Usciva il 20 febbraio 1976 negli
States, contro ogni previsione, (in UK era uscito il 2 febbraio), "A Trick of the Tail", primo album dei Genesis dopo l’abbandono di Peter Gabriel.
L’idea iniziale di Phil Collins era quella
di fare un disco completamente strumentale, ma “fortunatamente” fu bocciata
dagli altri.
Poi, visto il naufragio dei provini
per un nuovo cantante, decisero che in fondo la voce di Phil poteva limitare i
danni!
La copertina di Colin Elgie raffigura
vari personaggi, ispirati ai testi dell’album.
È l’inizio di Genesis 2.0!
Di tutto un Pop…
Wazza
Recensione dalla rete…
Febbraio 1976: stormi di giornalisti
specializzati, neri come uccellacci del malaugurio, annunciavano la prossima
fine dei Genesis a partire da questo album. Del resto, se n'era andato dal
gruppo un certo Peter Gabriel, non so se rendo l'idea... con il senno di poi,
quasi trent'anni dopo possiamo dire che i becchini dei Genesis dovevano ancora
allungare il collo per parecchi anni, e non solo grazie alle famigerate
"canzonette di Phil Collins", che negli anni '80 tennero in vita, un
po' svuotato, il prestigioso marchio, ma piuttosto grazie alla presenza tra i superstiti
di due musicisti seri, anche se non molto carismatici, come Tony Banks e Steve
Hackett.
A Phil Collins, ancora ben lontano
dall'imporre il suo stile "easy listening", va però il grande merito
di aver costituito la soluzione al problema che sembrava più insolubile: e ora
chi canta? Sempre con il senno di poi si può pensare: ma come hanno fatto a non
accorgersi che una voce più "gabrieliana" di quella di Peter Gabriel
ce l'avevano in casa? (peraltro Phil aveva già all'attivo qualche piccolo
precedente vocale). Sia come sia, la soluzione più naturale fu poi quella
attuata in "A trick of the tail" che dal punto di vista
dell'inventiva melodica mantiene i Genesis su quei livelli di fantasia
straripante, a tratti quasi barocca, che aveva incantato nei primi anni '70.
Caso mai sono i testi a perdere un po' del loro fascino surreale, ed è qui che
si sente l'assenza di Peter Gabriel.
Ma l'imprevisto è in agguato e Mike
Rutherford, che è un po' il "manovale" del gruppo, inventa non si sa
come lo "Squonk", mostriciattolo che piange continuamente per la sua
bruttezza ed è perennemente inseguito dai cacciatori, ma appena questi lo
raggiungono si dissolve in lacrime. Roba degna delle migliori favole
gabrieliane.
"Squonk" è il pezzo
decisamente più rock, con un grande Phil Collins alla batteria; altri brani
veloci, dalla ritmica un po' più complessa, sono "Robbery assault and
battery", con Banks che sfoggia due assoli di sintetizzatore da urlo, e
"Dance on a volcano", dal finale tiratissimo e così moderno da non
sembrare roba del '76. Ma il nocciolo è costituito da composizioni di grande
dolcezza, come "Entangled", un trionfo di chitarre acustiche che
gradualmente lasciano lo spazio ad un poderoso finale "corale" (è il
mellotron di Tony Banks che fa queste magie).
Bellissima, di una tristezza oserei dire ciajkovskiana è "Mad man moon", tipica composizione alla Banks, con inizio sommesso, ponte centrale sinfonico e ripresa del tema iniziale. Struttura simile ha anche "Ripples", con un inconsueto (per i Genesis) ritornello orecchiabile; a dare i brividi è però il ponte centrale, strumentale. Ottima anche "A trick of the tail", ballata un po' meno acustica delle precedenti.
Viene inaugurata anche l'usanza
genesiana di fare una specie di riepilogo finale dei principali motivi. Qui è
"Los endos" a svolgere la funzione di collage strumentale di temi
tratti da "Dance on a volcano" e "Squonk", legati da un
connettivo ritmico tiratissimo e trascinante (Phil Collins in questo frangente
furoreggia).
Difficile se non impossibile trovare un punto debole: il funerale dei Genesis è rimandato a data da definire.
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