Runaway
Totem + Il Segno Del Comando
(Genova, 22 novembre 2019)
“Il tuo sangue sarà
ridotto a gelo.”
Di Enrico Meloni
Con questo verso in
mente, estratto dall’album “In Cauda Semper Stat Venenum” degli
incredibili Jacula, mi aggiravo per i vicoli di Genova poche settimane dopo il
mio trasferimento nel capoluogo ligure. In quella sera di novembre di ormai undici
anni fa diluviava proprio come oggi (siamo in piena allerta rossa), e
quell’atmosfera suggestiva e “da paura” mi ha portato persino a vedere ombre
sospette sul mio cammino…
Il fatto che il mese di
novembre si sia sempre accompagnato a queste atmosfere cupe e terrorizzanti è
qualcosa che, nella mia vita, aspetto ogni anno con una certa trepidazione.
Ormai so che novembre è il mese per eccellenza per immergersi nel nero e nel
viola, colori che associo a questi stati mentali, dove la pioggia (che, per
inciso, non amo) la fa da padrone, e la mente vola...
Quale atmosfera migliore
per descrivere e immedesimarsi nella serata che vi sto per raccontare, e che ha
visto avvicendarsi a La Claque di Genova due band di rilievo, Runaway
Totem e Il Segno Del Comando?
Sicuramente non sono
state troppe le band e gli album che mi hanno genuinamente trasmesso questa
sensazione di terrore puro, primordiale, di spavento quasi. Ascoltando musica
si può sì provare eccitamento, tristezza, gioia… ma paura?
Complice la più giovane
età, si tratta di un sentimento che nei primi anni in cui mi sono avvicinato
alla “musica del diavolo” veniva evocato da grandissime band e in album a mio
parere eccellenti e immortali, che nella mia esperienza personale rispondono al
nome di “Voodoo” di King Diamond, “Dusk… And Her Embrace” degli inglesi Cradle
of Filth, “In Cauda Semper Stat Venenum” dei già citati Jacula, ovviamente il
primo dei Black Sabbath e, in anni più recenti, il primo album de Il Segno Del
Comando.
Ora, non so se si tratti di un uso sfrenato del
cosiddetto “Diabolus in Musica” o tritono, o di qualche altro espediente magico
a livello musicale. Ma state certi: questa musica vi farà c****e sotto. Nel
senso che dicevo sopra, ovviamente.
In tutti i casi descritti sopra abbiamo una musica potente
ed evocativa, non necessariamente heavy in senso stretto (vedi Jacula), che si
presta alla perfezione a essere fruita in autunno. Aggiungiamo una copertina
sempre di grande effetto, un immaginario cupo e tetro, tematiche spesso legate
ai morti o alla morte, ai fantasmi o agli spiriti (notare: niente di
necessariamente “satanico”), riferimenti letterari di un certo livello o
concept album, ed ecco la ricetta perfetta per una musica “che fa spaventare.”
Gli amici della Black Widow evidentemente questa
cosa l’hanno capita molto tempo fa e con amore e passione ci propongono sempre
band di ottimo livello e spesso in contesti intimi come quello de La Claque a
Genova, venue purtroppo non piena come avrebbe potuto (e dovuto) a causa di una
pioggia davvero incessante che ha costretto più di un fan a preferire le mura
domestiche al rischio. Ma chi ha assistito al concerto si è portato a casa
un’esperienza davvero unica, in tutti i sensi, come vi dirò a breve.
Presenta la serata il boss di MAT2020 Athos Enrile che,
prima di dar spazio alla musica, introduce al pubblico due libri con rispettivi
autori: Max Rock Polis, anch’egli collaboratore di MAT2020, e autore di
“Storie di Prog Rinascimento” (volume che mi sarà molto utile
nella stesura di questo breve resoconto, e non vedo l’ora di leggere il resto…
grazie Max!), e Mario Gazzola, che ha scritto “Fantarock.”
Il primo volume è una raccolta delle trascrizioni delle
interviste ai protagonisti del prog italiano che il buon Max ha realizzato
negli anni all’interno della sua trasmissione Radio Godot, in onda ogni giovedì
dalle 17 alle 19. Sembra davvero interessantissimo, e i pareri positivi, in
rete e non solo, si sprecano.
