Era il 1 dicembre 2005 quando Keith
Emerson (e Band),
suonò all'Auditorium della Conciliazione a Roma... Grazie a Corrado Canonici, amico e promoter di
Emerson, una "delegazione" del Banco
Fans Club fu invitata nel backstage… Keith ci accolse con un "bel sorriso"
e un breve ricordo della collaborazione con il Banco. Oltre ad essere un
grande musicista si dimostrò di una gentilezza e
disponibilità"disarmanti".
… per non
dimenticare
Wazza
"Era il 1° dicembre 2005, auditorium della Conciliazione a Roma,
concerto della Keith Emerson Band, con l'amico Wazza che tramite
l'organizzatore aveva avuto gli inviti per il concerto, abbiamo passato una
splendida giornata e conosciuto una leggenda del rock, dietro il backstage,
foto, autografi e tanta emozione. Poi la scoperta... non era poi tutta sta
leggenda, uomo gentilissimo affabile e semplice, felicissimo di godere delle
ciambelline al vino e vino dei castelli gentilmente offerte da Wazza… non era
la rockstar inavvicinabile come tanti altri, e qualcuno l’ho conosciuto... Oltre
ad essere forse il più grande tastierista di tutti i tempi, era una bella
persona...
Ciao Keith, porta un abbraccio anche a Francesco e Rudy...."
(Claudio
Bona - Banco Fans Club)
Recensione concerto... dalla
"rete"…
Serata nostalgica ma ricca di spunti all’altro Auditorium (quello a due passi da Città del Vaticano),
per l’attesa
riapparizione nella Capitale della tastiera più veloce del West, la mitica ”E”degli Emerson Lake & Palmer.
Bella la location, in cui peraltro non eravamo mai stati, e che abbiamo
apprezzato anche dal punto di vista architettonico. Meno attraente il pubblico,
composto in larga maggioranza da panzuti e/o con fondi di bottiglia al posto
degli occhiali, born in the 50’s come cantava Sting e talvolta anche nei 40’s. Come
dire: la Roma fighetta e modaiola non si trovava certo all’Auditorium di Via della Conciliazione, giovedì sera.
Era decisamente altrove.
Anni Settanta a tutto spiano, quindi, grazie al prog-sound dell’epoca e al look assai demodé del 61enne Emerson, in gilè, camicia comprata (chissà, forse) a Nassau e jeans iper usurati, e soprattutto del chitarrista trenta/quarantenne Dave Kilminster, uno che sembra essere stato sparato nel nostro secolo dalla copertina di un album dei Free. Più al passo con i tempi, invece, la sezione ritmica, composta per l’occasione dai giovanotti Phil Williams(bass) e Pete Riley (drums) (tutta gente tecnicamente mostruosa, manco a dirlo)
Intorno alle 21.30 la Keith Emerson Band versione 2005 monta sul palco e ci dà il bentornato allo show che non finisce mai, eseguendo, come di prammatica, Karn Evil First Impression Pt.1da Brain Salad Surgery, con Kilminster che dimostra fin da subito di poter, vocalmente, degnamente sostituire Greg Lake. Rispetto allo spettacolo della Carl Palmer Band, visto un paio di volte da queste parti negli ultimi anni, la scaletta di Emerson risulta più svincolata dai pezzi forti di EL&P (grazie anche alla militanza del tastierista in un altro gruppetto chiamato The Nice e alla sua vasta conoscenza del repertorio classico e jazz nonché blues) e meno scontata. Ripesca, per fare un esempio, Living Sin da Trilogy e Bitches Crystalda Tarkus; ove soprattutto quest’ultimo è uno dei migliori benchè meno celebrati brani del periodo classico degli EL&P.
Anni Settanta a tutto spiano, quindi, grazie al prog-sound dell’epoca e al look assai demodé del 61enne Emerson, in gilè, camicia comprata (chissà, forse) a Nassau e jeans iper usurati, e soprattutto del chitarrista trenta/quarantenne Dave Kilminster, uno che sembra essere stato sparato nel nostro secolo dalla copertina di un album dei Free. Più al passo con i tempi, invece, la sezione ritmica, composta per l’occasione dai giovanotti Phil Williams(bass) e Pete Riley (drums) (tutta gente tecnicamente mostruosa, manco a dirlo)
Intorno alle 21.30 la Keith Emerson Band versione 2005 monta sul palco e ci dà il bentornato allo show che non finisce mai, eseguendo, come di prammatica, Karn Evil First Impression Pt.1da Brain Salad Surgery, con Kilminster che dimostra fin da subito di poter, vocalmente, degnamente sostituire Greg Lake. Rispetto allo spettacolo della Carl Palmer Band, visto un paio di volte da queste parti negli ultimi anni, la scaletta di Emerson risulta più svincolata dai pezzi forti di EL&P (grazie anche alla militanza del tastierista in un altro gruppetto chiamato The Nice e alla sua vasta conoscenza del repertorio classico e jazz nonché blues) e meno scontata. Ripesca, per fare un esempio, Living Sin da Trilogy e Bitches Crystalda Tarkus; ove soprattutto quest’ultimo è uno dei migliori benchè meno celebrati brani del periodo classico degli EL&P.
