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venerdì 29 aprile 2016

ALESSANDRO SIPOLO - "ERESIE", di Paolo Rigotto


ALESSANDRO SIPOLO - ERESIE (Macramè)

Il cantautorato del Bresciano Alessandro Sipolo (il cui primo disco “Eppur bisogna andare” vinse nel 2014 il premio Beppe Gentile come miglior album d'esordio) non si distacca per originalità né per tecnica dalla qualità della maggior parte delle produzioni nostrane di “livello”. Egli si avvale di nomi illustri quali Giorgio Cordini (storico chitarrista dell'ultimo De Andrè) alle chitarre e alla produzione; il grande Ellade Bandini alla batteria e Taketo Gohara (dalle Officine Meccaniche di Mauro Pagani) alla registrazione e al mix. Più una lunga serie di musicisti turnisti ad impreziosire un lavoro che, pur nelle dichiarate nobili intenzioni, non sempre riesce a convincere pienamente.
Alessandro Sipolo è personaggio socialmente attivo (lavora per il Servizio di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati ed è collaboratore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano) e certo la sua musica, e soprattutto le liriche che questa accompagna, hanno la dichiarata intenzione di non farsi tentare da mezze misure “politicamente corrette”, ma allo stesso tempo ricerca modelli di raffinatezza che, dopo De Andrè e proseliti, almeno a giudizio di chi scrive, hanno già detto tutto il necessario e anche di più.
E' vero che in questo lavoro si appoggia al rock più che al folk, ma sempre con la “prudenza” dell'opera che ha più interesse verso il contenuto dei testi piuttosto che verso un linguaggio musicale davvero convincente. Tutto questo alla luce di una produzione, sia chiaro, di alto livello (visti i nomi coinvolti non potrebbe essere diversamente).
Ciò che costituisce un punto a favore di questo lavoro è il “concept” che ne sta alla base: un panorama di quelli che al giorno d'oggi possono considerarsi i moderni “eretici”, pensatori indipendenti e indifferenti al pensiero di comodo, tutt'altro che accomodanti verso una politica sempre più lontana e una società sempre più veloce, frammentata e superficiale.
Arnaldo” è la canzone forse più smaccatamente “popular”, ma del resto le intenzioni di Alessandro non sembrano essere nazional-popolari, radiofoniche o moderniste a oltranza.
Non manca ovviamente il mondo degli “ultimi”, come ad esempio in “Saintes Maries” dove i soli, i diversi siamo noi, i “non-rom” in mezzo ai rom, costretti a riconoscere cultura e dignità in quelli che ipocritamente ci sentiamo spesso in dovere di compatire o, per contro, discriminare. Questo accade ogni anno, il 24 maggio a Saint-Marie de la Mer, durante la festa di Santa Sara (incidentalmente, questo stesso evento popolare è narrato nella bellissima “Abbiam vestito Sara” dei torinesi Banda Elastica Pellizza).
E poi il mondo delle donne in “Cresceremo anche noi”, le conquiste di indipendenza e autentica uguaglianza “senza doverti sentire madre / senza doverti sentire moglie”.
Comunhão Liberação” è una spassosa samba sui ridicoli e anacronistici dogmi di Comunione e Liberazione (geniale il verso “sentinelle in piedi / e amichetti in ginocchio” con riferimento al caso dei preti pedofili e la surreale controparte che vorrebbe difendere la famiglia limitandone, in effetti, le sue forme).
Resta comunque l'unico momento ironico di un disco che, nel suo complesso ha, a mio avviso, più valore nel manifesto sociale che intende raccontare che nell'opera d'arte in sé, la quale a detta di chi scrive nulla toglie e nulla aggiunge allo sterminato panorama del cantautorato italiano di buona fattura.



BIOGRAFIA

Alessandro Sipolo
è nato a Iseo nel 1986 e vive a Brescia.
Laureato in Scienze Politiche e Scienze del Lavoro, specializzato in Gestione dell'Immigrazione, oltre  alla sua attività di cantautore, lavora per il Servizio di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati ed è collaboratore dell' Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano, fondato e diretto dal Professor Nando dalla Chiesa.

