“TO TELL è un viaggio nella mia musica,
ripercorrendone gli inizi per arrivare al giorno d’oggi, con le sue nuove
possibilità sonore e le sue complesse variabili. Gran parte delle soluzioni
prospettate nei brani degli anni precedenti sono divenute i modelli delle
composizioni successive.
I punti di partenza sono i nuclei tematici
che si distinguono per le loro caleidoscopiche variazioni. Ogni dettaglio è
comunicazione diretta, poiché queste composizioni in un certo senso sono giochi
di luci e ombre, emozioni e riflessioni di complesse scritture
contrappuntistiche.
Un accordo, il suono di un respiro, una
melodia, una variazione ritmica, governano i vari cambiamenti; è così che ogni
elemento diviene parte di una complessa struttura, e le diverse variazioni
conducono ad un unico e ampio movimento.”
Questo è quanto il maestro Luciano Basso spiega a proposito del suo nuovo
quadro sonoro intitolato, appunto, “To Tell”,
pubblicato dalla prolifica AMS Records. Vero e proprio pittore del pentagramma,
concetto che va ben oltre alla definizione del musicista in sé, Basso si rifà
vivo nel panorama discografico sei anni dopo “Open”, opera di ampio respiro che
aveva ottenuto buonissime recensioni.
In questo “To Tell” Luciano si è avvalso della
collaborazione di altri strumentisti, ad arricchire così le proprie
composizioni, donando maggiori sfumature e colori alle già sontuose armonie che
ha creato. Costoro rispondono ai nomi del pianista Arturo Bertin, del flautista
Denis Garzotto, del violinista Jacopo Pisani. Ad ascolto terminato, emerge la
corposità di quest’opera, così complessa ma soave, così cospicua ma dai tratti
delicati, così importante e fuori dal tempo. Ma il bello viene durante
l’ascolto: si è come investiti da un vortice di beltà, in cui le musiche e le
tematiche affrontate riportano alla luce ricordi lontani ma rapportati al
vivere attuale; certo, ognuno ha i propri, ma è l’universalità e la
particolarità di queste melodie che permettono l’apertura di quei cancelli
della memoria in cui albergano parti dell’esistenza che hanno permesso la
formazione della personalità. Elementi sonori che si fanno visivi, atti a
proiettare innanzi a noi ascoltatori il film vero e preciso e personale del
cammino fin qui intrapreso. Il tutto senza nemmeno accorgersene. Motivi che
provocano ora sorrisi, ora lacrime, che si vestono ora da gioia, ora da
riflessione, che inducono all’urgenza di voler condividere col mondo intero la
proiezione di sé stessi, per quanto possibile, ma senza vanità alcuna.
Nello specifico, Un respiro inizia dall’ultimo giro di boa, l’antico che si fonde
col moderno; rintocchi d’esistenza ed echi di trasognante meraviglia, grazie a
un’armonia che regala caldissime emozioni, vibranti ed esaltanti. Da ascoltare
nel silenzio più assoluto. Danzando 4
è maggiormente riflessiva, gioca sui chiaroscuri dei ricordi, che ovviamente
possono essere di qualsiasi tipo; certo è che, comunque sia, essi affiorano.
L’intensità delle accelerazioni è un turbinio che pare non fermarsi mai, grazie
a un flusso continuo di energia che ne consegue. Commovente (reazione capitata
anche al sottoscritto). Luc – Art,
primo capitolo affrontato con pianoforte a quattro mani, mette in scena il
carattere dei due musicisti, ma non ne compromette il risultato voluto, che
resta quindi univoco: un mare di turbamento che non lascia indifferenti, ma
anzi a tratti impaurisce tanto è concreto. Remember
è l’innocenza di un sorriso, l’ardore di un primo bacio, il lieve passaggio di
una nuvola. Meditativa ma mai triste, si dipana su più livelli emozionali. Free Fly 2 riprende il vigore della
libertà, qui creativa ed espressiva, ma paragonabile al vivere comune, basta
che la si scelga. Talvolta non è possibile, ma basta decidere per cambiare; un
invito al non abbattersi mai, perché la soluzione all’osceno siamo noi stessi.
Stupendo l’intervento del violino. Folk
Song, altro pezzo tramite pianoforte a quattro mani, è la rappresentazione
di quanto la tradizione sia importante e basilare; dolcezza, danza, lentezza,
amore, morte: il popolare è talvolta individuato come profano, ma spesso è
molto più sacro di un abito talare. To
Tell, impostata come trio con piano-violino-flauto, è una sorta di omaggio
al periodo barocco del ‘700 veneziano (lo so, è un azzardo, ma tant’è), un
riassunto di un concerto grosso che incontra la sensibilità dell’autore, il
quale fa da filtro per renderlo attuale. L’immortalità del messaggio a volte
non ha bisogno di parole. Come in questo caso. Suoni di Pace: il titolo dice tutto, o quasi. Il resto voglio
aggiungerlo io: la si ascolti a volume altissimo, con finestre spalancate, e
funzionerà. Chi passerà e la sentirà, si fermerà senza lamentarsi e la
ascolterà con piacere. Quello stesso piacere che provoca bellezza nei visi
delle persone quando si attraversa tutt’insieme un periodo di serenità e
condivisione, spesso chiamata Pace. ’76
è da brividi; ancora brividi, e ancora, e ancora. Già, perché in questo caso
Luciano Basso fa un omaggio a sé stesso, al suo capolavoro “Voci”, album del
1976. Potrete riascoltare quest’opera immensa in poco più di cinque minuti,
siccome qui ci sono gli elementi che la compongono, seppur sotto forma di
compendio. Successivamente andate a rivivere quel disco per intero: vi
avvolgerà con garbo e poesia. Fandango,
affrontata a quattro mani, è come se parlasse; la tipologia di struttura fa sì
che sia un oratore che decanta versi dai richiami e accenti lontani, pur
essendo ben chiaro che il popolo è uno solo ma fatto di tante genti. Riflessioni, ottimo esempio di quanto
sostenuto ad inizio recensione, ha in sé lucentezza e felicità; avanza giocosa
grazie a un superlativo lavoro di flauto, qui protagonista, e nulla toglie al
messaggio d’insieme, ma anzi lo rafforza grazie alla sua euforia. Reverse, ultima tappa di questo viaggio
interiore, è il suggello del tutto: moderata, pensierosa, impetuosa,
proporzionata, magica, profumata. Oltre al resto, s’intende.
Se la qualità oggettiva vi interessa,
quest’opera fa per voi, miei cari lettori. Se, al contrario, cercate la
quantità, comprate comunque questo disco, siccome c’è talmente tanto dentro di
esso che sarete comunque accontentati. Luciano Basso è questo e tanto altro: la
sua storia parla da sé.
Per una visione panoramica dell’arte del
maestro, vi rimando al mio articolo apparso sul numero di gennaio/febbraio 2020
di MAT2020.
Abbracci diffusi.
Andrea Pintelli
per contatti, Instagram: @apintelli
Tracce (cliccare sul titolo per ascoltare)
1)
Un respiro
2)
Danzando
4
3)
Luc–Art
4)
Remember
5)
Free Fly 2
6)
Folk Song
7)
To Tell
9)
‘76
10) Fandango
11) Riflessioni
12) Reverse
Musicato da:
Luciano Basso – pianoforte
Arturo Bertin e Luciano Basso –
pianoforte a quattro mani
Denis Garzotto – flauto
Jacopo Pisani – violino
Per consulti: www.lucianobasso.com
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