio a tutti.
WK


Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese o della nuova Teologia

di Michele Caccamo

A volte gli Angeli hanno bisogno di una diversa voce sentimentale, non solo di unugola capace di appassionarsi a unestensione ma anche di un ruolo musicale da contrapporre allo sbaglio del caos: loro lo sanno che per la conversione incide di più una musica elevata che non i residuati brandelli della teologia.
È per questo che gli Angeli, a volte, cambiano le intonazioni degli uomini, alzandone le frequenze oltre il limite dei suoni. È un lavoro su ordinazione, e per quanto ne sappiamo svolto per raggiungere un senso migliore.
A Francesco lhanno portato via di soprassalto; stava fischiettando e non pensava di essere un moribondo.
A Rodolfo gli hanno lasciato tutto il tempo per tremare, riempiendolo alla fine di materia secca.
Ma Dio, che ha una sua saggezza terribile, secondo noi da sterminatore, agisce per il primato della Creazione. Così mai Francesco avrebbe creduto di essere amato per reazione da Dio; mai Rodolfo avrebbe sospettato di ricevere nelle sue carni quel pericoloso dono.
Francesco era un non credente, un indispensabile comunista, e aveva lonestà di non pentirsi di essere terreno: diceva di non avere alcuna corrispondenza con quello là. La sua realtà era talmente elevata da diventare una vocazione.
Rodolfo aveva una fede nuda e sapeva di appartenere a un cerchio vasto; non aveva nessuna inibizione a parlare di Anima perché era un bisogno dei vivi, pur trovandola in una lontananza assoluta rispetto alluomo.
Francesco e Rodolfo avevano la stessa quiete profonda nelle parole. Una disciplina nellamore infinitamente minuziosa. Un preciso suono, una nota alzata, erano sempre un viaggio al centro della vita. E portavano maestosi e liberi i loro messaggi di resistenza sociale. Francesco apriva la sua voce fin dove non ce la faceva nessuno, con un canto che era una massa di sangue, perché voleva farci preoccupare della deriva pubblica e della terribile perdizione in cui è stata infilata lumanità. Rodolfo chiedeva alle corde musicali di protestare, di lamentarsi, di schernire quei fragili e comodi tappeti melodici.
Chi, come me, li ha frequentati non perderà mai neanche una loro riflessione: sulla vita, la tristezza, lamicizia, la società, il piacere. Loro erano due Uomini al servizio dellintelletto.
Adesso sono di nuovo insieme per un altro inizio: da eremiti liberi. Non aspettano più gli uomini, hanno iniziato le nuove esercitazioni nellarmonia celeste, e si lasciano baciare dai sacramenti del silenzioso infinito: due sposi vergini.
Dopo penseranno come riprendere a suonare, a non farci mancare la purissima bellezza nel cuore.
La loro morte è una pausa. Eccoli, in luce.

 Michele Caccamo
Poeta drammaturgo e scrittore. Pubblicato e tradotto all'estero, conosciuto nel mondo arabo come il Poeta della fratellanza: per la sua attenzione all'integrazione e il suo impegno letterario nell'incontro tra popoli e religioni. È anche autore di testi di canzoni. Ha pubblicato finora sedici volumi di narrativa e poesia.



sabato 26 marzo 2016

Nel ricordo di John Renbourn, di Wazza


Un grande musicista, nello specifico "chitarrista", ci lasciava un anno fa (26 marzo 2015): John Renbourn.
Un virtuoso, uno che viveva per la chitarra: nelle sue dita, folk, blues, jazz, classica e suoni medioevali.
Insieme a altri virtuosi - Bert Jansch, Jacqui Mc Shee, Danny Thompson e Terry Cox - fondo i Pentangle, una della massime espressioni della musica "colta".


