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giovedì 28 luglio 2016

“The Bridge of Geese” su Decameron Part III: la preview completa!


Decameron Part III - 10 Days in 100 Novellas è disponibile all'acquisto presso il sito:
www.seacrestory.com (per info supplementari contattare: info@seacrestory.com)

La raccolta, che consta di 4 CD con più di 4 ore di musica progressive, è stato prodotto da Marco Bernard e Ed Unitsky, con la collaborazione di Colossus Magazine, e contiene anche The Bridge of Geese, brano strumentale dei Phoenix Again, che sarà incluso anche nel prossimo album studio della band.

Nel video si può ascoltare in anteprima il brano integrale.






mercoledì 27 luglio 2016

Racconti sottoBanco


Racconti sottoBanco

Un campo sportivo immerso tra i castagneti di Boccheggiano, nell'alta Maremma, era la location di questo concerto tenuto dal Banco il 27 luglio 2013, durante il tour del Quarantennale...
Per leggere la recensione e vedere le foto del concerto, cliccare sul seguente link
wazza

Recensione e foto di Max Moon





martedì 26 luglio 2016

Racconti sottoBanco, di Wazza


Racconti sottoBanco (Emilio e Carlo)

Hello, ho sempre sostenuto che i fan del Banco e del mondo che vi ruota intorno sono tutte persone speciali (a parte qualche caso...). Persone che entrano in sintonia con gli artisti, con il loro modo di pensare, che ricevono emozioni attraverso la loro musica, ma le restituiscono con parole dettate dal cuore e anima.
Emilio e Carlo, sono due ammiratori da sempre dei fratelli Nocenzi, che hanno voluto condividere, con me, con noi, le loro sensazioni. Emilio "recensisce" Miniature, l'ultimo lavoro di Gianni Nocenzi. Carlo ci racconta del suo personale incontro con Vittorio Nocenzi, tra l'olmata e il suo studio a Genzano.
Ho voluto unire i due racconti perchè sono pieni di grande passione, di stima, e meritano di essere letti. Emilio e Carlo sono due fan "vaccinati", di lungo corso, di quelli che magari non si conoscono le loro facce, ma ci sono da anni e ci saranno sempre, a testimoniare ancora una volta che il Banco non è solo un gruppo musicale, ma uno stile di vita, di pensiero etico.
Grazie ragazzi
Wazza