Alessandro Sipolo cantautore
Nel 2013, dopo un anno di lavoro e viaggio tra Cile, Bolivia, Argentina e Perù, rientra in Italia e pubblica il suo primo album, "Eppur bisogna andare", prodotto da Giorgio Cordini, storico chitarrista di Fabrizio De André.
Il disco, concept album sul tema della “prosecuzione” ai tempi della crisi, vince il premio Beppe Gentile 2014 come migliore album d'esordio.

Nel novembre 2015 esce il secondo album, “Eresie”, realizzato con la collaborazione di grandi firme del panorama musicale italiano come Taketo Gohara, Giorgio Cordini (co-produttore del disco), Ellade Bandini, Alessandro “Finaz” Finazzo (Bandabardò), Alessandro “Asso” Stefana, Max Gabanizza.  

Muovendo sia dall'etimologia della parola “eresia” (dal greco "scelta”) che dal suo significato più comunemente inteso, il cantautore prova, in questa sua seconda opera, a ragionare sulla necessità di approfondimento e disobbedienza, tra presente e passato.


Crediti
Registrato da Taketo Gohara
Co-prodotto da Giorgio Cordini e Alessandro Sipolo

Alessandro Sipolo: voce, chitarra classica, chitarra acustica, charango
Omar Gazhouli: chitarra elettrica, chitarra classica
Giorgio Cordini: mandolino, chitarra elettrica, bouzouki
Max Gabanizza: basso
Ellade Bandini: batteria
Alessandro Adami: fisarmonica
Alberto Venturini: percussioni
Paolo Malancarne: tromba
Alessandro “Asso” Stefana: banjo
Enrico Mantovani: pedal “steel” guitar
Alessandro “Finaz” Finazzo: chitarra classica
Diego Maggi: clavicembalo



giovedì 28 aprile 2016

Il compleanno di Eddie Jobson, di Wazza


Hello,
compie gli anni oggi, 28 aprile, Eddie Jobson, talentuoso violinista e tastierista, uno di quelli che dove lo metti, fa la differenza!
"Mangia" musica professionalmente da quando era ancora minorenne: Roxy Music, Curved Air, Frank Zappa, UK, Jethro Tull, Yes, UZ Project... niente male come curriculum.
Insomma… per molti, una legenda! 
Happy Birthday Edwin

WK

Con Frank Zappa

Con i Curved Air

Con gli YES

Con Keith Emerson 

Con i Jethro Tull

Con i Roxy Music

martedì 26 aprile 2016

Il Paradiso degli Orchi - "Il Corponauta", di Andrea Zappaterra

 

Il Paradiso degli Orchi  - Il Corponauta
AMS Records
di Andrea Zappaterra

Il Paradiso degli Orchi, giovane band di Brescia attiva dal 2010, ispirandosi al libro omonimo di Flavio Emer ha creato questo bell’album, Il Corponauta, coniugando varie atmosfere sotto la supervisione di Fabio Zuffanti, produttore e musicista che, affascinato dal progetto, ha contribuito alla sua realizzazione.
Flavio Emer  (purtroppo mancato nel 2015) era nato con la distrofia muscolare ma, grazie a un computer chiamato Obi-Wan Kenobi, era riuscito a trasformare la sua disabilità in comunicazione.
La sua capacità di vivere la fantasia, in un’infermità fisica ma non mentale, lo aveva portato non solo a scrivere libri ma anche a collaborare con il Corriere della Sera.

Il Corponauta” racconta (secondo le parole del suo autore) “…la storia di un pensiero che scende da un altro pianeta ed entra in un corpo, come un giornalista, e lì scoprirà che, nonostante lo spirito voglia andarsene lontano dai limiti, alla fine avrà bisogno di questo sgangherato corpo per poter produrre qualcosa che si possa trasmettere alle altre persone.”

Il gruppo - formato da Sven Jorgensen alla voce, Andrea Corti al basso, Stefano Corti alle percussioni, Michele Sambrici alle chitarre e voce, Andrea Calzoni al sax e flauto, Marco Degiacomi alla batteria e voce -, ha saputo cogliere l’occasione di sviluppare il tema della disabilità in testi molto significativi, con accordi freschi e genuini che hanno il pregio di staccarsi dagli stereotipi musicali, creando un genere proprio, ma di sicura efficacia. Canzoni semplici ma dirette, cantate senza fronzoli o effetti altisonanti che lasciano il giusto spazio al testo e alla riflessione. La preparazione e la tecnica musicale emergono comunque tra i vari fraseggi lasciando intravedere le potenzialità indiscusse del gruppo ma senza eccedere, un gioco di squadra il loro, degno delle grandi band, dove tutti contribuiscono al raggiungimento dell’obbiettivo.



