Usciva il 15 giugno
1979 l'album "Florian", decimo album in studio di Le Orme.
Pochi capirono questo
cambiamento radicale nel sound del gruppo. L'idea venne a Toni Pagliuca,
conscio che il punk ed altri stili musicali stavano affossando il progressive
rock. Una "protesta", non usare strumenti elettrici e dedicarsi a
strumenti acustici alternativi - violino, violoncello, vibrafono, clavicembalo
-, una svolta sottolineata dall'amaro testo di "Fine di un viaggio".
Un disco da rivalutare
e da ascoltare!
Wazza
RENZO
ARBORE RECENSISCE LE ORME
dalla
rivista «Il Monello» (1979)
È sempre con un
pizzico di nostalgia che, ogni tanto, accolgo qualche nuovo disco di qualche
«vecchio» gruppo pop. Certo, la parolina non è più di moda, il pop pare
definitivamente morto e sepolto da noi, cosa quasi incredibile se si pensa alla
autentica «febbre» dei primi anni Settanta, quando a partire da un memorabile «Festival
dell'avanguardia e nuove tendenze» in quel di Viareggio, finalmente ci si
contò.
Ai giovanissimi
ricordo solo che era etichettata come «pop» la musica rock, quella di
ispirazione classicheggiante, quella di ispirazione jazzistica e folk che
decine e decine di gruppi andavano facendo in quegli anni, tutti protesi a
sperimentare, a «trovare un loro genere e un loro spazio musicale», tutti
attivissimi e frenetici, casomai divisi e concorrenti ma uniti da un unico
invisibile filo che era quella «voglia matta» di fare musica diversa, nuova.
Oggi, come ho già
detto altre volte, pochissimi i superstiti. I New Trolls (nominati per primi
per anzianità) le Orme, il Banco del Mutuo Soccorso, la Premiata Forneria
Marconi e qualche altro. A tutti, più o meno, il sottoscritto si sente legato
da esperienze comuni, dal fatto di aver percorso e vissuto lo stesso «pezzo di
vita», dagli entusiasmi per questo o quel disco nuovo.
Tra i più anziani, i
quattro ragazzi delle Orme, quei veneti che, dopo aver debuttato con delle
canzoni da «disco per l'estate», facili facili (ma sempre con un certo gusto)
buone per il mercato, avevano gettato tutto alle ortiche per una musica più
impegnativa, più nuova e ricca di fermenti. Quella di quest'anno è una
ricorrenza, per le Orme. Il loro compleanno importante, quello dei dieci anni
di vita. Una lunghissima vita se si pensa a quanti gruppi sono nati e sono
morti nello stesso periodo di tempo. Dieci anni che le Orme hanno vissuto a
tempo pieno, anche quando sono stati assenti dalle scene.
Loro principale
caratteristica e loro encomiabile qualità, infatti, è sempre stata quella di
ritirarsi ogni tanto e meditare, a rinnovarsi, a studiare, rinunciando a sicuri
successi, a danaro. Segno che, per loro, innanzitutto viene la «musica», la
voglia di fare musica «importante» e poi il mestiere. Cosa non facile oggi che,
appena entrato in un ingranaggio discografico, sei quasi costretto ad assecondarlo,
preso dalla routine, dagli impegni e da tutto il resto.
Così, tanto per
prepararsi a festeggiare il decennale, il gruppo de Le Orme, dopo aver
«sperimentato» le lusinghe della musica più o meno elettronica, si è fermato a
studiare la strumentazione propria e lo sviluppo futuro da dare alla loro
musica. E così Aldo Tagliapietra ha approfondito lo studio del violoncello,
Germano Serafin il violino, Michi Dei Rossi alcuni strumenti «percussivi» come
la marimba, lo xilofono e il vibrafono e Tony Pagliuca il «vecchio» pianoforte.
Tutti strumenti «acustici» come vedete, lontani da quei marchingegni che pure
avevano avvicinato nelle loro precedenti esperienze. E i quattro spiegano di
essere delusi dall'elettronica che «eccita sì la fantasia ma impedisce il
cervello e le mani».
Quindi, il rientro in
Italia, dopo aver registrato tutti i precedenti album nei migliori studi di Los
Angeles, Parigi e Londra. Un ritorno a casa in piena regola, visto che il loro
nuovo disco è stato interamente registrato a Mestre, e senza tanti accorgimenti
tecnici che avrebbero «impigrito il cervello e le mani». E «un ritorno a casa»
anche nella musica, visto che il disco viene intitolato «Florian», come il
celeberrimo caffè di Piazza San Marco, ritrovo di intellettuali e di
appassionati di musica, con quelle inconfondibili orchestrine che ripropongono
classici della musica «seria», melodie «immortali» e valzer nostrani e europei.
Quindi anche da parte delle Orme, un riscoprire le loro origini musicali (oggi
si parla di «radici») e di tornare ad essere affascinati dal classico, dalla
musica ispirata a quella dei grandi maestri.
Così, Florian è un
disco «sentito», affascinante se ascoltato con attenzione, ricco di atmosfere e
oggi assolutamente inconsueto, tra la «disco-music» da una parte e il rock
dall'altra. Buon compleanno!!!
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