ARTICOLO
GIA’ APPARSO SULLA WEBZINE MAT2020
ALESSANDRO
MONTI – UNFOLK COLLECTIVE / “Intuitive Maps”
di
Andrea Pintelli
Dimenticatevi
distinzioni fra generi musicali, scordatevi la forma canzone, raggruppate le
vostre memorie e donatele al vento, aprite le orecchie come fossero arse di un
insaziabile appetito sonoro, spalancate gli occhi immaginandovi di essere nel
più sconosciuto fra i mondi.
Non
esiste nulla; tutto esiste. Basta coglierne le sfumature.
Arpeggi
fatti da echi lontani si fondono a una misteriosa voce di donna, in connubio d’un
invito sinistro che lascia presagire l’inizio di un qualcosa che non è mai
iniziato, ma sempre proseguito. Una treccia di suoni si fanno strada per
entrare in noi, permettendoci di cogliere la luce.
Tamburi,
o legni arsi vivi da mani mai dome, percossi da chi cuore ne ha per trasmettere
un profumo di infinito, senza mai smettere di respirare insieme. Tutt’uno, con
la voglia di non trovarsi soli dove si è stati catapultati. Siamo nati per
condividere, quindi, lasciamo perdere gli eremi interiori e iniziamo a fare
piccoli passi col ritmo dettato da chi ci vuol descrivere la via.
Calma
come dono degli Dèi, o di un solo Dio, a seconda di un dettaglio che vorrebbe
circonciderci l’esistenza. Libertà, sempre, invece. Calma, come aria pura e
nuova che si muove sulle foglie della nostra mente, accarezzandola, forse
masturbandola per provocare un piacere antico; enigma da portare in grembo in
attesa della rivelazione.
Gocce
di splendore in un mare di banalità: e si danza. Portati avanti i piedi da un
suono circolare e nettamente invitante, si alza il collo fino al cielo fatto di
qualsiasi tinta si desideri. Testa china per vedere la terra prendere vita,
dove il verde inebria la serenità, dove il marrone ci assomiglia in quanto
pilastri del sistema linfatico, dove le stagioni si susseguono senza mai
stancarsi di dirci che siamo i figli di un domani ch’è già oggi.
Piccoli
contrappunti di continuità, battiti di ciglia perpetui che ad ogni azione fa corrispondere
un colore diverso. Un arcobaleno infinito di sensazioni, dove la parola non è
importante, ma tutto il resto sì. Per cui si appendono le notti nell’armadio
dei ricordi e si corre in un oceano di luccicanza, retti e sorretti da poche
certezze, se non quelle che potremo capirci soltanto con sguardi complici e
occhiate (dis)integranti.
Un
ripetitivo tappeto a tratti vorticosi ci invita alla riflessione, momento
cardine di ogni segmento di tempo, dove lo spazio è comunque annientato da
ritorni d’immagine che non ci permettono di intuire la direzione. Basta non
avere paura ed essere ebbri di ciò che ci aspetta: noi stessi. Vibrante gioia sparsa
in tutto il nostro sangue.
Come
piume mosse da novelli soffi d’immagine, lentamente ci si adagia su un’idea che
ora pare portarci lontano, ora pare proseguire nella speranza di essere seguita;
maestra di vitalità, dove vuoi condurci? Via, via dal bosco umido e nemico,
talmente fitto da non permettere la vista della luce, che corre ad illuminare
il circostante. Fuori, finalmente, ad omaggiare quello ch’è chiamato Sole,
lassù, molto spesso, e qui dentro, a volte.
Come
crescere nella soglia dell’immaginazione, l’immaginifico vuole aprirsi e
riprenderci.
Si
apre il sipario, ancora una volta, e noi e loro non più seduti, ma ora sul
palco da protagonisti, dove si riattivano i clamori delle celestiali note;
timore e paura si mischiano a incredulità e sorpresa: non siamo soli.
Mirabili
fischi lontani corrono per rincorrere, creando la musica della natura.
Un
battito di cuore percuote il petto del tuono, gonfiandolo fino a farlo
esplodere in un dissonante fragore, istante d’energia che mette seduti
l’impulso e l’arroganza. Di contro, in piedi, troviamo la coscienza e la
conoscenza, sottobraccio a passeggiare in questo viale coloratissimo e
profumatissimo. Non si arriva, non si arriverà mai. Si potrà solo transitare
per cogliere i frutti più succosi, nutrendo la fame del proseguo.
Come
anime in eterno movimento, ci berremo vicendevolmente, tenendoci vivi,
portandoci avanti. Avanti. Avanti. Avanti. Con dolcezza. Con Alessandro Monti
e il suo Unfolk
Collective.
Abbracci
diffusi.
p.s.:
per ogni nota tecnica e dettagli vari rileggetevi la presentazione sul blog del
nostro/vostro MAT2020 (http://mat2020.blogspot.it/2017/03/alessandro-monti-unfolk-collective.html)
p.p.s.:
per continuare a sognare quando più vorrete, comprate “Intuitive
Maps”, album dipinto suonando, scavato dalle emozioni, per
persone che vogliono emozionarsi.
Unfolk Collective
ALESSANDRO MONTI - guitars, bass, african
and jamaican percussions, nepalese bells, cymbals, claves, glockenspiel, chimes
ALESSANDRO
PIZZIN - electron x
ELISABETTA
MONTINO - voice
BEBO BALDAN - triangle, stereo image
KEVIN HEWICK- electric guitars
JIM TETLOW -
keybords, synthesizers, organs, cajon
MARK "FLASH" HYNES - drums
CHRIS CONWAY -
flutes, kalimba, theremin, electric piano, voice
STEVE ESCOTT - bass
CAMOMATIC - synthesizer, sound hacking
MISTERLEE - customized drums
Tracklist:
1- ESP Sutra 1:39
2- The Seventh Orbit 9:40
3- Mbuyu Na Mkonge part 1 4:06
4- The Theatre of Eternal Snows 8:32
5- Church of Anthrax 7:32
6- New Rhodes Tapestry 7:18
7- Mbuyu Na Mkonge part 2 6:06
8- Pashupatinath Temple/Ruins of
Kathmandu 16:32
9-
Mbuyu Na Mkonge part 3 8:04
10- L'Ora
del Biscotto Metafisico 6:56
Distribuito
da: G.T. Music Distribution
Vannuccio Zanella
www.mprecords.it
www.gtmusic.it
www.mprecords.it
www.gtmusic.it
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