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lunedì 11 settembre 2023

Accadeva l'11 settembre del 2011


Si concludeva L'11settembre 2011 il Progressivamente Festival, "creatura" di Guido Bellachioma, con lo straordinario concerto delle Orme + Banco del Mutuo Soccorso tenuto nella splendida location della "Casa del Jazz" a Roma (ex villa della banda della Magliana).

Una serata da "incorniciare", con una risposta di pubblico superiore alle attese, tant’è che poco dopo l'inizio del concerto dovettero aprire le porte, per motivi di ordine pubblico.

Allego la recensione di Damiano Fiamin, che fotografa alla perfezione le emozioni di quell'indimenticabile concerto

Wazza


Live report: Le Orme + Banco del Mutuo Soccorso @ Casa del Jazz - Roma 11/09/2011

articolo a cura di Damiano Fiamin


Le premesse erano ottime, le aspettative elevate: Le Orme e Banco del Mutuo Soccorso, due dei più grandi nomi del progressive rock italiano avrebbero calcato per la prima volta un palco capitolino in occasione della giornata conclusiva del "Progressivamente Festival 2011".  Nella bella cornice della Casa del Jazz di Roma, una villa confiscata a uno dei boss della banda della Magliana e divenuta una dei poli culturali della Capitale, per una settimana si sono susseguiti seminari, workshop e concerti tenuti dai più grandi nomi del progressive nostrano. Evidentemente, la manifestazione ha avuto successo: la giornata di chiusura ha registrato il tutto esaurito; nonostante gli sforzi degli organizzatori, la Questura non ha rilasciato il permesso per aumentare la capienza e non sono pochi coloro che sono stati costretti ad ascoltare il concerto fuori dai cancelli.

In perfetto orario, dopo i rituali discorsi introduttivi da parte dei promotori, salgono sul palco Le Orme. La formazione è quella che ha realizzato “La via della seta”, lultimo album del gruppo, uscito proprio allinizio di questanno. Lo storico batterista del gruppo, Michi dei Rossi, è affiancato da musicisti di tutto rispetto come Jimmy Spitaleri, già cantante dei Metamorfosi, Michele Bon, alle tastiere, Fabio Trentini, basso e chitarra acustica, William Dotto chitarra elettrica e acustica, e Federico Gava al pianoforte. Proprio come accadde per lalbum da studio, è bello notare come la coesistenza di musicisti di generazione diversa riesca in qualche modo a dare una marcia in più al gruppo che si propone al suo pubblico con vigore ed energia. Senza dilungarsi troppo in chiacchiere, Le Orme infilano un pezzo dopo laltro, alternando brani tratti dalla loro ultima fatica a grandi classici, per la gioia dei fan che gli siedono davanti. Dopo una settimana di concerti, lamplificazione della Casa del Jazz è abbondantemente collaudata e non ci sono sbavature degne di nota per quanto riguarda la strumentazione; nei momenti di maggiore concitazione, Gava e il suo pianoforte finiscono leggermente al di sotto degli altri musicisti ma non si arriva mai a una sopraffazione completa di nessuno dei partecipanti. Michi dei Rossi realizza una performance eccellente: nel suo regno di piatti e pelli, governa senza esitazioni, scandisce il tempo e condisce le frasi musicali dei suoi colleghi con brio e professionalità; quando emerge e si avvicina al pubblico, riesce ad accattivarsene la simpatia grazie alla sua auto-ironia, manifestando un genuino piacere per le reazioni del pubblico. Eccellente anche Spitaleri, vero e proprio rocker d'annata, invecchiato nel fisico ma indomito nello spirito e nella voce; nonostante gli anni, riesce a mantenere unottima estensione vocale e calca il palcoscenico con decisione. Meno evidenti per presenza scenica ma comunque di gran livello le esibizioni di Dotto e Trentini: i due chitarristi si profondono in assoli di qualità, arpeggi intricati e accompagnamenti tecnicamente convincenti; saranno pure nuovi acquisti nella formazione de Le Orme ma hanno certo un curriculum di tutto rispetto alle spalle! Il giovane Gava, al pianoforte, è relegato un po’ in disparte su un palcoscenico che, effettivamente, non permette grandi manovre da parte dei musicisti; bravo, comunque, gran simbolo della nuova corrente intrapresa dalla band, in grado di mescolare senza timore vecchio e moderno per ottenere nuove, incredibili, alchimie sonore. Dopo unora abbondante di concerto, Le Orme si accingono al commiato, lasciando la scena al Banco del Mutuo Soccorso.