Il secondo, edito da Arcana e vincitore del premio
Vegetti, segue l’intero corso della musica rock, dagli anni ‘50 a oggi,
evidenziandone i punti di contatto con l’immaginario fantastico. Come potete
immaginare, ci troverete di tutto, dai video e le copertine di dischi con
ispirazioni letterarie, cinematografiche e fumettistiche, alle colonne sonore per
i film del fantastico, e molto altro ancora… un libro che mi riprometto di
acquistare quanto prima.
Sono quasi le 22 e salgono sul palco Runaway Totem, band
che conoscevo solo di nome. Per dare un minimo di inquadramento al duo, unisco
elementi della bio contenuta nella pagina ufficiale di Runaway Totem e della
bio tratta dall’evento Facebook della serata:
“Runaway Totem esiste da sempre.
La storia e l’origine di Runaway Totem sono la storia e
l’origine del Cosmo.
Runaway Totem ha deciso di rendersi manifesto a questa
realtà attraverso un linguaggio universale che, come la matematica, possa
essere da tutti compreso: la Musica.
Per questo motivo ha iniziato la sua Opera nel 1988 a
Riva del Garda (Italia), a seguito di un preciso progetto di Cahål de Bêtêl
(Roberto Gottardi) e Mimïr De Bennu (Renè Modena).
Gli Elementi che compongono Runaway Totem hanno preso
possesso nel corso del tempo di differenti persone. È importante capire che il
loro avvicendarsi non è dato da vicissitudini umane, ma è frutto della volontà
di Runaway Totem. Ogni Elemento, ogni accadimento, è funzionale all’obiettivo
che Runaway Totem si è dato. Ecco quindi che quando un Elemento se ne va, è
perchè ha esaurito la sua funzione in quel luogo ed in quel tempo. L’Elemento
torna quindi al suo luogo d’origine, mentre la persona che lo ha ospitato non
può far altro che seguire questi eventi, allontanandosi così dal gruppo
Gli Elementi di Runaway Totem ci sono da sempre e ci
saranno per sempre: sia quelli già manifesti, sia quelli che ancora attendono
il momento di fare la loro comparsa.
La musica di Runaway Totem si dipana tra rock e prog, tra
sperimentazione e psichedelia, tra elettronica e avant-garde, tra voci
diplophoniche, cori surreali e strumenti acustici creando una tavolozza di
colori sonori che descrivono la società attuale.
La band attualmente formata da Cahål de Bêtêl (Roberto
Gottardi - Chitarre, liuterie elettroniche, sintetizzatori, cori, sound
designer), e dall’allievo di Demetrio Stratos, Re–Tuz (Raffaello Regoli - Voce,
diplophonie, sintetizzatori, sound designer), in questa occasione presenta in
anteprima mondiale il nuovo lavoro dal titolo “Multiversal Matter.”
Questo concept album è un ulteriore passo in avanti nella
ricerca sonora di Runaway Totem dove viene sperimentata l'accordatura con
l'intonazione del LA a 432 Hz (come auspicava Giuseppe Verdi) invece che a 440
Hz.
“Multiversal Matter” tratta di un viaggio negli stati
della materia di universi multipli. Il viaggio è concepito come nella Divina
Commedia con un Viaggiatore e il suo accompagnatore.
Il viaggiatore è chiunque di noi e il suo accompagnatore,
in questo caso è “Il Guardiano della Soglia”. In questo caso viene concepito il
multiverso come un insieme di universi che coesistono nello stesso momento
temporale e nello stesso spazio, creando multi spazi e multi tempi che si
avvolgono come le spire di infiniti serpenti. La materia dei multiversi passa
da essere solida (coagula) ad essere etere (solvet) ed ogni universo contiene
questa infinita materia.”
Questa premessa per farvi capire fin da subito che la
musica, in Runaway Totem, è un accessorio. Questo non intende affatto sminuire
l’aspetto puramente musicale, che anzi è peculiarissimo, ma rimarcare come ciò
che conta è l’esperienza del Multiverso. Il fatto che questo viaggio venga
fatto attraverso la musica, e che per caso questa musica sia di tipo progressive,
è quasi accidentale.