Emilio Maestri ci "racconta" Miniature

Miniature 
di Gianni Nocenzi
 

Da dove viene la scelta del titolo di un album?
 Che cosa lega un titolo ad un brano musicale senza liriche, dove le sensazioni, le emozioni sono legate alla sola musica ed alla sua interpretazione? 
L'ascolto di Miniature risponde senza segreti a queste due domande che chi ascolta musica si sarà posto tante volte. Citando le tracce di quest'opera meravigliosa non si corre il rischio di dire "la prima", "la terza" perché il titolo di ogni brano è la chiave per l'ascolto, lo scenario emotivo dove le note trovano una proiezione tridimensionale. E, ad aumentare questo coinvolgimento, questa sintesi emotiva con l'autore la registrazione in presa diretta resa come si sente dalla parte di chi suona, per una empatia totale. 
Le miniature sono opere grafiche dove l'artista concentra in poco spazio fisico una ricchezza di particolari proporzionata alla propria bravura tecnica ed espressiva. 
Nelle sue miniature Gianni Nocenzi concentra sentimenti e sensazioni, immagini e scenari di rara efficacia in un capolavoro assoluto. 
Nei pochi minuti di ogni traccia scorre una moltitudine di espressioni scaturite dalla sorgente del dolore, un dolore differente a seconda dello scenario, un dolore da esorcizzare o da elaborare ma pur sempre da vivere nella vita reale o nel sogno. 
Lungo il Cammino di Pietra non ci si può fermare, non si torna indietro. Non si può percorrere che a piedi, con la fatica della disperazione, lungo un sentiero dove il dolore è sasso bruciato dal sole o reso scivoloso dal ghiaccio. E si sente la fatica di questo camminare che toglie il respiro, dove non vedi il cielo perché devi stare attento a non cadere, dove non sai se la direzione è quella giusta o addirittura non sai nemmeno perché o dove stai andando.
 Forse, ogni tanto, là in fondo si intravede una luce: le note del pianoforte di Gianni accompagnano in questo cammino che prima o poi tutti dobbiamo compiere. 
Terra Nova è un viaggio di speranza, di fuga dal dolore, di attese ma anche di incertezze perché chi viene dal dolore è obbligato a cercare una nuova terra dove seminare il futuro che - si spera - sia diverso da quello che ci si lascia alle spalle. Un brano dai due diversi spiriti ma luminoso, che trasmette come dal dolore si possa passare alla speranza. 
Nei Ritorni c'è un caleidoscopio di emozioni che ruotano con luci e colori diversi. Ogni ritorno contiene un allontanamento ed un tempo che lo separa dal passato. E in più nello scenario sonoro ci sono i personaggi che tornano ma anche quelli che attendono il ritorno coi loro sentimenti e le loro attese. Che cosa troverà il profugo al suo ritorno? Sará mutato il dolore che lo aveva fatto fuggire? Sarà migliore dopo tanta lontananza? E come sarà lui cambiato rispetto a quando era partito? Il pianoforte ricama tutte queste complessità con l'intarsio delle linee melodiche a tracciare un quadro di rara bellezza ed efficacia. 
Le Farfalle sono il simbolo insieme del cambiamento - prima uovo poi bruco poi bozzolo e finalmente farfalla - ma anche immagine di una bellezza fragile effimera che vive nel movimento. Il dolore della impossibilità di prolungare la bellezza viene mitigato dal ciclo della vita che continua sotto le diverse forme resistendo ai rigori dell'inverno. 
Il brano celebra la bellezza è il movimento con grande efficacia. 
Engelhart, un brano di sensazioni che esprimono i tanti significati del tedesco hart: austero, difficile, duro, rigido complicato, ma anche solido, affidabile. Una meraviglia sospesa tra commozione e forza trascinante. Quasi una dedica esclusiva e nascosta a Einrich Engelhart Steinwag fondatore della famosissima fabbrica di pianoforti Stainway & sons. 
La Ninnananna di Cosmo è uno stupendo canto augurale è dedicato a un figlio bambino ma abbraccia una generazione intera. 
Ti cullo con la voce del pianoforte, ti scaccio i demoni dell'incubo, ti accompagno in un mondo di sogno, senza dolore, abbi fiducia, Cosmo, dammi la mano: insieme a me assieme coi tuo amici viviamo almeno il sogno di un mondo migliore. 
La ninnananna chiude in bellezza un disco profondo, suonato in modo toccante e meraviglioso. 
E non spaventi l'ispirazione , nonostante frutto del dolore, il disco è bellissimo; dischiude orizzonti luminosi e alimenta pensieri di futuro, collocandosi tra le migliori uscite di sempre . 
Grazie Gianni : un capolavoro.


Vittorio e Gianni Nocenzi

Carlo Meli ci racconta il suo incontro con Vittorio

Grazie ancora per la indimenticabile mattinata nello Studio di Vittorio che mi hai regalato! 
Mi è sembrato di vivere un sogno... Piovevano fiori, quel giorno, piovevano fiori dagli alberi mentre Vittorio autografava i miei vecchi LP del Banco. Evidentemente anche il vento aveva deciso di rendere "speciale" questo incontro.
Mi sono sentito emozionato e felice come un ragazzino, come se, improvvisamente, avessi tolto dalla mia vita più di quarant'anni per tornare col pensiero alla prima volta che vidi il Banco dal vivo nel 1974 a Piazza Navona, alla festa per la vittoria del no al referendum sul divorzio.
Quella musica che all'epoca ascoltavo attraverso lo "stereo di Selezione", ora potevo ascoltarla e "vederla"... la voce e la presenza di Francesco, l'eccellenza di Vittorio, la bravura di Gianni e di Rodolfo, Renato, Pierluigi... lì vivi e veri che suonavano (anche) per me! Ecco, dopo quarant'anni Vittorio ha davvero suonato (solo) per me! Con dolcezza e con maestria, facendomi vivere la costruzione del volo dell'ippogrifo: ... ho percepito il movimento delle ali della cavalcatura nell'aria rarefatta e ho visto il livido colore della Luna avvicinarsi e la Terra allontanarsi e ho avvertito che la curiosità di scoprire questo nuovo ignoto mondo, era più forte della paura che mi pervadeva mentre abbandonavo il vecchio e il noto...
Vittorio non parla con le parole, parla con la musica che compone e, si esprime attraverso le sue note, creando atmosfere e sensazioni impossibili da  cogliere se non ascoltando la sua musica.
Che mattinata meravigliosa il 23 maggio 2016. Grazie Vittorio!
... e grazie Aldo!!!


lunedì 25 luglio 2016

Spicchi di saggezza...


