Articolo già apparso su MAT2020 di maggio 2016
Nell’occasione del
ritorno in Italia dei The Who, Giuseppe Scaravilli
sintetizza la loro immensa storia…
THE WHO
di Giuseppe Scaravilli
A proposito dell’Isola
di Wight, gli Who (altra leggendaria band inglese) furono forse l’unica band ad
esibirsi sia a quel festival, nel 1970, che a quello di Woodstock dell’anno
precedente (agosto 1969). Bob Dylan, invece, pur abitando nei pressi di
Woodstock, aveva deciso di partecipare all’edizione dell’Isola di Wight di
quello stesso anno (1969). Ad ogni modo gli Who, già attivi dalla metà degli
anni ’60, ebbero modo di presentare in entrambe le occasioni il loro
capolavoro, e cioè la versione live dell’intero Tommy, concept album contenente un’unica storia, con i brani tutti
legati tra loro. Un brano intitolato ‘A
QuickOne’, presentato durante il già citato ‘Circus’ dei RollingStones,
aveva già gettato le basi per questo tipo di ricerca musicale più matura,
presentandosi come una mini-suite composta da più frammenti musicali ben
amalgamati tra loro. E Tommy aveva
rappresentato la compiutezza di questa elaborazione più complessa del concetto
di semplice ‘rock and roll’, finendo per rimanere il traguardo più alto
raggiunto dalla loro pluriennale carriera. Il compositore era il chitarrista e
cantante Pete Townhsend.
La voce solista era
affidata al carismatico Roger Daltrey, mentre Keith Moon si scatenava come un
ossesso alla batteria, con John Entwistle a fargli quasi da ‘contrappeso’ con
la sua serafica calma sulla scena (nonostante l’imponenza roboante del suo
basso elettrico). Dopo essere stati per un breve periodo esponenti del
movimento ‘Mod’ inglese, con capelli corti e giacche su misura, gli Who trovano
il successo nel 1965 con l’inno generazionale intitolato appunto ‘My
Generation’, che vede un Roger Daltrey cantare balbettando di proposito: è un
brano dall’impatto devastante (più o meno quanto la coeva ‘Satisfaction’ dei
RollingStones), mentre gli insuperabili Beatles si muovevano ancora su
musicalità più morbide e rassicuranti. Nel giro di pochi anni gli Who si
trasformano in una macchina da guerra, capelli lunghi, Townshend che rotea il
braccio destro per fare scena e colpire con forza la chitarra, Daltrey che fa
mulinare in aria il microfono trattenendolo per il cavo, e tutti gli strumenti
sfasciati alla fine di ogni show (come in occasione del ‘Monterey Pop Festival’
del 1967). Dopo l’epico Live at Leeds
del 1970 (per molti il miglior disco rock di sempre) e Who’sNext(1971), Pete Townshend ci riprova con l’opera rock (Tommy era stata la prima ‘rock opera’
della storia), dando alle stampe Quadrophenia
(1973). Questa volta il progetto si rivela più sofferto del previsto, e lo
stesso Pete finirà per dubitare di riuscire mai a portarla a compimento. Anche
dal vivo il lavoro non ottiene lo stesso successo del suo predecessore, con
Roger Daltrey che, sul palco, perde anche troppo tempo nello spiegare al
pubblico l’evolversi del racconto, tra un pezzo e l’altro. Lo stress accumulato
porterà persino Pete e Roger a venire alle mani, mentre uno strambo avvenimento
accaduto durante una data di quel tour non contribuisce certo ad un clima di
serenità relativamente al periodo di Quadrophenia:
infatti, in quell’occasione Keith Moon, che aveva assunto qualcosa di troppo
prima del concerto, dopo qualche brano collassa sulla batteria. Si cerca di
farlo proseguire in qualche modo, ma Moon non è più in sé e viene bloccato da
Pete, mentre il batterista si dimena come un ossesso sul palco. Quindi viene
portato via con la forza, mentre il chitarrista chiede al microfono se tra il
pubblico è presente qualche batterista: e così un tizio sconosciuto, che era
andato semplicemente a vedere uno show degli Who, si ritrova a suonare con loro
(!): il suo nome è ScotHalpin, eroe per una sera. Esiste anche il filmato di
questo tragicomico episodio.
Il gruppo ritrova il
successo nel 1978 con Who Are You,
l’ultimo album con Keith Moon, che muore quello stesso anno, sostituito per i
concerti dal vivo e in altri due dischi dall’ex Small FacesKenney Jones. Dopo
l’album It’s Hard, uscito nel 1982,
gli Who pubblicheranno un altro disco in studio (EndlessWire) solo nel 2006, ma dal vivo continueranno ad esibirsi
anche dopo la scomparsa di John Entwistle, trovato morto in un albergo di Las
Vegas nell’estate del 2002 e sostituito da Pino Palladino. Saranno presenti
anche al Live Eight del 2005 (più noto per la reunion dei Pink Floyd con Roger
Waters) e in occasione della cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici di
Londra del 2012.
Nessun commento:
Posta un commento