Pizzicava letteralmente le corde, e nonostante il folk non godesse di grande popolarità, è stato in tour fino al giorno della sua morte, e ogni settimana teneva dei "workshop" con studenti di tutta Europa.
Se non lo conoscete le vostre orecchie e la vostra anima hanno perso molto.
RIP John
... per non dimenticare
WK

venerdì 25 marzo 2016

Pensiero Nomade: "Da Nessun Luogo"


Pensiero Nomade
Da Nessun Luogo
(2016,  Filibusta Records – Ma.Ra.Cash. Records)
          
Salvo Lazzara musicista, siciliano di origine, romano di adozione,  folgorato dal progressive rock, che ha portato avanti con il precedente gruppo, i Germinale, è il principale ideatore del progetto “pensiero nomade”.
L’idea di base del progetto è, appunto, un approccio nomade alla ricerca musicale, sia dal punto di vista timbrico, sia da quello del ritmo e delle derive sonore. Il punto di partenza della mia musica attuale sono senz’altro le ispirazioni tradizionali ed etniche, una matrice quindi acustica, ma con forte contaminazione elettronica (sullo stile di Sakamoto, l’ultimo David Sylvian e Fennesz), e con ispirazioni in ambito jazzrock, che spaziano dagli Oregon di Ralph Towner a Steve Tibbetts  a Terje Rypdal.
Pensiero nomade è ormai al quinto cd. Dal primo, quasi in solitaria, la formazione si è piano piano allargata e consolidata, con vecchi musicisti e nuove conoscenze. Oggi la band è così composta:

Salvo Lazzara: chitarre, bassi, oud, loop and samples.
Alessandro Toniolo: flute.
Davide Guidoni: Drums, percussions, samples.
Fabio Anile: piano, keyboards, percussioni, samples.
Luca Pietropaoli: trumpet, flugelhorn.
Andrea Pavoni: piano, keyboards, composizione, vocals
Michela Botti: vocals

Questa la discografia:
Pensiero nomade – per questi ed altri naufragi (BTF/AMS Records)
Pensiero nomade – Tempi migliori (BTF/AMS Records)
Pensiero nomade – Materia e memoria (Dodicilune Records)
Pensiero nomade – Imperfetta solitudine (zone di Musica)

Vedi ed ascolta su Youtube:


giovedì 24 marzo 2016

Across The Beatles: Satisfaction Guaranteed @ Teatro Olimpico – 05 01 2016


Across The Beatles: Satisfaction Guaranteed @ Teatro Olimpico – 05 01 2016
Live Report a cura di Glauco Cartocci
Foto di Giampiero Frattali

Articolo già apparso sul portale Rock by Wild:

Abbiamo tutto ciò che necessitate – soddisfazione garantita”
(da Magical Mystery Tour)

Secondo concerto Sergeant Pepper’s” degli Across The Beatles al teatro Olimpico di Roma, dopo la serata di fine maggio 2015. La formula è semplice ma efficace: la prima parte dello spettacolo è sostanzialmente identica al precedente, mentre il secondo tempo è incentrato sul resto della produzione dei Beatles dell’anno di grazia 1967, ovvero quel Magical Mystery Tour che (nella versione LP) conteneva anche le numerose perle uscite su singolo. Una produzione di qualità incredibile, se si considera come fosse concentrata nell’arco di tempo di soli 12 mesi.
Nonostante io avessi assistito alla loro esecuzione di “Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, e quindi fossi immune dall’effetto-sorpresa, i brividi non sono mancati neanche questa volta. Come dissi a suo tempo, nel 1967 questo album fu un’operazione prettamente da studio, impossibile da rendere Live, tanto le sonorità erano complesse e impegnative, anche considerando il notevole numero di musicisti che sarebbero stati necessari.
I Beatles rinunciarono ai tour, un po’ per motivi personali, un po’ perché la cosa concedeva loro maggiore libertà creativa, sapendo che tanto non avrebbero dovuto portare in scena un repertorio così complesso.
Oggi, con mutate tecniche di palco, e anche con la consapevolezza di poter investire su quello che oramai è un mito, coraggiosi musicisti ci regalano quello che al tempo sembrava un sogno.
Un aspetto altrettanto imprevedibile, nel 1967, era l’integrazione dell’aspetto musicale con quello teatrale. La celebrazione odierna travalica i limiti di una semplice riesecuzione concertistica: I Beatles vengono ricreati in quattro ruoli, esattamente come personaggi di una commedia o di un film, con costumi e strumenti vintage. Alcuni puristi storcono il naso davanti a trucchi e parrucche, obiettando che chi esegue Mozart non si traveste da Wolfgang Amadeus, costoro – secondo me – non percepiscono lo spirito della cosa. Qui non si tratta solo di ascoltare buona musica, ma di rivivere per due ore un periodo della storia recente, un momento di crescita fondamentale della società del secondo dopoguerra, che i Beatles hanno assolutamente incarnato e, per molti versi, pilotato.
Cosa sarebbe un’esecuzione dell’Aida senza l’apparato scenico, senza la finzione che ricrea quel tempo remoto in cui si svolge l’Opera Verdiana? Nel nostro caso, con le opportune differenze, abbiamo la ricostruzione di un’epoca non remota, vicina, ma certamente perduta: il che rende la cosa affascinante, molto al di là di una mera operazione nostalgica.



