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venerdì 10 ottobre 2025

Sigmund Freud – Risveglio-Commento di Luca Paoli

 


Sigmund Freud – Risveglio

 (Black Widow Records, 2025)

Di Luca Paoli

 

Ci sono album che nascono con decenni di ritardo, ma che sembrano parlare come se non fosse passato neanche un giorno. Risveglio, dei Sigmund Freud è uno di questi. È il primo album ufficiale di una band che vide la luce nell’estate del 1972 nei Castelli Romani, tra il profumo dei pini e il calore di un’Italia che stava vivendo i suoi anni più creativi e ribelli. Ascoltarlo oggi è come aprire una capsula del tempo: ogni nota ti riporta indietro, ma con una freschezza sorprendente.

I Sigmund Freud nacquero come tanti gruppi di quegli anni, ma con una personalità propria, un’intenzione chiara: fare musica che fosse viva, originale, senza compromessi. Pochi effetti, tanta sostanza, ogni musicista con il suo strumento, la sua voce nel tessuto sonoro della band. Nel corso degli anni la formazione ha visto susseguirsi diversi musicisti, tra cui: Claudio Ciuffa (chitarra, flauto), Marco Cavaterra (basso, voce), Fabio Tata (tastiere), Dario Masani (batteria), Dino Pacini (chitarra), Caterina Russo (voce), Robin Taylor (violoncello e piano), Luca Allori (voce, chitarra), Evandro Gabbiati (batteria) e Claudio Carbonetti (tastiere). Ciascuno di loro ha contribuito a tessere un arazzo sonoro ricco di colori, dove ogni strumento trova il proprio spazio in armonie mai banali.

Cinque brani di Risveglio sono stati registrati ex novo dall’attuale formazione, con cura maniacale per i dettagli: Hammond, Mini Moog, Mellotron, suoni vintage che avvolgono l’ascoltatore in un abbraccio sonoro caldo e avvolgente. E poi c’è il pezzo tratto direttamente dalle session originali, rimasterizzato con rispetto e delicatezza, un piccolo miracolo che unisce passato e presente.

I Sigmund Freud esplorano spazi melodici accessibili senza mai perdere di vista la struttura dei brani, inserendo con eleganza quei cambi di tempo che rendono il progressive così sorprendente. Il flauto di Claudio Ciuffa emerge come una guida: con le sue note trasporta subito l’ascoltatore negli anni ’70, facendolo scivolare in un universo di emozioni e colori che, in dodici minuti, raccontano con forza l’essenza del Progressive Rock italiano.

Il primo brano, Fiori di Polvere Bianca, apre l’album con un senso di attesa e mistero. Sin dalle prime note emerge un’atmosfera tipica del prog italiano classico, quella capacità di fondere melodia e sperimentazione in modo naturale. L’ascoltatore si ritrova subito immerso in un mondo sonoro sospeso tra sogno e realtà, con melodie delicate che lasciano spazio a improvvise esplosioni strumentali, dove il flauto e le chitarre creano un dialogo suggestivo. È un’apertura che stabilisce subito il tono dell’album: elegante, originale, in bilico tra immediatezza melodica e profondità compositiva.

La successiva Giochi d’Ombre è un’altra mini-suite in cui la ritmica, sostenuta dalle tastiere, crea un’atmosfera sospesa e magica. Il brano mostra il carattere distintivo del prog italiano, con alternanze tra momenti narrativi e strumentali. Le fughe strumentali, sempre attente alla tecnica e alla creatività, catturano immediatamente l’orecchio dell’ascoltatore.

In Palla di Neve la chitarra apre con note dal sapore antico, mentre il flauto accompagna con leggerezza, creando un paesaggio sonoro sospeso. Man mano che il brano prende forma, le voci e gli altri strumenti entrano con naturalezza, aggiungendo slancio e trasformando la melodia in un flusso vivo e avvolgente.

La Quiete dopo la Tempesta si sviluppa come una lunga mini-suite di dieci minuti, in cui si percepisce subito l’influenza degli anni ’70: ogni musicista trova il suo spazio, contribuendo a un insieme armonico ricco e curato nei dettagli.
Epilogo prosegue sulla stessa scia, accompagnando l’ascoltatore in un viaggio che alterna momenti sospesi e riflessivi a passaggi più intensi, lasciando libero lo sguardo interiore di vagare tra immagini sonore sospese tra realtà e immaginazione.

A chiudere l’album, Freud 70’s Medley è un viaggio attraverso sedici minuti di registrazioni storiche che catturano l’essenza del gruppo in quegli anni. È come sfogliare un album di ricordi sonori, in cui i suoni del passato prendono vita con intensità: tastiere, chitarre e fiati si intrecciano creando paesaggi musicali affascinanti, capaci di restituire il carattere e l’energia di una band che ha saputo trasformare ogni nota in esperienza emotiva.

Dopo aver ascoltato Risveglio, rimane una sensazione che va oltre la musica: un coinvolgimento autentico che ti fa sentire parte di quell’energia creativa degli anni ’70. Non è soltanto progressive, né semplice nostalgia: è una musica che pulsa, viva, capace di emozionare ancora oggi. Ogni strumento ha il suo carattere, ogni dettaglio negli arrangiamenti racconta qualcosa, sorprendendo e accompagnando chi ascolta in un viaggio che sembra cominciare in quella lontana estate del 1972.

Per chi ama il prog italiano, questo album è un piccolo tesoro: riesce a far sentire il fascino di un’epoca passata senza appiattirsi nel ricordo, trasformando l’ascolto in un’esperienza viva, intensa, quasi tattile. E mentre immagini la possibilità di un vinile che restituisca anche sul piano estetico la magia di quegli anni, resta chiaro che Risveglio non è solo un ricordo musicale: è un percorso emotivo da assaporare, nota dopo nota, respiro dopo respiro.







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