Molto significativo il brano che da il titolo all’album, “Il Corponauta“, che con una dissonanza costituita da tempi apparentemente slegati tra loro fornisce efficacemente l’idea del movimento dinoccolato di una persona con difficoltà motorie.
Brani d’atmosfera i dolcissimi “Silenzi” e “Pioggia”, altri travolgenti e coinvolgenti,  come “Il mondo dei pensieri”, “Specchio” (tema caro a Zuffanti), “Addio al corpo”, “Il Gran Finale”altri che rievocano sonorità latine, come “Volare via”, o vere e proprie tiratissime suite in chiave Prog/Rock, come “Il volo” e ”Deserto”, che fanno di questo lavoro un ottimo esempio di quanta originalità e vena creativa riesca a sviluppare il panorama musicale italiano di un certo tipo, spesso non illuminato dai riflettori, ma più vivo e vegeto che mai!
Il Corponauta” è stato  presentato e messo in vendita in anteprima il 1° Aprile, durante la Z- Fest organizzata da Fabio Zuffanti presso il Legend Club di Milano, con meritato successo di pubblico e di critica.
                                                                   



lunedì 25 aprile 2016

Moongarden e feat. Esserelà live al club il Giardino, di Marco Pessina



Moongarden

Moongarden e feat. Esserelà live al club il Giardino - Lugagnano (VR) 22/04/2016
di Marco Pessina

Seconda serata della rassegna di musica progressiva in quel di Lugagnano. Erano di scena i Moongarden, band ormai consolidata nel panorama progressive di casa nostra. C'è un buon pubblico al Club e non è una novità! Piacevole è, invece, l'anteprima ad opera dei bolognesi feat. Esserelà. Formazione a tre, con Francesco Ciampolini (tastiere), Renato Minguzzi (chitarre) e Lorenzo Muggia (batteria).
Il loro sound spazia tra fusion, jazz e acid in una miscela varia e gradevole nelle loro composizioni prettamente strumentali. Non manca nemmeno un pò di "demenzialità" presa a spunto dai maestri Elio e le Storie Tese. Il loro set si basa sul loro lavoro “TUORL” e su un paio di inediti. Il pubblico mostra apprezzamento e li gratifica con una buona dose di applausi.
Il tempo di allestire il palco e si incomincia con i Moongarden. La formazione è quella consolidata da qualche anno a questa parte e, oltre a Cristiano Roversi (tastiere) e David Cremoni (chitarre), prevede la partecipazione di Simone Tosi Baldini ( voce e violino), Dimitri Sardini (chitarre), Mirko Tagliasacchi (basso) e Mattia Scolfaro (batteria).
La serata è incentrata sul loro lavoro più recente, il bellissimo album “VOYEUR”, lavoro che ha segnato una svolta nella musica dei Moongarden, con un progressive che si è fatto più "duro" nelle sonorità, anche e soprattutto per via della presenza del suono poderoso delle due chitarre. Il lavoro viene eseguito per intero da Roversi e compagni. Se sulla bravura dei singoli componenti c'è poco da dire, con un Cremoni al solito in forma smagliante, che ci delizia con i suoi spettacolari assoli assecondato peraltro dal bravo Sardini, qualcosa c'è invece da dire sulla qualità del suono, non sempre all'altezza durante il concerto per i volumi forse un tantino esagerati che coprono spesso la voce di Tosi Baldini, peraltro non nella sua serata migliore come da lui stesso dichiarato. Scolfaro si rivela un poderoso martello assecondato nella ritmica da Tagliasacchi.
Non si parla molto sul palco e si suona di buona lena. Il pubblico da parte sua non lesina certo gli applausi e il concerto si avvia alla conclusione, non senza qualche "classico" della band, come la magnifica “Solaris”.
Abbiamo superato abbondantemente la mezzanotte e il buon Cristiano Roversi ringrazia tutti per la partecipazione in mezzo agli applausi del pubblico in sala.

