80 MUSICA
(da farvi ascoltare). Preludio
di Riccardo Storti
Esiste un luogo comune per cui la
musica migliore è sempre quella del passato. Corollario all'assioma: oggi la
musica è morta, vive solo quella commerciale, la gente non sa più ascoltare e i
musicisti non sono più quelli di una volta, etc. Più che un concetto, è un
sentimento e, come tale, è felicemente destituito di qualsiasi fondamento
critico. Preciso: un “sentimento del tempo”. Basta pensare al famoso adagio più
diffuso tra le schiere di appassionati brizzolati ex capelloni: “Come negli anni Settanta...”. Rovescio
della medaglia (no, il gruppo non c'entra): “Il guaio di tutto sono stati gli
anni Ottanta”. E via di questo passo.
Il sentimento, per quanto lo
vogliamo accrescere di obiettività, sentimento rimane e la musica migliore pare
sempre quella di quando eravamo ragazzi.
Io stesso - fratellino minore
della generazione 70 -, proponendovi una rubrica sugli anni Ottanta, rischio di
cadere nello stesso tranello emotivo, se non fosse che, per me, gli anni
Ottanta non sono stati il decennio della migliore musica. Come non lo sono
stati i Settanta. Così i Sessanta. Così - che ne so... - gli anni Venti, quando
agivano Stravinskij, Schönberg e i primi jazzisti. Questo per sottolineare,
quasi come in un negativo fotografico, che ogni epoca ha offerto al proprio
pubblico prodotti creativi di alta qualità artistica (e contorni di fuffa).
Mi piace
dedicarmi ai tanto vituperati anni Ottanta, ovviamente perché li ho vissuti in
prima persona e, sia chiaro, inizialmente, da orfano della buona musica. Questo
sì... Perché i canali ufficiali ti bombardavano di proposte imbarazzanti
talvolta aliene da priorità musicali, nonostante quei materiali si chiamassero
“canzoni”. Allora il carburante dei fratelli maggiori ti consentiva ancora
chilometri e chilometri di salutari viaggi sonori. Ecco perché nel mio walkman
giravano (fisicamente) cassette dei Beatles, The Who, King Crimson, PFM, Banco,
Yes e Genesis. Ma la buona musica la cercavo, come si cerca Dio. A poco a poco,
mi accorsi che esisteva il rock del mio tempo, pur completamente scollegato
dagli altarini magnetofoni citati. Rock, forse è troppo radicale, semmai un pop
rock di elevato valore che toccava i Police, gli Smiths, gli U2, i Japan, David
Sylvian, gli Style Council, i Dire Straits e i Prefab Sprout. Inoltre: non
tutto il funky finiva resettato dallo sciacquone dell'edonistica discomusic; e
una band come i Level 42 mi spinse ad avvicinarmi prima alla fusion, poi al
jazz, quindi ad incontrare quel gigante di Miles Davis. Intanto alcuni reduci
degli anni Settanta non sbagliavano un colpo (Frank Zappa, Peter Gabriel, i
nuovi King Crimson minimal, Paul McCartney, Deep Purple, Rush e Weather Report)
e l'ala dura dell'hard fattosi heavy cominciava a generare insuperabili campioni
(Iron Maiden, Van Halen, AC/DC e Saxon).
Discutibile?
Questo è il bello. E questa sarà la ricetta mensile che vi presenterò da queste
fertili colonne: un musicista o un gruppo attraverso una sintesi della sua discografia
anni Ottanta. Non mancheranno le sorprese, d'altra parte ho tanta musica da farvi ascoltare.
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