Tanti chiacchierano, si autocelebrano, si vantano di essere amici fraterni di questo o quell'altro artista, di averci cenato insieme, di avere l'autografo personalizzato, come se avessero bisogno di convincere loro stessi più che gli altri...
Ci sono persone sempre al fianco di questi musicisti, specialmente fuori dalle luci della ribalta, che sono invisibili come gli angeli, e se non sono su facebook, nessuno li vede. A volte si "materializzano", e puoi anche sentire il battito del loro cuore.
Dedicato a tutti quelli che ci sono sempre… ma non appaiono mai.
WK





venerdì 22 luglio 2016

Bombe intelligenti... di Wazza



" Il giorno in cui il potere dell'amore
supererà l'amore per il potere
il mondo potrà scoprire la pace"
(Mahatma Gandhi)

Hello popolo di poca memoria...
sembra che RTL 102.05 abbia messo nel suo palinsesto "Bomba Intelligente", e la trasmetta regolarmente.
A proposito di bombe. Francesco Di Giacomo si ricordava di tutti, sempre in prima fila per la solidarietà, per la libertà, per l'ingiustizie, per il lavoro, con la sua testimonianza e presenza.
Era presente anche il 19 luglio 2013, con la sua arte e la sua voce, a ricordare i 70 anni  del bombardamento del quartiere San Lorenzo a Roma (19 luglio 1943) ad opera degli "alleati"! 
Chissà se anche quelle erano "bombe intelligenti", visto che il quartiere quando fu bombardato era abitato, in maggioranza da proletari, operai e comunisti.
…per non dimenticare, per non dimenticarti. Ciao Francesco.
Wazza




Bomba Intelligente ( parole di Francesco di Giacomo)

Sostenendo, con la forza della ragione,
che una bomba possa essere molto intelligente,
le potresti domandare poco prima dell
esplosione
la descrizione di un tramonto
o se ha fatto già l
amore oppure no.
a quel punto questa bomba molto intelligente
parlerebbe,  lo direbbe con il cuore in mano,
racconterebbe del suo amore  che era un mitico aeroplano
che diceva  il mondo è strano
forse è meglio stargli lontano mon amour.
ah quel rubacuori mi portava controvento,
ah chi avrebbe detto che poi mi sganciava qui.
seducendo il congegno di puntamento,
dimostrandosi un bomba moltissimo intelligente,
con un gesto eccezionale  strinse al cuore il suo potenziale
e tuffandosi nel mare abbracciò tutta le gente e salutò
quel peccator che la portava controvento
ah ma quale amor non era amor quello lì.
e intanto cambiano le stagioni e le opposte fazioni
stilano accordi e conclusioni che non tengono conto  e non prevedono eventuali
amori  eventuali.
ah ci mise amore a stare zitta li sul fondo .
ah che grande giorno quando un pesce diventò.
Sostenendo, con la forza della ragione,
che una bomba possa essere molto intelligente,
le potresti domandare poco prima dell
esplosione
la descrizione di un tramonto
o se ha fatto già l’amore oppure no
Erano presenti anche il gruppo romano "Muro del Canto", una delle band più reattive del panorama musicale italiano… Francesco sempre attento alle nuove realtà musicali, posa con loro in questa foto

giovedì 21 luglio 2016

Il 21 luglio di Big Francesco, di Wazza


21 luglio

"Non si appartiene a ciò che si ha, ma a ciò di cui si sente la mancanza"
(Efraim Medina Reyes)

Ci sarai sempre... Buon viaggio Capitano !

Wazza

 Ricordo di Renzo Sicco (Assemblea Teatro)

