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domenica 23 novembre 2025

RocKalendario del secolo scorso – Novembre


 

RocKalendario del secolo scorso – Novembre


1955 20 novembre. Dopo che lo staff del The Ed Sullivan Show gli aveva chiesto di cantare Sixteen Tons, Bo Diddley eseguì, senza avvertire, Bo Diddley nel programma televisivo della domenica sera. Sullivan ne fu talmente infuriato che Bo non sarebbe mai più stato invitato. Il cantante ricordò in seguito: «Ed Sullivan disse che ero uno dei primi ragazzi di colore a non averlo mai fregato, per questo si fidava di me. Aggiunse che non sarei durato sei mesi». 

Diddley dimostrò che Sullivan si sbagliava, pubblicando undici album tra il 1958 e il 1963 ed entrando nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1987. Quanto all’alterazione di Sullivan, pare che il motivo non fosse poi di natura “censoria” (benché la canzone abbia in sé allusioni a contenuti “scomodi”), ma solo organizzativa (i palinsesti all’epoca erano assai rigidi).

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1965 – “La gente cerca di metterci sotto

Solo perché noi gli stiamo intorno

Le cose che loro fanno sembrano terribilmente fredde,

Spero di morire prima di diventare vecchio.”


Così Roger Daltrey, il frontman degli Who, racconta la sua generazione con voce aggressiva. Sullo sfondo, i suoi compagni, gli fanno il controcanto con un coretto apparentemente innocente, ripetuto come un mantra (Talkin’ about my generation”). 

È il 20 novembre e, come un pugno nello stomaco, la Decca lancia sul mercato una canzone destinata a diventare un inno generazionale a lunga gittata (visto che qui dentro ci sono pure parecchi semi che fioriranno oltre dieci anni più tardi). E quello degli Who è un rock innovativo, pure sotto forma di un 45 giri: si era mai sentita una song con un assolo di basso, buttato nella mischia?

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1975 – Non è facile scegliere un disco, perché fu un novembre ricchissimo. Vado a sentimento e mi soffermo sull’album solista del bassista degli Yes Chris Squire che il 21 novembre dette alle stampe Fish Out Water. Probabilmente è l’album migliore prodotto dai progetti individuali dei componenti storici della band britannica. 

Fish Out Water possiede in sé la natura dell’album mancato degli Yes tra Relayer e Going for the One: 5 composizioni avviluppate intorno a testi immaginifici su arrangiamenti (anche orchestrali) di livello sopraffino. Ci sono tutte le carte per urlare al capolavoro e, a distanza di 50 anni, sarebbe anche l’ora di ascoltarlo quel grido di meraviglia. Tra i musicisti, Mel Collins (King Crimson), Jimmy Hastings (turnista per i Caravan e Patrick Moraz e Alan White degli Yes. Da riscoprire.

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1985 – Ritornano gli Asia, rinnovati e, al tempo stesso, restaurati. Riassunto delle puntate precedenti: il supergruppo sbanca nel 1982 con il primo disco omonimo e, un anno dopo, con Alpha (singoli di successo, da Heat of the Moment a Don’t Cry). La ricetta piace perché mescola il mestiere di 4 senatori del prog (Downes, Howe, Palmer e Wetton) alla richiesta di pop mainstream da parte di una casa discografica (la Geffen) attenta a mettere a segno il colpaccio per la MTV generation. 

Poi, dopo Astra, arrivano i casini interni che portano all’allontanamento di Wetton e al soccorso provvisorio (live) di Lake, quindi, nel 1984 a fare le valigie è Steve Howe, rimpiazzato dal chitarrista svizzero Mandy Meyer dei Krokus (portatore di uno stile heavy). Nel frattempo, ritorna Wetton che, con Downes, è il maggior compositore dei nuovi brani destinati a confluire nel nuovo disco Astra in uscita per l’11 novembre (con immancabile cover art di Roger Dean). L’idea è quella di alimentare la filiera di successi iniziata nel 1982, ma lo stesso singolo di traino Go (con tanto di video distopico alla Blade Runner), seguito nel 1986 dalla ballad Wishing, non sortirà l’effetto sperato: ricezione freddina di pubblico e critica, nonostante l’impegno profuso. Probabilmente non è più tempo. Curiosità: l’album doveva intitolarsi Arcadia ma un uccellino fece sapere ai produttori che alcuni componenti dei Duran Duran stavano dando vita ad una side-band con quel nome, così, per non creare confusione, preferirono chiamare l’LP Astra.

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1995 – Strane ricorrenze in casa Queen, a novembre. Proprio quando Squire pubblicava il suo LP, nella stessa data i Queen uscivano con A Night at the Opera. E il 6 di vent’anni dopo, si mette definitivamente la parola “fine” alla mirabolante avventura con Freddy Mercury, sigillando il suo testamento musicale con Made in Heaven. Il performer, poco prima di morire, aveva lasciato ai suoi sodali parecchie tracce inedite con l’invito agli stessi di curarne le parti musicali dalla composizione agli arrangiamenti. Così, a due anni dalla dipartita (avvenuta il 24 novembre 1991), May, Deacon e Taylor si chiusero in studio per lavorare ai brani: si trattò di un lavoro intenso che ebbe naturale esito il 6 novembre 1995 con Made in Heaven

La copertina evocativa, che ritrae la statua di Mercury all’alba (quella a Montreaux sul lago di Ginevra), è l’emozionante paratesto di un disco finalizzato a raccogliere le ultime gemme di una delle presenze più importanti della storia del rock. Inutile aggiungere che Made in Heaven ebbe un vasto successo, anche grazie ai sei singoli di raccordo (Heaven for Everyone, A Winter’s Tale, Too Much Love Will Kill You, I Was Born to Love You, Let Me Live e You Don’t Fool Me).

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