CAFUNÉ - “Tra
le corde dei racconti”
Etichetta: M.P. & Records - Anno:
2025
Commento di
Andrea Pintelli
Cafuné, gruppo
musicale dalla magica Lunigiana. Terra a me molto cara, che spesso frequento
per sentirmi sempre più lontano dall’effimero e dall’inutile, è da sempre ricca
di storie e leggende tra l’esoterismo e la tradizione popolare. Un luogo
dell’importanza, insomma. I Cafuné si definiscono dei cantastorie di
folk-rock mediterraneo, ove tramite arpa celtica, chitarre, bouzouki greco,
voce femminile, basso, percussioni e flauto traverso si può intraprendere un
mistico viaggio musicale, una carezza tra le corde dei racconti. Proprio questa
carezza è il fulcro dell’intraducibile termine portoghese che dà il nome alla
band: un modo tenero e dolce di passare le
mani tra i capelli della persona amata, il coniuge, ma anche un figlio, un
bambino.
La loro musica è fatta di tenerezza, nebbie, non luoghi
ancestrali, interiorità tra sogno e reale, gesti e azioni a supportare un modo
sempre più raro di vivere la nostra esistenza, ma anche tantissima luminosità.
Con giusto richiamo al mondo pagano di cui siamo fatti da sempre, al di là
delle successive e varie religioni imposte spesso con la forza, il loro disco
intitolato Tra le corde dei racconti uscirà
impeccabilmente il 21 giugno, giorno del Solstizio d’Estate.
Magico e raffinato, coinvolgente e amabile, quest’album trasuda di
vita in ogni secondo del proprio cammino; un continuo incedere di delicate
narrazioni e adorabili novelle che sonoramente prendono spunto sia dal british
folk più classico (Fairport Convention, Pentangle, Fotheringay), sia da alcuni
episodi di wyrd folk albionico (Trees, Dr. Strangely Strange, Forest, Heron),
che dall’intenso (e sempre più vicino a noi) Oriente. Tornano alla mente le
meraviglie create da sua maestà Sandy Denny, soprattutto, imprescindibile per
chi si accosti a queste tematiche, ma i Cafuné creano il loro mondo, portandoci
nel loro scrigno segreto, ed è bene sottolinearlo. Prego, entriamo, perché è
con Cafunè, prima traccia omonima,
che si inizia. Chitarra di Antonio Pincione e soave voce di Irene Lippolis ad
accoglierci in maniera dolcissima, coadiuvati dal flauto di Floriana Benedetti,
ora soffuso, poi scatenato nel deciso refrain centrale e finale del pezzo, con
lontani echi di Andersoniana memoria. Fata
del Jazz, fosse cantata in inglese, non sfigurerebbe nella colonna sonora
di “The Wicker Man”, film capolavoro del 1973; si tratta di un mix di contesto
e clima psicologico che riporta a manifestazioni di antichissime origini, un
sabba cordiale e coloratissimo. La
Huesera è figlia indiscussa della tradizione, ed è una figlia bellissima.
L’arpa di Chiara Vatteroni, moglie di Pincione, si interseca perfettamente con
la sua chitarra e il preciso basso di Emanuele Casu, per poi proseguire da
assoluta protagonista del pezzo, insieme alla sempre evocativa voce di Irene. Aronte e la Sirena iniziano con flauto e
bouzouki ad annunciare la storia mitologica qui relazionata. Entra forte la
sezione ritmica, con l’ora nominata batteria di Michele Vannucci, in un gioco
d’insieme di cadenze che catapultano le anime in un universo altruista e mai vigliacco.
Follia rallenta il tiro e riporta ad
un incanto soffuso, che sfocia nel sinistro. Il giardino misterioso in cui
siamo è un impalpabile prato fiorito: mille profumi, mille sensazioni, guidate
da un flauto adulto e squisito. Il tutto si va versando, poi, nel calice di una
scatenata danza dalle percezioni wicca. Giordano
è affascinante, dal nucleo fino alla propria esteriorità, resa tale da un
insieme dorato fatto di arpa, voce, sonorità che travalicano il tempo. Caligo viene dall’area mediterranea,
anche come scelta stilistica e melodica. Si è molto più vicini al mare che ai
boschi, si è scaldati dal Sole estivo, si è avvolti dalla passione grazie al
pressoché esemplare andamento armonico. Alhambra
1492 è ancor più a sud, arabeggiante nel suo insieme. Un tappeto volante
carico di essenze speziate e pelli abituate a luccicare. Ninna Nanna, ultima canzone, è l’esemplare chiusura dell’opera. Da
ascoltare e riascoltare, anche per il testo davvero stupendo, seppur anche gli
altri siano di alto spessore, oggettivamente. Il gruppo intero si congeda così,
sperando che altri dischi del genere possano essere rilasciati presto e più
spesso.
Alla fine dell’ascolto, che è esperienza profonda e altamente consigliabile, viene da chiedersi come mai il nostro essere non è così, cioè come le atmosfere e i racconti di questo mirabile disco. Vivremmo senz’altro meglio, tutti e tutti insieme. Abbracci diffusi.
Tracklist:
1
- Cafuné (5:39)
2
- Fata del Jazz (3:41)
3
- La Huesera (4:01)
4
- Aronte e la Sirena (4:24)
5
- Follia (4:45)
6
- Giordano (3:00)
7
- Caligo (4:14)
8
- Alhambra 1492 (4:00)
9 - Ninna Nanna (4:50)
Componenti:
Antonio
Pincione - chitarra classica, chitarra acustica, bouzouki greco
Chiara
Vatteroni - arpa celtica
Irene
Lippolis - voce
Emanuele
Casu - basso elettrico
Floriana
Benedetti - flauto traverso, synth
Michele
Vannucci - batteria, percussioni
Registrazione
e missaggio a cura di Mirko Mangano presso Media Wave Studio di Massa (MS)
Musiche
di Antonio Pincione e Chiara Vatteroni - Testi di Chiara Vatteroni
Arrangiamenti:
Cafuné
Illustrazione
in copertina di Luca Merli
Fotografie
di Irene Malfanti
Progetto
grafico di Ondemedie
Prodotto
da Cafuné e Vannuccio Zanella per M.P. & Records
Distribuito
da G.T. Music Distribution di Antonino Destra
Edizioni
Musicali Micio Poldo
Per contatti col sottoscritto: andrea.pintelli@gmail.com
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