Across The Beatles – Magical Mystery Tour @ Teatro Olimpico – il report

Prima di narrare la serata, ve li presento:
Across The Beatles è un gruppo che nasce dalla fusione di 4 componenti di importanti Beatles tribute band italiane. I quattro ruoli” sono:
Paolo Angioi – John Lennon; 
Mario Lucchesi – Paul McCartney;
Sebastiano Forte – George Harrison; 
Alberto Maiozzi – Ringo Starr;
con l’aggiunta di Simone Temporali alle tastiere, il Quinto Beatle” (direi George Martin, visto che sua è anche la Direzione musicale).

La vera ghiottoneria” per gli appassionati è l’aggiunta di elementi fondamentali per riprodurre i due album. Un quartetto d’archi, tre sezioni di fiati e – rarità quasi assoluta – un ensemble di strumenti tradizionali indiani.
ARCHI: “Quartetto Sharareh” composto da Marzia Ricciardi – violino, Farfuri Nuredini – violino, Roberta Pumpo – viola, Federica Vecchio –  violoncello.
FIATI: Mario Caporilli – tromba, Luciano Orologi – sax tenore/clarinetto, Maurizio Leoni – sax alto/clarinetto, David Cerasuolo – sax baritono/clarinetto basso, Luca Risoli – corno Giacomo Bianchi – corno, Giovanni Piacente – corno
ENSEMBLE INDIANO diretto dal Maestro Pejman Tadayon (kamancia), con Sajay Kansa Banik (tabla) e Gabriele Caporuscio (sitar).
L’aspetto più propriamente teatrale è sottolineato dalla presenza di Mirko Dettori che funge da collegamento, e si presenta come Mr.Kite (personaggio Beatlesiano fra i più noti, presente anche nel film Across The Universe di Julie Taymor).
Come già detto, si inizia con l’esecuzione integrale di Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band. (La sequenza dei brani è nota, mi rifiuto di elencarla…).
Al di là della bravura dei 4+1 Beatles-cloni, il punto di forza è l’integrazione del sound con archi e ottoni. Ascoltare brani come When I’m 64” o She’s Leaving Home” così come furono concepiti è davvero entusiasmante. Per me, anche se so di essere in minoranza, i veri brividi arrivano nell’esecuzione della meravigliosa Within You Without You, con l’ensemble indiano che dialoga con il quartetto d’archi. Questo brano è una vetta assoluta della produzione di Harrison, troppo spesso dimenticata dagli stessi estimatori.
Riascoltando la sequenza dei brani dal vivo, ancora una volta mi colpisce la fusione fra brani di atmosfere diversissime fra loro, una sequenza magica in cui nessun pezzo” può essere spostato, come un puzzle. Sgt. Pepper’s NON nacque come un LP da cui trarre singoli brani di successo, come era in uso fino ad allora. Si tratta piuttosto di un continuum, da apprezzare sempre e solo nella sua interezza. Non è un Concept Album, ma è come se lo fosse, per la maestria con cui ogni brano fu inserito al punto giusto, con la giusta forma e durata.
L’apice assoluto del primo tempo si raggiunge con la conclusiva A Day In The Life, dove l’orchestra ha una parte preponderante.
Il famosissimo, impressionante crescendo finale viene allungato, nel buio, per permettere il colpo di teatro”, al riaccendersi delle luci: la ricreazione, con sagome, musicisti e figuranti, della mitica copertina. Gli applausi (meritatissimi) hanno sovrastato la riproduzione dell’inner groove finale, una chicca per Beatleofili.
