Band:
Zeitmaschine
Titolo:
Zeitgeist
Anno:
2019
Label:
Darkitalia
Tracce:
A
Poison Tree
Don't
Stop
A
new Creation
The
Cure
Formazione:
Luca
Milano – voci, synth, drum machine
Alberto
Miccoli – cori
Mimmo
Frioli – suoni, produzione
Voto:
7.5
E' questo il terzo EP pubblicato
da Luca Milano aka Henry Bowers, dopo “Lune di Collera” (2012) e “La Finestra
sulle Differenze” (2013) dei suoi Nero Moderno, a cui aveva fatto seguito l'album
“Diapositiva” (2017), a portare la band dell'entroterra tarantino in
giro per l'Europa, col supporto di Darkitalia.
Il verbo post-punk non è
affatto abbandonato con questo nuovo progetto, Zeitmaschine, anzi! Laddove prima
però il carattere romantico-decadente era stato primo traino con una dichiarata
e genuina evocatività, la musica di Luca è andata via via asciugandosi nella
forma, che aveva raggiunto su “Diapositiva” strutture dall'ordito ben estraneo
al linguaggio puramente gotico, trovando nell'elettronica punto di approdo
perfetto.
Un'elettronica febbricitante, che
fa diretto ricorso alle dinamiche EBM (riferimento dichiarato i Front 242), ma anche alla techno dei
Prodigy, per fare un'esempio, a tribalismi figli dei Virgin Prunes e dei loro
diretti discendenti (The Soft Moon), allo shoegaze a viaggiare come un
treno in corsa degli A Place to Bury Strangers, l'industrial dei Public
Image Limited e suggestioni metal.
Tanti dunque e strutturati i
riferimenti, viva la percezione dell'urlo, di una rabbia non più trasfigurata
in lirismo, ma diretta, frontale, senza sconto alcuno.
La produzione certo aiuta, il
lavoro fatto da Mimmo Frioli presso il Karma Room Studio di Fragagnano (Ta),
livido ma vitale borgo di provenienza dell'autore, è impeccabile.
Non c'è neanche una virgola fuori
posto.
La lingua scelta per il canto è
l'inglese.
Tutto è perfetto, nell'esecuzione,
tutto da Luca muove, ma ciò che più conta nel “suono”, inteso come sostanza
sonica.
La drum machine è geometria
pura, nervosa, un battito pulsante e affamato; i synth, minimali nel
cesellare il magma musicale con tante piccole lumeggiature; la voce di Luca
abbandona ogni formalismo passato e diviene sanguigna, gutturale a tratti, al
punto da suonare dolorante e dolorosa, per quanto mai scoperta, sempre imbevuta
in tonnellate di effetti e filtri.
Anche l'artwork è pura
eccellenza, dall'immagine di copertina, al bellissimo logo, sorta di evoluzione
futuribile del fulmine bowiano da Aladdin Sane.
Le tracce:
A Poison Tree,
innesta la voce/proclama su tastiere roboanti e ritmiche sferraglianti. Pian
piano la materia trova riff di tastiera assai convincenti, capaci di
diventare avvolgenti, appresso alla voce di Luca, che arriva come minaccia, in
tante declinazioni. Controtempi organizzano la corsa di questo treno impazzito
ricca di contrazioni e spasmi.
Don't Stop
trova subito tribalismi ritmico-tastieristici, accompagnati a campionamenti e
arpeggiatori a disegnare “autostrade” di krafterwekiana memoria, ma il
canto porta direttamente all'anno 2019. Siderali i suoni di tastiera disegnano
folate nord-europee, poi associate a ribattuti decisamente “metal”, nella
declinazione a la Wagner. Un episodio che rimane subito in mente, assai
efficace.
Il minaccioso incedere di A new
Creation, è la migliore intuizione del lotto, sempre sospeso tra
campionamenti pari a “strappi” della superficie musicale, percussioni
martellanti, tastiere ora mantriche, altrove puntillistiche. La voce qui si fa
davvero urlo dannato.
The Cure
ritorna all'evocazione del metal nordico ed è anche il brano che più si
presta al dancefloor, per quanto la melodia del canto, qui più
dispiegato, sia a mio avviso la meno a fuoco.
Ecco, se un EP può essere un
piccolo miracolo, “Zeiltgeist” lo è di certo.
Il messaggio era e resta, “don't
stop the fight!”.
Un plauso sincero.
Nessun commento:
Posta un commento