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sabato 8 luglio 2017

Gianni Leone ricorda Mike Cupaiuolo


Questa la notizia di pochi giorni fa:
"Mike Cupaiuolo, il bassista storico del Balletto di Bronzo ci ha lasciati. Era stato l'autore di quasi tutti i pezzi di "SIRIO 2222" ed uno dei fondatori del gruppo, ma principalmente é stato un grande amico. R.I.P”.


Il ricordo di Gianni Leone

Primo: detesto i necrologi e i funerali. Non sono mai andato a un funerale in vita mia, nemmeno a quelli dei miei familiari e degli amici più cari: trovo insopportabile presenziare alla celebrazione del trionfo della morte e della sconfitta della vita. E' davvero straziante sapere che in quella scatola di legno ricoperta di inutili fiori ci sia una persona a cui hai voluto bene. Mi monterebbe una rabbia irrefrenabile. Considero la vita il frutto di una mente bacata e maligna: prima ti viene magnanimamente donato tutto - salute, giovinezza, bellezza, talento... - e poi, sadicamente, quel tutto ti viene sottratto fino a toglierti LA VITA STESSA, spesso nei modi più atroci, ingiusti e dolorosi immaginabili. Quasi fosse addirittura divertente, per l'entità perversa che governa questo meccanismo, questo giochino crudele a cui non possiamo sottrarci se non togliendoci noi stessi la vita, infierire. Nel caso di Mike, gli è stato "donato" un bel cancro alla trachea. Se "Dio" davvero esistesse, e non fosse invece solo una sciocca favoletta autoconsolatoria e rassicurante inventata dell'uomo per esorcizzare la paura dell'ignoto e della morte, mi piacerebbe andare fin lassù (o laggiù) a prenderlo a calci nel culo.
Secondo: in questi casi - come dicono a Roma - le chiacchiere stanno a zero, nel senso che anche le parole più sentite e sincere sembrano tragicamente fuori luogo, goffe, banali... Io le trovo addirittura irritanti. Meglio tacere. Meglio il silenzio.
Detto questo, passiamo a Mike.


