IL SEGNO DEL COMANDO
“IL DOMENICANO BIANCO”
Di Andrea Pintelli
Il 1° settembre è uscito il nuovo
disco de Il Segno del Comando, splendida
realtà musicale ligure e senz’altro una delle migliori band a livello
internazionale del loro ambito. Intitolato “Il
Domenicano Bianco”, questo lavoro di fatto chiude la trilogia
dedicata ai racconti di Gustav Meyrink (i precedenti furono “Der Golem” del
2002 e “Il Volto Verde” del 2013).
Prodotto dalla Nadir Music, distribuito
dalla Black Widow Records e digitalmente gestito dalla Believe, di fatto è un
concept album di notevole spessore artistico, per diversi aspetti: l’estrema
cura del suono, qui a livelli altissimi; i testi pressoché perfetti ad opera di
Diego Banchero, sì basati sullo scritto di Meyrink, ma personalizzati in
maniera mirabile; l’altissima qualità dei componimenti, anch’essi di Banchero,
tranne uno di Beppi Menozzi (“La Testa di Medusa”); la sempre maggiore coesione
dei musicisti coinvolti, che sazia ogni aspetto del termine “band”; un immenso
lavoro di grafica, perfetta, calzante, immersa nel racconto.
Esoterismo e occultismo, sacro e
profano, incubi e sogni, si intrecciano, senza mai sovrapporsi, in una danza di
mondi nascosti, segnali di presenze sinistre, urla d’altrove, che pongono fin
da subito l’ascoltatore alla mercè di questo elegante e sorprendente lavoro.
“Il Libro Color Cinabro” apre il sipario della psiche, inchiodata fin da subito da sonorità maestose, minacciose, inquietanti; con un ritmo via via più serrato, essa lascia spazio a “La Bianca Strada”. Da essa si capisce l’estensione stilistica del gruppo, che riparte sì dalla sfera dark prog, ma va verso altri lidi arricchendo la propria proposta. Musica di ampio respiro, dove se le tastiere hanno imprinting solenni, le chitarre di Bruzzi e Lucanato sono protagoniste in un non generico heavy rock solido, roccioso e magniloquente. La voce di Riccardo Morello è quel che serve ad elevare il tutto ad uno stadio superiore. “Il Domenicano Bianco” parla, va oltre i suoni. Con intro da brividi (leggasi bellezza), si sviluppa in modo ricchissimo: non una, ma cento tracce e mille idee musicate e ognuna con una propria validità; tempi e controtempi da non credere, per cui un plauso alla immensa sezione ritmica Banchero/Cherchi; corre all’impazzata per poi fermarsi e diventare riflessiva, riagganciandosi all’arcano scenario iniziale. “Ofelia” rallenta il passo, donando altre sfumature al risultato complessivo. Poesia al servizio della musica, un’ode a questa donna che fisicamente non c’è più, ma che continua a vivere nel cuore del protagonista, che attende il momento di rivederla nel regno della giovinezza. Scenario decadente, dolorosamente nostalgico, che rivela il lato romantico del gruppo. “La Testa di Medusa”, oppure un sentito omaggio all’arte di Johann Sebastian Bach, il genio dei geni, come dicevamo composta e suonata dal solo Menozzi, musicista davvero dotato.
“Il Dissolvimento del Corpo con
la Spada” riparte in pieno stile Il Segno del Comando. Già, perché
appena iniziano a concatenarsi le prime note, si capisce fin da subito chi sta
suonando; se è così, ed è così, si parla di stile proprio. Avendoli seguiti fin
dagli inizi di metà anni Novanta, posso affermare ciò senza paura di essere
smentito. Grazie all’ambientazione cupa e fosca, il pezzo ha tutte le
caratteristiche per diventare uno dei punti saldi dei loro concerti: andamento
martellante, chitarre sinuose, tastiere fantasiose, ne fanno un melange sonoro
di sicura presa. Vigorosa. “Missa Nigra 2023” è la versione
aggiornata e arricchita di “Missa Nigra” apparsa sul loro album d’esordio
omonimo del 1996. Donata di infinito lirismo è qui riadattata alle innumerevoli
sfumature che contraddistinguono oggigiorno la band. “Solitudine”,
ultima traccia, è appunto il solo basso di Banchero a disegnare un’armonia
soprannaturale, in chiaro accordo con l’atmosfera di magia (non bianca) che
pervade questa magnifica opera.
Che il nostro Diego Banchero
sia artista portentoso, già lo si sapeva, ma credo che qui abbia superato una
parte di sé stesso che, forse, anche lui non conosceva; il mio pensiero può
solo sfiorare il sapere quante porte possa lui avere aperto per arrivare fino a
questo risultato compositivo. Applicazione, dedizione, concentrazione, da sole
non basterebbero; questo non luogo lo si raggiunge solo e unicamente con la
volontà di rischiare, perché di fatto si possono rivelare anche dei pericolosi
aspetti, sconosciuti, che sono lame affilatissime pronte a ferire. Cioè,
carpire tutto il possibile ben sapendo che queste “eventualità” possano essere
ovunque. Il pregio maggiore, quindi, non è migliorare la poetica, abbracciare
il talento o arricchire la propria predisposizione, ma scavare, osare, trovare
l’oro interiore (talvolta nero) e metterlo in musica. Il Segno del Comando,
tutto il gruppo, pur sapendo che Diego ne è il principale compositore, ci sono
riusciti. E questo va oltre ogni parola.
Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)
Il Libro Color Cinabro (3’37’’)
La Bianca Strada (8’33’’)
Il Domenicano Bianco (7’18’’)
Ofelia
(5’39’’)
La Testa di Medusa (1’56’’)
Il Dissolvimento del Corpo con la Spada (9’06’’)
Missa Nigra 2023 (8’18’’)
Solitudine (2’49’’)
Line-up:
Diego Banchero: bass
Davide Bruzzi: guitars, keyboards
Roberto Lucanato: guitars
Riccardo Morello: lead and backing
vocals
Beppi Menozzi: keyboards
Fernando Cherchi: drums
Recorded, mixed and mastered at Nadir
Music – Genova
Sound Engineering, mixing, mastering and
executive production: Tommy Talamanca
Lyrics:
Diego Banchero
Music:
Diego Banchero, except “La Testa di Medusa” by Beppi Menozzi
Arrangements:
Davide Bruzzi and Il Segno del Comando
Concept:
Cristian Raimondi, Paolo Puppo and Diego Banchero
Esoteric Research Director: Cristian
Raimondi
Digital painting: Paolo Puppo
Artwork:
Paolo Puppo
Photos:
Danilo Olivieri, Giorgio Allemanni, Maria Teresa Pace
Artistic
Direction: Diego Banchero
Production: Il Segno del Comando, Paolo Puppo,
Cristian Raimondi
BIOGRAFIA
http://www.ilsegnodelcomando.net/index.html
Nessun commento:
Posta un commento