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giovedì 11 dicembre 2025

Generazioni in rivolta: il cammino che portò a Woodstock, di Antonella Oliveri

 


La strada verso Woodstock

Di Antonella Oliveri

 

Il cambiamento è una caratteristica specifica della vita sociale e, se è vero che tutte le società sono soggette a dinamiche di mutamento in qualunque momento della loro storia, è altrettanto vero che esiste un nesso molto stretto tra le generazioni e i processi di cambiamento. Per comprendere quale processo di mutamento sociale abbia portato al festival di Woodstock e ai “three days of peace and music” dell’agosto 1969, è necessario partire dalla generazione che ne è stata protagonista.

Quando si parla di generazioni occorre distinguere tra quelle in senso biologico e demografico, definite coorti, e il concetto di generazioni intese come insieme di coetanei che condividono determinate esperienze storiche, le quali si traducono nella nascita di particolari stili di pensiero, nello sviluppo di uno specifico lessico generazionale e in un insieme di esperienze e valori condivisi. Su questo significato di generazione si concentra l’opera del sociologo Karl Mannheim, che affronta l’argomento nel saggio Il problema delle generazioni (1928). Per Mannheim il dato biologico, cioè nascere, crescere e invecchiare, non è sufficiente per un’analisi: essa può essere condotta solo prestando attenzione ai processi storico-sociali entro i quali le generazioni nascono e si succedono. Egli individua tre strutture fondamentali: la collocazione generazionale, che riguarda individui che hanno condiviso lo stesso periodo storico e fatto esperienza degli stessi eventi; il legame generazionale, che indica la possibilità di partecipare attivamente ai destini e ai problemi comuni del proprio tempo; e l’unità di generazione, che si manifesta come risposta unitaria, determinata da affinità e esperienze condivise. Si è parte di una stessa generazione perché si partecipa a un destino comune: “Ogni generazione condivide il destino del proprio tempo, recupera il passato e si proietta nel futuro”.

La generazione che ha condiviso il grande mutamento sociale degli anni Sessanta e Settanta, opponendosi alla cultura e al sistema dominante e animata da un forte spirito di contestazione, è quella dei Baby Boomer, i nati tra il 1946 e il 1964. In particolare, i nati nella prima decade, dal 1946 al 1955, furono protagonisti delle grandi trasformazioni sociali e culturali di quegli anni. Essi rappresentavano una generazione numerosissima, frutto del boom demografico seguito alla fine della guerra, e beneficiarono anche del boom economico che garantì alle famiglie maggiori possibilità di istruzione per i figli. A metà degli anni Sessanta il numero di giovani studenti con accesso all’università era molto più elevato rispetto alle generazioni precedenti, e ciò contribuì a plasmare un contesto fertile per i movimenti giovanili.

Negli Stati Uniti il catalizzatore più potente fu la Guerra del Vietnam, che con il coinvolgimento militare e la leva obbligatoria alimentò un grande movimento pacifista. Le università divennero il fulcro delle proteste, fino a episodi drammatici come il massacro della Kent State University nel 1970, quando la Guardia Nazionale sparò sugli studenti. Parallelamente si svilupparono i movimenti per i diritti civili, che portarono alla nascita di gruppi radicali come il Black Panther Party, oltre la non-violenza di Martin Luther King Jr., e la controcultura hippy, il Flower Power, che rifiutava i valori borghesi e il consumismo. La musica divenne il linguaggio comune di questa cultura, il centro intorno al quale si muoveva la generazione, con eventi simbolo come Woodstock. Nel negare i valori dei genitori, gli hippy proponevano comunitarismo, vita in comune lontana dai modelli familiari convenzionali, spiritualità con interesse per filosofie orientali e ambientalismo, liberazione sessuale favorita dalla diffusione della pillola anticoncezionale introdotta nel 1961, e psichedelia, con l’uso di droghe come l’LSD per espandere la coscienza e accompagnare il rock psichedelico.

In Gran Bretagna la contestazione giovanile si manifestò nella rivoluzione culturale della Swinging London, che passava dalla musica dei Beatles e dei Rolling Stones alla moda di Mary Quant e alla rivoluzione sessuale. Nel resto d’Europa il Maggio francese del 1968 fu animato da spirito antiautoritario e opposizione al Vietnam, mentre la Primavera di Praga e la successiva invasione della Cecoslovacchia alimentarono la disillusione verso il modello sovietico.

L’uso di sostanze psichedeliche ebbe grande rilevanza in questa esplorazione di nuovi modelli. L’LSD fu utilizzato per amplificare la creatività e molti artisti, scrittori e musicisti ne fecero esperienza. Nacque così il rock psichedelico, con i Grateful Dead, i Pink Floyd, Jimi Hendrix, i Doors, i Jefferson Airplane e persino i Beatles. Negli Stati Uniti Ken Kesey, autore di Qualcuno volò sul nido del cuculo, fondò i Merry Pranksters e diffuse l’LSD attraverso viaggi e performance improvvisate. A New York conobbe Timothy Leary, psicologo di Harvard, che divenne figura centrale nella diffusione della sostanza. Leary, convinto che gli psichedelici potessero elevare il livello spirituale degli americani, fondò una comunità a Millbrook e ordinò grandi quantità di LSD e psilocibina dalla Sandoz. Quando nel 1965 le spedizioni furono interrotte, la produzione passò a laboratori clandestini che sintetizzarono milioni di dosi di “Orange Sunshine”. San Francisco divenne il centro della diffusione, con matrimoni hippy celebrati nei parchi e l’LSD come sacramento.

Le esperienze transpersonali indotte dagli acidi mettevano gli individui in connessione con gli altri, con la natura e con gli animali, rendendo inaccettabile l’omicidio e alimentando le proteste contro la guerra. Centinaia di migliaia di dosi furono distribuite persino ai soldati al fronte. Le manifestazioni pacifiste si intensificarono e l’LSD divenne simbolo dei movimenti di protesta. Nel 1967 la Summer of Love portò a San Francisco migliaia di giovani in cerca di pace e libertà. Il presidente Nixon arrivò a definire Leary “l’uomo più pericoloso d’America” e lo condannò a vent’anni di carcere per possesso di marijuana.

Nonostante la messa al bando dell’LSD nel 1966, la diffusione non si arrestò. Woodstock fu il luogo in cui tutti questi filoni si incontrarono: mezzo milione di giovani vissero tre giorni in una vera e propria utopia di pace, amore e libertà, dimostrando che un’alternativa, per quanto effimera, era comunque possibile.





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