Il concerto finirà così, senza inutili uscite e rientri in scena. Alla prossima.

feat. Esserelà

domenica 24 aprile 2016

MORGENGRUSS–“Morgengruss”, di Silvano Debenedetti


MORGENGRUSS   –   “Morgengruss”
TAXI DRIVER RECORDS

Morgengruss, a dispetto del nome teutonico, è il progetto solista di un musicista genovese: Marco Paddeu.
Si tratta di musica d’atmosfera, suoni dilatati, sospesi; un mix di psichedelia e ambient con qualche strizzatina d’occhio al folk… il tutto molto “dark”.
Ad accompagnare Marco Paddeu (voce, chitarre, synth) in questo lavoro ci sono alcuni amici musicisti: Sara Twinn (sax in “Vena”) – Roberto Nappi Calcagno (tromba in “To an Isle in the Water”) – Enrico Tarauso (diapason, effetti in “Hope”) – Emiliano Cioncoloni (pianoforte, percussioni in “Hope”).

Sono sette i brani che compongono l’album:

Father Sun: brano introduttivo, lento e dilatato, fornisce subito l’idea di cosa ci aspetti nel resto del disco.
To an Isle in the Water: in viaggio verso un’isola, accompagnati da una chitarra, un suono di tromba ed un canto quasi sussurrato.
River’s Call: ancora riferimenti alla natura, qui è un fiume che ci chiama tra chitarre ed effetti sonori.
Apparent Motion: atmosfera dilatata, ritmo lento, voce e chitarra.
Like Waves Under the Skin: brano più “nervoso”; anche se sempre piuttosto lento, si percepisce una certa tensione…  (rende l’idea il titolo: come onde sotto la pelle!)
Vena: una marcia lenta e faticosa… aria cupa, con un sax ad accompagnare una voce roca e scura che recita una “litania”; un finale teso e “distorto” (… forse un po’ troppo lungo!)
Hope: ancora un brano lento e dilatato ma qui il suono è meno oscuro: un’atmosfera più delicata e sognante, una sensazione di tranquillità.
    
Questo Morgengruss è un disco da ascoltare sprofondati in poltrona, lasciandosi cullare dai suoni ed immergendosi nelle atmosfere che i brani riescono a creare…


BIO


Morgengruss è il progetto solista del genovese Marco Paddeu (anche in Demetra Sine Die e Sepvlcrvm). Morgengruss nasce dal desiderio di concepire musica lenta e distante, qualcosa di sospeso tra folk, drone e psichedelia, dove l’approccio spirituale è predominante. Morgengruss è un viaggio interiore, una sfida, una conquista fatta di emozioni, ricordi e meditazioni. La connessione spirito/ natura segue sentieri oscuri ma spesso propensi alla speranza e alle diverse sfumature della luce.


venerdì 22 aprile 2016

CORPO "I & II"


   CORPO  "I & II"  - LIZARD CD 

C'erano una volta... i CORPO, band salentina fondata dai fratelli Calignano, che suonava negli anni ‘70 musica strumentale obliqua,  psichedelica, altrove definita ambiguamente kraut-rock, senza mai essere stata "alle porte del cosmo che stan lassù in Germania". Anzi, tutto è iniziato in fondo al tacco della Puglia, anche se lungo la decade settantiana i Corpo hanno trovato modo di esportare il proprio progetto avant-progressive grazie a svariati concerti in Europa. Poi, si sa, l'avvento degli ‘80 e l'eclissarsi di quell'avventura musicale hanno rischiato di celare definitivamente nastri e ricordi nell'oblio. 

"I & II" è dunque un documento prezioso, datato 1979 che raccoglie e ridà vita al fervore di quegli anni, sonorità dal sapore sperimentale, per certi versi uniche e avveniristiche per il prog italiano dei 70 (vi si potrebbero scorgere persino inconsapevoli tratti post-rock).
C'erano una volta i CORPO, ma il finale della favola è atipico e sorprendente perchè i fratelli Calignano hanno deciso di rimettersi in gioco, 40 anni dopo, con rinnovato slancio creativo, senza cedere il passo a lusinghe passatiste. Il vascello di quel viaggio irripetibile, che rischiava di perdersi definitivamente fra le nebbie del passato senza lasciare traccia di sè, ha finalmente ritrovato il porto con la pubblicazione di "I & II", ed ora si rimette in cammino con la prospettiva di un album del tutto nuovo, che possa stupirci ancor oggi. 



giovedì 21 aprile 2016

Nel ricordo di Sandy Danny, di Wazza


Hello,
se ne andava il 21 aprile 1978 Sandy Denny, "forse" la più grande cantautrice folk inglese, una voce particolarissima.
Nota soprattutto per essere stata la cantante del gruppo folk-rock Fairport Convention, con i quali tra gli altri, ha inciso quel capolavoro, chiamato "Liege & Lief", uno dei dieci dischi da portarsi sull'isola... (sentirlo per crederci). 

