Il modo migliore per parlare del
nuovo lavoro del Banco del Mutuo Soccorso mi sembra quello di partire dalla sua prima
presentazione live a Ferrara, l’11 novembre 2022. È la data in cui il BMS dà
l’avvio a questa nuova avventura, che si snoderà lungo la penisola italiana
toccando diverse città ed i loro teatri. La data “zero”, quella di Ferrara,
assume un significato tutto particolare, fortemente simbolico, che Vittorio
Nocenzi ha ben illustrato durante il concerto. Come noto, il primo album del
Banco, il famoso “Salvadanaio”, si apriva con un brano-capolavoro che traeva
ispirazione dalle atmosfere rinascimentali in cui Ludovico Ariosto, a Ferrara,
compose l’Orlando Furioso, e dai versi di quel poema iconico del Rinascimento
italiano.
“In volo” suonava come una dichiarazione di intenti dell’allora sconosciuta formazione italiana, che anticipava un percorso che sarebbe stato sempre aderente ad un modello di cultura e di impegno, che avrebbe fornito materiale e stimoli nuovi per le menti di generazioni di ascoltatori a venire. Perché quando si parla del Banco, non ci si può riferire ad un particolare album, ma a tutta una storia, coerente ed esemplare, che percorre mezzo secolo, dal 1972 al 2022, partendo con un LP con la custodia a forma di salvadanaio, ed approdando con un LP con in copertina l’immagine della luna… a forma di salvadanaio. E verso la quale Astolfo sta viaggiando a cavallo dell’Ippogrifo alla ricerca del senno di Orlando. Poi si capisce, dopo 50 anni, quanto gli allora ventenni componenti del Banco avessero le idee chiare su cosa fosse l’arte e gli intrecci tra le sue diverse forme.
Tornando al Teatro comunale di
Ferrara, la prima impressione che si è avuta è che si fosse ribaltato il
paradigma: non un concerto di musica “rock progressive”, ispirato più o meno
incidentalmente ad un fatto storico quale il poema dell’Ariosto, ma una lectio
magistralis di storia del Rinascimento, all’interno della quale la musica riempie
gli spazi e racconta quanto non esprimibile a parole. La Ferrara dei duchi
d’Este può essere considerata la patria del Rinascimento italiano nell’epoca di
passaggio tra il 1400 ed il 1500, quando contendeva il primato di magnificenza
alla Firenze dei Medici, più ricchi ma meno nobili. A Ferrara si attua il primo
progetto urbanistico moderno in Europa, con l’addizione di Ercole I del 1492 e
con le prime fortificazioni per la difesa dall’artiglieria pesante; si crea il
primo teatro stabile in Europa, proprio per la rappresentazione delle Commedie
di Ludovico Ariosto. A Ferrara nasce la prima orchestra stabile femminile, “Segretissimo
Concerto delle Dame” per il diletto del Duca, punta di diamante di una fabbrica
musicale che per un secolo ha brillato alla corte degli Estensi come in
nessun’altra signoria rinascimentale italiana. Ma Ferrara vanta una delle corti
più produttive dal punto di vista artistico in generale. Ludovico Ariosto era
il poeta degli estensi, con l’incarico di magnificarne le gesta attraverso la
sua arte. I versi narravano indirettamente le imprese di Ercole I prima, e di suo
figlio Alfonso I poi, e della di lui consorte Lucrezia Borgia.
Insomma, in un’atmosfera come questa,
assistere al concerto del Banco del Mutuo Soccorso in cui viene presentato “Orlando, le forme dell’amore” faceva un po'
venire i brividi…
Vittorio è sembrato ugualmente, intensamente preso tanto dalla storia quanto dalla musica, ed è perfettamente riuscito a coinvolgere il pubblico in questa atmosfera inedita. Pubblico di super appassionati venuti da mezza Italia, attenti a raccogliere ogni sillaba ed ogni nota. Il classico pubblico del Banco, insomma, che avrebbe potuto ascoltare due ore di lectio magistralis sulla metrica “Ottava Rima” dell’Orlando Furioso ed altrettante di musica rock senza battere ciglio e senza scomporsi.
La scaletta del concerto prevedeva
sia brani storici sia tratti da Orlando:
-
In
volo
-
R.I.P.
-
Passaggio
-
Metamorfosi
-
Il
giardino del mago
-
Traccia
I
-
Proemio
-
Pianura
rossa
-
Serve
Orlando adesso
-
Non
mi spaventa più l’amore
-
Il
ragno
-
100
mani e 100 occhi
-
La
conquista della posizione eretta
-
Eterna
transiberiana
-
Canto
nomade per un prigioniero politico
-
L’evoluzione
-
Moby
Dick
-
Non
mi rompete
Un concerto corposo, generoso, di
oltre due ore piene di musica, in cui i musicisti hanno dato il massimo. Concerto
che ha visto il debutto di Michelangelo Nocenzi nei brani tratti da Orlando, di
cui è ispiratore e co-autore.
