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mercoledì 10 febbraio 2021

ASPIC BOULEVARD - “MEMORY RECALL OF A REPLICANT DREAM”

ASPIC BOULEVARD

“MEMORY RECALL OF A REPLICANT DREAM”

Di Andrea Pintelli 

Articolo già apparso su MAT2020 di dicembre 2020

Libertà. Questa è la sensazione che fin da subito ho captato durante l’ascolto di “Memory Recall of a Replicant Dream”, disco dei siciliani Aspic Boulevard, aka Marco e Alessandro Barrano, al loro debutto con questo moniker. Non nuovi ai territori musicali, questo lavoro esce per la Blow Up Records di Londra, la quale aveva già prodotto il precedente lavoro di Marco a nome Daiquiri Fantomas, ossia “MHz Invasion” del 2013. Quindi libertà: esecutiva, esplorativa, di pensiero, d’intenti, d’orgoglio, mai ingabbiata in un solo significato (e mai derivativo). Il duo, utilizzando massicciamente strumentazione vintage (banjitar, theremin, circuit bending, sintetizzatori), strumenti ordinari (chitarre, basso, tastiere) e percussioni elettroniche e non (es. bongos, tamburo parlante, djembe) riesce nel difficile compito di catapultarci nello spazio più profondo, in meandri inesplorati della nostra mente, aiutandoci con idee e spunti prodigiosi. Certo, si denotano i riferimenti alla musica cosmica tedesca (la vera novità artistica europea del dopoguerra), alla Musica Concreta degli anni ’40 (fredda, ma solo all’apparenza, basata su esperimenti acusmatici di maestri come Denis Dufour, Pierre Schaeffer e Werner Kaegi), ai film sci-fi degli anni ‘50, ma soprattutto, e lo sottolineo, agli Aspic Boulevard i quali sono in linea diretta col loro universo particolare, una strana e strabenedetta chimica che solo fra fratelli si riesce a stabilire. Anzi, in alcuni passaggi si denotano palesemente le loro affinità elettive, dense, mirabili, più uniche che rare. Negli anni ‘60 sarebbe stato identificato come un trip; ora una fuga verso lidi migliori, senz’altro via da questo mondo ingolfato dalla criminalità umana. In silenzio, senza polemica alcuna. 

Marco e Alessandro-Barrano

Undici mondi paralleli, più una ripresa ad uno di essi, costituiscono l’ossatura di quest’opera (non mi viene da descriverla di altro modo, visto il suo peso specifico). “Interference”, nemmeno un minuto per prepararci alla partenza verso l’ignoto ed è già “En Plein Air” a prendere il sopravvento, in una sorta di onirico e stranissimo déjà vu verso le piste da ballo di fine anni ‘70 condite con atmosfere nette e concrete grazie all’uso sapiente delle tastiere. “Akragas” ha in sé le radici siciliane della loro immensa e magnifica cultura, un esercizio di stile che non può che meravigliare. Una colonna sonora di un film in divenire, come se Fabrice Quagliotti suonasse nella piazza principale di Agrigento. “Les Étoiles de Lascaux” è la personalissima visione che i fratelli Barrano danno alle sonorità lounge, riattualizzandole in una sorta di easy listening d’oggigiorno. Debitrice nei confronti dei grandissimi maestri di questo movimento che ha fatto la fortuna dei film italiani degli anni ‘60 e ‘70. Così, giusto per ricordare che non è esistito solo il genio Morricone, ma che anche altri compositori meriterebbero gli altari della gloria (Umiliani, Cipriani, Alessandroni, Micalizzi, Ortolani, giusto per fare qualche esempio). Ecco, gli Aspic Boulevard, qui, sono i loro nipoti psichedelici. “Aerial Steam Horse”, ossessiva e ripetitiva, è proprio quella musica concreta che ho citato poc’anzi. Mai rubata, mai copiata, solo la versione che i nostri danno a quell’ambito. “Electromagnetic Playgound”: avete presente fare l’amore sotto effetto lisergico? Provateci, non fa necessariamente male. A patto di non farvi mettere incinta dai Kraftwerk in compagnia di Klaus Schulze. “Kubernetikós” è l’Oriente, facente parte da secoli delle radici siciliane, che si sposa con l’elettronica d’avanguardia. I Barrano, utilizzando percussioni vere e drum-machine, riescono a regalarci questo magico incontro. I mondi che si incontrano? No, i mondi che si mischiano in pace. Volutamente e finalmente. “M42 Nebula”, forse la traccia più “complicata” del disco, è frutto di profonda e sapiente ricerca sia sonora, sia culturale. Affrontata come un misterioso passaggio dimensionale, ha nelle sue corde gran parte della filosofia che muove gli Aspic Boulevard. Un mélange ricco e wyrd. “Refraction, Diffraction, Polarization”, declamata con voce elevata da un ottimo vocoder, è calma e rilassante, degna prosecutrice della stazione precedente. Ambient per sale d’attesa aeroportuali futuristiche. “Urania”, prossimo brano che Dario Argento dovrebbe utilizzare per il suo capolavoro definitivo, è senza dubbio il picco dell’album. Sognante, ansiosa, obliqua, è un delicato incubo sonoro. Non abbiate timore, fa parte di tutti noi. “Fractals” potrà risultare cara ai Progsters più fondamentalisti, visto l’uso che i Barrano fanno delle tastiere e comunque grazie al suo giro brillante e deciso. “Akragas (reprise)”, come dice il titolo è una ripresa della terza traccia, ma qui viene sviluppata ulteriormente, fino a farla diventare qualcos’altro. Echi di Cluster, percussioni insistenti e protagoniste, gioie del domani che arriverà. Perché l’alba rinasce sempre. Sempre. Abbracci diffusi. 




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