Sono sempre stato un fan anomalo del Banco del Mutuo Soccorso. Infatti chi li ama mette inevitabilmente al primo posto nelle personali preferenze Il salvadanaio o Darwin, due dischi stupenti. Ebbene, anche io amo quegli album (così si chiamavano all’epoca della loro uscita), ma per me il Banco è Io sono nato libero e su tutto troneggia Canto nomade di un prigioniero politico. Uscito nel 1984 conteneva, oltre la musica, meravigliosa e potente, tutto il dolore di una generazione sensibile alla politica che percepiva il pericolo che il Golpe in Cile eliminasse dalla scena non solo la libertà di un popolo ma quel desiderio di utopia di una generazione di cui Francesco e compagni erano intensi interpreti. La vita mi ha poi portato molte volte in Cile dove ho conosciuto e lavorato con molti di quei prigionieri politici che Di Giacomo e il Banco volevano cantori liberi.
Luis Sepúlveda e molti altri sono diventati miei amici, compagni di lavoro e di vita come un
espansione di quel grido io sono nato libero. A Buenos Aires lo sono diventate invece le Madres. Perché all11 settembre del 1973 ha fatto seguito il 24 marzo 1976 con il Golpe in Argentina. Francesco lho amato e seguito per molti anni come fan del Banco e solo nella primavera dell80 lho conosciuto personalmente insieme agli altri.
Cantava un
altra bella utopia Canto di primavera. Era un pomeriggio di sole fuori dal Palasport del Parco Ruffini a Torino quando ci siamo incontrati per la prima volta e la sera eravamo già insieme sulla scena. Loro sul palco circondati da oltre 6000 spettatori e noi in mezzo a quei 6000 a inventarci immagini per le loro canzoni dallalto dei nostri trampoli. La fantasia al potere si gridava nelle strade in quegli anni e noi fummo la fantasia dentro la musica. Fu il delirio e per due anni avanzò quel progetto come un work-in-progress nei palasport e nelle piazze dItalia.
Divenni amico di Francesco e la nostra amicizia durò ben oltre le tournée di Capolinea (80/81) e Urgentissimo (81/82).
Quando andavo a Roma lui mi attendeva sui gradini del Bar Capolea e poi salivamo a casa sua nei Palazzi Federici di viale 21 Aprile dove ci attendeva Elvezia. Era una piccola donna ed una grande cuoca. Ho sempre amato cucinare ed allora un patto stretto tra me e lei era che ad ogni incontro mi insegnasse un segreto. Francesco arrivava in cucina mentre io stavo attento ad imparare. Rimaneva silenzioso, rispettoso del gran sapere di Elvezia, poi mi guardava sornione e sorridente, felice come non mai di quella madre.
Proprio delle Madres e dell
Argentina abbiamo parlato nel nostro ultimo incontro ad Asti una notte nellestate 2013 prima del bellissimo concerto del Banco dove Big ha cantato con una voce più bella che mai. Ero tornato da poco dal Sud America e Francesco che stimava con passione il mio lavoro nel sud del mondo, ne era curioso.
Per questo ho accolto volentieri l
invito dei Têtes de Bois di partecipare allidea di Stradarolo-Big, la no-stop di 48 ore dedicata a Francesco Di Giacomo. Sono tornato nel borgo, che aveva scelto per vivere lontano dal caos di Roma, a raccontargli la storia di Taty Almeida, una madres, come tutte, orfana di figlio.
Penso gli abbia fatto piacere. Quello di cui sono certo è che io mi sono sentito un pò meno orfano di amico e della sua grande sete di utopia.
Tornato a casa ho riascoltato con piacere
Canto nomade di un prigioniero politico e come sempre la sua voce mi ha fatto davvero sentire libero.

Renzo Sicco

mercoledì 20 luglio 2016

Cani alla ribalta, di Wazza


Qualcuno ha scritto dopo il concerto di Elton John a Pompei: "Adesso a Pompei ci fanno cantare cani e porci!".
Beh, un cane ha già avuto questo l’onore di cantare a Pompei nel 1971 con i Pink Floyd, quando erano giovani, belli, capelloni, magri... con qualche idea in più, e qualche sterlina in meno.
Questa è la storia di due cani .
Seamus era il cane lupo di Steve Marriot, indimenticato chitarrista degli "Humble Pie",  grande amico di Syd Barrett e dei Pink Floyd, che hanno registrato i suoi "ululati" su una base di accordi blues.
Il breve brano viene pubblicato su "Meddle" nel 1971, e praticamente racconta cosa fa Seamus in cucina, mentre si fa sera... 


Nobs era una femmina di levriero russo che apparteneva a Roger Waters. Quando il regista Adrian Maben chiese al gruppo di suonare "Seamus" durante il concerto all'anfiteatro di Pompei, Nobs fu distesa sul palco con Rick Wright che gli teneva un microfono davanti al muso. David Gilmour suonava l'armonica e Roger Water una Straocaster elettrica e la levriera accompagnò questa melodia con ululati intonatissimi;, il testo è una cantilena, la suggestione viene dagli ululati del cane, che in realtà si scopre che sta "piangendo", forse pensando a Syd.
Il brano per l'occasione fu ribattezzato "Madamoiselle Nobs", in onore della bravissima cantante a quattro zampe.
…di tutto un Pop
Wazza


martedì 19 luglio 2016

Riflessioni sul ritorno live di Vittorio Nocenzi e del suo Banco, di Guido Bellachioma