La formazione dei Fairport Convention 1969 , quella di "Liege & Lief"

Uscita dai Fairport formo insieme al maritto Trevor Lucas i Fotheringay.
Duettò con Robert Plant nel brano "The battle of evermore" nell'album Led Zeppelin IV.

Con gli "amici" Led Zeppelin

Una prestigiosa, carriera da solista, prima che la depressione e l'alcool la portassero alla morte, causata da un'emorragia celebrale, dopo una caduta dalle scale.
Andatela ad ascoltare...
Per non dimenticare!
WK





Ricordo mensile di Francesco Di Giacomo, come sempre di Wazza


21 aprile 2016

"Voglio solo dire una cosa, lo dico dopo trent’anni… e senza nessuna retorica. il rock è pieno di rock star, tante rock star, ma di un solo Banco del Mutuo Soccorso".

(Francesco di Giacomo - Roma 6 luglio 2002)

Ci sarai sempre... Buon viaggio Capitano !
WK


Il racconto di Giorgio Montebello
La parola “Banco” ha sempre rievocato in me numerosi e differenti immagini, persone, oggetti, tutte sparse nella memoria di una vita, a formare qualcosa di estremamente variegato, denso. Banco è per me sinonimo assonante di “babbo”. Fu proprio lui, il mio babbo, a parlarmi con entusiasmo, fin da quando ero piccolo, di questo gruppo, divenuto simbolo, per me, di tutto il buono che c’era negli Anni Settanta, a livello umano, oltre che musicale, e che dagli Anni Settanta si è protratto fino a questo giorno improvvisamente divenuto così triste. “Banco” era, ed è ancora, soprattutto il sinonimo di un ometto e un omone insieme, dall’aria così innocente, pura, la cui fisionomia da sola, probabilmente bastò per far breccia e trovare un posto anche nel cuore di Fellini.

Francesco di Giacomo era un uomo di una bellezza poetica innata, tanto da calzare, con la sua imponente presenza artistica, più di un personaggio dell’immaginario felliniano. Un uomo che ha fatto della poesia uno stile di vita, che ha saputo con la sua voce tenorile, unica ed inconfondibile, elevare la sua stessa poesia, il suo messaggio, fino a scolpirlo nelle menti di tutti noi. Un uomo che cantava, sognava e parlava al pubblico, di una libertà che si manifesta innanzitutto nella musica, un uomo che con ogni parola cantata o detta, rammentava al pubblico quanto fosse importante la memoria, la memoria di quello che è stato l’uomo, la memoria di quello che ha fatto l’uomo, e la memoria di cosa sia in effetti l’uomo. Io ricordo di quello strano personaggio, così buffo, in quell’orologio da taschino, lo ricordo come l’autore della più grande canzone sull’amore (e non d’amore), il poeta, il sognatore, il sogno stesso, che si fa voce e diventa la voce della ragione, della libertà, della pace, la voce della poesia. La voce che c’ha ricordato anche come il tempo, che cambia inesorabilmente le cose, non impedisca alla storia di ripetersi.

“Cerco di cogliere il cammino dei pensieri belli, ma selvaggi. Le parole hanno tutte un loro suono e il problema nasce quando vuoi mettere le parole in musica. Può darsi che ti colpisca particolarmente un ghiacciolo amaranto e ti viene voglia di scriverci sopra: viviamo tra sospiri e sospensioni, e quando si scrive, come nella vita, non dobbiamo cercare sempre e costantemente il momento più alto del volo, ma almeno proviamo a saltellare. Non scrivo mai cose che non amo: se non amo le rose rosse non le scrivo. Le parole sono cose che stanno dentro di te e quando devo uscire fuori, quello che dico deve suonare bene. Bisogna servirsi della metrica ma va anche corroborata da ciò che si ha in testa. Nella stesura di un testo è importante mettere a fuoco la ritmicità delle parole: il ritmo è qualcosa da penetrare. Poi io ho il terrore dello stile: quando mi è stato chiesto di scrivere un testo, io ne ho scritti e proposti tre tutti con delle varianti che per chi li leggeva erano impercettibili, ma per me no.”

