NichelOdeon e borda –
“Quigyat” (2024)
di Alberto Sgarlato
Chi segue regolarmente le pagine di MAT2020,
che sovente hanno ospitato l’opera artistica di Claudio Milano, avranno
ormai capito quanto sia difficile parlare di questo musicista: una mente in
perenne e inarrestabile fermento creativo, un compositore in costante ricerca
di nuovi linguaggi, che disegna geometrie sonore, palestra per un vastissimo
spettro di stili musicali differenti accostati in modo sempre imprevedibile e
inaspettato.
Fatta questa premessa, provate a immaginare
che cosa succede nell’istante in cui NichelOdeon
(uno dei principali progetti a firma Claudio Milano) trova un artista come il
manipolatore elettronico borda (pseudonimo di Teo Ravelli), con
il quale condivide evidenti affinità elettive. Non può che nascerne una
deflagrazione incontrollabile, una sorta di Big Bang dal quale schizzano via
come nuovi pianeti innumerevoli nuove forme d’espressione.
Il frutto di tutto ciò reca il titolo di “Quigyat” e confluisce in un qualcosa di ben
più ampio e complesso, identificato dalla sigla ANFORE.
L’Anfora, il più antico concetto di
“contenitore”, forma ancestrale dalle curve sinuose, capiente e decorata, nella
quale conservare prodotti facendo quindi confluire in essa praticità e arte. Ma
in questo caso ANFORE è l’acronimo di A New Form Of Recital European.
Ed è così che, dentro le “Anfore di Quigyat”,
si ricompongono alcuni tasselli di quel big bang impazzito a cui si faceva
accenno poche righe sopra: teatro contemporaneo, musica concreta, ambient,
jazz, persino mimo e pittura astratta, rendendo così labili, se non addirittura
inesistenti, i confini tra forme d’arte molto diverse tra loro.
Pertanto, le cinque lunghe tracce che
compongono “Quigyat” non possono che essere solo parziale rappresentazione di
un “Tutto” molto più complesso.
Partiamo con la title-track, che reca
come sottotitolo “Little symphony for frozen soldiers”. Questa
dicitura aggiuntiva rende perfettamente le atmosfere della traccia: gelide,
alienanti. Lunghi sibili stridenti e metallici sembrano concretizzare gli
orrori della guerra. Su di essi volteggiano le linee dissonanti di un
pianoforte (che, a tratti, paiono ricomporsi verso melodie più tonali, a tratti
“impazziscono” nuovamente) e i versi declamati con intenso coinvolgimento,
mentre fanno capolino temi di chitarra che potrebbero quasi evocare un Paolo
Tofani d’annata.
“Alla statua dei Martiri di Gorla
(Requiem in defence of children’s rights)” inizia scandita dai loop
ritmici. Su di essi, pochi tocchi di pianoforte che crescono su un supporto
ritmico pronto a farsi via via anch’esso più strutturato. Nel cantato, Milano
dà dimostrazione della sua mostruosa estensione vocale, in un danzare tra l’acuto
e il grave con agilità, con un pieno controllo dell’intonazione su note spesso
lunghissime.
“Lòs Pàjaros perdidos” è una
struggente, commovente rivisitazione di Piazzolla. Voce e pianoforte assoluti e
indiscussi protagonisti di una esecuzione di immensa intensità. Ovviamente
nulla, nell’universo sonoro di NichelOdeon e borda, può essere lineare. Per cui
dal secondo minuto in poi l’interpretazione si destruttura, si disgrega, per
poi tornare nei ranghi, ma acquisendo ancora maggiore intensità grazie a questo
momento di follia.
Atmosfere in qualche modo ancora legate al
tango le troviamo in “Malamore e la luna”: la potenza evocativa
del testo crea perfetta sinergia con un arrangiamento tra world music,
cantautorato e prog-rock.
Dopo un viaggio tra emozioni e sensazioni
così diverse tra loro, ciò che rimane all’ascoltatore è, appunto, una lunga
traccia conclusiva intitolata proprio “Ciò che rimane”. Tutto
quanto di cui sopra qui confluisce in modo torrenziale: il rumorismo, la
sperimentazione elettronica, il jazz-rock, la teatralità, la costante
alternanza tra quiete e irruenza, il prog-rock.
Un lavoro eccellente, concepito per essere
messo a disposizione di chi ha voglia di aprire la mente verso nuovi orizzonti
e nel quale la musica, scritta a livelli altissimi, è tanto, ma non è tutto, in
quanto pensata (come già detto) in sinergia con molteplici altri linguaggi
artistici.
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