Qualcosa a cui certamente non sono abituato, considerato
il mio background principalmente rock e metal, per cui la curiosità è tanta,
vista anche l’aura di mistero che aleggia intorno a Runaway Totem e la presenza
scenica dei due.
Con Runaway Totem non si tratta di creare musica per il
fine di creare musica (come avviene nella stragrande maggioranza dei casi). La
musica è un mezzo per collegarsi all’Elemento venuto dal Cosmo, e non il fine
ultimo.
Tratto dal libro di Max Polis, in cui viene intervistato
Cahål de Bêtêl: “(L’Elemento) viene per fare, come la matematica, per creare un
linguaggio, un linguaggio che sia capibile da tutti, ma particolare. Che è la
musica, non costruita per essere musica di ascolto e divertimento, ma proprio
per dire delle cose importanti, e non solo. Per essere qualcosa che entra in
rapporto con il tutto.”
Nella serata a cui sto assistendo viene presentato il
nuovo album “Multiversal Matter” e la prima esperienza proposta è
un omaggio a Demetrio Stratos, dove la vocalità di Re–Tuz aka Raffaello Regoli
regala emozioni colorate di nostalgia agli estimatori del cantante e paroliere
degli Area.
Il resto del concerto, per un totale di oltre un’ora e mezza, è suonato con grande trasporto da Runaway Totem, come dicevo formato per l’occasione da due sole persone, che quindi si avvalgono di tastiere a volontà, un theremin, strumenti a fiato, uno scacciapensieri, chitarre di vario tipo e basi ritmiche pre-registrate per creare un tappeto sonoro accompagnato da immagini tipiche da “viaggio” (no, non parlo del viaggio dell’agenzia turistica). Cerchi che si aprono e chiudono, spirali, l’universo che si comprime e rinasce da zero… un vero trip.
La musica di per sé è formata da lunghi(ssimi) brani dove
un’idea viene sviluppata e dilatata nel tempo. Alcune parti sono leggermente
più energiche, altre più lente e di atmosfera. Al di là del fatto che la musica
di per sé non sia il fulcro dell’esperienza di Runaway Totem, va sottolineato
come la musica, però, sia davvero particolare e ricercatissima. Non aspettatevi
i barocchismi o i virtuosismi a cui ci hanno abituato i nomi storici di questo
genere, né alcun tipo di struttura (la forma-canzone è un lontanissimo ricordo
qui, così come un approccio di tipo “suite”, tanto caro al prog).
Come riportato nel già citato libro dell’ottimo Max
Polis, “Già il prog è una nicchia di mercato, quindi fare ricerca
all’interno del progressive vuol dire andare addirittura in un’altra nicchia,
sempre più in profondità.”
Ho trovato l’esperienza sicuramente interessante ma non
del tutto rispondente al mio gusto. Ho provato uno straniamento simile
ascoltando opera davvero d’avanguardia come gli Opus Avantra e, per quanto
provi e riprovi a dare a questo tipo di proposte una possibilità di creare delle
impressioni positive e durature in me… non ci riesco.
Vi invito a immergervi in una performance di Runaway
Totem se vi capiterà in futuro (le sue apparizioni sono a dir poco
centellinate) per giudicare voi stessi e per regalarvi un’esperienza decisamente
fuori dalle righe, anche all’interno di un contesto, come quello progressive,
dove la regola è non avere regole.
Arriviamo alla seconda parte della serata dopo le 23:30:
la presentazione della ristampa, anche in limited edition con vinile colorato,
copertina argentata, medaglione esoterico metallico, bonus track inedita “Magia
Postuma” del primo album de Il Segno Del Comando, uscito nel 1996 per,
indovinate un po’, Black Widow Records, un pezzo di storia del progressive e
non solo, sia italiano che mondiale.
La ristampa di questo gioiello della musica “che fa
spaventare”, che oggi verrà suonato nella sua interezza, è un evento a lungo
atteso anche da chi, come me, si è avvicinato alla band in tempi recentissimi,
e l’attesa viene ripagata in pieno e con gli interessi. Per sicurezza, scelta
che si rivelerà azzeccatissima visto il tempo da lupi, vado a ritirare la mia
copia della ristampa in vinile limited edition, la numero 7, il pomeriggio
prima del concerto. Ora posso sfoggiare il medaglione esoterico nella mia zona
musica: si tratta infatti del plus più gustoso che accompagna il vinile in
questione, a parte la musica, ovviamente!
