" Non bisogna produrre
capolavori, bisogna essere capolavori."
(Carmelo Bene)
21 dicembre 2015
Ci sarai sempre... Buon viaggio, Capitano
WK
(Ricordo di Alessandro
Zorco - fan del BMS)
Mi ricordo Francesco
Di Giacomo a Cagliari, in una delle tante Feste dell’Unità che all’inizio degli
anni Ottanta venivano organizzate alla Fiera internazionale. Probabilmente era
una sera di fine estate, ma pioveva. Mi pare piovesse sempre quando insieme ai
miei amici percorrevo a piedi tutta Cagliari, da piazza Giovanni, per andare a
sentire i concerti. Anche quando aveva suonato Fabrizio De Andrè, qualche sera
prima, aveva piovuto. Il palco era riparato da un grande gazebo bianco: loro
suonavano e tutti noi ascoltavamo sotto la pioggia. Pioveva anche quando aveva
suonato Antonello Venditti con il pianoforte bianco. E noi, sotto, a prendere
acqua a scascionate. D’altronde a
diciott’anni, dopo esserci imboscati
scavalcando gli altissimi cancelli della Fiera o, nella migliore delle ipotesi,
aspettando l’apertura di un cancello sul retro,
non pretendevamo assolutamente nulla di più. I nostri sogni e il nostro entusiasmo bastavano e avanzavano per
superare qualsiasi intemperia.
Francesco Di Giacomo,
a Cagliari, aveva cantato con il Banco del Mutuo Soccorso in uno di quei giorni
di pioggia. La pioggia quella sera, però, era troppo forte. Pioveva a dirotto.
E sul palco, anche se c’era sempre
quel grande gazebo bianco, non si poteva suonare. Allora gli organizzatori decisero di spostare strumenti e
amplificatori in uno dei padiglioni dove fu allestito un palco di fortuna.
Ricordo fu un’attesa interminabile. Lo spettacolo
iniziò tardissimo. Ma quella volta il
ritardo non era dovuto ai capricci della star di turno che si faceva desiderare
prima del concerto. Francesco Di Giacomo, leader e voce solista del Banco del
Mutuo Soccorso, carattere schivo e riservato, non era proprio quel che si
diceva una persona capricciosa.
Intervistato da
Libera.tv, aveva fatto da persona
sensibile e molto amareggiata una disamina
spietata di quel che è diventata
oggi la società italiana, quasi quarant’anni
dopo che gli Area di Demetrio Stratos, altro leader carismatico della
musica di quel periodo, parlavano di Gioia e Rivoluzione.
Gioia e rivoluzione.
Termini ormai sconosciuti a quello che il leader del Banco definisce nell’intervista un popolicchio,
manipolabile, impilabile come le sedie di plastica. Un popolicchio che smania per avere dei diritti ma
non vuol sentire di avere dei doveri. In primo luogo quello di conoscere la sua
storia. Perché prima dei diritti, qualcuno spesso se lo dimentica, ci sono i
doveri. Un popolicchio disimpegnato
che sta perdendo la speranza perché la speranza diceva Di
Giacomo non è soltanto una parola, ma è qualcosa che richiede
applicazione, vertigine. Non è il mago Zurlì
ci devi mettere il culo.
Non so se nella strada
del Lazio dove Francesco Di Giacomo ha perso la vita in un incidente stradale
stesse piovendo. Io però lo vorrei ricordare mentre canta con il Banco del
Mutuo Soccorso sopra un palco di fortuna allestito in un padiglione della Fiera
internazionale di Cagliari. Mentre regala ancora la sua voce e il suo impegno a
tanti ragazzi di diciott’anni seduti
per terra. Con il sedere ghiacciato ma pieni di entusiasmo, sogni, illusioni e
belle speranze. E il sottofondo di una pioggia scrosciante.
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