RocKalendario del
secolo scorso – Dicembre
Di Riccardo Storti
1955 – 9 dicembre: Elvis Presley appare al B&I Club di Swifton, in Arkansas ed esegue il suo nuovo brano, Heartbreak Hotel. Annuncia al pubblico: «Sarà il mio primo successo». Dopo averlo registrato il 10 gennaio 1956, il singolo rimarrà al primo posto della Billboard Top 100 per sette settimane, nella classifica Country and Western per diciassette settimane e nella Cashbox Best Sellers per sei settimane.
Alla fine venderà oltre due milioni di copie e verrà inserito nella Grammy Hall of Fame nel 1995; nel 2004 sarà inoltre nominato uno dei “500 brani che hanno plasmato il rock and roll” dalla Rock and Roll Hall of Fame. A proposito della galassia Elvis, dieci giorni dopo Carl Perkins registra la sua Blue Suede Shoes: peccato che molti siano ancora convinti che questa canzone sia solo di Presley (ma quanto è stato sottovalutato Carl Perkins?).
1965 – Dal 3 al 6 si assiste ad una tripletta di uscite a dir poco rivoluzionarie. Partono i Beatles con Rubber Soul: non è ancora la svolta, ma dalla copertina “dilatata” si capisce lontano un miglio che i Fab Four si sono messi in marcia verso ampi orizzonti (pensiamo solo al sitar di Harrison in Norwegian Wood). Seconda botta: sempre il 3, l’esordio a 33 giri degli Who con My Generation: l’album, oltre alla già abbastanza nota (e provocatoria) title track, offre alcune rivisitazioni di song di James Brown e Bo Diddley, oltre a gemme di produzione propria, tra cui lo strampalato strumentale The Ox. In terza battuta, superiamo l’oceano e zompiamo in California, dove i The Byrds il 6 dicembre danno alle stampe Turn! Turn! Turn!, vero e proprio manifesto del nascente country-rock pre-psichedelico: tra Dylan, tradizione e scrittura musicale – per i tempi – coraggiosa e avveniristica (quelle Rickenbaker che si avvicinavano ai distorsori).
1975 – L’avvocato di Asti ci ha preso gusto, così, dopo l’esordio omonimo dell’anno precedente, ritorna con un nuovo album, sempre omonimo ma per nulla anonimo. Questo è il disco di Genova per noi (già interpretata in precedenza da Bruno Lauzi), di La topolino amaranto e di Avanti bionda; ma c’è pure la ricostruzione del Mocambo, il seguito di Sono qui con te sempre più solo (tanto che si parla di una vera e propria saga del Mocambo).
Paolo Conte ci racconta un mondo che non esiste più, affondato nei primi anni del dopoguerra o ancora prima, tra ritmi latini, suggestioni locali e immagini surreali. Quanto a (apparente) nostalgia, non è un caso che vi sia un cameo del Duo Fasano. Un LP di fattura molto scarna con strumentazione essenziale, eppure si sente la mano del musicista che, per il momento, sembra avere abbandonato la penna per gli altri al fine di dedicare un po’ di tempo a sé.
1985 – Sotto Natale e per almeno due settimane, risulta l’album più venduto in Italia. Mi riferisco a So Red the Rose, unico album degli Arcadia. Loro, non sono altro che tre Duran in pausa di riflessione (ma non di creatività) ovvero Simon Le Bon, Roger Taylor e Nick Rhodes. Il disco, in realtà, era uscito alla fine di novembre, ma il boom si fece sentire dopo, tanto che vendette quasi un milione e mezzo di copie nel giro di poco tempo.
Qualcuno – con un briciolo di cattiveria critica - lo giudica il migliore album dei Duran Duran, (proprio perché quella sigla non c’è). Si trattò comunque di un album pop corazzato e ben pianificato, visto che Le Bon e compagni erano ormai famosissimi. L’investimento fu notevole, tenuto conto dei musici che ci girano dentro (Sting, Hancock, Gilmour, Grace Jones e i turnisti Carlos Alomar e Mark Egan); quanto alla qualità, restiamo nel mainstream: c’è qualche ambizione, che poi concretizzerà in Notorious. Se lo paragoniamo all’altro coevo spin-off duraniano (l’ottimo one shot dei Power Station), So Red the Rose non regge il confronto, ma resta un prodotto assai rifinito. Un prodotto da vendere. L’hit Election Day fu un successone, come testimonia anche il video tratto da una serata di Fantastico di 40 anni fa.
1995 – 4 dicembre. In occasione dell’uscita del documentario e del cofanetto Anthology, i Beatles ritornano in classifica con un “nuovo” singolo, Free as a Bird. In realtà, la canzone venne registrata tra le mura domestiche da John Lennon nel 1977: questo brano venne ceduto da Yoko Ono a Paul McCartney che, con la promozione dell’Anthology, pensò bene di chiamare Harrison e Starr per arrangiarla e dare vita ad un’incisione inedita partendo dalla voce – isolata – di Lennon.
La traccia, nel corso degli anni, ha subito ulteriori remix, l’ultimo proprio nel 2025, quando Jeff Lynne (ELO, già coinvolto nella produzione del 1995) ha provveduto ad un ulteriore restauro. Bellissimo il video che cita la storia dei Beatles – è proprio il caso di dirlo – a volo d’uccello.






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