Mini intervista a Gianni Nocenzi in occasione della presentazione del cd "Miniature" , tenutosi a Milano
il 29 giugno
Si era reso noto al pubblico con Il Banco del
Mutuo Soccorso, da lui fondato con il fratello e una delle migliori
espressioni del prog italiano, per poi abbracciare sperimentazioni
nell'elettronica e approdare, infine, a un lavoro per pianoforte acustico con Miniature,
il disco appena pubblicato. È Gianni Nocenzi, musicista
straordinario, che il 29 giugno si esibirà al Mondadori Megastore di
piazza Duomo a Milano, dopo moltissimi anni di assenza dalle scene (e anche
dalla discografia). Torna con un lavoro che è esso stesso un ritorno: al
pianoforte, il suo strumento per elezione, al pubblico e alle sue radici più
intime. Perché Miniature ha il sapore di una terza (o
quarta?) vita musicale...
"Mi dispiace
deluderla, ma io penso che uno scriva sempre la stessa canzone. Cambia il mezzo
e questo può condizionare molto l'ascolto che è e deve essere soggettivo, ma
quando ascolti un brano trovi sempre le parole tipiche di quell'autore. In
senso linguistico: Picasso è Picasso, che si parli del periodo blu o della sua
ultima fase creativa. Perché c'è sempre un filo rosso che collega le nostre
diverse esperienze: noi siamo quello che mangiamo (e non in senso
gastronomico). Il pianoforte è il mio strumento, è la mia coperta di Linus.
Anche se non avevo mai pensato a un disco simile".
Un lavoro più introspettivo degli altri?
"Sì, il piano è
la mia cartina di tornasole per sapere cosa mi sta succedendo dentro. E da
vicino. Ecco perché il titolo è Miniature.
Ho pensato proprio ai codici miniati, dove una sola lettera prende magari mezza
pagina e quando ti avvicini ti accorgi che è ricchissima di florilegi e
dettagli. Ecco, in questo disco è racchiuso un mondo di piccole e grandi
articolazioni. Perché il pianoforte è bianco e nero, ma regala infinitamente di
più delle 50 sfumature di grigio!".
La scelta di registrare i brani con un microfono
posizionato sopra la sua testa, rende l'ascolto un'esperienza immersiva nel suo
punto di vista. Dunque qualcosa di ancora più intimo.
"Ritengo che il
timbro sia una parte costitutiva della melodia. Timbri diversi suscitano
reazioni diverse, cioè se suono il flauto o il fagotto vado a toccare corde
diverse nell'ascoltatore, perché la musica è il suono. Cioè, il suono è la sua
materia prima, ma è impalpabile. Ora prendiamo il Mosè di Michelangelo. Una
scultura meravigliosa, se fosse fatta in legno avrebbe la stessa forma, ma è
proprio il marmo bianco di Carrara a rendere il Mosè quello che è. Tanto che
Michelangelo vedeva l'opera nel blocco di marmo e il suo lavoro consisteva nel
liberarla dalla pietra. La stessa sintesi sottrattiva si ha in musica, a un
livello ancora più estremo, perché in questo caso il marmo non esiste e tutto è
affidato alla ricerca del timbro. Ecco perché volevo che l'ascoltatore stesse
sul panchetto del pianoforte con me".
La scelta di realizzare un disco in acustico dopo le sue esperienze
passate nell'elettronica è una presa di posizione precisa rispetto alle
produzioni attuali?
"Non ci ho
pensato. Forse è un elemento rivoluzionario perché torno al mio punto di
partenza. Però il mio percorso è da sempre guidato da una sola cosa: fare
quello che mi piace. E basta. Così ho lasciato il Banco per dedicarmi a una
mia ricerca, poi ho prodotto due dischi per raccontare cosa avevo capito del
ruolo della tecnologia nella ricerca del timbro e ora sono giunto al piano
solo. Non so come potrebbe essere un eventuale prossimo lavoro, magari ancora
totalmente diverso".
Miniature è un disco
interamente strumentale. Perché?
"Alla fine sono
canzoni, il 90% del disco è cantabile dal punto di vista armonico e c'è la
melodia. Non ho pensato ai testi, forse perché al piano facevo riflessioni
molto personali. C'è il tema del ritorno, declinato in vari modi: il ritorno di
mio fratello dalla malattia (Vittorio
Nocenzi, co-fondatore de Il Banco del Mutuo Soccorso, ndr), il mio al
pianoforte e il mio alla vita (dopo un grave problema personale) nel brano Ritorni; in Engelhart parlo di quelli che
come me sanno essere simultaneamente molto dolci e capaci di arrabbiature
feroci e Farfalleparte
dalla mia passione per il loro volo, mai lineare. La farfalla vola da sola e
poi scende a patti con la squadra, grazie a quell'intelligenza interna così
affascinante...".
Sono piccole sceneggiature?
"In effetti ho
usato questa tecnica. Per esempio in Soft Songs (uscito
nel 1993, ndr) volevo che fossero gli interpreti a scrivere le
parole delle canzoni perché sentissero veramente quel che cantavano, nel
rispetto della mia musica. Però mi ero dimenticato del fatto che pochissimi
cantanti sono anche autori. Così ho scritto delle sceneggiature per ogni brano
e poi a più mani abbiamo composto le canzoni. In Miniature, sì, ci sono dei temi
che ho seguito. Ero tentato di non mettere i titoli, ma solo Parte I, II.., poi
ho scelto di distinguere i diversi brani, ma il titolo è una sorta di dedica.
La musica non ha bisogno che un altro linguaggio la descriva e l'ascolto deve
essere libero e soggettivo".
(Micol De Pas - Panorama)
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