Disse, al concerto, di “far propri, quel momento, quella frase, quel concerto”, e così abbiamo fatto, io e la mia ragazza, e altrettanto fece, quarant’anni fa, il mio vecchio, nel ’74, allo stesso concerto in cui probabilmente si trovavano anche i genitori della mia ragazza. Francesco fa parte del legame fra me e mio padre, fra generazioni intere, fra me e la storia da cui tutti dovremmo imparare. Mi ha insegnato come fosse stato un padre lui stesso. La sua musica mi ha insegnato tutto ciò che c’è da sapere dalla vita

Giorgio Montebello

E come ha scritto Alvaro Fella dei Jumbo, suo collega: “Lassù non ne avevano abbastanza di grandi, e dopo chitarre, pianoforti, e batterie avevano bisogno di una voce, e hanno scelto la più bella”.


martedì 19 aprile 2016

A pranzo per esempio... di Wazza


Racconti sottoBanco

"Dopo la tempesta
ho vagato a lungo tra i coralli
Sulla mia pelle sentivo il peso del mare
ed ho temuto di non saltare più al sole
ma il desiderio d'immeso
scuoteva le mie reni
io dall'abisso sono risalito"

Domenica 17 aprile, Vittorio Nocenzi, per la prima volta dopo la "brutta avventura" dell'estate scorsa, incontra una "rappresentanza" dei fans del Banco.
Da tempo molti amici chiedevano se era possibile salutare e incontrare Vittorio… abbiamo limitato le presenze altrimenti ci voleva il "permesso della prefettura" per far passeggiare più di 20 persone, sarebbe stato "corteo non autorizzato".
Quattro generazioni di fans dai 16 anni agli..."anta", più una "cospicua" presenza femminile, come si evidenzia dalla foto di gruppo.
Una giornata trascorsa in armonia, tra citazioni, ricordi, aneddoti,commozione e molte risate. Come vecchi amici, che si incontrano dopo tanti anni, ognuno ascolta e racconta le proprie emozioni. A dar man forte a Vittorio c'era anche "brother" Gianni, e sentire raccontare le "storie del Banco" dai fratelli Nocenzi è qualcosa di affascinante e magico. Dopo una breve camminata e una lunga pausa caffè, si era fatta ora di pranzo, e come si dice a Roma "mejo in trattoria che in farmacia", si va "... A pranzo per esempio". Ometto, per motivi di "privacy", quello che ci siamo mangiati; gli amici presenti erano molto più rilassati, e tra un aggiornamento di Atalanta-Roma e l'amaro di 23 erbe, nel mezzo tante risate.
Qualche amico a fine pasto ci ha salutato, gli altri con Vittorio e Gianni in veste di "ciceroni", ne approfittavano per una escursione al centro storico di Genzano e nei  bellissimi giardini di palazzo Cesarini-Sforza. Quando Vittorio propone di andare nello suo studio per ascoltare in anteprima (come la chiama lui) la brutta copia della brutta copia dell'opera "Orlando Furioso", lo stupore e la gioia dei "rimasti" è palpabile. Come scolaretti in gita in un museo, e con religioso silenzio, si lasciano guidare dal racconto e dalle note del disco. Un regalo inaspettato che Vittorio offre a queste persone, che sono venute a trovarlo, solo per il piacere di riabbracciarlo.
E’ grazie anche a loro che la giornata è stata veramente una di quelle che ti ricordi per molto tempo, amici venuti anche da fuori regione, come Massimo e Mariarosa da Castiglione, Sofia e Giampaolo da Napoli, il giovane Francesco (Salerno) in compagnia di Beatrice, che cura vari facebook riguardanti il Banco, il capitano De Pietro e la "sua truppa", moglie e due figli, al settimo cielo per questa esperienza, il dott. Guido e Domizia, con il loro "record" di presenze ai concerti del Banco... poi Angelo, Fabrizio, Gianni, Maurizio, Marco, Renato, Gemma… insomma delle "belle persone" che hanno arricchito e reso più splendente, con la loro gioia, passione, voglia, questa giornata di sole.
A fine giornata Vittorio ha ringraziato tutti per la partecipazione, per l'affetto, per la stima, che sicuramente saranno un toccasana per il futuro.
Del "futuro", non se n’è parlato, qualsiasi cosa accadrà, a livello musicale, quello che è stato scritto, nessuno potrà più cancellarlo, e rimarrà nella storia. Come diceva qualcuno "Il Banco non è finito... ma infinito"
Voglio ringraziare tutti gli amici presenti per essere stati "complici" di questa bella giornata.
Ciao
WK