(Ri)vedere Emerson circondato da un mastodontico Moog
e da due diversi set di tastiere - una delle quali in realtà un computer il più
delle volte messo in modalità organo Hammond è uno spettacolo nello spettacolo; anche
perché il principe delle tastiere, dopo un’operazione subita alla mano destra nel ‘93 al fine di recuperarne la
sensibilità nervosa, si è rimesso alla grande, e si muove tra i tasti con una
speditezza (quasi) pari a quella con cui stupì il mondo nei primi anni ‘70.
Arriva il primo pezzo dei Nice, la Karelia Suite, brano classico riarrangiato con jam finale; e il pubblico si infiamma con Hoedown (da Trilogy di EL&P), travolgente con Emerson che assale la tastiera come ai vecchi tempi come per aver ragione di quel riff più volte eiterato. Fan, poi, definitivamente in ginocchio con la melodia senza tempo di Lucky Man(la migliore canzone pop che EL&P abbiano mai scritto?), specie quando sul finale Emerson lancia il moog in una sorta di omaggio postumo al Dott. Robert Moog, l’inventore di cotanto peculiare strumento recentemente scomparso.
In tutto questo portento in stile seventies, il capo della banda appare affabile e rilassato, più o meno come il Carl Palmer visto a Roma. Gigioneggia con il mellotron simbolo fallico (vecchio giochetto che fece già all’Isola di Wight), suona il synth alla rovescia e motteggia con Kilminster e con il pubblico. Non accoltella più l’Hammond come faceva trenta e più anni fa, ma continua ad aggredire la tastiera con bella foga nel medley America/Rondodue brani dei Nice ripresi anche dagli EL&P periodo Pictures At An Exhibition- per la delizia del pubblico.
A un certo punto,a metà del concerto, sulla destra del palco compare un piano a coda rosso fiammante: è il momento delle Piano Improvisations per cui i set di Emerson sono rinomati. La band si fa da parte, la scena è tutta per lui. Esegue con il supporto di Kilminster all’acustica - un movimento elegiaco dedicato alle vittime di New Orleans e ad un suo amico morto da poco; ma il pezzo realmente forte è il terzo, che suona integralmente da solo. Un brano magistrale, tra il classico e il jazz, eseguito con una speditezza e una fluidità che ci ha ricordato il motivo per cui in passato Emerson lo abbiamo considerato un grande. Perché Emerson è una sorta di hardcore-punk del piano a coda, nevrotico, trasgressivo e mai completamente soddisfatto del motivo che sta suonando, sempre alla ricerca di unaltra via, di un qualcosa di più: questo è Keith Emerson, e questo è il motivo per cui chi include gli EL&P impunemente nel calderone dei barbosi dinosauri del progressive non ha afferrato che i sei album classici incisi dal trio tra il ’70 e il ’77 racchiudevano unidea di musica globaleche ahimè pochi sono riusciti a cogliere. E pur vero che quell’idea, a volte, non è stata neanche ben realizzata come da intenzioni. Con la suite di Tarkus che è il capolavoro di EL&P è però indubbio che ci siano riusciti. E stasera la Keith Emerson Band la riesegue, integralmente a differenza di Palmer che ne riprende solo alcuni movimenti - e assai bene, anche se alcune sonorità troppo moderne divergono, almeno nella nostra testa, da quelle originali.
Viene eseguito un brano nuovo, Static, scritto da Kilminster che poteva essere evitato, e arrivano anche Country Pie (cover dei Nice del Bob Dylan di Nashville Skyline) e Touch & Go - tratto dal sottovalutato Emerson Lake & Powell (dell86), dedicata al batterista Cozy Powell morto nel 1998.
Ai bis il pubblico si è alzato dalle sedie ed è ormai assiepato sotto il
palco. Emerson lo ripaga con una inedita (e brillante!) versione alla EL&P
di Black Dog dei Led Zeppelin, con Kilminster scatenato che può
finalmente dare libero sfogo al metallaro che ne siamo certi è dentro di lui.
Chiusura quasi dobbligo,
poi, con Fanfare For The Common Man in una ottima e ben ritmata (quasi
ballabile) versione. Ma non è finita, perché richiamato dalla folla Emerson
riemerge e dà il laa Honky
Tonk Train Blues, il suo pezzo in Italia più famoso sin da quando andò al
numero 1 anche perché era la sigla del programma tv Odeon. Torna in scena anche
la band, e il tutto si trasforma in una confusa jam in stile festa paesana. I
matusa nel pubblico si divertono come pazzi, noi un pò meno allora come omaggio
all’Italia
poteva suonare Mater Tenebrarumdal film
di Dario Argento Infernoma va bene così.
L’esibizionista(dal titolo della sua recente autobiografia) Keith Emerson ci ha regalato ben due ore e mezza di show e una scarica di potenti flashback anni Settanta. E quelle sue due mani tormentate sono tornate a funzionare bene come un tempo. Nostalgia: sì, tanta, ma anche unabbondanza di talento tasteristico che uneventuale prossima volta sarebbe affascinante vedere all’opera nell’ambito di un concerto solo di piano improvisations".
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