Riflessioni sul ritorno live di Vittorio Nocenzi e del suo Banco

Riflessioni del tutto personali sul primo concerto di Vittorio Nocenzi e di un gruppo chiamato Banco del Mutuo Sccorso, quello che ne rimane dopo le tante disgrazie successe negli ultimi anni. Luogo del delitto? Ponticelli, frazione di Città della Pieve, 16 luglio 2016.
UN CONCERTO PERFETTO NELLA SUA IMPERFEZIONE. Un gruppo operaio, vero, con le palle "gonfie" al punto giusto per l'emozione e per l'urgenza espressiva, per quella voglia di spaccare tutto che può portare a strafare. So' ragazzi e si faranno 

La sezione ritmica macina (Marco Capozzi ha “strusciato” le nevrosi del prog dispari e amelodico suonando col Balletto di Bronzo qualche anno fa), le chitarre menano, il cantante non fa finta di fare Francesco (anche perché Big è talmente unico che se provi a imitarlo... fai ridere) e, probabilmente, se la sarà pure fatta sotto ;-)
Cantare RIP, Canto Nomade per un prigioniero politico e compagnia bella per la prima volta davanti al pubblico, che potrebbe essere affettuoso ma potrebbe, anche più facilmente, farsi rodere il "chiccherone, non è facile per nessuno. Pero ci ha messo tutta l’anima che aveva a disposizione e, forse, anche qualcosa in più. Anche visivamente è molto diverso da Francesco, si muove in modo “heavy oriented” e l’immobilità, quasi sacrale, di Big in questo modo non lo sotterra come avverrebbe sicuramente se scegliesse di avvicinarsi all’estetica di Francesco. Toni D’Alessio, nome di chi si è cimentato in questa opera titanica, era il cantante degli Scenario, band prog metal in cui militava alla fine degli anni 90/inizio 2000 anche Filippo Marcheggiani (ormai chitarrista del Banco da tanti anni) e ha una voce espressiva, potente, che fa intendere come la musica del Banco sia, anche mentalmente, la sua musica; sono sicuro che metabolizzando e interpretando sempre di più questo “sacro” repertorio ci riserverà belle soddisfazioni. D'altronde proprio Francesco mi raccontò che all'inizio cantare quei testi complicati su musiche ancora più complicate non fu una passeggiata di salute neanche per lui: ogni giorno che le cantava vi trovava nuove sfumature e dimensioni.
"Il vecchio leone, invece, c'è sempre. 11 mesi fa abbiamo rischiato di giocarcelo Vittorio… invece questo sta a tornà più forte di prima… e, anche se per qualcuno non sarà così, è sempre più “forte” della maggior parte dei tastieristi, non solo italiani, che conosco… pure con una mano, scegliete voi quale, legata dietro la schiena, anzi oggi trasmette la vitalità di chi sta riscoprendo il gusto della musica, come quando sei adolescente. Ha ancora tanta forza, pure se la sua emozione in alcuni momenti mi ha fatto venir voglia di attraversare il palco e accarezzarlo su quella barba ora fieramente bianca e non più nero corvina. Si, perché questo concerto l’ho seguito dall’inizio alla fine sul palco, seduto sul flight case di qualche strumentazione: per annusare il profumo della vita di questa prima nuova volta sul palcoscenico… volevo sentire le parole che ti scambi mentre suoni, scrutare i sorrisi e i momenti di nervoso, l’attimo in cui il musicista ha lo sguardo perso nel vuoto e mentre suona magari sta riflettendo su qualcosa lontana mille miglia! Insomma volevo toccare con mano se ci può essere ancora un gruppo chiamato BMS e la risposta è positiva proprio per questa imperfezione operaia… 
Rodolfo e Francesco saranno per sempre nel mio cuore. Le diatribe sui gruppi che perdono elementi storici e vanno avanti sono all’orine del giorno. Nel caso del Banco, però, dimentichiamo che un “certo” Vittorio Nocenzi ha composto la quasi totalità delle musiche del Banco e anche qualche testo con Big… oltre ad averlo anche fondato: ha il diritto di ricominciare mille volte.

