CIRO PERRINO
“ABSENCE OF TIME – Vol. 1”
Ed ecco ciò che non ti aspetti,
ossia una mail di Ciro Perrino che, con
la solita grazia, ti annuncia che ha pubblicato un nuovo disco.
“Absence
of Time – vol 1” è uscito lo scorso aprile e fa parte, come suggerisce
il titolo, di una serie di lavori che il prolifico maestro dedicherà a musiche
destinate al rilassamento, alla meditazione e all’ascolto attivo, atte a
promuovere benefici emozionali e creare paesaggi interiori che possano favorire
la pace e la serenità.
Definire prolifico il buon Ciro è
dir poco, piuttosto un vulcano di idee che si concretizzano continuativamente.
La sua storia era già stata raccontata anni fa in un bellissimo articolo a lui
dedicato, sottoforma di intervista fatta dal sottoscritto; si spera, dunque,
che l’opera dell’artista sia cosa nota ai più, giusto per iniziare a sviscerare
i contenuti di questo album.
Composto da sei tracce di media
lunghezza, per permettere all’ascoltatore di immergersi in sé stesso, il disco
si apre con “New Path”, delicata e ricercata. Linea melodica a
cui Ciro aggiunge in maniera sapiente delle gocce di poetica bellezza.
Tintinnii evocativi che, a braccetto con archi melliflui, riescono nell’impresa
di risvegliare la coscienza da un torpore che quotidianamente ci affligge. Una
ricetta scaccia-stress che funziona davvero, pensata e realizzata in un mondo
parallelo al nostro.
“Spirits of the Woods”,
nel bosco a fare compagnia alla nostra anima, riappropriandoci della parte
immateriale del nostro essere. Ci sono gli elementi sulfurei dei richiami
d’altrove, un ruscello ch’è vita, le luccicanti ciglia del Sole che filtrano
attraverso l’immenso verde, la fauna che si annuncia in ogni dove. Noi al
centro? No. Noi parte del tutto. Niente e nessuno escluso, il giorno e la notte
compresi.
“Only One Way”, no another. C’è solo un
modo per raggiungere il benessere: tramite la serenità. Che va cercata,
rincorsa, voluta. Una volta raggiunta è lì che bisogna stare. Si parte
dall’accettazione altrui, dall’aiuto in principio di gratuità, dalla gentilezza
spirituale. Il brano che ci accompagna simboleggia l’abbraccio perenne che
dobbiamo a noi stessi per permettere di camminarci. Non un sogno, ma una strada
da percorrere verso la rivelazione.
“Space Boundaries”:
esiste una delimitazione all’infinito? Può essere accettabile che ci sia un
confine? Sperare di vagare non porta a nulla, piuttosto andare a ricercare
l’armonia attraverso il suono, potrebbe essere un tentativo. Guardare e
guardarsi, vivere e viversi, parlare e parlarsi, per andare oltre. Anche ai
cosiddetti confini.
“Far Oceans” è
ammaliante, come le voci delle sirene che la popolano. Sempre guardarsi da
esse, ma a volte possono essere una guida per portarci fin oltre lo
sconosciuto, verso nuove possibilità d’esistenza, in luoghi di favolosa
concordia. Quel “qualcosa” ci è poi rivelato con “Underwater Worlds”,
dove il finalmente è davanti ai nostri occhi. Un viaggio attraverso sé stessi
che, in assenza del fattore tempo e grazie a geniali intuizioni, arriva dove il
desiderio si è legato alla ricerca, dove il noto è superfluo, dove il mondo
sommerso è nuovamente vivo e pronto ad accoglierci.
Ed è solo il primo volume di
questo straordinario itinerario.
Grazie Ciro. Ti lascio alle tue
parole:
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