21 gennaio
“Solo una mente educata può capire un
pensiero diverso dal suo senza aver bisogno di accettarlo”
(Aristotele)
Ci sarai sempre.
Buon viaggio Capitano.
Wazza
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Nel cielo e nelle altre cose mute/Terramadre/Non senza dolore/Io vivo/Né più di un albero non meno di una stella/Nei suoni e nei silenzi/Di terra.
Sono i versi della poesia che si
ottiene mettendo in fila i titoli dei pezzi che insieme formano l'album ... di
terra, l'ottavo del Banco del Mutuo Soccorso pubblicato nel
1978.
Sono andato a rileggermela come
omaggio per la morte in un incidente stradale di Francesco Di Giacomo avvenuta
nei giorni di una delle più insulse edizioni del festival di Sanremo che si ricordi.
Fabio Fazio lo ha ricordato dal palco dell'Ariston. I giornali, a parte casi
sporadici come l'Unità che gli ha dedicato una pagina, hanno ridotto la notizia
nei trafiletti. Di Giacomo aveva 66 anni. I suoi funerali verranno celebrati
questo giovedì 27 febbraio.
Come ultima volontà aveva disposto
che ogni volontà di ricordo in suo nome venisse convertito in un aiuto concreto
a Emergency. Splendida voce da tenore, pancione e barba foltissima che strideva
con l'eleganza dei fratelli Nocenzi, oggi temo di non essermelo goduto come
avrei voluto. Se vi racconto come ho conosciuto il Banco, vi mettete a ridere.
Era il 1978 al liceo. E noi 1964
forse insieme ai 1963 eravamo le prime annate de-politicizzate, troppo piccoli
per aver avuto un ruolo attivo nel movimento del 77. A me attirava la Pfm, con
Pagani, Mussida, Djivas al basso e il Calloni. E Lucio "Violino"
Fabbri. Poi un mio compagno più grande mi mise in mano una cassetta con
registrati gli album ...di terra da una parte e Darwin
dall'altra. In qualche cassetto devo avercela ancora. La piastra non ce l'ho
più e dunque, anche recuperandola, ormai sarebbe inutilizzabile.
"Gli altri son tutti
comunisti, questi del Banco invece sono di destra", mi disse. Era una
cazzata colossale all'interno di un panorama progressive rock dove forse solo
gli Area di Demetrio Stratos erano schierati apertamente, ma io quelli del
Banco mi misi ad ascoltarli con interesse anche per quell'osservazione, stanco
come ero già di tutti quei cantautori di sinistra che dovevano piacere per
forza.
Poi nel 1980 la voce di Francesco Di
Giacomo fu tra le prime a cantare con sobrietà
una storia gay con Paolo Pa e quel verso "passo veloce,
cuore in fretta quando attraversi il cortile, qualcuno forse già sospetta quel
tuo sorriso d'aprile" a partire dalla mia adolescenza ha fatto parte
delle cose che ho sempre recitato a memoria, come la formazione del Toro di
Radice, il Perugia di Castagner, la Lazio di Maestrelli e il Vicenza di Gibì
Fabbri fino a Pigro di Ivan Graziani passando per Piove di
D'Annunzio.
Il Banco mi attirava, il Banco mi
incuriosiva. E mi incuriosiva quell'uomo cannone con quella voce strepitosa,
meno noioso di De Gregori e che non se la tirava come Franz Di Cioccio (tra
l'altro grande batterista ma pessimo vocalist della Pfm) e più moderno di
Battisti-Mogol. Adoravo pezzi del Banco come Il Ragno, Dove Sarà, Il
giardino del mago, Moby Dick e Grande Joe. Per me Moby Dick e Grande
Joe erano proprio lui, Di Giacomo. Che ho scoperto essere sardo della
provincia di Nuoro andando a controllare solo adesso la sua biografia e
riascoltando grazie a youtube qualcuna delle sue canzoni come 750mila anni
fa l'amore. Insieme ai suoi aforismi. "Spostare i problemi è una
gran fatica, meglio lasciarli lì". E ancora: "L'amore sta
sempre lì, con calma". E poi uno riferito alla sua band ma che se
sostituite il nome e ci mettete quel che volete voi vale come principio
universale: "Suonare col Banco è un privilegio, ma ogni tanto i
privilegi vanno dismessi".
Stefano Pallaroni
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