La seconda parte dello spettacolo degli Across The Beatles presenta il lavoro con cui i Quattro di Liverpool conclusero il loro anno più creativo: Magical Mystery Tour.
Anche questo repertorio non venne mai eseguito live”. I primi 6 brani costituirono la colonna sonora di un film concepito e diretto dagli stessi Beatles (allora fu un mezzo passo falso, ma questa è un’altra storia…), uscito dapprima su doppio EP, poi ne venne fatta una versione LP inserendo sulla facciata B i numerosi singoli dell’epoca.
Qui sarò più buono ed elencherò la scaletta”.
Si inizia con la title track, Magical Mystery Tour, impreziosita da energici fiati. Segue The Fool on the Hill, struggente opera di McCartney, dove Lucchesi evita la tentazione (comune a molti interpreti italiani) di fare del bel canto” e rendere retorico il brano.
Ecco poi lo strumentale Flying” che si lega alla cupa e misteriosa Blue Jay Way, composizione di Harrison (anch’essa estremamente sottovalutata da critici e pubblico).
Your Mother Should Know” alleggerisce la tensione: i Beatles erano maestri nella creazione di una sequenza drammatica, per poi spezzarla improvvisamente con una parentesi lieve. Passato il breve momento allegro, tuttavia, ecco arrivare il pugno nello stomaco con la sconvolgente, sublime I Am the Walrus, capolavoro di Lennon. Un patchwork di effetti sonori, ritmo incalzante, armonizzazioni inedite nel loro accostamento. Una vocalità da brivido, alle prese con un testo surreale e complesso. Cimentarsi con questo brano farebbe piegare le ginocchia a chiunque, ma questi bravi interpreti, aiutati non poco dagli orchestrali, riescono a uscirne splendidamente.
Al confronto, la seguente Hello Goodbye” è una passeggiata. Ma subito dopo, con la gloriosa coppia Strawberry Fields Forever” – “Penny Lane” tornano archi, fiati e campionamenti, e si sta col fiato sospeso, in attesa di alcuni passaggi che hanno fatto la storia: il finale di Strawberry Fields, con nastri alla rovescia e impossibili fill” di batteria, il mitico a solo” di trombino in Penny Lane.
Altro brano minore”, ma secondo me entusiasmante, è “Baby You’re a Rich Man” (con un paio di armonizzazioni cambiate, ma efficaci), dopo il quale il palco si chiude per permettere la preparazione scenica per All You Need Is Love. Viene ricreata la magia della storica trasmissione in Mondovisione, con cartelli, palloncini e hippy festanti.
Lo spettacolo potrebbe finire qui, e già basterebbe. Ma c’è tempo per i bis.
L’intro di Blackbird” (in linea con la versione Love) conduce a Yesterday; qui le precise partiture per archi rendono giustizia a questa splendida canzone, troppo spesso ridotta a voce e sola chitarra acustica (anche dallo stesso McCartney!). Yesterday” è certamente una delle canzoni più famose del mondo, decisamente usurata dalle tante (troppe) cover di altri, talora anche fuorvianti, ed è difficile riascoltarla con animo vergine”. Il modo migliore è riviverla così come fu concepita, con fedeltà e rispetto.
Segue Let it Be, occasione per accogliere un ospite, Luca Biagini, fondatore degli Apple Pies, caro a tutti i Beatlesiani, specialmente nella città di Roma.
Una piacevolissima versione dell'”Abbey Road Medley-final section, con il fondamentale ausilio dell’orchestra, conclude lo spettacolo. Approvo incondizionatamente la scelta, preferendola a Hey Jude, per i miei gusti troppo abusata, con l’inevitabile coinvolgimento del pubblico.