Nonostante la fatica e gli impegni
del dopo-concerto, i musicisti sono rimasti ancora a lungo con il pubblico per
celebrare insieme agli affezionati questa sorta di festa tra amici. Stanco ma
soddisfatto, sempre cordiale e loquace, il condottiero Vittorio nel camerino
faceva venire in mente Alfonso I di ritorno da qualche battaglia vinta grazie
al primato della sua artiglieria.
Ma scendiamo in un galoppo alato… là
dove gorgoglia la musica di Orlando. Per la verità non si avverte la necessità
né l’opportunità di formulare commenti su lavori che, come questo, vanno presi
come riferimenti “a prescindere”. L’album ha tutto l’aspetto di una “Opera
Rock”, nel senso che le composizioni musicali, per quanto non necessariamente
funzionali ad una rappresentazione di tipo teatrale, si presterebbero benissimo
alla messa in scena di un Orlando Furioso riletto in chiave attuale. Ogni brano
trae ispirazione dall’opera dell’Ariosto, e condensa nel linguaggio musicale
una particolare vicenda, o un succedersi di eventi. Con un particolare punto di
vista, un particolare filtro, che è quello del sentimento umano dell’amore.
Così, la musica non descrive semplicemente un episodio, ma il coacervo di
sentimenti che si sviluppano dentro ed intorno a quell’episodio. È lo stato
sentimentale dell’amore il sistema di riferimento di tutta l’opera, attorno al
quale tutto si svolge. Amore in tutte le sue declinazioni, da quello fraterno a
quello possessivo, da quello non corrisposto a quello inaspettato, che
“accade”. Perfetto per un’opera teatrale che sarebbe capace di lasciare un
forte segno nell’ambito delle molteplici riletture che in epoca moderna sono
state proposte dell’opera dell’Ariosto.
“Proemio” apre l’album, con i
versi dell’Ariosto ripresi in forma pressoché integrale, accompagnati da
pianoforte e chitarra in una piacevolissima melodia in cui il pianoforte
ribatte in modo molto originale ogni sillaba del testo, la cui bellezza
Vittorio Nocenzi ha voluto così omaggiare. Musica scritta sul testo, per
lasciarne inalterata la caratteristica metrica
“La Pianura Rossa” inizia con
un potente incastro ritmico tra pianoforte e batteria, e poi chitarra e basso,
alla maniera molto cara a Vittorio Nocenzi. È un brano surreale, ambientato in
un tempo non definito, in cui passato a futuro si mescolano. Il Mediterraneo
prosciugato, e la salvezza è rappresentata da un’unica sorgente d’acqua,
contesa tra bande di assalitori e difesa dai Guardiani dell’Acqua. Una
metafora, naturalmente, che rimanda direttamente alla crudeltà delle
contrapposizioni tra chi ha il potere, l’acqua (o forse il petrolio?), e chi
muore in mare per cercare di raggiungere la salvezza. Un grido contro la
guerra, come R.I.P. 50 anni fa
“Serve Orlando adesso” è il
brano dal quale è nato l’album, l’idea originale di Michelangelo Nocenzi.
Taglio molto lirico, in omaggio alla tradizione operistica italiana
“Non mi spaventa più l’amore”
in forma di tango argentino (vecchia passione di Vittorio Nocenzi), in cui Orlando
non trova la corresponsione del suo sentimento da parte di Angelica, ed
impazzisce… Michelangelo Nocenzi al pianoforte
“Non serve tremare” descrive
la fuga di Angelica dall’accampamento dell’imperatore Carlo Magno, fuggendo sia
dal saraceno Rodomonte che da Orlando. “Via da qui…”, a sottolineare la
volontà, molto moderna, di autodeterminarsi e di scegliere il proprio destino
lontano dal concetto di donna-oggetto
“Le anime deserte del mondo”. Entra
in scena il mago Atlante, che tutto vede e tutto dirige, sottraendo la verità
agli esseri inferiori, riservandola ai soli esseri superiori. Attraverso la
manipolazione della verità, la creazione di illusioni, l’appagamento degli
umani con finte verità che essi desiderano, il mago tutto comanda. Ma non trova
che nullità e vuoto di valori nella vita umana
“L’isola felice” è quella in
cui l’ippogrifo, cavalcato questa volta da Ruggero, si cala alla ricerca della
tranquillità e della pace. Ma l’isola è della Maga Alcina, che tiene
prigioniero in un albero cavo il suo amante Astolfo, che Alcina teme voglia
lasciarla. L’isola felice è la metafora del disimpegno, dal quale alla fine
l’ippogrifo vola via, portando con sé Astolfo e Ruggero
“La maldicenza”, brano
interamente strumentale, presenta la contrapposizione tra la calunnia ed i suoi
effetti nefasti. La prima parte del brano, con ampi ricorsi a frasi ricche di
cromatismi e con poche concessioni alla tonalità, vuole per l’appunto
rappresentare il “fastidio” della maldicenza, che solo un sentimento d’amore
può contrastare. Ed ecco la seconda sezione del brano in cui la dolcezza delle
parti di chitarra fanno da culla alle frasi di sintetizzatore e di pianoforte
poi nella rappresentazione del sentimento della dolcezza e dell’amore
“Cadere o volare”, Orlando
deve scegliere tra l’amore ed il suo dovere. Non può seguire il cuore, deve
seguire il dovere. Bel duetto tra chitarra elettrica e sintetizzatore.