Per l’occasione, l’altissimo Diego Banchero, deus ex machina della band e unico superstite ai numerosi cambi di formazione che hanno segnato la storia della band in questi oltre 20 anni, ha deciso di fare le cose in grande e richiamare ben tre dei musicisti che incisero il disco nel ‘96. Si tratta di Carlo Opisso alla batteria e di Gabriele Grixoni e Matteo Ricci, entrambi chitarristi. Che dire, una bellissima rimpatriata tra vecchi amici e che ci delizieranno sul palco per la parte centrale del concerto, in cui verranno riproposti alcuni brani dal primo album.
Completano la formazione de Il Segno Del Comando dei
musicisti di prim’ordine e di varie estrazioni e trascorsi musicali. Come si
diceva col grande Massimo Gasperini, fondatore di Black Widow records, la
grande capacità della musica de Il Segno è in una certa sintesi musicale e
concettuale: si tratta di un rock occulto a tratti più prog, a tratti più
metal, a tratti quasi jazz… che riesce a interessare ed emozionare (e,
ovviamente, a spaventare) amanti della musica di estrazioni diverse tra loro.
Complimenti, non è facile nel 2019 riuscire a creare
qualcosa di originale e a modo suo trasversale. Certo, i riferimenti e i
rimandi ai vari Goblin, Black Sabbath e Jacula ci sono tutti, ma non si può mai
gridare al plagio né al “già sentito”. La musica de Il Segno Del Comando
risulta freschissima nel suo essere “retrò.”
Come dicevo all’inizio dell’articolo, l’efficacia massima nel creare quella sensazione di inquietudine e paura è dovuta anche a un certo immaginario sia testuale che visivo. E anche qui Il Segno non delude: il nome evocativo si rifà chiaramente al mitico sceneggiato della RAI degli anni ‘70 (se non l’avete mai visto andatelo a ripescare, in questi tempi di serie TV, anche questa è invecchiata davvero bene), compresa la civetta presente anche nel magnifico medaglione esoterico e che oggi continua a essere parte dell’immaginario della band benché in forma 2.0, ossia stilizzata, i testi sono basati su libri, romanzi e storie di vario tipo, tra cui ovviamente quelli del primo che traggono ispirazione dallo sceneggiato stesso. E le copertine? Spaventose, davvero. Gli ingredienti ci sono proprio tutti.
Ah, dicevamo dei musicisti (da paura): oltre a Diego,
bassista e maestro di cerimonie della serata, abbiamo Riccardo Morello alla
voce, Davide Bruzzi nel duplice ruolo di chitarrista e tastierista, Roberto
Lucanato alla chitarra, Fernando Cherchi alla batteria e, questa sera, alla
fisarmonica (stupenda l’interpretazione di “Ghost Lovers in Villa Piuma”, che
chiude il primo album) e Beppi Menozzi alle tastiere. Come si suol dire: bravi
tutti.
Tra gli altri ospiti, per “Il Calice dell’Oblio”, tratta
dall’ultimo album “L’Incanto dello Zero”, abbiamo anche Dorian Mino Deminstrel
alla voce, cantante e mente dei Fungus Family, altra band della Black Widow che
costituisce un pezzo importante della storia del progressive genovese degli
ultimi 20 anni.
Completano la rimpatriata due Artisti che espongono le
proprie opere visual: Danilo Capua,
con alcune opere realizzate per la band, e Ksenja Laginja, presente con il suo
"Kairos Sensorium", un viaggio immaginifico tra fantascienza ed
esoterismo, simbologia e silenzio cosmico, dove la visione si unisce alle
proiezioni astrali con uno sguardo oltre l'umano.
Il concerto scorre velocemente e l’entusiasmo è tanto. La
resa dal vivo de Il Segno è un mix di energia, bravura tecnica e atmosfere
cupe. Non manca un certo umorismo “a denti stretti” nelle parole di Diego
nell’introdurre i vari brani, il che strappa più di un sorriso a varie riprese.
Una band compatta e potentissima che non dovreste perdervi mai e poi mai se
dovesse capitare dalle vostre parti.
Come diceva Lucarelli… Paura, eh?
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