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domenica 9 novembre 2025

Nuova Era – "20.000 leghe sotto i mari". Commento di Roberto Vanali



 Nuova Era 

 20.000 leghe sotto i mari

 2025 

di Roberto Vanali

Il ritorno dei Nuova Era alla produzione discografica rappresenta uno scossone per il panorama del rock progressivo italiano. Uno scossone che, per intensità, potremmo paragonare a un sisma sottomarino — e mai metafora fu più appropriata, visto che il concept è un’epopea sonora ispirata all’immortale romanzo di Jules Verne, 20.000 leghe sotto i mari: una storia che da tempo meritava un’interpretazione in chiave progressive all’altezza della sua grandezza.

Il quartetto – guidato dal tastierista e compositore Walter Pini, affiancato da Alex Camaiti (voce e chitarra), Rudy Greco (basso) e Maurizio Marra (batteria) – dopo anni di navigazione silenziosa, pubblica il proprio sesto album, dimostrando una coesione e una maestria indispensabili per affrontare un compito non da poco. La loro non è una semplice rispolverata: è un’eredità che viene onorata e proiettata in un presente vivido, sostenuta da una visione artistica cristallina.

Il cuore pulsante dell'album è la title-track, una suite di oltre trentasei minuti che si candida fin d’ora a essere uno dei vertici della loro produzione. Fin dai primi istanti – con il canto, forse non troppo inedito, dei gabbiani che ci fanno immergere nel concept – veniamo catapultati in un viaggio sonoro vario e multiforme.

Pini sfoggia un corredo tastieristico di grande ricchezza: l’organo Hammond maestoso che guida tenendo il timone ben fermo, i synth che innalzano muraglie sinfoniche riportandoci alle migliori tradizioni degli anni Settanta. La composizione è una sinfonia di contrasti: passaggi eleganti, magari di piano, archi e ottoni sintetizzati, si rivolgono ai riff taglienti di Camaiti, e con questi si intrecciano, si rincorrono, si allontanano e si ritrovano.

Le ritmiche di Marra e Greco, puntuali e varie si muovono nella migliore tradizione di quando il progressive sa essere complesso e leggibile assieme.

La voce di Alex Camaiti, chiara e precisa, è un elemento narrativo essenziale: riesce a tenere il filo del racconto anche nelle sezioni più complesse, sui testi scritti in parte da James Hogg e in parte dallo stesso Camaiti. Ricco ed esplosivo il finale, un crescendo melodico di duetti tastiere/chitarra sempre convincenti.

Segue Nautilus, seconda traccia e bonus di sedici minuti, composta da un Pini appena diciassettenne e rimasta finora inedita. Il brano si inserisce nel CD senza nulla da invidiare alla suite principale. Se l’epopea che dà il titolo all’album rappresenta il viaggio nelle oscurità degli abissi, Nautilus è l’azione che unisce la superficie alle profondità del mare.

Pur essendo una composizione più accessibile, non rinuncia a parti di maggior complessità e resta sempre godibile e interessante. In certi momenti si orienta verso temi più robusti, dai tratti hard rock, sorretti da riff che evocano band i cui nomi abbiamo nel cuore, mantenendo però intatta l’anima sinfonica grazie alle variazioni di tastiera e a un intreccio chitarristico in bilico tra Gilmour e Hackett. La seconda parte sorprende virando, con un tributo brillante e deciso, verso sonorità che nell’adolescenza abbiamo imparato ad associare ai Deep Purple; da qui si approda a una chiusura articolata, tra temi distorti e passaggi dai tratti liberi.

Questo è, a tutti gli effetti, un album di Walter Pini, senza dubbio, ma il merito va all'intera formazione, che ha saputo costruire strutture ritmiche e armoniche capaci di sostenere i dettagli di queste poderose suite. La musica è ambiziosa e orgogliosamente ferma nella sua precisione esecutiva.

In sintesi, evidenziando il coraggio di affrontare un concept impegnativo, sottolineo come i Nuova Era, con questo lavoro, non si sono limitati a celebrare il proprio passato, ma aggiungono un capitolo essenziale – e, a mio avviso, tra i migliori di sempre – alla loro discografia.



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