Il pubblico ha certamente apprezzato l'esibizione delle Orme ma è evidente che l'attesa maggiore è riservata al gruppo di Nocenzi e di Giacomo; non appena i musicisti si affacciano sul palco, scoppia unovazione rumorosa, unacclamazione di gioia per un gruppo che, oltre ad avere il vantaggio di giocare in casa, ha certamente segnato la storia del progressive del nostro paese in maniera indelebile. Nonostante fosse stato annunciato nella presentazione iniziale, è con un certo rammarico che viene registrata lassenza di Rodolfo Maltese; il chitarrista non sale sul palco insieme ai suoi colleghi per motivi di salute. È un Banco in gran spolvero, nonostante tutto, quello che si presenta al pubblico della Casa del Jazz: di Giacomo è in forma straordinaria, la sua voce ha ritrovato tutta lenergia che, nelle recenti esibizioni, pareva essersi affievolita. Nocenzi, come dabitudine, siede tra tastiera e organo, dirigendo il gruppo con impeto quando si tratta di pigiare i tasti neri e bianchi e pacatezza quando, invece, si abbandona a digressioni nostalgiche e riflessioni poetiche; il tastierista, in effetti, prende la parola in più occasioni per raccontare aneddoti e impressioni sul concerto, prendendo spunto dai pezzi appena suonati per lasciarsi andare a considerazioni ad alto rischio di retorica che, grazie alla sua abilità, riescono ad arrivare allo spettatore senza appesantimenti di vacua utilità. Nel periodo di silenzio richiesto al pubblico per commemorare lanniversario dellattacco terroristico subito dagli Stati Uniti dieci anni fa, non c’è alcuna considerazione facile, solo una condanna, sentita e vera, verso qualunque estremismo, qualunque sia la sua natura e la sua motivazione. Il Banco infiamma il pubblico di fan che, ormai, cercano di avvicinarsi quanto più possibile al palco, sedendosi anche a terra pur di stabilire un legame ancora più forte con la band. La scaletta proposta non riserva molte sorprese: la quasi totalità dei brani proviene dai primi tre capolavori del gruppo. Stranamente, non viene suonato uno dei brani che, da sempre, hanno più successo dal vivo: Metamorfosi; lassenza viene ampiamente compensata dallallungamento degli altri brani, tra i virtuosismi vocali del cantante e gli assoli degli strumentisti, si ha limpressione che il gruppo voglia omaggiare la sede del concerto con una deriva jazz che, certamente, ha il potere di esaltare gli astanti. Il basso di Ricci, come sempre, si inerpica in geometrie sonore complesse che ben si accompagnano alla prestazione di Masi alla batteria; la sezione ritmica, che in un gruppo come il Banco rischia di passare in secondo piano, svolge il suo compito in maniera precisa e convincente. Bravi anche Papotto, ai fiati, suoni di sottofondo e rumori vari e Marcheggiani che, con la sua chitarra, si lascia infervorare dallo spirito del rock & roll, producendosi in assoli lanciatissimi e muovendosi sul palco più di tutti gli altri musicisti messi insieme. Graditissima sorpresa verso il finale del concerto: durante la presentazione dei componenti del gruppo, sale sul palco Rodolfo Maltese. Sebbene visibilmente provato, il chitarrista accompagna i suoi compagni nell’esecuzione degli ultimi pezzi, prima che le luci si spengano e il gruppo scompaia dietro le quinte.



Ma le sorprese non sono finite: a dar corpo a una speranza che aleggiava nell’aria, il Banco torna sulla scena accompagnato da Le Orme. I due gruppi al gran completo saturano il palco in una jam session progressive in cui ben tredici musicisti si sono affiancati per la gioia del pubblico, suonando insieme due dei brani più famosi delle discografie dei due gruppi: Uno sguardo verso il cielo e Non mi rompete.

Divertenti e coinvolgenti fino alla fine, entrambi i gruppi hanno riempito, anche fisicamente, la scena in un omaggio agli astanti che non poteva esaurirsi in maniera migliore con il sigillo della cavalcata di chiusura di Non mi rompete.

Il pubblico, ormai, valica qualunque confine ipotetico e si assiepa fino a ridosso della struttura metallica su cui stanno suonando i musicisti, riempiendo ogni spazio utile, quasi a voler abbattere fisicamente il confine che li separa dai musicisti, confine che, a livello spirituale, è già crollato da tempo.

Applausi in piedi da parte di tutti i presenti, vicini e lontani dal palcoscenico, che incitano e gloriano entrambi i gruppi che, sentitamente, ringraziano. Davvero un bel concerto, ottime dimostrazioni di bravura da parte di entrambe le band che hanno saputo dimostrare come sia possibile essere un gruppo di spessore senza per questo perdere il rapporto con i fan. Auto-ironia e capacità di svecchiarsi hanno permesso a questi artisti di passare i quarant’anni di attività e rimanere ancora sulla cresta dell’onda; vista la loro prolificità per quanto riguarda i concerti, consiglio a tutti di andare a vedere il prossimo.





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