Soprattutto se va in questa direzione, lontano dall’agglomerato scenico delle tante ospitate, alla riscoperta dell’essenza di un gruppo vero, più credibile proprio per la natura stessa di un nome che deve spingerti a dare sempre il meglio delle tue emozioni: Banco del Mutuo Soccorso!
A Vitto’ registra un brano con questo Banco e regalacelo in download sul web, questa formazione “spacca”… 



Da sin. Marco Capozzi (basso)-Nicola Di Già (chitarre)-Augusto Zanonzini (batteria)-Vittorio Nocenzi (tastiere)-Filippo Marcheggiani (chitarre) Tony D'Alessio (voce)




lunedì 18 luglio 2016

UT NEW TROLLS -- Al VILLA SOUND - di Nogara (VR) - Sabato 16 luglio2016, di Daniele Raimondi


UT NEW TROLLS -- Al VILLA SAUND - di Nogara (VR) - Sabato 16 luglio2016
di Daniele Raimondi
Nella notte “nogarese”, di mezza estate, che regala a grandi e piccini la tradizionale “sagra paesana” di giochi e divertimento, nell’oasi verde di Villa Raimondi, arriva il segnale di un’onda gravitazionale, il fenomeno è stato registrato, da una moltitudine di persone, accorse ai piedi del palco. A generare le increspature dello spazio emozionale, sul palco del “Villa Sound” di Nogara (VR), gli UT New Trolls, capitanati dall’inossidabile e storico batterista, Gianni Belleno, batteria e voce, e dalle soavi tastiere del Concerto Grosso, Maurizio Salvi, hammond e tutte le tastiere possibili, accompagnati da musicisti di grande spessore: Claudio Cinquegrana, chitarra elettrica e cori, Alessio Trapella, basso e voce, Stefano Genti, tastiere e voce, Umberto Dadà, frontman.
Dalla teoria “del tutto è possibile”, la magia del parco, nella “fresca” serata d’estate, mentre i colori del tramonto si attenuano e si illuminano le luci della sera, la freccia del tempo, scorre in direzione del rock, con numerose copie di note elaborate in armonia, su un tappeto sonoro di un rock melodico, con sconfinamenti dall’hard rock, alle ammalianti melodie, di nuove o stagionate partiture, rimaste intatte allo scorrere del tempo. In scaletta si inseguono sequenze, gli spezzoni di un film di una vita musicale, dal primo cinguettio di fine “anni ’60”, all’ultimo canto di << è >>, creazioni sferiche che prendono vita e si sviluppano in spazi aperti. La bellezza delle partiture, nella storia e nel tempo, un linguaggio che affina una “cifra” stilistica, che mette appunto la mirabile armonia di imponenti forme musicali, che vanno in scena con una certa frequenza. La musica arriva dove il silenzio è sovrano, in apertura dal Concerto GrossoAllegro”, ora spazio al nuovo album “è”Trullo lungo”,Dies irae”, “Oggi non sono spento”, “Cambiamenti”, “Cherubino”, “Io”. Si torna al C.G. con “Adagio” e a seguire “Una Miniera”, “Nella sala vuota” con “Nessun dorma e Il sole nascerà” e gran finale, con il pubblico compatto a cantare “La carezza della sera”.
Chiamati a gran voce concedono il bis con due richieste pervenute dal pubblico “Signore sono Irish” e “C’è troppa guerra”. Il pubblico trasportato da sinfonie maestose, attribuisce calorosi e prolungati applausi, per molti, autografi su dischi e CD. Un plauso all’organizzazione, che da anni, presenta un calendario musicale di primo ordine.