Mi corre l’obbligo di aprire una sezione che chiamerò “Pelo nell’uovo”.
Questo resoconto, come del resto il precedente del maggio scorso, può risultare eccessivamente entusiastico; quindi, per dovere di cronaca, andiamo a parlare di qualche minimo difetto, precisando che sono davvero piccolezze in uno spettacolo assolutamente riuscito.
Ho notato (come in passato) qualche verso non esatto, spesso ripetizioni di un verso precedente (es. “… tonight Mr.Kite will challenge the word” al posto di topping the bill) e qualche pronuncia qua e là non totalmente fedele. Ovviamente sono peccati assolutamente veniali, gli interpreti hanno già il loro bel da fare a cimentarsi con le vocalità dei Beatles… però si sa, noi cultori” siamo incontentabili, dei veri maniaci (anche un po’ rompipalle) e i testi sono per noi come il monologo di Amleto, intoccabili.
Un aspetto che non si può evitare di considerare, e che riguarda un po’ tutte le Tribute Band, ma direi specialmente chi fa i Beatles, è sempre e comunque l’irraggiungibilità delle voci soliste. Per quanto dotati siano i musicisti, sarà sempre inevitabile il confronto con la timbrica di Paul, o di John, cui siamo tutti abituati; la cosa incide molto di più del fattore meramente strumentale.
Nella fattispecie, le voci di tutti erano abbastanza convincenti, anche se ovviamente meno potenti degli originali. Ho notato un certo timore reverenziale” come se nel cantare (più che nell’esprimersi con gli strumenti), i musicisti sentissero il peso di cimentarsi con un repertorio così glorioso. Per capirci: ho visto cantanti di tribute band molto meno bravi di loro, con più “faccia tosta”, magari stonare, ma darci dentro con maggiore convinzione. La cosa però è perfettamente comprensibile, ed apprezzabile: gli Across The Beatles sono bravi professionisti, si trovano in un teatro importante della Capitale, e sentono” l’importanza del momento, mentre magari il ragazzotto che canta Get Back” davanti al pubblico del suo paese si esprime con minori freni inibitori, ha meno paura del passo falso.
Di tutti e tre i cantanti ho apprezzato il fatto che non abbiano melodicizzato” alcune interpretazioni, come ad esempio quella di She’s Leaving Home, dove il pericolo di vocalizzi retorici stile Sanremo” è sempre in agguato. Bene così.
Non dimentichiamo Alberto-Ringo, ottimo nella riproduzione coscienziosa delle partiture per batteria originali, che furono ricercatissime e spesso imprevedibili. Come disse Phil Collins (che di batteria se ne intende un pochino…) ”i fraseggi di Ringo sono inimitabili, li puoi rifare, studiare, ma non escono mai fuori uguali. Onore al merito.
Aspettiamo Revolver” + Abbey Road, sappiatelo.

Line Up – Across The Beatles e ruoli interpretati
Paolo Angioi – John Lennon (che cantava e suoneggiava” la chitarra – NdR)
Mario Lucchesi – Paul McCartney (chiunque sia dei due, canta e suona il basso – NdR)
Sebastiano Forte – George Harrison (dovrebbe essere stato IL chitarrista del gruppo e ogni tanto lo facevano cantare – NdR)
Alberto Maiozzi – Ringo Starr (suonava la batteria per i Beatles quando esistevano – NdR)

Simone Temporali: Tastiere e Direzione musicale.