''Per conoscere me e le mie
verità, ho combattuto fantasmi di angosce con perdite di io.
Per distruggere vecchie realtà ho
galleggiato su mari di irrazionalità.
Ho dormito per non morire, buttando i
miei miti di carta su cieli di schizofrenia''
(No U Turn)
Altro bruttissimo giorno, per la
musica, l’arte la bellezza… ci lascia anche Franco
Battiato. Un genio che ha lottato contro tutti i pregiudizi degli
anni’70 - quando “sperimentava” - per diventare il grande artista che tutti
conoscono.
Amico dei fratelli Nocenzi del Banco
dai tempi remoti della RCA sulla via tiburtina a Roma. Nel 2015 incise con il
Banco il brano “Imago Mundi”, contenuto nel booklet dei 50 anni di Darwin (
Grande dispiacere
RIP
Wazza
(dalla rete)
Non è guarito dalla malattia canaglia
- si era detto alzhheimer, si era detto di tutto, in verità - che l'aveva
portato via dalla canzone, dalla parola, dalla sua Sicilia Franco Battiato da
Riposto (allora Ionia), in provincia di Catania, dov'era nato il 23 marzo 1945.
E la sua assenza apre ferite mai rimarginate, scuote il mondo in estinzione
della canzone d'autore storica italiana. Oggi risuoneranno le sue canzoni in
tutta Italia, si dirà, ed era vero, che per molti di noi è stato e resterà un
«Centro di gravità permanente» e che nessun j'accuse scosse l'Italia
berlusconizzata quanto il suo lancinante grido di «Povera patria», come quello
sconsolato sguardo su una primavera che tardava ad arrivare.
Lo ricorderemo come un Giano Bifronte
della nostra cultura popolare - alzati, che sta passando la canzone popolare,
quella che segna nel corpo una nazione, non quella delle cofecchie d'accademia
e degli happy few sempre happy e sempre più few - insieme sperimentale e pop,
alternativo e mainstream, autore e interprete (cos'era quando intonava i lied,
«Amore che vieni, amore che vai», «Ruby tuesday», «La chanson de vieux amants»
e, soprattutto, «Era de maggio»). Nel bombardamento dei coccodrilli senz'anima
si racconterà di come ci abbia permesso di tenere insieme la ricerca dello
spirito («Un oceano di silenzio») con quella dell'amore terreno anzi carnale
(«Tra sesso e castità», «La cura»), il pop più raffinato e sospeso («E ti vengo
a cercare») col rock più corposo e d'impatto («Shock in my town»).
Uno, nessuno e centomila come il
corregionale Pirandello, Battiato ha sfidato «Il vuoto» e «I giorni della
monotonia», alieno nella routine canzonetttara sin dai titoli, dei dischi,
delle canzoni. Convinto, come i filosofi della Magna Grecia a cui era fiero di
appartenere, che «Niente è come sembra» ha recuperato la filosofia sicula in
«Il cammino interminabile» come l'esplosione futurista in «Strani giorni». I
testi delle sue canzoni, non solo quelli firmati da Manlio Sgalambro, sono
ricchi di citazioni/allusioni/giochi di parole quanto un libro di Eco, si
muovono tra filastrocche leggerissime («Cuccurucucu», «L'era del cinghiale
bianco»), la leggerezza convive con la profondità, il piacere epidermico con la
colta consapevolezza di un ex avanguardista convertito alla comunicazione
popolare, le melodie sottili ma inesorabili con improvvisi rovelli elettrici
e/o segni del futuro digitale prossimo venturo.
Lui, che cantava seduto nella
posizione del loto su un antico tappeto persiano, ha provocato il mondo da cui
veniva (le avanguardie) con la filastrocca dedicata a «L'era del cinghiale
bianco» e, da quel punto, conquistato anche il primato delle hit parade e dei
festivalbar ha punzecchiato il nuovo pianeta su cui era sbarcato con
non-canzoni come «L'anima dolorante di Nietzsche», sinfonie elettroniche e muri
di chitarre memori di Glenn Branca e dei Sonic Youth prima maniera. Negli
ultimi tempi d'attività si era sentito più regista (d'élite) che musicante di
massa ma era comunque bellissimo perdersi nel suo incantesimo.
Organizza la tua mente in nuove dimensioni
Libera il tuo corpo da ataviche oppressioni.
Non prestare orecchio alle menzogne
non farti soffocare dai maligni
non ti nutrire di invidie e gelosie.
Ho incontrato proletari completamente
ignoranti, con un fascino e una intelligenza straordinari. E mi commuove sempre
la gente che ha sensibilità, che si accorge dell’esistenza degli altri; delle
persone che non sono e non vivono in una situazione tribale come quella che sta
vivendo la società oggi.
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