lunedì 11 luglio 2016

Clemente- “Canzoni nel cassetto”, di Alberto Sgarlato


Clemente “Canzoni nel cassetto”
(2016)
Di Alberto Sgarlato

Un violino intenso, drammatico, dalle sonorità più attinenti alla ruvidezza del folk che all’ostentata perfezione formale della classica, ci introduce alle prime note di “L’essenziale”, brano che apre “Canzoni nel cassetto” e che diventa quasi un manifesto del Clemente-pensiero: l’autore ci spiega chi non vale la pena ascoltare, di chi non è opportuno circondarsi, per ritrovare l’amore delle piccole cose, il profumo del mare, l’essenziale per vivere. Una canzone dolcissima, che arriva subito al cuore. Dopo quell’intro di chitarra e violino entrano tutti gli strumenti, creando un “pieno” bellissimo che prende immediatamente l’ascoltatore.
Antonio Clemente (che ormai si firma semplicemente Clemente), pittore/cantautore/poeta di Castelvetrano che – in vari periodi della sua vita – spesso diventa ligure d’adozione, giunge così al suo terzo album. Il disco completa perfettamente una trilogia, legata da un fil rouge fatto di emozioni, colori, profumi e sapori nel cuore dell’artista ma, senza nulla togliere ai due lavori precedenti, entrambi bellissimi (che si intitolavano “Infinito” e “Davvero”), questo è probabilmente il lavoro più completo, più maturo, più intenso dei tre.
Abbiamo parlato delle emozioni che legano le varie tracce dell’opera clementiana e, appunto, “Piccole emozioni” si intitola il secondo brano, un delizioso e delicato acquarello in fingerpicking che può a tratti ricordare la penna di Fabio Concato. Anche qui il tema è quello di “L’essenziale”: tutto il tempo che perdiamo nella vita dietro a cose, persone, situazioni di cui faremmo volentieri a meno, dimenticandoci così dei nostri sogni e, appunto, delle nostre piccole emozioni quotidiane.
Canzone del poeta bambino” ha questo bizzarro titolo che sembra un po’ evocare Guccini; il brano, invece, è quello che procede con l’incedere più duro, più asciutto, rispetto alla dolce magia delle due tracce precedenti. La storia di questo bambino che sogna correndo nei prati e guardando la luna, si evolve nella vita triste di un uomo costretto al precariato e a situazioni di fortuna, finché l’amore di una donna non gli fa ritrovare almeno un po’ la gioia e la purezza dell’infanzia. I ricami del flauto, che ben volteggia attorno ai pochi ma giusti accenti del piano, danno al tutto un tocco quasi progressive rock.
In “Veni l’estati” (viene l’estate, per chi non è avvezzo al dialetto siciliano), Clemente riscopre le sue origini, canta in dialetto e ne nasce un brano stupendo, uno dei veri “highlights” del disco, fantastiche sonorità tra folk e prog che ci riportano a gruppi leggendari come il Canzoniere del Lazio e la Nuova Compagnia di Canto Popolare. Il testo, per chi è stato in Sicilia almeno una volta nella vita, fa venire i brividi: un quadro perfetto, con i sassi caldi per il sole, i fiori bruciati e lo scirocco che soffia.
Alla difesa dei sogni” ci riporta un po’ alle due precedenti opere di Clemente, quelle un po’ influenzate dal De Gregori più dylaniano, con l’armonica a bocca in primo piano e una bella ritmica un po’ country.



Canzone di Natale” è di nuovo un brano che va a esplorare le sonorità folk delle due tracce precedenti. Il testo è una forte denuncia nei confronti di che cos’è diventato il Natale oggi: ipocrisia, opportunismo, consumismo, cura dell’immagine in primo piano. Stiamo vivendo un periodo storico difficile, questo è inutile negarlo; eppure sembra che dietro un augurio di “Buon Natale” si possa buttare alle spalle, come la polvere sotto il tappeto, la crisi, la disoccupazione, la fame, la guerra.
Non è un gioco” è forse il capitolo più amaro dell’intera opera, ben supportato da tappeti oscuri e sonorità tenebrose: come sta cambiando la società attuale? Arrivismo, arroganza, rabbia, avidità.
La libertà” ci riporta, dopo due brani molto drammatici, alla dolcezza delle prime due canzoni. Ritroviamo chitarre arpeggiate e violini a supporto di una storia che ci racconta quanto sia importante viaggiare, esplorare, guardarsi attorno, capire, conoscere e, soprattutto, sentirsi liberi.
Cuori al vento”: qui Dylan emerge prepotente nelle note dell’armonica a bocca iniziale, a “condire” un bellissimo testo che ci dice quanto è importante lottare, cercare emozioni e non lasciarsi andare mai allo sconforto. E la citazione, a un certo punto, arriva: “Blowin’ in the wind”.
Anche “Tango delle circostanze avverse” ha di nuovo un titolo dal sapore gucciniano e, in effetti, stavolta, qualcosa del Maestro di Pàvana, nelle atmosfere, c’è… Storie di bar frequentati da gente noiosa e che parla a vanvera, finché a un certo punto arriva lei: un amore bellissimo, seppur fallimentare; una storia problematica, ma emozionante.
E non ne parliamo più” è, di tutto il disco, il brano che avrebbe le migliori potenzialità di “hit single”: le sonorità son quelle del resto dell’opera, giocate su chitarra arpeggiata e pianoforte, ma melodie e atmosfere virano verso un pop elegante, raffinato, intelligente e di grande qualità. Un pezzo che meriterebbe tantissimo spazio nella programmazione radiofonica e televisiva italiana.
Vivere” ha un arrangiamento complesso, con intrecci di più archi, ricami pianistici molto variopinti e un bel riff di chitarra acustica, che riporta Clemente nei territori del cantautorato più vicino al prog. Un brano interessante che costituisce un’ennesima sterzata in un album brillante e variegato, ricco di atmosfere.
E si finisce con una “Stupida canzone” che, ovviamente, a dispetto del titolo, stupida non è affatto. Siamo di nuovo al cospetto del Clemente più intimista, che ci parla di sentimenti ingabbiati nelle regole, spesso troppo severe, della quotidianità. E qui, a sorpresa, fa capolino anche una marimba ad arricchire l’arrangiamento.
Il brano finisce, tra gli ultimi tintinnii delle percussioni intonate e l’arpeggio conclusivo della chitarra, verso i 2 minuti e 40” ma… Dopo un minuto abbondante di silenzio spunta una Ghost track senza titolo. Clemente sceglie di concludere il disco così, con un brano semplice, per sola voce e chitarra, nel quale ci racconta una storia d’amore “bruciata in fretta come una Marlboro”. Il resto è “rabbia e solitudine”. Un finale pieno di amarezza, che però suona come un’ottima chiosa in un album per il quale non è eccessivo l’aggettivo “memorabile”. Una delle perle più preziose nel ricco panorama dell’attuale cantautorato italiano.

