Gli
arrangiamenti in prestito della Pfm nel live del ’79 con De André
di Innocenzo Alfano
Nel 2011 mi
capitò di beccarmi i rimproveri pubblici di Lucio “Violino” Fabbri perché avevo
fatto notare, pubblicamente, che molti degli arrangiamenti con i quali la Pfm aveva dato vita, insieme a
De André, all’album “Fabrizio De André in Concerto – Arrangiamenti PFM” (1979),
in realtà non erano della Pfm, anche se sulla copertina di quel famoso 33 giri
c’era scritto così. In un articolo uscito sulla rivista bimestrale “Apollinea”
(marzo-aprile 2011, p. 31), e poi, in maniera estesa, all’interno del volume Storie di Rock (pp. 154-163), avevo
messo in evidenza come almeno tre brani contenessero arrangiamenti pressoché
identici agli stessi brani inclusi nell’album di Fabrizio De André intitolato
“Rimini”, del 1978. Inoltre – ma questo non lo avevo scritto né nell’articolo
né nel libro – altri due brani presentavano arrangiamenti non dissimili (se
non, parzialmente, nella strumentazione) rispetto a versioni dei medesimi contenute
in lp di Fabrizio De André pubblicati molti anni prima. I cinque brani, su
dieci complessivi del long playing citato in apertura, sono: Zirichiltaggia, Volta la carta, Andrea, Un giudice e La guerra di Piero.
Avevo concluso il mio ragionamento, che non trovava d’accordo
Lucio Fabbri, consigliando di cambiare la formula “arrangiamenti PFM” in
“accompagnamento PFM” su tutti i nuovi supporti che si riferivano a quella
storica pubblicazione, sgombrando così il campo da equivoci e per iniziare ad
usare anche nel rock, finalmente, una terminologia più corretta ed aderente
alla realtà. Oltre a ciò avevo altresì fatto notare come Volta la carta fosse a sua volta stata costruita riprendendo quasi
alla lettera la prima sezione di una giga dei britannici Steeleye Span dal
titolo Paddy Clancey’s Jig, tratta
dall’album “Ten Man Mop or Mr. Reservoir Butler Rides Again”, del 1971. Nel
caso di Volta la carta, dunque,
l’arrangiamento era addirittura di terza mano: la Pfm lo riprendeva dai
musicisti che avevano suonato nell’album “Rimini” i quali, a loro volta (e
senza dirlo a nessuno...), avevano preso in prestito tema e ritmo di una
composizione degli Steeleye Span che, dal canto loro, si erano limitati ad
interpretare un vecchio “traditional” (il brano degli Steeleye Span incluso nel
33 giri menzionato, terzo nella discografia del gruppo, è un medley tra due gighe,
il cui titolo completo è Jigs: Paddy
Clancey’s Jig / Willie Clancy’s Fancy).
Interloquendo con Lucio Fabbri su questo argomento mi sono
accorto, all’epoca, che, nella musica rock, non è facile ragionare di musica
neppure con i musicisti più preparati, tutti troppo orgogliosi del proprio
status per accettare rilievi o ammettere perfino delle banali evidenze. Non
parliamo poi dei cosiddetti “critici specializzati”, gente interessata molto all’aneddotica
e molto, molto poco, alla musica (e d’altra parte non essendosi, nella quasi
totalità dei casi, mai presi la briga di studiarla e impararla, costoro devono
necessariamente concentrarsi su qualcos’altro, e gli aneddoti offrono la
straordinaria possibilità di riempire libri di “musica” nei quali, ad esempio,
uno come Keith Richards viene ancora definito un grande chitarrista, nonostante
non lo sia mai stato). Così va il rock.
P. S. In realtà avevo capito che i musicisti, nel rock, non sono
interessati a discutere di musica, già nel 2005, quando il Centro Studi per il
Progressive Italiano di Genova mi aveva invitato alla rassegna “Impressioni di
Settembre” per tenere una relazione sul “Concerto grosso n. 2” dei New Trolls.
All’iniziativa partecipavano anche alcuni vecchi componenti del gruppo, tra i
quali Vittorio De Scalzi. Ebbene, mentre io mi prodigavo in un commento tecnico
del secondo concerto grosso pubblicato (nel 1976) dalla storica formazione
ligure in collaborazione con Luis Bacalov, i membri della band presenti in
sala, al contrario, non vedevano l’ora di raccontare aneddoti e rievocare i bei
tempi andati. Legittimo da parte loro, assai deludente dal mio punto di vista.
Steeleye Span, Jigs:
Paddy Clancey’s Jig / Willie Clancy’s Fancy (1971):
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