lunedì 18 aprile 2016

Il ROCKBOOK degli OAK: immagini e musica...


ATTENZIONE!

La data di Roma, del 22/4 alla Galleria Universale è stata posticipata. Appuntamento a Napoli domenica 24, al Goodfellas!



Tutto ha inizio da una visione, poi una storia ne traccia i profili... inquietanti o meno... fate un pò voi… ma questo è il nostro Rockbook, due ore di musica e racconti insieme a nove artisti e due tra i più qualificati saggisti del settore.
Le prossime date, in aprile, saranno il 22 alla Galleria Universale a Roma e il 24 al Goodfellas di Napoli.


E come disse David Jackson prima di registrare i suoi sax sul nostro precedente lavoro "Shaman feet"... "and now... let me call my demons back !"
Jerry Cutillo chiama a raccolta i suoi demoni... e anche i vostri... e comincia lo spettacolo.


L'esecuzione del brano Snegurochka con, nella foto, gli OAK Marco Visconti e Jerry Cutillo


Dal nuovo album VIANDANZE, l'esecuzione della suite "Giubileo" con gli OAK (da sinistra a destra) Jerry Cutillo, Giacomo Pettinelli e il maestro Francesco De Renzi.


Il giornalista Maurizio Baiata (Ciao2001, Rock) e lo scrittore Fabio Rossi (suo il recente libro "La storia del Prog) introducono la parte centrale dello spettacolo Rockbook.


Prog & Poetry, la rivisitazione dei classici del prog


La danza macabra di Jerry Cutillo


Il sound ruvido e decadente di storie di musica e vita nella parte terza del nostro Rockbook con Giorgio Mastrosanti (Elektroschok), Ale trinity BersianiDaniele Nuzzo (Glareshift) e Jerry Cutillo.


L'abbraccio finale di Mirka Guerrieri al termine dello spettacolo Rockbook


Al termine del concerto quattro chiacchiere con gli amici vecchi e nuovi e... il vino di Solopaca d'OAK.


Grazie alle foto di Giulio Speranza e al contributo tecnico di Alberto Menenti


domenica 17 aprile 2016

Pink Floyd: Il 1° disco d'oro di The Dark Side of the Moon, di Wazza


"Quando la registrazione di "The Dark Side of the Moon" fu terminata,
portai una copia a casa e la feci ascoltare a mia moglie.
Ricordo che si mise a piangere"
(Roger Waters)

 March 1973 - UK progressive rock band Pink Floyd release their eighth album, Dark Side of the Moon, which goes to #1 US, #2 UK and goes on to become one of the best selling albums of all time.

Hello,
il 17 aprile 1973 l'album dei Pink Floyd "The Dark Side of the Moon", conquista il suo "primo disco d'oro" negli USA...
Sembra che fino ad oggi abbia venduto 30 milioni di copie (!!).
Disco tra i più significativi del mondo musicale, forse la loro migliore opera. Come al solito non mancano i paradossi, l'album non arriverà mai primo in classifica in UK: il primato nel marzo aprile 1973 gli fu negato dall'album di Alice Coper "Billion dollar babies".
The Dark Side of the Moon rimarrà nella classifica americana per 741 settimane, fino all'aprile del 1988!

Oh my God ....c'avemo fatto!

Il disco porterà fama e successo ai Pink Floyd, cambiandone radicalmente le loro vite.
Lavoro musicale avanti anni luce, per i tempi in cui è stato pubblicato, capolavoro assoluto.
...di tutto un Pop
WK

Poster interno album

Oltre le classifiche… le prime pagine dei maggiori magazine…