Forse non tutti sanno che, tra le due formazioni "storiche" del Balletto di Bronzo - quella dell'album Sirio 2222 e quella (di cui io feci parte) legata all'album YS, per qualche mese, nel corso del 1970, ce ne fu un'altra: praticamente la formazione di Sirio 2222 con me in aggiunta. Facemmo non pochi concerti in giro per l'Italia. Avevamo in repertorio, oltre ai branti tratti dal primo album, anche delle cover tipo Rock and Roll Hoochie Koo di Johnny Winter, American Woman dei Guess Who (anni fa ripresa da Lenny Kravitz), Moonshine dei Free e un paio di brani dei Grand Funk che cantavo io. Oltre al talento e alla grinta che aveva nel suonare il basso, Mike sapeva stare sul palco davvero come pochi. Voglio raccontare qualche aneddoto.
Una sera, non ricordo in quale città, stavamo suonando Moonshine, un blues lento e - onestamente - anche un po' triste e pallosetto, che prevedeva assoli a go-go miei all'organo Hammond, di Lino Ajello alla chitarra e di Mike al basso. Terminato l'assolo di Lino, cominciai io, ma preso dalla frenesia andai avanti ad libitum, imperterrito, inarrestabile, non rendendomi conto che le battute previste per il mio assolo fossero esaurite da un pezzo. Ogni volta che Mike cominciava il suo, io lo soffocavo suonando in modo ancora più veemente, e lui doveva desistere e aspettare che un intero giro di accordi si esaurisse prima di poter ritentare un suo inserimento. Questo andò avanti non so per quanto tempo, finché Mike, da vera star, abbandonò platealmente il palco gettando il basso per terra e se ne tornò in camerino lasciandoci di stucco. Il bello è che io ero totalmente inconsapevole di quello che stava succedendo, mica lo feci apposta! Sarei stato uno squallido e un meschino, oltretutto. Forse mi ero un po' esaltato, visto che proprio i miei compagni talvolta mi chiedevano di restare da solo sul palco a suonare l'organo mentre loro facevano una pausa , dandomi carta bianca .
Un'altra volta, prima di salire sul palco (eravamo in un locale di Rimini), lui ci chiese di sottolineare con un accordo roboante una frase che lui avrebbe lanciato al pubblico. Al momento opportuno, quando lui gridò "Ragazze, vi farei tutte!", noi, che avevamo pensato di fargli uno scherzo, rimanemmo immobili e in silenzio lasciandolo da solo di fronte ai fischi e agli sberleffi di tutti i... fidanzati (delle ragazze) presenti!
In un'altra occasione, in un locale di Napoli, alla fine del concerto, mentre noialtri abbondavamo in accordi di chitarre distorte, colpi di piatti apocalittici e zampate leonine sulle tastiere, lui si tolse il basso, lo afferrò per il manico e cominciò a farlo roteare brandendolo come fosse una clava. Lo portava in alto, sopra la sua testa, facendo poi il gesto di fracassarlo sul bordo del palco. Fece questa specie di pantomima più volte, ma all'ultimo momento si fermava. Noi tutti pensavamo che fosse solo per fare scena, che fosse solo un bluff, ma invece... ecco che a un certo punto lui colpì davvero con inaudita violenza il bordo del palco col basso, mandandolo totalmente in frantumi! Dopodiché lancio i pezzi al pubblico e se ne andò. All'epoca cose del genere le facevano solo gli Who. Quella sera anch'io però feci una "marachella". Rubai a mio padre una splendida vestaglia da camera di velluto e seta, lunga, tipo il conte Dracula che riceve al castello, e la indossai prima di salire sul palco. Durante il concerto cominciai a strapparla e a farla pezzi con le mie mani e con l'aiuto di un paio di forbici (chissà, forse perché rappresentava un simbolo "borghese"...) fino a distruggerla completamente, rivelando alla fine la mise che indossavo sotto: paillettes e calzamaglia!
Una notte, esausti, arrivammo a Roma dopo un lungo viaggio in camioncino. Avevamo suonato in Veneto, facendo addirittura quattro concerti in quattro località diverse in due giorni, suonando sia di pomeriggio che di sera. Avevamo anche messo assieme un bel gruzzolo. Non dormivamo da chissà quanto. Ci fermammo davanti alla Pensione Marino, in via XX Settembre (oggi non esiste più). Come degli zombies, scendemmo ciascuno col proprio bagaglio ed entrammo nel portone. Mike rimase alla guida del furgone, strapieno dei nostri strumenti, poiché doveva portarlo in un vicino garage. Io fui l 'ultimo a scendere. Sì, notai che c'era una valigia sul marciapiede, ma non mi soffermai più di tanto a pensare visto lo stato di semicatalessi in cui versavo, e salii in albergo beatamente inconsapevole del dramma che di lì a poco sarebbe esploso. Dopo circa un quarto d'ora Mike ci raggiunse e ci chiese dove fosse la sua valigia. A quel punto, capimmo: era stata rubata da qualche passante ! Durante l'accesa discussione che ne conseguì, tutti diedero per scontato che toccasse a me, in quanto fui l'ultimo a lasciare il furgone, occuparmi del bagaglio del povero Mike il quale, per di più, si era anche prodigato a portare il furgone in garage, ma io caddi totalmente dalle nuvole. Davvero non mi resi conto della situazione.... Ricordo che lui, fuori di sé, decise di raggiungere a piedi la vicina stazione Termini per tornarsene a Napoli col primo treno del mattino. Marco Cecioni lo seguì, così restammo in albergo io, Lino e Gianchi. Nella valigia, oltre ai soldi, i documenti, le chiavi e chissà cos'altro, Mike aveva anche dei bellissimi vestiti nuovi - un tripudio di seta, velluto, raso - fatti fare apposta dal sarto; cinturoni con borchie e strass; stivaletti di vernice realizzati su misura dal laboratorio Pappagallo, che aveva sede nella zona più esclusiva di Napoli - via dei Mille -, dove noi del Balletto ci facevamo fare stivali incredibili e costosissimi che all'epoca si potevano trovare solo a Carnaby Street a Londra. Questo evento fece precipitare la situazione: di lì a poco Mike partì per il servizio militare e Marco per la Svezia. Poi con l'arrivo del bassista Vito Manzari, nacque la formazione di YS. 
Per anni ho pensato che Mike, giustamente, mi odiasse a morte. Anche se io di certo non combinai quel guaio immane intenzionalmente. Molti anni dopo, a Stoccolma, glielo chiesi in modo diretto, ma lui mi assicurò di non avermi mai odiato, anzi mi regalò una bellissima sciarpa di seta color avorio, con disegno cachemire, che conservo ancora.

Io e Mike non ci vedevamo da molti anni: io non sono più tornato a Stoccolma (dove lui si trasferì fin dalla seconda metà degli Anni '70), e lui non è più venuto in vacanza in Italia. Purtroppo nella sua vita l'alcol aveva oramai preso il posto principale, fagocitando ogni suo altro interesse e facendogli perdere perfino la voglia di suonare. Ha vissuto come un recluso per oltre vent'anni. I suoi ultimi. Nessuno di noi amici è riuscito ad aiutarlo. 




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