THE TRIP – “CARONTE – 50 YEARS LATER”
Di Andrea Pintelli
Una promessa. Chi è uomo vero la mantiene. Pino Sinnone è fra questi. Raggiunto Joe Vescovi durante i giorni della sua grave malattia (che purtroppo lo portò alla morte nel 2014), durante un profondo dialogo che sapeva di commiato, Pino, dietro richiesta dello stesso Joe, promise di portare avanti la musica dei Trip.
Promessa fa rima anche con scommessa; già, perché come unico membro vivente della storica e ineguagliabile band del nostro amato Prog sapeva benissimo che avrebbe dovuto reclutare nuovi musicisti che fossero all’altezza almeno tecnica dei loro predecessori, ma senza la necessità/volontà di farne paragone (inutile il solo pensiero); sapeva che avrebbe dovuto rimettersi in pista per, di fatto, creare una nuova band che suonasse in modo smagliante il proprio repertorio; sapeva benissimo che il proprio onore e il proprio orgoglio lo avrebbero aiutato in quest’impresa, perché tale rimane. Una grande responsabilità, insomma.
Dopo
una fase di rodaggio dei componenti tramite varie e tante prove,
successivamente al cambio di alcuni i essi, The New Trip furono pronti
per tornare ai concerti, cioè la classica prova del nove.
Puntiglioso e preciso come il proprio drumming, Pino Sinnone si dichiarò soddisfatto e felice della nuova esperienza (vi rimando all’intervista che gli feci per MAT2020 di qualche tempo fa), anche al cospetto di alcuni malpensanti che volevano inquadrare (sbagliando) quest’avventura come una mera operazione nostalgia. Questi signori, ora e per sempre, dovrebbero tacere visto che nel 2022 i Trip usciranno col loro nuovo disco, costituito da materiale completamente nuovo. Wegg, Joe e Billy sorrideranno sicuramente da lassù, in segno di approvazione per questa fatica che Pino, a 79 anni, tramuta in gioia quotidiana con la sua straordinaria solarità e la sua immarcescibile tenacia.
Prima The New Trip, ora e ancora e finalmente The Trip. Nel frattempo, però, c’è spazio anche per una commemorazione: i primi 50 anni di “Caronte”, ossia il loro secondo, immenso, meraviglioso disco, uscito nell’anno di grazia 1971. Quindi, perché limitarsi a riproporlo live (cosa che sta già avvenendo, Porto Antico Prog Fest a Genova già effettuato e 2Days Prog + 1 Festival a Veruno ad attenderli, più altre date)? Perché incensarlo senza metterci del proprio per rinverdirlo e ricolorarlo di gioventù? Ecco, quindi, il progetto dal titolo “Caronte – 50 years later”, ossia l’intero album risuonato dagli attuali Trip, con in aggiunta una nuova composizione e la riproposizione di due canzoni alle quali Pino è particolarmente legato.
Uscito pochi giorni fa per la Ma.Ra.Cash records, registrato durante il lockdown in vari home recordings, mixato e masterizzato da Alberto Callegari all’Elfo Studio di Tavernago (PC), avente una davvero intensa copertina pensata e realizzata da Max Marchini (deus ex machina della Dark Companion records) insieme alla grafica Lidia Grillo (autrice del notevole libretto interno), fin dal primo ascolto colpisce per la freschezza dei suoni, dalla professionalità col quale è stato voluto e realizzato, dalla perizia tecnica e bravura con la quale è stato suonato.
Non è molto facile avvicinarsi ad un monumento della musica tutta (non solo italiana, of course), carpirne i segreti e rivestirlo di nuovi abiti: non dimenticatelo. Per cui, i Trip capitanati dal grande Pino alla batteria, Tony Alemanno al basso e cori, Carmine Capasso alla chitarra, sitar, theremin e cori, Andrea D’Avino alle tastiere e cori, Andrea Ranfa alla voce, hanno dato una profonda e granitica prova di sé stessi, senza dimenticarci di Christian “Kri” Sinnone alla batteria negli ultimi due pezzi del disco. C’è anche spazio per il padre di Carmine, Antonio Capasso al rombo della sua Harley Davidson in “Two Brothers”!
Il
disco si apre con “Acheronte”, potente ed evocativo intro, il cui
compito è proporre l’immagine del fiume che separa la vita dagli inferi, una
dark song che vuole accompagnare l’ascoltatore sulle sue rive in attesa della
barca che trasporta le anime maledette verso l’eterna sofferenza. Caronte il
traghettatore e simbolo di questo capolavoro, che ovviamente prese spunto
dall’opera dantesca, è quindi musicato da “Caronte I”, senza
dubbi una delle migliori composizioni che il Prog abbia espresso a vari
livelli. Ricordo ancora con nostalgia le chiacchierate a casa di Joe Vescovi,
quando abitava a Salsomaggiore Terme (PR), quindi dalla mie parti, in cui mi
sottolineava l’importanza che i Vanilla Fudge ebbero sul suo stile compositivo,
“la prima band Prog in assoluto, ben prima dei King Crimson”, mi diceva; io, in
aggiunta, lo investivo col mio entusiasmo proprio (e anche) per questa canzone,
che, a mio modo di vedere e sentire, è sensazionale e che, a ben sentire il
risultato su questo nuovo lavoro, non ha perso un grammo di virtuosismo, di
magia, di psichedelia. Joe, abbracciandomi, mi ringraziava, facendomi
emozionare. Evidenziando il grandioso suono ricavato da Callegari, si può
tranquillamente affermare che gli attuali Trip hanno raggiunto un amalgama
notevole, grazie al duro lavoro di preparazione cui si sono sottoposti.
Ravvivato lo stile Trip, senza dubbio alcuno.
“Two
Brothers”, suite di rara bellezza, propone in primis la rara vocalità
di Ranfa, che può tanto, raggiungendo picchi di feeling difficili per tanti
altri. La capacità compositiva di Joe e Billy insieme bastonava tantissime band
dell’epoca, non ce n’era (quasi) per nessuno, e qui bisogna solo inchinarsi al
loro cospetto. La band, ora, gira a mille, Pino suona come se il tempo non
fosse passato, ma dominandolo in maniera impeccabile.
“Little
Janie” era l’unica forma-canzone del disco dell’epoca, dedicata all’amata
Janis Joplin, a un anno dalla sua scomparsa. Deliziosa.
“Ultima
Ora e Ode a Jimi Hendrix” è un altro monolite della storia del Prog,
qui affrontato dai nostri con estrema solerzia. Capasso è un asso della
chitarra e qui lo dimostra appieno; in ogni caso questi dieci minuti di suite
offrono a tutti i componenti del gruppo la possibilità di esprimersi ai massimi
livelli, perché solo così si può (e si deve) confrontarsi con l’originale.
“Caronte
II”, che chiudeva l’LP originale, è un saggio delle originali doti che
i Trip avevano in fase compositiva; in “Caronte – 50 years later” i Trip
evidenziano quanta competenza e buon gusto possono aggiungere a quanto ancora
è.
Gli
ultimi due brani del disco sono “Una Pietra Colorata”, che
fa parte del primo omonimo lavoro dei Trip, del 1970: una canzone piacevole cui
Pino tiene molto, e si sente. Risuonata con piglio notevole, è qui portata a un
livello di attualità pieno di profumi di gioventù.
Chiude
“Fantasia”, uno dei momenti salienti dei concerti dell’epoca e di
quelli attuali, dove la band dimostra una coesione di inconsueto e speciale
spessore.
La vita si costruisce con la vitalità. Promessa mantenuta. Scommessa vinta.
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