“Il paladino”. Anche in questo
caso il fraseggio di chitarra e sintetizzatore traccia l’essenza energica del
brano. Brano molto complesso, in cui i musicisti sfoderano le capacità
esecutive individuali. Energia ed irruenza che si ispirano alla scena di uno
scontro cruento, che vede contrapposti Orlando intento nel salvataggio di
Angelica, ed i selvaggi dall’altro
“L’amore accade” è ispirato
alla risposta che Angelica dà ad Orlando nel rifiutare il suo amore. Brano
dolce, melodico, di presa immediata, interpretato magistralmente da Viola
Nocenzi, perfetta nel dare voce alla dolce ma risoluta Angelica, in pena per la
delusione che sta dando ad Orlando, ma modernamente consapevole e sicura dei
propri sentimenti. L’amore accade, è accaduto ad Orlando. Il quale ha abbandonato
i propri compagni al loro destino contro i saraceni di Rodomonte, ha tradito il
proprio codice d’onore ed il codice cavalleresco per salvare l’amata Angelica
Ma questa rifiuta dunque il suo amore, che rivolge invece all’avversario
saraceno, innescando la pazzia di Orlando
“Non credere alla Luna”, brano
dolce e sognante, segnato dalle frasi sofferte del sax di Carlo Micheli, che
finiscono poi per intrecciarsi in un fantastico duetto con le note del Minimoog
di Vittorio Nocenzi. È la volta dell’amore fraterno di Astolfo per Orlando.
Vedendolo quasi moribondo lungo un sentiero, sotto la Luna piena, comprende che
dovrà rischiare la vita per volare fin lassù, recuperare il senno del suo amico
d’infanzia e salvarlo “dalla Luna”. Probabilmente il brano più centrale e
suggestivo di tutto l’album
“Moon suite” ci regala undici
minuti di emozioni in perfetto stile “progressive”, ammesso che abbia senso
voler applicare etichette ad un lavoro come questo. Una sorta di “suite”
all’interno del concept, alla vecchia maniera, con tre movimenti che si
ispirano alla fase del volo verso la Luna, allo stupore di Astolfo ed alle
vicende una volta arrivato, la ricerca dell’ampolla contenente il senno di
Orlando nella “Valle dei senni”, l’incontro con il Tempo, e quindi al rientro
sulla Terra
“Come è successo che sei qui”,
descrive lo stupore di Medoro, oggetto dell’amore inatteso da parte di
Angelica. Si chiede dunque come possa essere successo questo evento inatteso e
meraviglioso
“Cosa vuol dire Per Sempre” è la celebrazione dell’amore eterno, impossibile tra Ruggero e Bradamante tenuti separati dal Mago Atlante per salvare la vita a Ruggero, amore che ha le stesse connotazioni in tutte le epoche, come in quella antico-romana di Catullo e dei suoi immortali versi rivolti alla sua amata Lesbia.
Un lavoro monumentale, trasversale, intenso,
complesso, le cui liriche portano la firma del collaudatissimo Paolo Logli.
Riduttivo, forse, volerlo inquadrare solo come album musicale, di quelli da
consumare in fretta. In questo senso è un’opera fuori dal tempo, fuori da
questo tempo, in cui tutto deve funzionare in fretta, in fretta…. l’Arte non ha
fretta: ha tempi lunghi, spazi infiniti, richiede concentrazione, attenzione. Sì,
nell’album ci sono certamente parti che arrivano dirette, immediate, ed
appagano già al primo ascolto; è vero che ciascuno dei 15 brani può vivere di
vita propria, ma se ci si vuole impossessare completamente del messaggio che Vittorio
Nocenzi ed il Banco ci propongono, se si vuole cogliere questa ottima occasione
per “crescere”, allora bisogna studiare. Rispolverare il libro di storia del
Rinascimento italiano, il libro di Antologia, di letteratura latina, magari
passare un bel fine settimana a Ferrara in full-immersion nei luoghi più famosi
del Rinascimento italiano, e lasciare libere le briglie della mente.
Che la fantasia possa volare, felice
di saper volare.
Tracklist “Orlando: Le forme
dell’amore” (cliccare sul titolo per ascoltare)
1. Proemio
2. La Pianura Rossa
4. Non Mi Spaventa Più L’amore
10. Il Paladino
11. L’Amore Accade
13. Moon Suite
14. Come È Successo Che Sei Qui
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