“I have to be leaving, but I won’t let that come between us. OK?”
E’ proprio vero che le
cose nascono per caso. E che poi, immediatamente, diventano l’una la
conseguenza dell’altra. Non ne siete convinti?
Cercherò di fugare
ogni vostro dubbio, ma prima mettiamo un po’ di ordine.
Primi giorni di
gennaio 2014. Sto viaggiando in auto con la radio sintonizzata su una emittente
che ascolto spesso durante gli spostamenti di lavoro. Il segnale è pessimo e
così, tanto per non distrarmi eccessivamente dalla guida, avvio la selezione
automatica delle stazioni. Pochi secondi ed è subito musica di qualità: dal
nulla compare infatti “Just Like Honey”
brano per me molto affascinante lanciato a metà degli anni 80 da Jesus And Mary Chain. Non lo ascolto da
un secolo e me lo gusto sino in fondo. Lo abbino immediatamente a “Lost In Translation”, film conosciutissimo di Sofia Coppola che io… non ho mai visto!
“Come può un amante del cinema come te”, mi sgrido a voce alta come
se mi stessi rivolgendo a un’altra persona, “non aver mai visto un film pluripremiato (e anche molto criticato) di
cui tutti hanno parlato?”.
Risolvo subito la
questione con la promessa solenne di rimediare il più presto possibile a questo
grave errore.
L’occasione si
presenta la sera stessa grazie a Sky On Demand.
Le condizioni sono
ottimali. Notte, divano, silenzio assoluto nell’appartamento. Via.
Mi accorgo
immediatamente di aver trascorso 11 anni della mia vita da ignorante.
La storia, ambientata
in un tecnologico Giappone, mi cattura immediatamente. L’incontro di due
solitudini in un ambiente lontano sotto tutti i profili. Bob: attore famoso,
maturo e stanco. Charlotte: giovane neolaureata e neo sposa. Un confronto
generazionale improntato sui sentimenti. Una grande amicizia, nata in un hotel
qualunque, che per tutto il film ti chiederai dove andrà esattamente a parare. Ogni
situazione viene narrata con grande raffinatezza e con estrema calma (da
qualcuno definita in senso dispregiativo ‘lentezza’). Bill Murray (attore che non amo più
di tanto) è perfetto. Scarlett Johansson è grandissima. E poi la terza
protagonista: la musica. Un incredibile mix di brani più o meno conosciuti che
hai sempre la sensazione siano messi nel posto giusto. Fino ad arrivare
all’apoteosi. Un karaoke nel corso di una festa in pieno centro città.
Charlotte (Scarlett Johansson) con una improbabile parrucca affronta
timidamente “Brass In Pocket” dei Pretenders …
… e immediatamente
dopo Bob (Bill Murray), sulle note di “More
Than This” di Roxy Music, dà… il
peggio di sé. Tutto talmente naturale da far sembrare che la storia dei
personaggi sia effettivamente la storia degli attori.
Ma il vero gioiello di
questo film è la scena finale.
E’ il momento della
partenza. Bob e Charlotte si salutano nella hall dell’albergo con non poco
imbarazzo. Gli sguardi tra loro sono un picco nella recitazione. L’attore viene
trattenuto e lei si allontana. Il taxi con Bob a bordo parte e tutto sembra
concluso. Ma il destino ha scritto una cosa diversa. La macchina, nel fare il
giro dell’isolato, si attarda e Bob scorge Charlotte dal finestrino. Scende e
la rincorre tra la folla. La chiama. Le si avvicina. L’abbraccia forte e le
sussurra all’orecchio una frase che non sapremo mai…
Grandissima Sofia
Coppola! D’accordo lasciare il finale aperto… ma questo è un capolavoro. Ogni
spettatore può immaginare qualcosa di diverso. E poco importa se le tecnologie
digitali sono riuscite a ricostruire la frase sussurrata: “I have to be leaving, but I won’t let that come between us. OK?”
Io, per esempio, sono
convinto che la frase pronunciata sia diversa. Non ve la dirò, tanto sono
sicuro che voi avrete un parere diverso!
Vi lascio qualche
contributo youtube, ma solo per fare… aumentare l’appetito! La visione
integrale è consigliatissima.
Vostro
Max Pacini/MAT2020
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