sabato 9 luglio 2016

Prime recensioni per "Miniature"di Gianni Nocenzi-Articolo di Wazza


Hello,
ecco le recensioni di Nicola Sisto, pubblicata sul quotidiano "L'Unità", e di Massimiliano Leva, per condividere quanto scritto. Ma anche per ricordare agli "indecisi" o "titubanti" che stanno perdendo l'occasione di ascoltare un grande album. Ovviamente sto parlando di Miniature, il nuovo album di Gianni Nocenzi!
Un disco che "disintossica"...

WK





venerdì 8 luglio 2016

Deus Ex Machina - “Devoto”, di Andrea Zappaterra


Deus Ex Machina  - “Devoto”
di Andrea Zappaterra
Cuneiform Records-CD, Digital

Dopo 8 anni  di assenza i Deus Ex Machina pubblicano il loro ottavo album, dal titolo Devoto.
Indiscutibile stile  Rock Progressivo Italiano improntato ai più famosi gruppi italiani e non dell’epoca d’oro, Devoto è un gradito ritorno della formazione DEM (nata nel 1985 con Mauro Collina alle chitarre, Alessandro Bonetti al violino, Alessandro Porreca al basso, Luigi Ricciardiello - organo, piani e sinth -, Claudio Trotta alla batteria, Alberto Piras alla voce e la partecipazione di  Luigi Savino - sinth e contrabbasso -, Alessandro Meroli al sax baritono, Marco Matteuzzi al sax contralto e Massimo Greco alla tromba), sorprendente per le riscoperte sonorità tipiche del prog, con svariate e controtempi, dissonanze e fraseggi che richiamano le atmosfere di quel periodo fantastico.
Luigi Ricciardiello - che ritorna dopo un intervallo di due decenni per sostituire Puglisi - e la chitarra di Mauro Collina, aggiungono un tocco di  jazz sperimentale e nuovi orientamenti  che fanno di questo album un nuovo must della musica prog contemporanea.



I brani…

Autore del Futuro e Multiverso: un incrocio funky-soul-jazz e rock.
Quattro Piccole Mani: blues acustico con scorrevoli approccio elettrici, slide e classic guitars.
Devoto: un riff mid-tempo con il violino di Bonetti assolutamente eccezionale.
Distratto Da Me: inizia in un tempo in 3/4 e con una sezione fiati in primo piano per poi dilagare in un fraseggio voce sintetizzatore di accattivante fattura.
Figli e Più uguale: mostrano la voce di Alberto Piras, appassionata, lirica e talvolta con richiami del grande Demetrio Stratos. Un’estensione canora incredibile e poi il violino di Bonetti a richiamare un Jean-Luk Ponty in equilibrio tra prog e jazz.
Sotterfugio: un passaggio strumentale, un’ improvvisazione sperimentale alle tastiere e archi.
Eterno ritorno e  Transizione: altri due brani che mettono in luce le qualità eccezionali della voce di Alberto Piras, oltre alle capacità strumentali dei vari musicisti, veramente notevoli.

Raramente può capitare di ascoltare un lavoro così completo, una specie di enciclopedia del Prog/Rock dove ogni nota ricalca atmosfere dei più svariati gruppi nel corso degli anni di piena visibilità, un compendio di tutti gli effetti acustici e sintetici che hanno caratterizzato questo tipo di musica e l’hanno resa immensa .

Grande merito ai DEM che con uno stile personale e indiscutibile hanno saputo declinare un album eccezionale per gli amanti del genere, impedibile e carico di energia.
Il nome Deus Ex Machina pare davvero azzeccato e l’album, se fruito… “devotamente”, Sprigionerà il piacere derivante dall’ascolto della buona musica.